giovedì 21 Agosto 2025
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La Nuova Zelanda raddoppia le spese militari e compra velivoli USA

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Il governo neozelandese ha annunciato una spesa militare di 2,7 miliardi di dollari neozelandesi (1,3 miliardi di euro) per modernizzare le forze armate, inclusi l’acquisto di elicotteri dagli Stati Uniti. La decisione è motivata dall’aumento delle tensioni globali e dal deterioramento della sicurezza. Tradizionalmente, la Nuova Zelanda ha speso meno in difesa rispetto agli altri membri dei Five Eyes (Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada e Australia). L’acquisto di aerei ed elicotteri militari costituisce il primo annuncio di un piano governativo finalizzato a raddoppiare la spesa per la difesa dall’1 per cento al 2 per cento del Pil nel prossimo decennio.

Nuove colonie e assalto a Gaza: Israele accelera la colonizzazione della Palestina

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Con l’approvazione del piano di insediamento E1 per la colonizzazione della Cisgiordania, Israele getta la maschera e dichiara apertamente di volere «seppellire l’idea di uno Stato palestinese». Lo ha fatto davanti a tutti quegli Stati occidentali forti a parole ma deboli nei fatti, che si dicono pronti a riconoscere uno Stato di Palestina a settembre, quando, nella visione di Israele, della Palestina non rimarrà più niente. Il piano dello Stato ebraico non si presta più a fraintendimenti politici: appropriarsi di tutto il territorio della Palestina storica, dalla Cisgiordania fino alla Striscia di Gaza, dove il ministro della Difesa ha dato il via libera all’occupazione della capitale, che attende soltanto l’autorizzazione finale. Nel frattempo, le incursioni dell’esercito nella Striscia si fanno sempre più serrate e Netanyahu ha disposto di accorciare i tempi per la presa definitiva di Gaza.

L’approvazione del cosiddetto “piano di espansione E1” è arrivata ieri pomeriggio, e ha lo scopo dichiarato di impedire ogni possibilità di nascita dello Stato palestinese. Il piano è stato rilanciato lo scorso mese, nel mezzo di un silenzio stampa da parte dei media di tutto il mondo (ne abbiamo parlato in un articolo de L’Indipendente), e prevede la costruzione di quasi 3.500 unità abitative tra Gerusalemme Est e Maale Adumim che spaccherebbero in due la Cisgiordania. E1 risale agli anni ’90 ma, vista la sua portata, è stato fermato svariate volte a causa della pressione internazionale. L’area designata collegherebbe giuridicamente e urbanisticamente la parte orientale di Gerusalemme a Maale Adumim, isolando i quartieri palestinesi di Gerusalemme Est dalle aree della Cisgiordania non occupate, e separando di fatto Betlemme, la stessa Gerusalemme Est e Ramallah. A promuoverlo è stato il ministro di estrema destra Bezalel Smotrich.

Il via libera a E1 è arrivato in parallelo all’approvazione del piano di occupazione di Gaza City da parte del ministro della Difesa Israel Katz. Il piano, denominato “Carri di Gedeone B” per richiamare l’offensiva lanciata a maggio di quest’anno, dovrebbe prevedere lo sfollamento da Gaza City di circa un milione di palestinesi, che avrebbero tempo fino al 7 ottobre 2025 per spostarsi a sud dell’enclave. Per portare a termine le operazioni, il ministro della Difesa Israel Katz avrebbe richiamato 60 mila riservisti, che andrebbero ad aggiungersi alle decine di migliaia già mobilitate. Il portavoce dell’esercito Effie Defrin avrebbe dichiarato ai giornali che le operazioni di offensiva alla periferia di Gaza City sono già iniziate, e che nella notte Israele avrebbe già preso possesso di parte del territorio. Dopo il via libera di Katz, l’ufficio del primo ministro ha affermato che Netanyahu ha «disposto che i tempi per la presa del controllo delle ultime roccaforti terroristiche e la sconfitta di Hamas vengano accorciati».

Nel frattempo continua il genocidio a Gaza. Nella sola giornata di ieri Israele ha ucciso almeno 81 persone, di cui 30 in fila per gli aiuti. Dall’escalation del 7 ottobre, Israele ha distrutto, danneggiato o reso inutilizzabile il 92% delle case (l’ultimo aggiornamento è di questo mese, luglio 2025), l’83% delle terre coltivabili e il 71% delle serre (i dati più recenti sono di aprile 2025), il 91,8% delle scuole (dato aggiornato all’ 8 luglio 2025), l’89% delle strutture idriche (febbraio 2025) e, in generale, il 78% di tutte le strutture della Striscia (8 luglio 2025); la metà degli ospedali risulta funzionante (13 agosto 2025), e l’86,3% del territorio della Striscia è sotto ordine di evacuazione o interdetto ai civili. In totale, l’esercito israeliano ha inoltre ucciso direttamente almeno 62.122 persone, anche se il numero totale dei morti potrebbe superare le centinaia di migliaia, come sostenuto da un articolo della rivista scientifica The Lancet e da una lettera di medici volontari nella Striscia.

Mali, scontri tra esercito e gruppi affiliati ad Al Qaeda: 21 morti

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Nel Mali sono scoppiati scontri tra l’esercito regolare e Jama’at Nusrat al-Islam wal-Muslimin (JNIM), il principale gruppo islamista affiliato ad Al Qaeda presente sul territorio. JNIM ha dichiarato di avere portato avanti una operazione su larga scala, dopo la quale avrebbe preso il controllo di una caserma militare, catturato 2 soldati e sequestrato 15 veicoli militari e oltre 50 armi. Durante gli attacchi, riporta il SITE Intelligence Group, un’organizzazione non governativa con sede negli Stati Uniti che monitora le segnalazioni online dei militanti islamisti, i miliziani di JNIM avrebbero ucciso 21 soldati. L’esercito del Paese non ha fornito dettagli sul bilancio delle vittime, ma ha confermato gli attacchi.

In Florida la barriera corallina ha iniziato a riprodursi

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I ricercatori della Coral Restoration Foundation e gli esperti del Shed Aquarium di Chicago hanno documentato un evento inatteso e quasi insperato: la riproduzione dei coralli della barriera corallina della Florida. Il fenomeno è stato osservato all'interno dei vivai destinati alla loro conservazione e costituisce un evento rilevante, a poco più di due anni dal devastante sbiancamento del 2023 che aveva compromesso seriamente la capacità riproduttiva dei coralli. Sebbene questo tipo di ecosistemi si trovi ancora in grave pericolo, a causa soprattutto dell'innalzamento della temperatura degli o...

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Cambio ai vertici del WEF: il fondo BlackRock ne assumerà la direzione ad interim

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Cambio di direzione ai vertici della più potente organizzazione internazionale che riunisce ogni anno il gotha della finanza, dell’industria e del mondo politico e accademico. Dopo gli scandali legati al fondatore e precedente presidente del World Economic Forum (WEF) – l’ingegnere ed economista tedesco Klaus Schwab – pochi giorni fa l’amministratore delegato di BlackRock, Larry Fink, e l’erede farmaceutico svizzero André Hoffmann hanno annunciato che assumeranno ad interim la guida dell’organizzazione con sede a Ginevra. «Siamo onorati di assumere questo ruolo di leadership ad interim in un momento cruciale per il World Economic Forum. […] Il mondo è più frammentato e complesso che mai, ma la necessità di una piattaforma che riunisca imprese, governi e società civile non è mai stata così forte», si legge nel comunicato stampa firmato dai due copresidenti.

Noto per le sue riunioni annuali a Davos, nelle Alpi svizzere, il WEF è spesso accusato dai critici di esercitare illegittime interferenze all’interno dei governi, plasmando una vera e propria agenda globale che prevede un nuovo paradigma di governo mondiale, indicato come “governance globale”, che si può sostanzialmente definire tecnocratico. Del resto, è stato proprio Klaus Schwab, insieme all’attuale re d’Inghilterra Carlo III, a formulare il piano e la necessità di un “Grande reset” all’insegna della tecnologia e della digitalizzazione della società, subito dopo la pandemia di COVID 19 per rispondere a quelle che vengono definite le “sfide globali”. Un piano da imporre agli Stati in modo non democratico che ha suscitato molte polemiche e che ha sottolineato il grande potere d’influenza della fondazione internazionale, considerata il braccio operativo della finanza globale.

Il WEF – che si autodefinisce un’«organizzazione internazionale per la cooperazione pubblico-privata» – è una realtà costituita da Big Tech (Microsoft, Google, Meta), Big Pharma (Pfizer, Moderna, Roche) e Élites finanziarie (BlackRock, Vanguard, UBS), tutte in grado di influenza ogni settore della vita pubblica, dalla salute all’istruzione ai media. La nomina a copresidente di André Hoffmann evidenzia bene anche il peso del settore farmaceutico nell’organizzazione: Hoffmann, infatti è l’attuale Vicepresidente del Consiglio di Amministrazione della casa farmaceutica Roche Holding.

Tale potere d’influenza della finanza internazionale è ora apertamente dichiarato con l’elezione a copresidente dell’amministratore delegato del fondo d’investimento più grande al mondo, Larry Fink. BlackRock, con un patrimonio gestito di 12.530 miliardi di dollari nel 2024, è da molti considerato come un “governo mondiale invisibile” per la sua capacità di influenzare le politiche internazionali grazie alle sue ingenti partecipazioni nelle più importanti istituzioni bancarie, assicurative, nei media e nelle principali corporation del mondo, oltre che per la sua capacità di comprare i titoli per il rifinanziamento del debito pubblico degli Stati. Agisce anche come consulente non ufficiale di governi e banche centrali. In Italia, la Roccia Nera gestisce circa cento miliardi di euro con partecipazioni in importanti banche e aziende, tra cui Intesa San Paolo, ENI, Mediaset, Unicredit, Finmeccanica e Atlantia (società che controlla Autostrade per l’Italia).

Dietro la maschera della filantropia e del bene comune e attraverso organizzazioni come il WEF, i capitali internazionali riescono, o quantomeno provano, a imporre la propria agenda, facendo leva sul loro potere economico. Il risultato è un accentramento e una verticalizzazione non solo della ricchezza, ma anche del potere decisionale, sottratto sempre più ai governi e ai parlamenti eletti, ormai subordinati al potere del denaro e al Moloch della finanza globale. Non a caso, già nel 2022, il WEF avvertiva che «sia le nostre istituzioni che i nostri leader non sono più adatti al loro scopo» e che i governi non possono più agire da soli, ma devono necessariamente tenere conto del settore privato, delle istituzioni sovranazionali e dello stesso WEF.

Recentemente, Larry Fink è approdato anche in Italia per un incontro di alto livello con il Primo ministro italiano Giorgia Meloni: secondo quanto dichiarato nella nota rilasciata dalla presidenza del Consiglio, al centro del colloquio c’era «un approfondito scambio di vedute su possibili investimenti del fondo USA in Italia». In altre parole, Black Rock potrebbe acquisire quote di alcuni asset strategici di proprietà dello Stato che il governo ha deciso di privatizzare e/o comprare alcuni titoli di Stato.

Il WEF è ora gestito, dunque, direttamente dal cuore della finanza internazionale che continuerà a dettare l’agenda della governance globale, potendo contare su un’articolata rete di capitali e aziende internazionali. Un potere a cui difficilmente i governi, soprattutto occidentali, riescono a sottrarsi, considerato che dipendono completamente dai mercati finanziari e dal culto ideologico del libero mercato. Lo stesso culto che ha permesso l’affermazione senza limiti di giganti come BlackRock. «Non vediamo l’ora di contribuire a plasmare un futuro più resiliente e prospero e di reinventare e rafforzare il Forum come istituzione indispensabile per la cooperazione pubblico-privato», hanno dichiarato nel comunicato ufficiale i due nuovi copresidenti.

Tax Receipt: così l’Australia spiega al contribuente come spende le sue tasse

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Molti contribuenti in Italia esprimono il proprio malcontento per la mancanza di trasparenza su come vengano spesi i soldi delle tasse. Un’obiezione fondata, soprattutto considerando la direttiva europea 2011/85, che obbliga i Paesi membri a redigere bilanci chiari e accessibili, fornendo tutte le informazioni necessarie per analizzare la politica fiscale. Tuttavia, non tutti i Paesi adottano questo approccio. Un lettore australiano ci ha infatti inviato un documento pervenutogli dal governo, chiamato Tax Receipt, all’interno del quale, oltre a indicare l’importo totale delle tasse che ha versato, si illustra con precisione come vengono distribuite tali risorse tra i vari settori pubblici.

In particolare, se esaminiamo il caso specifico del nostro lettore Thomas Favaro, constatiamo che il governo australiano gli ha fatto sapere che la spesa più significativa della quota attinta dalle sue tasse è destinata a vari programmi di welfare (3.400 dollari australiani, AUD), con voci specifiche come anziani (1.318 AUD), disabilità (1.101 AUD), famiglie (629 AUD) e disoccupati (212 AUD). 1.507 AUD sono invece destinati ai servizi sanitari, 817 AUD all’educazione, 773 AUD alla difesa nazionale, 312 AUD ai servizi pubblici generali e 308 AUD agli interessi sul debito pubblico. Tra gli altri settori indicati nel documento, associati a cifre minori, sono presenti anche housing e comunità, carburante e energia, trasporti e comunicazioni, assistenza all’industria, ordine pubblico e sicurezza, affari esteri e aiuti economici, ricreazione e cultura e immigrazione.

[Il Tax Receipt del nostro lettore Thomas Favero]
Il Tax Receipt (Ricevuta Fiscale) è insomma uno strumento innovativo che permette a ogni contribuente australiano di vedere esattamente come vengono spesi i suoi soldi. I contribuenti australiani – ove l’imposta pagata superi i 100 AUD – ricevono dopo aver presentato la dichiarazione dei redditi il documento, che non è soltanto un riepilogo fiscale, ma una vera e propria “fotografia” delle finanze pubbliche, un resoconto dettagliato di come il governo spende ogni singolo dollaro delle tasse raccolte dai cittadini. Il file, che può essere visualizzato online attraverso il portale myGov, rende la spesa pubblica non solo trasparente, ma anche facilmente comprensibile per tutti.

Si tratta non solo di un documento informativo, ma anche un elemento educativo che promuove la partecipazione civica. In un’epoca in cui la fiducia nelle istituzioni pubbliche è spesso bassa, questa iniziativa ha lo scopo di aumentare la trasparenza e migliorare la responsabilità del governo nei confronti dei cittadini. Uno dei principali vantaggi del Tax Receipt è che aiuta a combattere l’opacità che spesso circonda l’amministrazione pubblica: in molti Paesi, infatti, i cittadini non sono sempre consapevoli di come vengano gestiti i loro soldi, e questo può portare a un distacco dalle politiche fiscali e dalla politica in generale. In Australia, invece, i contribuenti sono invitati a “osservare” direttamente come vengono utilizzati i loro soldi, il che può condurre a una maggiore fiducia nel sistema fiscale e un aumento del sostegno a politiche che sono chiaramente spiegate e giustificate.

Giappone: incendio su una nave della marina statunitense

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È scoppiato un incendio sulla nave della Marina statunitense New Orleans. La nave si trova al largo della prefettura di Okinawa, nel Giappone meridionale, ed è in grado di trasportare oltre 1.150 persone tra soldati e personale. Per ora, non sono stati segnalati civili; ignote le cause dell’incendio. La Guardia Costiera giapponese ha affermato di avere mandato una delle sue navi in soccorso per domare l’incendio, aggiungendo che non erano state osservate perdite di petrolio nelle acque vicine. La New Orleans è una nave anfibia capace di trasportare truppe, elicotteri, e mezzi da sbarco; fa parte della settima flotta della Marina statunitense, con sede a Yokosuka, in Giappone.

Il rischio idrogeologico minaccia quasi tutti i comuni italiani

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L’Italia è uno dei Paesi più vulnerabili al rischio idrogeologico, con quasi il 95% dei suoi comuni esposti a frane, alluvioni, erosione costiera o valanghe. Lo ha ufficialmente reso noto il Rapporto Ispra 2025, che ha attestato come le superfici esposte a frane siano aumentate del 15% in tre anni, raggiungendo il 23% del territorio nazionale. A rischio oltre 5,7 milioni di persone, di cui oltre un milione di residenti in aree a pericolosità elevata. In forte crescita i fenomeni franosi in Alto Adige, Toscana, Sardegna e Sicilia. Nel 2024 sono state in particolare censite 636mila frane. I cambiamenti climatici aggravano il quadro, con eventi estremi sempre più frequenti e imprevedibili. Sul fronte costiero si registra invece un lieve miglioramento, con le spiagge in avanzamento che superano quelle in erosione di 30 km.

Il report spiega che la superficie del territorio a rischio frane del nostro Paese aumentata del 15% rispetto al 2021, arrivando a coprire 69.500 km², pari al 23% del totale. Tra le aree più colpite ci sono quella di Bolzano, che ha visto un incremento del 61,2%, e le regioni Toscana (+52,8%), Sardegna (+29,4%) e Sicilia (+20,2%). L’incremento, puntualizza comunque Ispra, “è legato a un miglioramento del quadro conoscitivo” realizzato “dalle Autorità di Bacino Distrettuali e dalle Province autonome con studi di maggior dettaglio e mappatura di nuovi fenomeni franosi”. Nel frattempo, si constata che il rischio di frane più pericolose (P3 e P4) riguarda circa 1,28 milioni di persone. “Oltre 582.000 famiglie, 742.000 edifici, quasi 75.000 unità locali di impresa e 14.000 beni culturali sono esposti a rischio nelle aree a maggiore pericolosità da frana”, si legge nel rapporto.

Ispra ricorda come le alluvioni abbiano colpito duramente diverse regioni negli ultimi anni, come quelle in Emilia-Romagna nel 2023, con danni stimati in 8,6 miliardi di euro, e le inondazioni nelle Marche nel 2022. Le frequenti piogge intense e concentrate, a causa dei cambiamenti climatici, non fanno che amplificare la portata di tali fenomeni. Le flash flood – piene rapide – sono sempre più comuni e mettono a repentaglio anche zone un tempo considerate meno esposte. Questo aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi meteo, come sottolineato da Ispra, ha un impatto diretto su vite umane, edifici, aziende e beni culturali. Anche le zone montane non sono esenti da rischi idrogeologici: il 13,8% del territorio montano posto a quota maggiore di 800 m s.l.m., ovvero 9.283 km², è infatti soggetto a fenomeni valanghivi.

Se il pericolo legato a frane e alluvioni non fa che crescere, la situazione delle spiagge italiane fa intravedere segnali di speranza. Nonostante il rapporto evidenzi come l’erosione costiera continui a rappresentare “una minaccia concreta per numerosi tratti di litorale, con evidenti fenomeni regressivi documentati dai dati cartografici” (oltre 1.890 km di spiagge hanno subito alterazioni significative), si mette nero su bianco che la lunghezza dei tratti costieri in avanzamento ha visto un aumento di 30 km rispetto al passato. Questo dato positivo è da attribuire agli sforzi compiuti negli anni per contrastare l’erosione, come interventi di ripascimento e opere di protezione. Ciononostante, la gestione delle spiagge resta una sfida assai complessa: le aree naturali non trattate perdono porzioni di territorio molto più grandi rispetto a quelle sottoposte a interventi, che riescono a contenere l’erosione solo per alcune decine di metri.

A supporto della gestione del rischio idrogeologico, ISPRA ha creato strumenti come la piattaforma IdroGEO, che offre dati aggiornati sulla pericolosità del suolo, e il Repertorio nazionale degli interventi (ReNDiS), che traccia gli interventi di difesa del suolo. Dal 1999 ad oggi, sono stati finanziati circa 26mila interventi per un valore di oltre 19 miliardi di euro. Il 2024 ha segnato l’inizio di un nuovo ciclo di aggiornamenti per le mappe di pericolosità alluvionale, che saranno pronte nel 2026.

La guerra in Ucraina arricchisce gli USA: sono il primo fornitore di GNL in Italia

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La domanda italiana di gas liquefatto dagli Stati Uniti è in costante crescita. Secondo i dati di Snam, aggiornati a fine luglio 2025, gli Stati Uniti sono diventati il primo fornitore di GNL all’Italia, coprendo circa il 50% delle importazioni via nave. Seguono Qatar e Algeria. Nel primo semestre 2025 l’Italia ha importato quasi 10 miliardi di metri cubi di GNL, la cui quota sul totale delle importazioni di gas risulta di circa un terzo. Un risultato dell’allontanamento da Mosca, che ha visto l’Italia – e l’Europa – sostituire la Russia con Washington, avvantaggiando le forniture statunitensi sul mercato.

Nel primo semestre del 2025, l’Italia ha aumentato la propria domanda di gas, viaggiando a ritmi ben più rapidi di quelli comunitari. I dati Snam mostrano infatti un aumento della richiesta di gas pari al 6%, poco meno del doppio della media europea. A pesare particolarmente è proprio la domanda di GNL, anch’essa in considerevole aumento: il rapporto Snam sostiene infatti che il 30% del totale della richiesta di gas italiana è rappresentato proprio dalla domanda di GNL; nel 2024, la domanda di GNL pesava il 32% in meno rispetto a quest’anno. Tutto questo gas liquefatto arriva proprio dagli Stati Uniti: un’anticipazione del periodo gennaio-luglio fornita da Milano Finanza riporta che il 45% dei volumi di gas liquefatto importati dall’Italia proverrebbe proprio dagli USA; Washington sarebbe seguita da Qatar e Algeria, dai quali l’Italia importerebbe rispettivamente il 24% e il 20% del proprio GNL. Inoltre, secondo il Sole 24 Ore, nel primo semestre del 2025 la domanda di gas liquefatto dagli Stati Uniti sarebbe raddoppiata rispetto a quella dell’anno precedente. I dati dei media rispecchiano lo stesso rapporto di Snam, che a fine luglio sosteneva che «nella prima metà dell’anno l’Italia ha ricevuto più di 100 navi cisterna per GNL, quasi la metà delle quali provenienti dagli Stati Uniti, per un volume totale di circa 10 miliardi di metri cubi».

L’esponenziale aumento di importazioni di gas liquefatto dagli USA è un risultato diretto delle sanzioni alla Russia e del progressivo abbandono delle importazioni di gas moscovita. Ad ammetterlo, seppur indirettamente, è la stessa Snam, che nel rapporto sul primo semestre del 2025 scrive che il calo delle importazioni russe «è stato compensato dal prelievo dagli stoccaggi e da maggiori forniture di GNL, soprattutto proveniente dagli Stati Uniti, il cui contributo sugli afflussi di GNL ha raggiunto quasi il 50%». C’era, insomma, un vuoto da colmare: un ruolo importante è stato giocato dall’aumento delle capacità di stoccaggio e della produzione interna, come testimoniato, oltre che da Snam, anche dai dati dell’Inventario Aggregato di Stoccaggio del Gas della Infrastruttura del Gas Europea (GIE-AGSI); questo ha permesso a depositi, come quello di Tarvisio, di invertire il flusso, aumentando le esportazioni. Come dimostra l’aumento della domanda, tuttavia, produzione e prelievi non bastano: ecco dunque che a colmare quel vuoto creatosi dall’abbandono delle importazioni russe sono arrivati gli Stati Uniti. Il fatto che a guadagnare dalla guerra in Ucraina siano stati – a spese europeegli USA non è una novità. Già a gennaio dell’anno scorso, Washington era diventata il principale esportatore di gas all’Europa, proprio grazie alla guerra in Ucraina e alle sanzioni alla Russia, che hanno reso le importazioni di gas da Mosca più sconvenienti.

Incidente ferroviario sulla linea Brennero: 3 feriti

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Questa mattina, sulla linea del Brennero, si è verificato uno scontro tra un treno merci e un regionale, che ha causato tre feriti lievi. La circolazione è momentaneamente interrotta tra Mezzocorona e Trento. La dinamica dello scontro, si legge in un comunicato di Rete Ferroviaria Italiana, è ancora in fase di accertamento. Da quanto emerso, in fase di manovra, il treno merci si sarebbe scontrato con il treno regionale, fermo al semaforo, facendolo deragliare. Sul posto sono intervenuti i tecnici di Rfi, la Polizia ferroviaria, Trentino Emergenza e il Corpo permanente dei Vigili del fuoco di Trento.