mercoledì 30 Aprile 2025
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Nel 2024 la spesa militare ha raggiunto la cifra più alta di sempre

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Nel 2024, la spesa militare globale ha raggiunto i 2.718 miliardi di dollari, registrando un aumento rispetto all’anno precedente del 9,4%, il più consistente dal lontano 1988. Lo ha attestato il nuovo rapporto dell’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma (SIPRI), una delle fonti più autorevoli su questo tema, che ha confermato come il valore risulti in crescita per il decimo anno consecutivo. Il peso della spesa militare sul PIL globale è salito al 2,5%, mentre la spesa pro capite ha raggiunto i 334 dollari, la quota più alta da 35 anni a questa parte. I cinque principali Paesi per spesa militare — USA, Cina, Russia, Germania e India — hanno rappresentato insieme il 60% del totale mondiale.

Come dettagliato nel report, gli Stati Uniti si sono confermati il primo spender mondiale con 997 miliardi di dollari, seguiti dalla Cina con 314 miliardi. La Russia, a causa della prosecuzione della guerra contro l’Ucraina, ha incrementato la sua spesa del 38% fino a 149 miliardi, pari al 7,1% del suo PIL. Kiev ha invece speso 64,7 miliardi, posizionandosi all’ottavo posto posto globale, avendo destinato il 34% del suo PIL al settore militare. Nel continente europeo, la spesa militare risulta in aumento del 17%, toccando i 693 miliardi di dollari, trainata dal conflitto in Ucraina e dal generale riarmo. Tutti i gli Stati europei, con la sola eccezione di Malta, hanno aumentato il proprio budget. I membri della NATO hanno speso in totale 1.506 miliardi di dollari, rappresentando il 55% della spesa globale. Diciotto su 32 membri NATO hanno raggiunto o superato il 2% del PIL in spese militari, in linea con gli obiettivi aggiornati dell’Alleanza.

La Germania è diventata il quarto più grande spender globale con 88,5 miliardi di dollari, aumentando del 28% rispetto al 2023. L’India ha incrementato leggermente la spesa a 86,1 miliardi, con un focus crescente sulla produzione domestica di armamenti. La Polonia ha visto un aumento del 31% arrivando a 38 miliardi, con una spesa pari al 4,2% del PIL, la più alta nell’Europa centrale e occidentale. L’Italia si posiziona al tredicesimo posto a livello globale, con una crescita contenuta ma costante (+1,4%). Negli Stati Uniti, la spesa ha riflesso le priorità della Strategia Nazionale di Difesa 2022: rafforzare la deterrenza integrata contro Russia e Cina, investendo 246 miliardi in potenziamento nucleare e sistemi di difesa missilistica. Particolare attenzione è stata rivolta anche al supporto a Ucraina (48,4 miliardi) e Israele (10,6 miliardi) tramite stanziamenti straordinari. La Cina ha continuato il suo trend di crescita ininterrotta da tre decenni, con un aumento del 7% nel 2024. La modernizzazione delle forze armate entro il 2035 rimane l’obiettivo strategico di Pechino, che ha investito in nuove capacità nei settori aereo, subacqueo, nucleare e cyber.

In Africa, la spesa militare ha raggiunto 52,1 miliardi, con un aumento del 3%. La crescita è stata trainata soprattutto dal Nord Africa, con Algeria primo spender continentale. In Africa subsahariana, invece, la spesa è calata del 3,2%, con flessioni significative in Sudafrica, Nigeria ed Etiopia. Nelle Americhe, la spesa è cresciuta del 5,8% a 1.100 miliardi di dollari. Oltre agli USA, si registra un forte aumento in Messico (+39%), a sostegno delle forze di sicurezza interne come la Guardia Nacional, e in Guyana (+78%) a causa delle tensioni territoriali con il Venezuela. La spesa ha continuato a crescere anche in Asia e Oceania, con il Giappone che ha registrato il maggiore aumento dal dopoguerra (+21%), avendo destinato cospicue risorse a nuove capacità di attacco a lungo raggio. Nella polveriera del Medio Oriente, la spesa militare è cresciuta del 15% a 243 miliardi. L’aumento più eclatante – e non è una sorpresa – si è verificato in Israele (+65%), che ha portato la spesa al 8,8% del PIL. L’Arabia Saudita ha speso 80,3 miliardi, mentre l’Iran ha visto un calo del 10% dovuto a problemi economici interni.

Sulla costante tendenza al riarmo di UE e NATO i riflettori erano già stati accesi alla fine del 2023 dal rapporto “Arming Europe”, commissionato a un team di esperti dalle articolazioni italiana, tedesca e spagnola di Greenpeace. La ricerca aveva attestato come in dieci anni gli investimenti per i nuovi sistemi d’arma dei Paesi dell’Alleanza Atlantica all’interno dell’UE fossero cresciuti quattordici volte di più rispetto al loro PIL complessivo. In Italia, da 2,5 miliardi di euro la spesa militare si era alzata fino a toccare i 5,9 miliardi. Eppure, mentre enormi quantità di risorse sono state incanalate in questa direzione, il Prodotto Interno Lordo dei Paesi di riferimento è risultato stagnante. Al posto che al welfare e alla spesa ambientale, si è preferito mettere mano a quella militare: basti pensare che in Italia, mentre la spesa in armi ha subito un incremento addirittura del 30%, quella per la sanità è aumentata soltanto dell’11%, quella per la protezione ambientale del 6% e quella per l’istruzione di un risicatissimo 3%.

La Russia ha annunciato un cessate il fuoco di tre giorni a maggio

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Il presidente russo Vladimir Putin ha deciso di istituire un cessate il fuoco con l’Ucraina per l’ottantesimo anniversario della liberazione dal nazifascismo. La notizia è stata diffusa dal canale Telegram del Cremlino e ripresa dall’agenzia di stampa russa TASS. Di preciso, il cessate il fuoco inizierà nella mezzanotte dell’8 maggio e durerà fino alla mezzanotte dell’11 maggio. In quel periodo, si legge nell’annuncio, «le forze armate russe cesseranno le ostilità per ragioni umanitarie».

Il telescopio Webb ha scovato una galassia che sfida la comprensione dell’Universo primordiale

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Il telescopio spaziale James Webb ha stupito per l’ennesima volta la comunità scientifica con una scoperta che, come spesso accade grazie all’utilizzo di tale strumento, sfida le teorie che molti esperti consideravano consolidate: ha permesso la scoperta di una galassia distante osservata appena 330 milioni di anni dopo il Big Bang che ha mostrato una brillante radiazione di idrogeno in un’epoca in cui si pensava che tali segnali fossero completamente bloccati. A rivelarlo è il lavoro di un team di ricercatori guidato da Joris Witstok dell’Università di Cambridge dettagliato in un recente studio scientifico sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Nature. «Questo risultato è stato totalmente inaspettato dalle teorie sulla formazione delle galassie primordiali e ha colto di sorpresa gli astronomi», commentano i coautori, aggiungendo che ulteriori osservazioni verranno effettuate per ottenere maggiori informazioni sulla natura della galassia e sull’origine della sua intensa radiazione.

Il telescopio James Webb della NASA, dell’ESA e della CSA è stato lanciato con obiettivi tutt’altro che indifferenti, tra cui quello di esplorare la cosiddetta “alba cosmica”. Si tratta dell’epoca in cui si formarono le prime galassie dopo il Big Bang e che, secondo la teoria, caratterizzava un Universo avvolto da una densa nebbia di idrogeno neutro che assorbiva la luce ultravioletta. Tra le radiazioni assorbite e, secondo la teoria, impossibili da rilevare, vi era anche la Lyman-alfa, ovvero la luce emessa dagli atomi di idrogeno quando gli elettroni cambiano livello di energia. Si tratta di una delle tante radiazioni che sarebbero state bloccate dalla nebbia di idrogeno e che non sarebbero state visibili fino a circa un miliardo di anni dopo il Big Bang, quando il processo di reionizzazione l’avrebbe dissipata. Tuttavia, grazie all’utilizzo di NIRCam – una fotocamera nel vicino infrarosso capace di misurare la luminosità in diversi filtri – e NIRSpec – uno spettrografo che permette di analizzare la luce in dettaglio – i ricercatori hanno trovato un controesempio che potrebbe potenzialmente rivoluzionare la nostra concezione dell’Universo primordiale.

In particolare, analizzando il cosiddetto “redshift” – che fornisce una misura della distanza di un oggetto cosmico: più è alto il valore, più antica è l’immagine che osserviamo – è stata individuata JADES-GS-z13-1, galassia risalente ad un’epoca in cui l’Universo aveva solo 330 milioni di anni con una forte emissione di Lyman-alfa, che si pensava impossibile da rilevare. «La conferma della radiazione Lyman-α da questa galassia ha grandi implicazioni per la nostra comprensione dell’Universo primordiale. Non avremmo dovuto trovare una galassia come questa, data la nostra comprensione di come si è evoluto l’Universo. Potremmo pensare all’Universo primordiale come avvolto da una fitta nebbia che renderebbe estremamente difficile individuare anche i fari più potenti che vi si affacciano, eppure qui vediamo il fascio di luce di questa galassia perforare il velo», concludono gli autori.

Massacri a Gaza, Israele uccide oltre 70 persone in 24 ore

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Nelle ultime 24 ore, gli ospedali di Gaza hanno registrato 71 persone uccise dalle forze israeliane, tra cui 14 corpi recuperati da sotto le macerie, e 153 feriti. Lo ha reso noto il Ministero della Salute di Gaza all’interno del suo rapporto statistico quotidiano sulle vittime palestinesi nella guerra israeliana contro l’enclave. Nei raid aerei israeliani sulla Striscia di Gaza dall’alba sono state uccise almeno 32 persone, di cui 26 nella città di Gaza e nella Striscia di Gaza settentrionale. Israele ha ucciso almeno 52.314 palestinesi dall’inizio dell’offensiva militare del 7 ottobre 2023. Da quando ha ripreso l’offensiva lo scorso 18 marzo, le forze di Tel Aviv hanno ucciso almeno 2.222 persone.

Assange a Roma per rendere omaggio al Papa, mentre prosegue la lotta per la sua libertà

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C’era anche Julian Assange tra coloro che sabato si sono recati a Roma per i funerali di Papa Francesco. Quest’ultimo si era distinto in vita per il manifesto sostegno alla causa del giornalista australiano, cui aveva addirittura concesso asilo in Vaticano. Assange si è tenuto lontano stampa e non ha voluto rilasciare dichiarazioni, ma la moglie Stella, che lo accompagnava insieme ai due figli, ha detto che la famiglia ha voluto partecipare alle esequie per l’enorme «gratitudine» nutrita verso il Pontefice appena deceduto. Dopo la liberazione dal carcere di Belmarsh, avvenuta lo scorso giugno, la battaglia di Assange non è finita: il presidente Trump, infatti, non ha ancora concesso la grazia al fondatore di WikiLeaks. E ora la Campagna nata a sostegno del giornalista si prepara a nuove mobilitazioni.

«Adesso che Julian è libero, siamo tutti venuti a Roma per esprimere la gratitudine della nostra famiglia per il sostegno del Papa durante la persecuzione di Julian – ha dichiarato Stella Morris su X il giorno dei funerali di Bergoglio –. I nostri figli e io abbiamo avuto l’onore di incontrare Papa Francesco a giugno 2023 per discutere su come liberare Julian dalla prigione di Belmarsh. Francesco ha scritto a Julian in carcere e ha persino proposto di concedergli asilo in Vaticano». Nel luglio del 2023, quando Assange si trovava recluso nel carcere di Belmarsh a Londra, Papa Francesco aveva infatti ricevuto in udienza privata in Vaticano Stella Morris, accompagnata dai due figli della coppia, Gabriel e Max. Morris aveva ringraziato pubblicamente Francesco, parlando dell’incontro come di una «grande emozione». Nella primavera del 2021, Bergoglio aveva scritto una lettera ad Assange, recapitata al giornalista in carcere da padre Dan, pastore anglicano che svolgeva il ruolo di cappellano a Belmarsh, i cui contenuti sono rimasti riservati.

Assange è rimasto rinchiuso nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh per cinque anni, dopo otto anni trascorsi in esilio nell’ambasciata ecuadoriana, per aver rivelato al mondo attraverso il portale WikiLeaks alcuni tra i più vergognosi e cruenti crimini di guerra messi in atto dagli Stati Uniti e dai governi occidentali, oltre che le ipocrisie e i doppi giochi nelle relazioni politiche internazionali. Quella a San Pietro è la prima apparizione pubblica da quando è tornato in libertà, nel giugno scorso, se si esclude il discorso tenuto al Consiglio d’Europa lo scorso ottobre. Da allora, come spiegato a L’Indipendente dal fratello di Julian, Gabriel Shipton, il giornalista è impegnato a recuperare le energie e a fare ricerche per entrare davvero in contatto con il mondo e con le tecnologie che, nella fase in cui si trovava detenuto, hanno subito grandi trasformazioni.

Dopo 14 anni dall’inizio della sua personale Odissea, si può dire che il peggio sia passato, ma la sua battaglia non è certamente finita. Sulla sua persona grava infatti una condanna a cinque anni di carcere, derivata dal patteggiamento con le autorità statunitensi. La Campagna Assange intraprenderà nuovi passi nel mese di maggio per promuovere i diritti che Julian e il suo caso rappresentano, come libertà di comunicazione e l’accesso all’informazione, spingendo affinché il presidente Trump gli conceda la grazia.

Maxi blackout in Spagna, Portogallo e Francia

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Un blackout generale starebbe interessando in questo momento l’intera Spagna (eccetto le isole Canarie), oltre ad alcune zone del Portogallo e della Francia. Ad essere coinvolti sono tutti i servizi, dal trasporto pubblico all’illuminazione stradale, fino alle telecomunicazioni. La Rete Elettrica Spagnola ha dichiarato di star cercando di risolvere il problema e che la causa è stata una caduta del sistema elettrico, ma non si sa ancora a cosa questa sia dovuta. Tra i più grandi centri interessati vi sono Madrid, Barcellona, Bilbao, Pamplona, Santiago, Cordoba e Siviglia.

Oltre 250 giuristi contro il dl Sicurezza: “Si vuole governare con la paura”

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Dopo avvocati, movimenti e istituzioni internazionali, anche i giuspubblicisti si mobilitano contro il DL Sicurezza. In una lettera aperta, 257 esperti di diritto pubblico provenienti da tutte le Università italiane — tra cui presidenti vice-presidenti emeriti della Corte Costituzionale — hanno firmato un appello contro il decreto. Il provvedimento, spiegano i giuristi, «presenta una serie di gravissimi profili di incostituzionalità», in primis «l’ennesima» trasformazione di un disegno di legge in un decreto «senza che vi fosse alcuna straordinarietà né alcun reale presupposto di necessità e di urgenza», come imposto dalla Costituzione. Anche entrando nel merito, l’appello evidenzia che il pacchetto di leggi si configura come «un disegno estremamente pericoloso di repressione di quelle forme di dissenso che è fondamentale riconoscere in una società democratica».

«Ci sono momenti nei quali accadono forzature istituzionali di particolare gravità, di fronte alle quali non è più possibile tacere ed è anzi doveroso assumere insieme delle pubbliche posizioni – si legge nella durissima apertura della lettera sottoscritta dagli studiosi -.È questo il caso che si è verificato nei giorni scorsi quando il disegno di legge sulla sicurezza, che stava concludendo il suo iter dopo lunghi mesi di acceso dibattito parlamentare dati i discutibilissimi contenuti, è stato trasformato dal governo in un ennesimo decreto-legge, senza che vi fosse alcuna straordinarietà, né alcun reale presupposto di necessità e di urgenza, come la Costituzione impone». Secondo i giuristi firmatari, tra cui spiccano i nomi di Gustavo Zagrebelsky, Ugo De Siervo, Paolo Maddalena e Roberto Zaccaria, il Decreto-Sicurezza – definito come «l’ultimo anello di un’ormai lunga catena di attacchi volti a comprimere i diritti e accentrare il potere» – contiene «una serie di gravissimi profili di incostituzionalità, il primo dei quali consiste nel vero e proprio vulnus causato alla funzione legislativa delle Camere». I firmatari puntano infatti il dito contro il «plateale colpo di mano con cui il Governo si è appropriato del testo e di un compito, che, secondo l’art. 77 Costituzione, può svolgere solo in casi straordinari di necessità e di urgenza», con la sola finalità, sembra, «di umiliare il Parlamento e i cittadini da esso rappresentati». Una violazione «del tutto ingiustificata e senza precedenti», essendo l’iter legislativo «ormai prossimo alla conclusione».

Entrando nel merito del provvedimento, i giuristi denunciano «un disegno estremamente pericoloso di repressione di quelle forme di dissenso che è fondamentale riconoscere in una società democratica», che si realizza «attraverso un irragionevole aumento qualitativo e quantitativo delle sanzioni penali che – in quanto tali – sconsiglierebbero il ricorso alla decretazione d’urgenza». I firmatari fanno riferimento ai principi costituzionali che «appaiono compromessi», affermando che «il principio di uguaglianza non consente in alcun modo di equiparare i centri di trattenimento per stranieri extracomunitari al carcere o la resistenza passiva a condotte attive di rivolta», che il daspo urbano disposto dal questore che equipara condannati e denunciati è «in contrasto con l’art. 13 Cost. e la tutela della libertà personale» e giudicando «preoccupante» la norma che autorizza la polizia a «portare armi, anche diverse da quelle di ordinanza e fuori dal servizio». Alcune disposizioni del decreto-legge, inoltre, «aggravano gli elementi di repressione penale degli illeciti addebitati alla responsabilità di singoli o di gruppi solo per il fatto che l’illecito avvenga ‘in occasione’ di pubbliche manifestazioni», disposizione assai vaga che contrasterebbe «con il principio di tipicità delle condotte penalmente rilevanti», violando peraltro «la specifica protezione costituzionale accordata alla libertà di riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico (art. 17 Cost.)». Altri articoli violerebbero poi in maniera palese «il principio di determinatezza e di tassatività tutelato dall’art. 25 Cost.», come quello che punisce «con la reclusione chi occupa o detiene senza titolo “un immobile destinato a domicilio altrui o sue pertinenze”».

Negli scorsi giorni, per la prima volta, anche un organo dello Stato – nello specifico la Procura di Foggia – ha deciso di sollevare davanti al Tribunale della città pugliese una questione di legittimità costituzionale concernente due nuove aggravanti introdotte dal testo. Si tratta di quelle previste per la consumazione di un reato in prossimità di una stazione ferroviaria e per aver opposto violenza a pubblici ufficiali durante l’esercizio delle loro funzioni, che vengono considerate dai pm in contrasto con i principi fondamentali della Costituzione italiana.  I magistrati hanno puntato il dito anche sul metodo, sostenendo che l’introduzione di tali aggravanti tramite decreto-legge, riservato a casi di “straordinaria necessità e urgenza”, sarebbe ingiustificata. Poco prima, a sollevare la questione di costituzionalità del DL Sicurezza erano stati anche i due avvocati Eugenio Losco e Mauro Straini, in occasione di un processo per direttissima. Anche in questo caso, gli avvocati hanno contestato che al provvedimento manchino le ragioni di “necessaria e straordinaria urgenza” che dovrebbero contraddistinguere i decreti-legge.

Emergenza sfollati, ONU: 122 milioni solo nel 2024

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«Il mondo sta affrontando spostamenti di popolazioni senza precedenti». È questo l’allarme lanciato dal presidente del Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite, Bob Rae, il quale ha messo in luce come, nel solo 2024, ben 122 milioni di persone siano state costrette a spostarsi. La quantità di sfollati è destinata a crescere nei prossimi anni, a causa di guerre, disastri climatici, fame e povertà. Secondo quanto riportato dall’ONU, il 70% dei rifugiati vive in Paesi a basso e medio reddito. Le Nazioni Unite affermano che, anche di fronte ai tagli ai sostegni umanitari, sia indispensabile modificare l’approccio verso i rifugiati e concentrarsi su una migliore integrazione.

Gli USA bombardano lo Yemen e colpiscono un centro per migranti: almeno 115 uccisi

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Tra ieri e oggi, lunedì 28 aprile, gli Stati Uniti hanno lanciato un massiccio attacco missilistico sullo Yemen, uccidendo oltre un centinaio di persone. I bombardamenti sono iniziati poco prima dello scoccare della mezzanotte, e hanno preso di mira la capitale San’a, Al-Jawf, Ma’rib, al-Hodeida e Sa’da. Proprio quest’ultima è stata bersagliata dall’attacco più mortale, lanciato stamattina su un centro di trattenimento per persone migranti provenienti dall’Africa. Secondo l’ultimo aggiornamento, nel solo centro di Sa’da sono state uccise 115 persone e almeno una cinquantina sono state ferite e portate d’urgenza presso l’Ospedale Generale Repubblicano della città. L’attacco arriva sullo sfondo di una generale intensificazione dei bombardamenti statunitensi sulle città yemenite controllate dagli Houthi, iniziata dopo che il gruppo ha annunciato la ripresa delle operazioni di pattugliamento sul Mar Rosso in solidarietà con il popolo palestinese. Ieri stesso, poco prima del lancio degli attacchi statunitensi, gli Houthi hanno lanciato un attacco missilistico sull’area del Mar Morto occupato.

I primi bombardamenti statunitensi sullo Yemen sono stati lanciati alle 23:16 di ieri. Di preciso, gli USA hanno scagliato dieci distinti attacchi su Sa’da, cinque sulla capitale San’a, quattro su Al-Jawf, due su Hodeida e uno su Ma’rib. In due dei cinque attacchi che hanno preso di mira San’a sono state uccise rispettivamente 8 e 2 persone, tra cui donne e bambini. Da quello che riporta l’emittente yemenita Al Masirah TV, l’aggressione ha «preso di mira tre case adiacenti che ospitavano bambini e donne in un quartiere residenziale densamente popolato». Gli attacchi hanno completamente distrutto le case prese di mira, inflitto ingenti danni alle proprietà vicine e provocato lo sfollamento di massa dei residenti. Le squadre di soccorso si sono precipitate sul posto per evacuare i feriti in diversi ospedali, mentre fino alle 7:00 di stamattina le operazioni di recupero delle vittime intrappolate sotto le macerie risultavano ancora in corso.

Attorno alle 7:00, è stato lanciato l’attacco sul centro per persone migranti di Sa’da. Secondo l’ultimo aggiornamento proveniente dall’agenzia di stampa yemenita SABA, l’aviazione statunitense ha ucciso 115 persone, ferendone altre decine. L’ultimo aggiornamento sui feriti disponibile su SABA conta ancora 47 persone, ma secondo fonti ospedaliere riportate dall’emittente qatariota Al Jazeera, i ricoverati gravi sarebbero almeno una cinquantina. Da quanto comunicano le fonti ufficiali, la struttura ospitava 115 persone migranti provenienti prevalentemente dall’Etiopia, che si sarebbero trovate in Yemen di passaggio, per giungere in Arabia Saudita. Ignoto il numero di operatori presenti nella struttura. Non sono ancora chiari i danni registrati dall’edificio, ma alle 8 di questa mattina, le squadre di soccorso stavano ancora lavorando per cercare i corpi tra le macerie, mentre i vigili del fuoco provavano a estinguere un incendio causato dal bombardamento.

I bombardamenti statunitensi sullo Yemen sono stati preceduti da un comunicato del Comando Centrale in cui il centro operativo di Washington spiega che, dall’inizio della ripresa dei bombardamenti, il Paese ha intenzionalmente rilasciato poche informazioni sulle proprie operazioni, ma che comunque continuerà a prendere di mira gli Houthi fino a quando non interromperanno il blocco navale sullo stretto di Bab al-Mandab. «Dall’inizio dell’Operazione Rough Rider, l’USCENTCOM ha colpito oltre 800 obiettivi», si legge nel comunicato. «Questi attacchi hanno ucciso centinaia di combattenti Houthi e numerosi leader Houthi, tra cui alti funzionari Houthi». Gli USA affermano di avere preso di mira obiettivi militari e strutture strategiche, e non hanno rilasciato alcun commento sulle decine di civili uccisi in quest’ultimo mese. In totale, dalla ripresa dei bombardamenti, gli USA hanno ucciso circa 300 persone. L’attacco più mortale si è verificato il 15 marzo, prendendo di mira tutto il Paese, e ha ucciso 53 persone, ferendone altre 98.

TAR Emilia, sospesa la delibera sull’eutanasia

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Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna ha accolto l’istanza sospensiva avanzata dalla consigliera regionale Valentina Castaldini (Forza Italia) per sospendere le delibere regionali sulla regolamentazione delle pratiche di accesso all’eutanasia. La richiesta era pervenuta tra i banchi del TAR, lo scorso 11 marzo, e chiedeva l’annullamento delle delibere regionali approvate a febbraio 2024. Queste intendevano attuare la sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale sul suicidio medicalmente assistito, e stabilivano che le strutture sanitarie pubbliche regionali dovessero garantire ai malati il diritto di accedere al suicidio medicalmente assistito nei casi previsti dalla Corte. L’udienza collegiale è stata fissata il 15 maggio.