domenica 5 Ottobre 2025
Home Blog Pagina 3

ENPA, nel 2025 3.441 procedimenti per maltrattamento animali

0

Diretta – Sciopero generale per Gaza: Lacrimogeni a Bologna, Milano e Torino. A Pisa invaso l’aeroporto

3

Le coste italiane non stanno venendo risparmiate dalle manifestazioni. Uno degli obiettivi principali della manifestazione sono infatti i porti, e in generale i centri logistici, considerati il centro nevralgico del commercio con lo Stato di Israele. Nei mesi, i porti sono finiti al centro dell’attenzione per il transito di navi accusate di trasportare armi verso Israele. Nella giornata di oggi, sono stati bloccati i porti di Genova, Livorno, Salerno e Trieste, mentre in serata i manifestanti hanno bloccato l’hub logistico di Pioltello, alle porte di Milano. Invaso anche il terminal intermodale dell’interporto di Padova.


Arriva un primo bilancio delle partecipazioni di oggi. La CGIL ha rilasciato una nota in cui sostiene che oggi sarebbero scese in piazza 2 milioni di persone in tutta Italia in oltre 100 città, di cui 300.000 solo a Roma. “Secondo i dati pervenuti finora”, si legge nella nota, “l’adesione media nazionale allo sciopero generale si attesta intorno al 60%”.


Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha pubblicato un post sulla propria piattaforma social Truth in cui dà un ultimatum ad Hamas per accettare il proprio piano di pace. Trump ha detto che Hamas ha tempo fino alle 18 di domenica (le 12 italiane) per fornire la propria risposta, altrimenti “tutto l’inferno, come mai nessuno lo ha visto prima, sarà scatenato contro Hamas”.

La situazione a Gaza, intanto, si aggrava. Le aggressioni su Gaza City si stanno intensificando, e dall’alba di oggi Israele ha ucciso almeno 31 persone nella sola capitale. In totale, nella Striscia le IDF hanno ucciso almeno 49 persone.


Due persone sono state fermate di rientro al blocco dell’interporto di Padova e sono state portate in questura. I gruppi di attivisti stanno formando un presidio sotto la questura per chiederne il rilascio.


Tra i punti più colpiti, vi sono autostrade e tangenziali, centrali nel traffico delle merci. Oggi, circa 150mila manifestanti hanno invaso la tangenziale di Milano salendo dall’uscita di Lambrate, per poi dividersi in due blocchi: uno ha continuato in direzione Cascina Gobba, l’altro è tornato verso il centro. Anche a Brescia, Modena e Trento è stata bloccata la tangenziale. A Bologna i manifestanti hanno prima occupato la tangenziale e poi invaso l’autostrada. L’autostrada è stata bloccata anche a Pisa, dove i manifestanti sono poi riusciti a invadere l’aeroporto, bloccando i voli. A Venezia, invece, i manifestanti hanno occupato il Ponte della Libertà, che connette l’isola principale con la terraferma. Come le strade le stazioni: oggi i manifestanti hanno occupato i binari a Firenze, Genova, Massa e Treviso.


Dopo avere percorso l’autostrada, i manifestanti del corteo pisano hanno raggiunto l’aeroporto Galileo Galilei. Qui sono riusciti a forzare il blocco delle forze dell’ordine e a invadere la pista e i piazzali dove si trovano gli aerei, sfilando con tamburi e bandiere I voli sono stati momentaneamente sospesi. Le prese di stazioni del trasporto pubblico continuano in tutta Italia. A Genova nel frattempo è stata occupata la stazione di Principe


Il ministero degli Esteri israeliano ha rilasciato un post sul social X, ex Twitter, in cui annuncia che le operazioni per i rimpatri degli attivisti sono in corso, aggiungendo che 4 cittadini italiani sono già stati rimandati in patria.


A Torino i manifestanti si sono diretti verso la sede di Leonardo, dove le forze dell’ordine hanno reindirizzando decine di camionette. Sulla via per lo stabilimento, le forze dell’ordine hanno lanciato lacrimogeni sui dimostranti, facendo disperdere parte del corteo. Altri, tuttavia, sono andati avanti compatti, e pare che siano riusciti a sfondare un cancello.

Leonardo è la principale azienda bellica italiana, tra le prime a finire sotto la lente delle manifestazioni per la Palestina a causa dei suoi rapporti con lo Stato di Israele. La multinazionale è infatti attiva in diversi progetti di scambio con lo Stato ebraico, uno dei quali rinnovato lo scorso aprile dal governo, ed è proprietaria di aziende di tecnologia bellica israeliana quali Rada Systems.


I manifestanti di Milano si sono divisi a metà: un blocco è tornato verso il centro, mentre un altro ha proseguito sulla tangenziale in direzione Cascina Gobba ed è stato attaccato dalle forze dell’ordine con i lacrimogeni. In questo momento, tutte le uscite della tangenziale est della città sono state bloccate o risultano congestionate. Analoga situazione anche a Bologna, dove i manifestanti, dopo avere invaso la tangenziale hanno imboccato l’autostrada. Anche qui, come a Milano, il corteo è stato attaccato con le forze dell’ordine con i lacrimogeni.


L’estensione delle manifestazioni è vastissima. In generale, tutte le piazze stanno raccogliendo sull’ordine delle migliaia e delle decine di migliaia di persone. Complessivamente tra le sole Roma, Milano, Bologna e Torino, le prime stime parlano di un totale di un numero di persone tra le 600 e le 700mila. Tra Brescia, Firenze, Padova, Palermo, Treviso e Venezia si sarebbero invece radunate almeno 200mila persone. Contando anche i centri minori, il numero di manifestanti dovrebbe contare oltre un milione di partecipanti. Lo sciopero è infatti arrivato anche in centri che non si è soliti vedere associati alle manifestazioni. In queste ore sono state organizzate piazze anche ad Aosta, Cesena, Cosenza, Forlì, Massa, Modena e Pescara.


Il corteo triestino ha bloccato il Varco 4 del porto cittadino; una parte dei manifestanti si sono poi staccati dal presidio davanti, dirigendosi verso il Varco 1 e bloccando anche quello.


Anche a Bologna i manifestanti hanno bloccato la tangenziale con una partecipazione stimata di circa 100.000 persone. La tangenziale è stata invasa anche a Trento.

Bologna bloccano la tangenziale – Foto del collettivo Chrono.

A Salerno la manifestazione ha interessato la zona del porto, dove i manifestanti hanno cercato di forzare il bocco delle forze dell’ordine sul varco di Ponente. Ci sono stati scontri e cariche della polizia.


Il corteo di manifestanti a Milano è salito in tangenziale e ora si trova all’altezza dell’uscita di Lambrate. Secondo delle stime provvisorie, i partecipanti alla manifestazione meneghina sarebbero oltre 150.000.

I manifestanti sulla tangenziale a Milano.

A Torino, il corteo di manifestanti si è diretto alle Officine Grandi Riparazioni per contestare la “Tech Week”, alla presenza di Ursula von der Leyen e Jeff Bezos, attraverso l’area che ospita campus e incubatori del Politecnico. I manifestanti hanno tentato di sfondare il blocco delle forze dell’ordine e lanciato fumogeni, ricevendo in risposta lacrimogeni. Un centinaio di persone si è staccato dal corteo principale cercando di superare la recinzione per raggiungere il Politecnico, ma le cariche di alleggerimento della polizia hanno disperso i dimostranti, che hanno iniziato a defluire.


Momenti di tensione a Padova, dove sono in atto scontri a distanza tra manifestanti e forze dell’ordine. Gli attivisti hanno lanciato oggetti e fumogeni, i poliziotti hanno usato gli idranti e lacrimogeni contro la folla. Il corteo è indietreggiato e ora la distanza tra i due schieramenti è di meno di cento metri.


A Catania, un cordone di persone si è staccato dal corteo principale ed è arrivato alla stazione allo scopo di occupare i binari. Nonostante il tentativo della polizia di impedire l’azione, dopo un breve scontro con le forze dell’ordine i manifestanti sono riusciti a invadere i binari, che sono attualmente occupati. Nel frattempo, sono state occupate anche tutte le strade adiacenti e il traffico è bloccato.


Ad aderire allo sciopero generale per Gaza e in sostegno alla Flotilla è anche il personale di alcune istituzioni italiane all’estero. Le adesioni provengono da lavoratori e lavoratrici delle sedi di Madrid, Barcellona e Lisbona e sono coinvolti dipendenti dell’Ambasciata e dell’Istituto Italiano di Cultura di Madrid, della Scuola Statale Italiana, del Consolato Generale di Barcellona, oltre che dell’Ambasciata e dell’Istituto Italiano di Cultura di Lisbona.


Un particolare che rende l’idea di come lo sciopero odierno stia mobilitando ampie fasce della popolazione anche al di fuori dei lavoratori delle categorie solitamente interessate dalle proteste sindacali. Dal carcere della Dozza, Bologna, ci arriva l’immagine del volantino con il quale i detenuti che godono del permesso di lavoro come dipendenti della società Fare impresa in Dozza (FID) annunciano l’intenzione di rimanere in cella per protestare contro il genocidio in Palestina e il blocco della Global Sumud Flotilla: «Per noi lavorare è un atto di libertà. Nonostante ciò, rinunciamo a un giorno di libertà e al nostro stipendio», hanno scritto i carcerati.


Continuano le occupazioni di scuole e università in tutto il Paese. Dopo le occupazioni della Facoltà di Lettere e del Rettorato, anche la Scuola Normale Superiore di Pisa è stata occupata dal movimento studentesco. Alta tensione anche a Roma, dove gli studenti di Cambiare Rotta hanno bloccato gli ingressi della facoltà di Lettere della Sapienza. Da ieri sono occupate anche la Statale di Milano e l’università di Torino.


Oltre cento piazze in tutta Italia si stanno mobilitando da stamane per lo sciopero promosso dai sindacati in solidarietà al popolo palestinese e ai membri della Global Sumud Flotilla. Un’ondata di persone è scesa per le strade delle rispettive città, dalla Val d’Aosta fino alla Sicilia. A Milano, decine di migliaia di manifestanti sono partiti da Porta Venezia. A Roma, gli organizzatori puntano a sfondare le 100mila unità. A Palermo, sono circa 30mila le persone attualmente riunite in corteo, mentre a Napoli se ne contano oltre 15mila.


A Venezia lo sciopero indetto da Cgil e Cobas, unito alle manifestazioni a sostegno di Gaza e della Flotilla, ha paralizzato i collegamenti da e per il centro storico. Il corteo, partito da Campo Santa Margherita, è diretto a piazzale Roma, stamani completamente deserto. Alcuni attivisti sono saliti sul tetto del Garage comunale, esponendo uno striscione con la scritta “Free Gaza”. Gravi i disagi anche sul fronte ferroviario: dalle 10 sono state registrate cancellazioni della quasi totalità dei treni sia alla stazione di Venezia Santa Lucia sia a quella di Mestre.


Il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, ospite a Mattino Cinque, ha definito l’odierno sciopero «illegittimo non perché non lo vuole Salvini, ma perché la Commissione tecnica di garanzia lo ha dichiarato tale», affermando che «chi oggi sciopera sa che va contro la legge e rischia sanzioni sia a livello personale che come organizzazioni sindacali». Il leader della Lega ha poi aggiunto: «Lo organizza Landini? Lo paghi Landini». Quanto alla scelta di non precettare lo sciopero, Salvini ha spiegato di averlo fatto «per dare una chance, un segnale di dialogo in un momento delicato e provare ad abbassare i toni e chiedere il rispetto del lavoro.


A Brandizzo, nel Torinese, attivisti pro Palestina e il sindacato Si Cobas hanno bloccato il centro di distribuzione Amazon, impedendo dalle 7.30 l’uscita dei furgoni destinati alle consegne. Nelle Officine grandi riparazioni, in occasione dell’Italian Tech Week, è previsto il talk con Jeff Bezos, fondatore di Amazon, con John Elkann e la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen. Le OGR, presidiate dalle forze dell’ordine, sono obiettivo del corteo dei manifestati torinesi.


Lo sciopero generale sta causato gravi disagi al trasporto pubblico in tutta Italia. A Napoli la Stazione Centrale registra ritardi e cancellazioni, la linea 1 della metro è ferma, bus e tram operano a servizio ridotto e molti treni Eav sono soppressi. A Milano Centrale i ritardi vanno da 20 minuti a oltre 5 ore, mentre a Garibaldi e Rogoredo si registrano cancellazioni e ritardi fino a tre ore. Anche a Roma Termini numerosi treni sono stati cancellati o ritardati fino a 80 minuti. Disagi previsti fino alle 21.


I lavoratori e le lavoratrici in sciopero stanno bloccando Logtainer, l’hub logistico ferroviario di Pioltello (Milano), definito dai Giovani palestinesi Milano che si sono uniti alla protesta «uno dei principali snodi della logistica di guerra del nord Italia». Il polo, alle porte di Milano e collegato ai porti di Genova, La Spezia e Livorno, è infatti strategico per il transito di merci legate alla filiera bellica e commerciale dirette a Israele. Logtainer movimenta carichi per conto di Maersk, oggetto di una campagna di boicottaggio per il trasporto di armi verso Israele.


Dalle 6 del mattino un presidio di manifestanti pro-Pal, sostenuti da USB, ha bloccato completamente il traffico commerciale nella zona nord del porto di Livorno. L’azione, svolta davanti al varco Zara, ha causato lunghe code di Tir e mezzi pesanti intrappolati tra ponte Genova e via Leonardo da Vinci, paralizzando anche l’accesso dei passeggeri ai traghetti. I manifestanti hanno invaso le carreggiate, posizionato transenne e acceso fuochi per impedire il transito. La protesta ha generato tensioni, con camionisti e automobilisti bloccati che lamentano l’impossibilità di circolare in quell’area della città.


Lo sciopero del personale ferroviario è fino alle ore 21:00, garantiti alcuni treni a lunga percorrenza e quelli pendolari fino alle ore 9 e dalle 18 alle 21. Il trasporto pubblico locale – autobus, tram, metropolitane – sarà interessato dallo sciopero per tutta la giornata, fatte salve le fasce orarie di garanzia stabilite a livello locale.

Il trasporto aereo sciopera da mezzanotte e un minuto alle 24 nel rispetto delle fasce di garanzia dalle ore 7 alle ore 10 e dalle ore 18 alle ore 21 del personale di volo delle compagnie ad eccezione del personale comandato per i voli garantiti.

Lo sciopero riguarda tutti i settori, quindi possono esserci disservizi e disagi anche nella sanità (pur con le ampie garanzie di prosecuzione del lavoro che sono garantite in questo settore) e in ogni settore lavorativo pubblico e privato.


Nonostante il tentativo di sospensione da parte della Commissione di garanzia, che ieri aveva dichiarato illegittimo lo sciopero perché annunciato senza il necessario preavviso, i sindacati USB e CGIL hanno confermato l’astensione dal lavoro e le proteste per la giornata di oggi, 3 ottobre. Lo sciopero è stato indetto di urgenza dopo il blocco della Global Sumud Flotilla da parte di Israele.

Il sindacato di base USB ha chiamato «ogni lavoratore e lavoratrice, ogni cittadino e cittadina, ogni organizzazione democratica e solidale a bloccare tutto: produzione, logistica, trasporti, scuola, servizi, in segno di protesta contro il crimine di guerra commesso da Israele e contro la complicità dei governi occidentali, Italia compresa, che continuano a fornire armi e sostegno politico al regime sionista. Difendere la Global Sumud Flotilla significa difendere la libertà, la pace, la dignità del lavoro e dei popoli».

Il sindacato ha anche chiarato che nessun lavoratore rischia sanzioni o le «conseguenze» minacciate dal ministro Salvini. La legge sugli scioperi infatti prevede che in caso di sciopero illegittimo a rischiare sanzioni sia l’organizzazione sindacale, non i singoli lavoratori.

 

 

UE divisa su soldi a Kiev e muro anti-droni, Putin avvisa: “Pronti a rispondere”

3

Il vertice informale di Copenaghen, pensato per rilanciare la coesione europea sul fronte della guerra in Ucraina, ha finito per mostrare una nuova serie di fratture interne. Se da un lato la maggioranza dei leader dei Ventisette ha ribadito l’appoggio incondizionato a Kiev, dall’altro le divergenze su temi cruciali restano profonde. La costruzione di un cosiddetto “muro anti-droni” ai confini orientali dell’Unione ha spaccato i governi: alcuni, come la Polonia e gli Stati baltici, spingono per un sistema coordinato di difesa aerea sul modello israeliano, finanziato con fondi comunitari; altri, più cauti, temono i costi e le implicazioni di una militarizzazione permanente delle frontiere. Ad alimentare il clima di tensione è intervenuto il Segretario generale della Nato Mark Rutte, dichiarando che «Siamo tutti in pericolo, i più avanzati missili russi potrebbero colpire Roma, Amsterdam o Londra a cinque volte la velocità del suono». La stessa questione dell’adesione dell’Ucraina all’Unione è esplosa con forza: il premier ungherese Viktor Orbán ha confermato il suo no netto, proponendo al massimo un accordo strategico che non comporti l’ingresso di Kiev come Stato membro a pieno titolo. Secondo l’articolo 49 del Trattato sull’Unione europea, ogni nuova adesione richiede l’approvazione unanime di tutti i membri. Secondo Orbán, la direzione intrapresa dai Ventisette è dannosa per l’Ungheria e per l’intera Unione europea e ha annunciato che il suo partito di governo lancerà una petizione contro quelli che ha definito «i piani di guerra dell’UE». Una posizione che mette in discussione l’immagine di unità che Bruxelles tenta di proiettare, mostrando al contrario un’Europa frammentata e incapace di parlare con una sola voce.

Il vertice ha rilanciato l’idea di un nuovo pacchetto di sostegno economico e militare, compreso il prestito da 50 miliardi da finanziare anche con gli asset russi congelati, misura che resta fortemente controversa sia sul piano giuridico sia politico. La risposta di Mosca non si è fatta attendere. Dal Club Valdai a Sochi, Vladimir Putin ha respinto le accuse di voler attaccare l’Europa, definendole propaganda utile solo a orientare l’opinione pubblica occidentale. «È impossibile credere» a queste voci, ha dichiarato, aggiungendo che nemmeno i governi europei lo ritengono possibile, ma preferiscono alimentare timori per giustificare politiche di militarizzazione. Con tono sarcastico ha invitato i leader dell’Unione a «rilassarsi e dormire tranquilli», ricordando che i veri nodi da affrontare sono la crisi migratoria e le difficoltà economiche. Al tempo stesso, ha ribadito che la Russia non può permettersi debolezze: il conflitto in Ucraina, ha sostenuto, ha trasformato le forze armate russe in un esercito tra i più pronti al mondo, capace di adattarsi e di resistere a quello che definisce «l’intero blocco NATO». Putin ha poi polemizzato con la Francia dopo il sequestro di una petroliera “Boracay”, abbordata dalle autorità francesi, sospettata di appartenere alla «flotta ombra» russa, parlando di un atto di «pirateria» e avvertendo che in mare il rischio di incidenti crescerà sensibilmente. Ha commentato anche le parole di Donald Trump, che aveva definito la Russia una «tigre di carta»: un’espressione ironica, secondo Putin, smentita dai fatti sul campo e dalle perdite inflitte a Kiev. Positivo il giudizio sull’attuale presidente americano, che a suo avviso mostra almeno disponibilità ad ascoltare Mosca. Sul fronte militare il leader del Cremlino ha lanciato un avvertimento agli Stati Uniti: l’eventuale invio di missili Tomahawk all’Ucraina, ha detto, non cambierebbe l’esito della guerra ma aprirebbe «una nuova fase di escalation».

Il nodo più sensibile resta però quello degli asset congelati. Mosca considera il loro utilizzo da parte dell’Unione europea una «rapina legalizzata» contraria al diritto internazionale e ha minacciato ritorsioni non necessariamente limitate al piano economico. In questo contesto, riprendendo indiscrezioni pubblicate da Bloomberg, diversi media occidentali hanno parlato di un decreto di Putin per confiscare beni stranieri in Russia. Il provvedimento effettivamente emanato il 30 settembre, il decreto presidenziale n. 693, prevede soltanto una procedura accelerata per la vendita di beni federali già di proprietà dello Stato, con perizie rapide e gestione affidata alla Banca statale Promsvyazbank. Nella premessa si richiama la necessità di difendere gli interessi nazionali di fronte alle azioni ostili di USA e UE, ma non vi è alcun riferimento a espropri di aziende o governi stranieri. Più che un atto di confisca, si tratta di un messaggio politico: Mosca intende rafforzare i propri strumenti interni per resistere a quella che definisce guerra economica e finanziaria dell’Occidente. Il quadro che emerge, alla luce del vertice di Copenaghen e della risposta da Sochi, è quello di una spirale di sfiducia reciproca. L’Unione europea, divisa al suo interno, cerca di mostrare coesione attorno a un sostegno a Kiev che però assume forme sempre più militarizzate di un “riarmo permanente”. La Russia, a sua volta, denuncia la deriva occidentale e, senza ricorrere ancora a confische dirette, mette in campo provvedimenti che rafforzano il controllo statale e preparano il terreno per possibili misure più dure. A rimanere sullo sfondo sono i cittadini europei: da una parte si trovano esposti ai rischi di una guerra entrata ormai nel linguaggio della politica interna, dall’altra vedono riaffiorare i fantasmi di un continente sempre più diviso e incapace di elaborare una via d’uscita che non sia l’ennesima escalation. Il vertice informale del Consiglio europeo avrebbe dovuto segnare una svolta di unità, ma ha mostrato fragilità e contraddizioni, oltre alla consueta isteria per la “minaccia russa”: mentre Bruxelles annuncia muri e miliardi per Kiev, Mosca si prepara a rispondere, lasciando intravedere scenari in cui la pace sembra allontanarsi sempre di più.

Scandalo a Scotland Yard: video BBC svela abusi, razzismo e misoginia

0

Un nuovo scandalo scuote Scotland Yard. Un’inchiesta della BBC ha messo in luce episodi gravi di razzismo, misoginia e abusi all’interno della Metropolitan Police di Londra: dalle affermazioni circa l’uso eccessivo della forza contro immigrati al disprezzo per le denunce di violenza sessuale, le registrazioni realizzate da un agente infiltrato del programma Panorama mostrano comportamenti che il capo della polizia, Sir Mark Rowley, ha definito “vergognosi, totalmente inaccettabili e contrari ai valori e agli standard” delle forze dell’ordine”. Otto agenti e un membro dello staff sono stati sospesi, altri due rimossi dai servizi operativi. Il primo ministro laburista Keir Starmer, pur non avendo ancora visionato le registrazioni, ha definito il reportage “scioccante” e ha chiesto “risposte dure”. Anche il sindaco di Londra e la ministra dell’Interno reclamano trasparenza e procedure rigide per accertare responsabilità.

La nuova manovra economica del governo prevede investimenti solo per le armi

3

Nel corso del Consiglio dei ministri di giovedì 2 ottobre il governo ha approvato il Documento programmatico di finanza pubblica (DPFP), che sostituisce la Nadef e traccia le linee guida della prossima legge di bilancio 2026. Il quadro che emerge è incentrato su una rigida disciplina dei conti pubblici, con un rapporto deficit/PIL fissato al 3% (ad aprile veniva stimato al 3,3%) per il 2025 e una crescita economica rivista al ribasso (0,5% per l’anno in corso, 0,7% per il 2026). Il testo ufficiale del comunicato del Cdm n. 143 menziona esplicitamente che il governo intende destinare all’aumento delle spese per la difesa uno 0,15% del PIL nel 2026, 0,3% nel 2027 e 0,5% nel 2028, purché l’Italia riesca a uscire dalla procedura per disavanzo eccessivo imposta dall’Unione europea. Da queste cifre deriva la previsione di circa 12 miliardi di euro in più per le spese militari nel triennio 2026-28, qualora il quadro macroeconomico lo permetta. Il resto delle promesse – una riduzione dell’incidenza fiscale sui redditi da lavoro e un “ulteriore rifinanziamento” del Fondo Sanitario Nazionale – appaiono in forma vaga e subordinata, senza indicazioni concrete sugli strumenti o sull’ordine di intervento. «Confermiamo la linea di ferma e prudente responsabilità che tiene conto della necessità della tenuta della finanza pubblica nel rispetto delle nuove regole europee e delle imprescindibili tutele a favore della crescita economica e sociale dei lavoratori e delle famiglie», ha commentato il ministro dell’Economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti. Il testo, illustrato in Cdm, verrà poi inviato a Bruxelles e alle Camere, che hanno già calendarizzato l’esame in aula per il 9 ottobre.

Previsto anche di un “pacchetto famiglia” che potrebbe essere definito nelle prossime settimane. Le ipotesi circolate includono un bonus libri per le fasce di reddito più basse, modellato sull’esperienza di Veneto e Lombardia, e l’introduzione di misure ispirate al quoziente familiare per modulare la pressione fiscale in base al numero dei componenti del nucleo. Parallelamente, si valuta una revisione dei criteri di calcolo dell’Isee, che però non troverebbe spazio diretto in manovra, ma sarebbe oggetto di un provvedimento ad hoc. Sul fronte del lavoro, resta in sospeso la detassazione degli straordinari: potrebbe essere inserita successivamente, attraverso un emendamento in aula, una volta chiarite le risorse realmente disponibili. Tra i capitoli fiscali figura la cosiddetta rottamazione delle cartelle, ma in forma ridimensionata rispetto alle promesse iniziali: non più dieci anni e 120 rate, come proposto dalla Lega, bensì otto anni e 96 rate per i debiti minori, con un impianto che riduce sensibilmente la portata dell’intervento. La stessa dinamica si ritrova anche nella voce relativa alla Sanità, presentata ufficialmente come “rifinanziamento del Fondo sanitario nazionale”. In realtà, al netto della propaganda, l’obiettivo è garantire tra i due e i tre miliardi aggiuntivi, che si sommano ai quattro già inseriti nell’ultima legge di Bilancio: risorse che non rappresentano un piano di rilancio strutturale, ma un tentativo di tamponare la crisi cronica del settore, segnato da carenza di personale e precarietà diffusa. Al ministero della Salute si lavora a un piano da 27mila assunzioni, con priorità agli infermieri per colmare l’assenza di 70mila unità, un vuoto che pesa sulla qualità dell’assistenza e sulla tenuta dei reparti, ma l’entità degli stanziamenti fa pensare più a un adeguamento minimo per evitare il collasso che a una vera riforma. Il percorso sarà graduale, con un aumento stimato dell’1,5% del personale nel 2026, del 3% nel 2027 e fino al 6% nel 2028. Gli stanziamenti seguiranno la stessa progressione: 420 milioni di euro nel 2026, 845 milioni nel 2027 e 1,6 miliardi dal 2028. Nel complesso, le misure collaterali – bonus mirati, ritocchi all’Isee, mini-rottamazioni, annunci sul fronte sanitario – appaiono come aggiustamenti marginali. La manovra resta dominata dall’impronta di austerità dettata da Bruxelles e dall’impegno del governo a ridurre il deficit al 3% del PIL. In questo quadro le uniche voci di spesa destinate a crescere in modo certo e significativo sono quelle legate alla difesa, con miliardi già quantificati e un percorso di incremento pluriennale.

L’analisi delle spese destinate alla difesa rende evidente l’impostazione della manovra: per il 2026 il governo prevede che l’incremento della spesa militare equivalga a circa 3,3 miliardi, cifra derivata dallo 0,15 % del PIL e, quindi, salga ulteriormente negli anni successivi con l’aumentare della percentuale prevista (fino allo 0,5 % nel 2028). In totale, si parla di circa 11-12 miliardi aggiuntivi per la difesa su tre anni, se l’Italia riuscisse a liberarsi dalle misure restrittive imposte per il disavanzo eccessivo. È interessante osservare che nel comunicato del governo non è chiarito con precisione come questi incrementi saranno coperti né quale sarà l’impatto sulle altre voci di spesa. Le spese militari vengono trattate come una priorità automatica, con un meccanismo che sembra assorbire gran parte dello “spazio fiscale” disponibile, subordinando al contempo gli altri interventi a vincoli generici sull’equilibrio dei conti pubblici. Non è una descrizione di investimenti nel tessuto economico o sociale, ma una prenotazione sistematica di risorse per il comparto militare, da realizzarsi se condizionata all’uscita dalle procedure europee restrittive. Dietro lo slogan della riduzione del carico fiscale sui redditi da lavoro si intravede un impegno ancora indefinito, privo di cifre e tempistiche chiare. Anche il cosiddetto rifinanziamento del Fondo Sanitario Nazionale non appare come un investimento strutturale, ma come un adeguamento minimo per contenere l’impatto dell’inflazione e impedire il collasso di un sistema già fragile. La manovra nel suo complesso si configura così come un esercizio di austerità: riduzione del deficit, spesa compressa e crescita di risorse garantite soltanto alla difesa. Lavoro e sanità restano relegati a promesse generiche, subordinate a vincoli contabili e prive di veri stanziamenti.

Droni sospetti su aeroporto di Monaco, voli sospesi nella notte

0

L’aeroporto di Monaco di Baviera è stato chiuso ieri sera a causa dell’avvistamento di droni sospetti nella zona aeroportuale. Le operazioni di volo sono state sospese intorno alle 22:15, con 17 voli cancellati e 15 dirottati su altri scali come Stoccarda, Norimberga, Vienna e Francoforte. L’interruzione ha coinvolto circa 3.000 passeggeri, molti dei quali hanno dovuto trascorrere la notte nei terminal. Le autorità non hanno ancora chiarito quanti droni fossero in volo né la loro origine: a causa dell’oscurità, non è stato possibile fornire informazioni sul tipo e sulle dimensioni dei velivoli. All’alba l’aeroporto ha ripreso le attività ordinarie.

L’UNESCO ha aumentato di un milione di chilometri quadrati le proprie aree protette

0

Durante il 5° Congresso mondiale delle Riserve della Biosfera, svoltosi ad Hangzhou (Cina) alla fine di settembre, l'UNESCO ha annunciato l’ampliamento delle sue aree protette con 26 nuove riserve della biosfera in 21 Paesi, portando sotto tutela circa un milione di km² di terre naturali aggiuntive. Lo scopo è rafforzare la salvaguardia della biodiversità e promuovere modelli di sviluppo sostenibile che coinvolgano comunità locali, Stati membri e scienziati. L’iniziativa segna un’espansione senza precedenti nella rete mondiale delle Riserve della Biosfera: ora sono 785 siti in 142 Paesi, copre...

Questo è un articolo di approfondimento riservato ai nostri abbonati.
Scegli l'abbonamento che preferisci 
(al costo di un caffè la settimana) e prosegui con la lettura dell'articolo.

Se sei già abbonato effettua l'accesso qui sotto o utilizza il pulsante "accedi" in alto a destra.

ABBONATI / SOSTIENI

L'Indipendente non ha alcuna pubblicità né riceve alcun contributo pubblico. E nemmeno alcun contatto con partiti politici. Esiste solo grazie ai suoi abbonati. Solo così possiamo garantire ai nostri lettori un'informazione veramente libera, imparziale ma soprattutto senza padroni.
Grazie se vorrai aiutarci in questo progetto ambizioso.

Manifestazioni in Marocco: uccisi due manifestanti

0

Le forze dell’ordine marocchine hanno ucciso due manifestanti ad Agadir durante le proteste antigovernative. Secondo la versione ufficiale rilasciata dalla polizia, gli agenti sarebbero stati costretti a sparare per difendersi da un gruppo di manifestanti che stava provando a entrare in una centrale, ma il gruppo che organizza le manifestazioni ha contestato tale versione. Le manifestazioni in Marocco vanno avanti dallo scorso sabato. A lanciarle è stato un collettivo nato recentemente sui social chiamato Gen Z 212, formato prevalentemente da giovani. I manifestanti chiedono migliori servizi e più investimenti nella sanità e nell’istruzione, contestando i piani di spesa governativi.

Russia e Ucraina si scambiano 185 prigionieri per parte

0

Russia e Ucraina hanno realizzato un nuovo scambio di prigionieri, liberando 185 militari ciascuno, in attuazione degli accordi raggiunti nei negoziati di Istanbul lo scorso luglio. Lo ha reso noto il ministero della Difesa russo. Secondo l’agenzia Ria Novosti, i soldati russi liberati sono stati trasferiti in Bielorussia, dove stanno ricevendo assistenza medica e psicologica prima di essere inviati in Russia per cure e riabilitazione in strutture specializzate. L’operazione rappresenta uno dei più significativi scambi recenti tra Mosca e Kiev dall’inizio del conflitto.

Come il consumo di cibo spazzatura può alterare anche i meccanismi della memoria

1

L’alimentazione ha un impatto molto più grande di quanto si pensava sul cervello, e anche pochi giorni con una dieta ricca di grassi e cibo spazzatura sono sufficienti ad alterare e lasciare un segno nella memoria: è quanto emerge da un nuovo studio condotto da ricercatori della UNC School of Medicine, sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Neuron. Gli autori, studiando e osservando modelli murini sottoposti ad un’alimentazione ricca di grassi, hanno osservato che un particolare gruppo di cellule cerebrali dell’ippocampo diventa iperattivo a causa della ridotta disponibilità di glucosio, cioè dello zucchero che costituisce la principale fonte di energia per il cervello. Questo cambiamento, spiegano, comprometterebbe i meccanismi alla base della memoria già dopo quattro giorni di dieta ricca di grassi: «Ciò che ci ha sorpreso di più è stata la rapidità con cui queste cellule hanno modificato la loro attività in risposta alla ridotta disponibilità di glucosio», spiega Song, aggiungendo che «bastava questa alterazione per compromettere la memoria».

L’ippocampo – la struttura del cervello deputata a registrare e consolidare i ricordi – è particolarmente sensibile alle variazioni di energia e nutrienti. Numerosi studi infatti, spiegano gli esperti, avevano già evidenziato che le diete occidentali ad alto contenuto di grassi saturi aumentano il rischio di malattie metaboliche e neurodegenerative, tra cui la demenza e l’Alzheimer. Finora, però, non era chiaro attraverso quali meccanismi cellulari e molecolari queste diete influenzassero la memoria. Lo studio della UNC, quindi si è concentrato su un tipo specifico di cellule nervose: gli interneuroni CCK, che risultano “inibiti dal glucosio”, cioè diventano più attivi quando la disponibilità di zucchero cala. «Sapevamo che la dieta e il metabolismo potevano influenzare la salute del cervello, ma non ci aspettavamo di trovare un gruppo così specifico e vulnerabile di cellule cerebrali, gli interneuroni CCK nell’ippocampo, che venivano direttamente danneggiati dall’esposizione a una dieta ricca di grassi a breve termine», commentano gli autori. Con una dieta ricca di grassi, continuano, la capacità del cervello di assorbire glucosio si riduce, e di conseguenza questi interneuroni entrano in uno stato di iperattività anomala. Il risultato è che i circuiti della memoria si sbilanciano e non funzionano più correttamente, e a questo si aggiunge il ruolo di una proteina chiave, la PKM2 – un enzima che regola il modo in cui le cellule usano l’energia – che viene modificata dall’alimentazione e contribuisce a mantenere l’iperattività dannosa degli interneuroni.

In particolare, per verificare gli effetti della dieta, i ricercatori hanno sottoposto modelli murini a un’alimentazione ricca di grassi prima di testarne le capacità mnemoniche. Già entro quattro giorni, gli interneuroni CCK risultavano anormalmente attivi e i test di memoria mostravano deficit significativi. Ma la ricerca ha individuato anche soluzioni concrete: il ripristino dei livelli di glucosio nel cervello riusciva infatti a calmare l’iperattività dei neuroni e a risolvere i problemi di memoria. Interventi dietetici come brevi periodi di digiuno intermittente, introdotti dopo la dieta ricca di grassi, si sono quindi rivelati sufficienti a normalizzare l’attività degli interneuroni e a migliorare la funzione mnemonica. Lo stesso effetto positivo, spiegano, si osservava con approcci farmacologici mirati a PKM2. «Questo lavoro evidenzia come ciò che mangiamo possa influenzare rapidamente la salute del cervello e come interventi precoci, sia attraverso il digiuno che attraverso la medicina, possano proteggere la memoria e ridurre il rischio di problemi cognitivi a lungo termine legati all’obesità e ai disturbi metabolici», commenta Song, concludendo che, in prospettiva, strategie di questo tipo «potrebbero contribuire a ridurre il crescente peso della demenza e dell’Alzheimer legati ai disturbi metabolici, offrendo un’assistenza più olistica che si rivolga sia al corpo che al cervello».