martedì 23 Settembre 2025
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Nuove proteste in Val di Susa: lacrimogeni e idranti contro i No Tav

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Una nuova protesta notturna contro il Tav è andata in scena presso il cantiere di San Didero, dove i militanti hanno inscenato una “battitura”, ovvero un’azione di disturbo dei lavori che si basa sul battere oggetti di ferro e pentolame contro le cancellate di recinzione del cantiere. Come al solito non si è fatta attendere la dura reazione delle forze dell’ordine che presidiano notte e giorno i lavori, con uso di idranti per disperdere i manifestanti e lancio di lacrimogeni. «La polizia posta a difesa del fortino di San Didero reagisce all’ostinazione dei No Tav con un fitto lancio di lacrimogeni e bloccando addirittura la statale. Forse non hanno ancora capito che c’eravamo, ci siamo e ci saremo sempre» hanno scritto i No Tav nel comunicato. Prima di concludere il blitz di protesta gli attivisti hanno chiuso con una catena e un lucchetto il cancello di accesso al cantiere.

La costruzione del Tav sta entrando in un momento decisivo e c’è da scommettere che nelle prossime settimane se ne sentirà parlare anche sui media dominanti. È notizia di appena tre giorni fa che dall’Europa è arrivato un sollecito all’Italia per avanzare più rapidamente negli appalti per i lavori e nel loro svolgimento. E il viceministro alle Infrastrutture, Alessandro Morelli (Lega), ha dichiarato al Sole 24 Ore che «sono state risolte tutte le problematiche infrastrutturali e ora è diventato semplicemente un problema di ordine pubblico e su questo bisogna intervenire e non lasciare spazio ai violenti». Lasciando intendere come lo Stato intenda proseguire nella gestione del dissenso trattandolo appunto solo come un «problema di ordine pubblico» senza prendere in considerazione alcuna mediazione.

E che gli apparati dello Stato si preparino ad un’escalation dello scontro con i movimenti si intuisce chiaramente dalle ultime mosse intraprese: la mobilitazione di 10.000 agenti contro le proteste, lo stanziamento di 8 milioni di euro di fondi pubblici per l’attuazione di campagne di comunicazione in favore dell’opera, fino al pretesto della violazione delle norme anti-Covid utilizzato per colpire con centinaia di multe i militanti.

I costi finanziari e umani della “guerra al terrorismo” americana

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A 20 anni dall’attentato alle Torri Gemelle e al termine almeno formale della lunghissima guerra in Afghanistan, gli Stati Uniti sono uno dei paesi più militarizzati del mondo, con potentissimi effetti sia a livello domestico che a livello globale. I costi di questa militarizzazione sono inestimabili: il report State of Insecurity dell’Institute for policy studies ha cercato di ricavare dei numeri, almeno per quanto riguarda le spese. Tuttavia si tratta di costi non solo finanziari, ma anche civili, sociali e umani.

Come rivela il report, nel nome della sicurezza gli USA hanno investito in militarizzazione, sorveglianza e repressione un totale di circa 21 trilioni (miliardi di miliardi) di dollari negli ultimi 20 anni. Di questi, 16 trilioni sono andati direttamente all’esercito e 3 ai programmi per veterani, mentre 949 miliardi sono stati diretti all’istituto dell’Homeland Security e 732 alle autorità federali. Come riporta il documento, con una frazione minima di questa spesa, gli USA avrebbero potuto fornire vaccini gratuiti a tutto il terzo mondo, eliminare il debito universitario, creare 5 milioni di posti di lavoro e garantire asili nido gratuiti per 10 anni.

Per quanto riguarda le spese prettamente militari, 460 miliardi sono stati impiegati nei programmi per lo sviluppo di armi nucleari e 267 nell’aiuto militare a regimi stranieri. Le cifre, con qualche oscillazione, non hanno fatto che aumentare dagli anni ’70 in poi. Delle spese per l’Homeland Security, le somme più alte sono state destinate alle guardie di frontiera e costiere, per portare avanti un’azione di contrasto all’immigrazione irregolare. Anche in questo caso, una cifra in crescita costante.

Ovviamente, non tutti i costi della militarizzazione possono essere tradotti in dollari. Tra i più irreparabili ci sono le migliaia di morti che le guerre portate avanti dagli Stati Uniti in Africa e nel Medio Oriente hanno causato tra i civili.

Parliamo di almeno 22mila decessi, ma secondo le stime potrebbero raggiungere anche i 50mila. A fronte di queste cifre, rilasciate dall’organizzazione londinese Airwars, il governo americano ne dichiara poche decine. L’anno più sanguinoso, secondo il report, sarebbe stato il 2003, quando più di 5mila civili sono stati uccisi, quasi tutti in Iraq. Ma se consideriamo le stime (e non solo le morti certe), l’anno peggiore sarebbe stato il 2017, anno in cui potrebbero aver perso la vita quasi 20mila civili.

Contattate dal quotidiano inglese The Independent, le autorità statunitensi hanno però professato la massima trasparenza in materia, dichiarando che «nessun esercito sulla faccia della terra si impegna più dell’esercito americano per evitare decessi tra i civili.»

[di Anita Ishaq]

Marocco, legislative: il partito filo-islamista in grande svantaggio

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Marocco: il ministro dell’Interno Abdelouafi Laftit ha fatto sapere i risultati preliminari delle legislative di ieri, mercoledì 8 settembre. Da ciò che è emerso, sono stati i liberali ad avere la meglio sul PJD (Partito filo-islamista della giustizia e dello sviluppo), il partito che ora è al governo in Marocco. Il PJD è passato da 125 a 12 seggi, risultato di molto inferiore rispetto ai rivali, i partiti liberali NRI (Raggruppamento nazionale degli indipendenti) con 97 seggi, PAM (Partito Autenticità e Modernità) con 82 seggi e il Partito dell’Indipendenza, con 78 seggi.

Cannabis: adottato in Commissione Giustizia testo base per autoproduzione

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Il testo base sull’autoproduzione di cannabis è stato approvato in commissione Giustizia della Camera. Arriva così il passaggio necessario per la continuazione dell’iter legislativo: adesso, infatti, si passa alla fase degli emendamenti da presentare prima dell’adozione del testo finale da inviare alle camere. In tal senso, solo dopo l’eventuale approvazione alle Camere la legge diventerà realtà. Essa introdurrebbe, tra le altre cose, la depenalizzazione per la coltivazione domestica di non oltre 4 piante “femmine”, sanzioni minori per i fatti di lieve entità e maggiori per i casi più gravi. Le pene per i reati connessi a traffico e spaccio, infatti, aumenterebbero da 6 a 10 anni di detenzione.

Città del Messico: statua Cristoforo Colombo sarà sostituita da quella di un’indigena

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La statua del navigatore genovese Cristoforo Colombo, situata in uno dei viali principali di Città del Messico, sarà sostituita da quella di una donna indigena. Lo ha annunciato la sindaca della capitale messicana, Claudia Sheinbaum, la quale ha affermato che verrà portata in un parco nel quartiere di Polanco ed ha aggiunto che la rimozione non rappresenta un tentativo di «cancellare la storia» ma di fornire «giustizia sociale». La statua, inoltre, era stata rimossa lo scorso anno dal governo cittadino in vista di una bellicosa manifestazione con slogan anticolonialisti.

Il gasdotto Nord Stream 2 tra Europa e Russia è pronto: “in funzione tra pochi giorni”

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La costruzione del Nord Stream 2, il gasdotto che collega direttamente Russia e Germania passando per il Mar Baltico, è stata completata nella giornata di lunedì. Da un comunicato della compagnia operatrice “Nord Stream 2 AG”, infatti, si apprende che l’ultimo tubo è stato saldato e «calato in acque tedesche». Ora non resta che collegarlo alla sezione proveniente dalle acque territoriali danesi: il tutto con l’obiettivo di «rendere operativo il gasdotto entro la fine di quest’anno». In tal senso, però, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, si è sbilanciato maggiormente, ed ha affermato che in pochi giorni il progetto sarà completato ed il gasdotto inizierà a funzionare.

Ad ogni modo, la messa in funzione del Nord Stream 2 è ormai vicina. Esso andrà a replicare il percorso del gasdotto gemello, il Nord Stream, inaugurato nel 2012. In tal modo, dunque, il nuovo gasdotto raddoppierà la quantità gas naturale (metano) trasportabile dalla Russia alla Germania. A tal proposito, si legge ancora nella nota della compagnia operatrice, esso «contribuirà a soddisfare le esigenze a lungo termine del mercato energetico europeo, migliorando la sicurezza e l’affidabilità dell’approvvigionamento e fornendo gas a condizioni economiche ragionevoli».

Tutto ciò nonostante il fatto che la realizzazione del gasdotto è stata fin dall’inizio ostacolata da alcuni Paesi, in maniera particolare dagli Stati Uniti. Basterà ricordare il Dipartimento di Stato dell’ex presidente Donald Trump, che aveva infatti emesso diverse restrizioni e misure finanziarie contro le aziende coinvolte nella sua costruzione, o la posizione del nuovo presidente Joe Biden, che si era schierato contro di esso nei mesi scorsi definendolo un pessimo affare per l’Europa e minacciando di applicare sanzioni economiche.

Tuttavia il progetto, costantemente sostenuto dai funzionari della Germania, è andato avanti, ed alla fine nel mese di luglio gli Stati Uniti si sono arresi. Un compromesso è stato infatti siglato dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel e il Presidente Usa Joe Biden, e con esso si è stabilito che l’opera potesse essere conclusa senza il timore di dover incappare nelle sanzioni d’oltreoceano. La minaccia di applicarle, ovviamente, era dovuta al fatto che Washington non voleva che gli alleati atlantisti si legassero economicamente e strutturalmente al proprio avversario. Tuttavia nel mese sopracitato, con il 90 per cento del gasdotto ormai già pronto per l’attivazione, Biden non ha potuto che rassegnarsi e sottoscrivere appunto un accordo.

[di Raffaele De Luca]

Il petrolio porta ricchezza? La Basilicata è ancora la regione più povera d’Italia

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Prima le promesse, poi le trivelle. La Basilicata, comunque, si conferma la regione più povera d'Italia. A rivelarlo è il nuovo rapporto Istat sulla povertà nel nostro Paese per l'anno 2020. Con un'incidenza relativa familiare pari al 23,4%, la regione riconquista il triste primato, seguita da Campania e Calabria, entrambe al 20,8%. Ad ogni modo, la Basilicata è sempre stata tra le prime tre regioni più povere della Penisola. Ed eccetto nel 2011, anche la meno prospera economicamente rispetto alla media delle altre aree del mezzogiorno. Dati preoccupanti che confermano le difficoltà economiche...

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Yemen, continuano gli scontri a Ma’rib: più di 80 vittime

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A Ma’rib, regione situata a circa 120 chilometri e Est di Sanaa, nello Yemen, si contano circa ottanta vittime a causa delle violente battaglie tra i ribelli Houthi e le forze filogovernative. Durante gli attacchi aerei delle ultime 24 ore sono stati uccisi sessanta ribelli Houthi, mentre sono diciotto i soldati deceduti e decine i feriti negli scontri delle ultime 48 ore, come specificato da alcune fonti militari.

Esclusivo: gli Usa hanno modificato la definizione di vaccino durante l’approvazione di Pfizer

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Il Centers for Disease Control and Prevention (CDC), ovvero l’ente governativo statunitense deputato, in base alla legge Usa, al controllo sulla sanità pubblica e a monitorare, insieme alla Food and Drugs Amministration (FDA), la sicurezza dei vaccini, ha modificato la definizione stessa di cos’è un vaccino.

Oggi, accedendo alla pagina relativa sul sito del CDC, è definito vaccino: “Una preparazione che viene usata per stimolare la risposta immunitaria del corpo contro le malattie”.

La definizione di vaccino come appare oggi sul sito del Centers for Disease Control and Prevention (CDC)

Ma accedendo ad una versione precedente della medesima pagina web si può facilmente verificare che la definizione di cosa sia un vaccino è stata modificata. Nella versione che risultava pubblicata il 12 agosto 2021 (e nelle altre precedenti) veniva infatti definito vaccino: “Un prodotto che stimola il sistema immunitario di una persona a produrre immunità a una malattia specifica, proteggendo la persona da quella malattia”.

La definizione di vaccino come appariva sul sito del CDC fino almeno fino al 12 agosto 2021

Una differenza evidentemente non formale, ma sostanziale: se in base alla definizione originaria un vaccino, per essere considerato tale, doveva rivelarsi un preparato in grado di “produrre immunità” (in italiano, secondo la definizione data dal dizionario Garzanti – “una condizione di refrattarietà di un organismo a una malattia infettiva”); passando alla nuova definizione un vaccino diviene più modestamente un preparato in grado di “stimolare” una risposta immunitaria, eliminando il requisito del produrre reale refrattarietà.

Da notare come la modifica della definizione di vaccino da parte dell’ente statunitense sia avvenuta in corrispondenza temporale con l’approvazione definitiva del vaccino anti-Covid 19 prodotto da Pfizer-BioNTech. Nel comunicato ufficiale di approvazione dello stesso, pubblicato dalla Food and Drugs Amministration in data 23 agosto, si legge che il vaccino sarà commercializzato “per la prevenzione della malattia COVID-19”. Un risultato probabilmente in linea con la nuova definizione di vaccino nel frattempo modificata dal CDC, ma che non avrebbe soddisfatto la precedente definizione, secondo la quale avrebbe dovuto produrre “immunità”.

Stop ai combustibili fossili a livello europeo, l’Italia si mette di traverso

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Con l’obiettivo di concretizzare – entro il 2050 – il Green Deal, il 14 luglio la Commissione Europea ha presentato un pacchetto di proposte in cui è compreso lo stop alla produzione e alla vendita di auto benzina e diesel in tutti i paesi membri dell’UE, a partire dal 2035. Per ora il provvedimento non è altro che una proposta in attesa di approvazione, in un iter che può subire cambiamenti e revisioni, prima dell’effettiva attuazione. Intanto è l’Italia a mettere le mani avanti, aprendo un dialogo con la Commissione.

Infatti, nonostante il dichiarato sostegno italiano alla iniziativa europea, da parte del Ministero della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, è stata avanzata la richiesta di una proroga, richiesta che la Commissione europea non è, per il momento, intenzionata a concedere. Cingolani stesso ha spiegato le ragioni delle obiezioni: L’Italia intende proteggere i marchi italiani di auto sportive e di lusso – come Ferrari, Lamborghini e Maserati – dalla proposta della Commissione europea. L’Italia porta dunque avanti il concetto che sì, le auto di lusso sono sicuramente più inquinanti, ma le vendite di tali auto sono vertiginosamente più basse. Questo, dunque, “compenserebbe” la questione delle emissioni perché il mercato delle auto di lusso è una nicchia; di conseguenza, non comprendendo le auto di lusso nello stop voluto dalla Commissione, rimarrebbe solo «una frazione di un mercato che conta milioni», come precisa Cingolani.

Una proposta che questa volta pare abbia poche possibilità di passare, stando almeno alle parole ferme pronunciate da uno dei portavoce della Commissione, Tim McPhie: «Abbiamo visto i commenti del ministro Cingolani, ma noi non commentiamo mai i commenti. Ciò che posso fare è ricordare che noi abbiamo presentato un pacchetto di proposte legislative che prevede la riduzione del 100% delle emissioni delle auto entro il 2035. E tutte le case automobilistiche dovranno contribuire a questa riduzione». Ma la palla non è solo in mano alla Commissione: Il pacchetto “Fit for 55” proposto dalla Commissione dovrà comunque essere approvato da Parlamento europeo e dal Consiglio Ue, dove la proposta dovrà essere ratificata in base al complicato sistema della doppia maggioranza qualificata (55% dei voti che rappresentino almeno il 65% della popolazione europea).

A prescindere da come terminerà la partita rimane un nuovo indizio di come il “Governo della Transizione ecologica”, come si era definito quello guidato da Draghi, si mostra ancora una volta piuttosto distante dal mettere realmente la questione ambientale al centro dell’azione di governo. Non è certo il primo caso in cui le decisioni prese dal ministro Cingolani stridono con le parole sulla decantata svolta green. Dal caso delle «trivelle sostenibili» – dove è già intuibile, solo dal nome, l’implicito ossimoro – fino al sostegno mostrato per l’uso dell’erbicida più famoso al mondo, il glifosato, per poi arrivare alla recente approvazione, da parte del Ministero della Transizione ecologica, dell’ampliamento della Centrale a gas di Ostiglia.