lunedì 6 Ottobre 2025
Home Blog Pagina 4

Global Sumud Flotilla: il resoconto minuto per minuto

9

La Global Sumud Flotilla, la flotta di imbarcazioni civili che si sta dirigendo verso Gaza per consegnare tonnellate di aiuti umanitari e rompere l’assedio israeliano, è entrata nella zona “ad alto rischio”, ovvero le acque internazionali di fronte alla Striscia che Israele tiene sotto controllo militare (150 miglia nautiche dalla costa). La fregata Alpino italiana, intervenuta dopo l’attacco con droni scagliato contro diverse imbarcazioni della flotta, si è fermata al limite delle 150 miglia. La nostra diretta degli eventi.


Mentre USB conferma lo sciopero, le manifestazioni in solidarietà alla Global Sumud Flotilla si estendono sempre di più. A Milano è stato lanciato un corteo di emergenza che conta decine di migliaia di partecipanti. A Firenze, i manifestanti hanno invaso i binari della stazione e a Prato è stata occupata la tangenziale.


Unione Sindacale di Base ha risposto alla dichiarazione di illegittimità da parte della Commissione di garanzia, rilanciando la mobilitazione, assumendosi i rischi di eventuali sanzioni: “Chi rischia sanzioni sono le organizzazioni sindacali che hanno proclamato lo sciopero generale, non i lavoratori e le lavoratrici che sciopereranno. Avanti tutta quindi, prepariamoci a bloccare tutto”.


Il ministro degli esteri belga Maxime Prevot ha annunciato di avere convocato l’ambasciatore israeliano nel Paese per chiedergli spiegazioni sulle operazioni israeliane, in quanto avvenute “visibilmente in acque internazionale”.


La Commissione di garanzia ha valutato lo sciopero generale previsto per domani illegittimo, in quanto lanciato senza preavviso. Lo sciopero era stato lanciato dalla Unione Sindacale di Base, a cui ha poi fatto eco la CGIL annunciando la mobilitazione di cento piazze. I due sindacati non hanno ancora risposto alla dichiarazione del Garante.


Undici membri della delegazione greca della Global Sumud Flotilla, composta da 27 persone, hanno annunciato l’avvio di uno sciopero della fame contro quella che definiscono la loro «detenzione illegale» da parte di Israele, dopo l’intercettazione delle imbarcazioni al largo di Gaza. In una dichiarazione diffusa su Facebook da March to Gaza Greece, il gruppo descrive la protesta come un atto di resistenza contro «il crimine commesso contro il popolo palestinese» e la violazione del diritto internazionale. Gli attivisti chiedono il rilascio immediato di tutti i partecipanti e avvertono che Israele sarà ritenuto responsabile di eventuali danni.


L’ufficio del Procuratore Generale spagnolo ha avviato la raccolta di informazioni sull’intercettazione da parte dell’esercito israeliano delle imbarcazioni della Global Sumud Flotilla. La misura rientra nell’indagine aperta il 18 settembre sui presunti “crimini” commessi da Israele a Gaza, con l’obiettivo di preservare prove e collaborare con i tribunali internazionali su possibili violazioni del diritto umanitario. La Procura chiede dettagli sulle imbarcazioni coinvolte, le coordinate dell’intercettazione, la nazionalità dei passeggeri, la natura del carico e l’assistenza consolare garantita ai cittadini spagnoli.


La Colombia assume una dura posizione contro Israele dopo l’intercettazione della Global Sumud Flotilla. Il presidente Gustavo Petro ha annunciato l’espulsione della delegazione diplomatica israeliana da Bogotá e la revoca immediata del trattato di libero scambio con Tel Aviv. La decisione, comunicata su X, è motivata dalla detenzione in acque internazionali di due cittadine colombiane, Manuela Bedoya e Luna Barreto, inquadrata da Petro come «crimine internazionale» del governo Netanyahu. Il capo di Stato ha disposto anche il rafforzamento della sicurezza presidenziale e l’avvio di azioni legali.


Gli avvocati del centro legale Adalah, che rappresentano i partecipanti alla flottiglia presso le autorità israeliane, hanno denunciato che Israele sta negando l’accesso ai difensori legali per gli attivisti fermati e condotti nel porto di Ashdod in attesa di espulsione. Le procedure «sono state avviate senza aver avvisato preventivamente gli avvocati e negando agli attivisti l’accesso al sostegno legale», hanno scritto in un comunicato. Questo, si legge nella nota, «costituisce una grave violazione del giusto processo e la negazione del diritto fondamentale dei partecipanti».


Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, intervenendo al Senato dopo un primo aggiornamento alla Camera, ha chiarito che sarebbero 40 le persone di nazionalità italiana fermate dalle autorità israeliane in mare. Ha spiegato che Israele ha confermato la conclusione delle operazioni navali e l’avvio del trasferimento verso il porto di Ashdod. Tra i presenti a bordo ci sono il deputato Arturo Scotto e l’europarlamentare Annalisa Corrado, entrambi del PD. Sono invece già sbarcati a terra Benedetta Scuderi (Alleanza Verdi e Sinistra) e Marco Croatti (Movimento 5 Stelle).


Quarantacinque imbarcazioni civili sono salpate da Arsuz, nel sud-est della Turchia, per il Mediterraneo orientale con l’obiettivo di sostenere la “Global Sumud Flotilla”. A darne notizia è il quotidiano turco Sabah, che ha diffuso un video in cui si vedono decine di piccole barche cariche di attivisti. I partecipanti agitano bandiere turche e palestinesi


A Torino, lo spezzone di manifestanti partito in bici con il corteo questa mattina è giunto allo scalo aereo di Caselle, dove ha invaso le piste di atterraggio e di partenza. Nell’aeroporto torinese ha anche sede Leonardo spa, l’azienda produttrice di armi – comprese quelle che l’Italia vende a Israele. I manifestanti stanno venendo caricati dalla polizia, che li attendeva con numerose camionette e in tenuta antisommossa.

Secondo quanto riferito da un comunicato della Global Sumud Flotilla, almeno 443 attivisti sarebbero al momento detenuti da Israele, dopo essere stati forzatamente portati via dalle loro navi. Saranno tutti condotti ad Ashdod, dove verranno spostati in centri di detenzione. Si tratta, dichiara la GSF, di un «rapimento illegale, in diretta violazione della legge internazionale e dei diritti umani». La nave Mikeno, riporta il comunicato, potrebbe trovarsi in territorio palestinese, ma sono stati persi i contatti, mentre la nave Marinette, con sei passeggeri a bordo, è ancora connessa via Starlink. Sono 21 le imbarcazioni che risultano intercettate dalla marina israeliana ufficialmente, mentre per altre 18 non si conosce la sorte esatta, ma è probabile che siano state anch’esse intercettate.

Nel frattempo, il tracker del sito ha ripreso a funzionare.


Il ministero degli Esteri israeliano ha comunicato che tutte le navi della Flotilla sono state fermate tranne una, che starebbe rimanendo «a distanza». «Se si avvicinasse, anche il suo tentativo di entrare in una zona di i combattimento attiva e violare il blocco navale verrebbe impedito», riporta il ministero.


Da qualche minuto non è più possibile verificare la posizione delle imbarcazioni della Global Sumud Flotilla. È probabile che si tratti di un malfunzionamento del server (già verificatosi in precedenza).


In un comunicato sui propri social, la Global Sumud Flotilla ha riferito che la nave Mikeno sarebbe sbarcata sulle coste di Gaza. Successivamente, in un secondo post, il team ha riferito che la notizia è da verificare.


Secondo l’ultimissimo aggiornamento del team della Global Sumud Flotilla, la nave Marinette sta proseguendo indisturbata la sua navigazione verso Gaza e si troverebbe a pochissimi chilometri dalla costa.


Nell’intervento che si sta svolgendo in queste ore alla Camera per riferire, tra le altre cose, sulla situazione degli italiani a bordo della Flotilla, il ministro degli Esteri Tajani ha confermato che «stanno tutti bene» e che entro la fine della mattinata o all’inizio del primo pomeriggio Israele porterà a termine le operazioni di trasferimento di tutti e 400 gli attivisti a bordo della Flotilla nel porto di Ashdod, per poi trasferirli nella prigione di Be’er Sheva. Funzionari italiani si recheranno in visita domattina e poi di nuovo domenica (non sabato, in quanto sarà Shabbat). Il ministro ha riferito che «le autorità israeliane vogliono fare un unio provvedimento di espulsione coatta di tutti i membri della Flotilla», che avverrebbe il 6 e il 7 ottobre prossimi.


Secondo quanto riferito dai media israeliani, sono 40 su 47 le imbarcazioni fermate dall’esercito, mentre due starebbero continuando la navigazione. Secondo il tracker della Global Sumud, 19 barche sono sospettate di essere state intercettate, oltre alle altre che risultavano già fermate. I contatti con la Mekorot, l’imbarcazione che è riuscita a entrare nelle acque gazawi superando il blocco navale israeliano, sono state interrotte.


La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha rilasciato pochi minuti fa un commento su quanto sta accadendo nelle acque internazionali di fronte a Gaza, con Israele che ha illegalmente aggredito le imbarcazioni della Global Sumud Flotilla e arrestato centinaia di attivisti. La premier ha ribadito la sua contrarietà alla missione, specificando che «nulla di tutto questo porta alcun beneficio al popolo della Palestina» ma che «porterà molti disagi al popolo italiano», riferendosi allo sciopero indetto dai sindacati per la giornata di domani. «Il week end lungo e la rivoluzione non stanno insieme», ha detto Meloni. Nessun dettaglio è emerso in merito a cosa il governo abbia intenzione di fare per aiutare i propri connazionali sequestrati da Israele, se non che «stiamo seguendo la situazione minuto per minuto» e che la Farnesina «è in contatto con gli avvocati di alcuni degli imbarcati».


Secondo quanto riportato da Al Jazeera, gli attivisti arrestati a bordo della Flotilla sono in viaggio verso il porto di Ashdod, dove dovrebbero arrivare nel giro di due ore. Tuttavia, per via del fatto che stanno venendo arrestati e trasportati in più riprese, queste operazioni potrebbero richiedere tutta la giornata. Tra gli arrestati vi sono anche Greta Thunberg, Thiago Avila e Yasemin Acar.

In un posto condiviso su X dal ministero degli Esteri israeliano, si vedono alcuni degli ostaggi con i giubbotti addosso, mentre vengono trasportati verso Israele. «I passeggeri Hamas-Sumud sui loro yacht stanno viaggiando sani e salvi verso Israele, dove inizieranno le procedure di espulsione verso l’Europa. I passeggeri sono sani e in buona salute», riporta il post.


In tutta Italia continuano senza sosta cortei, blocchi e proteste a sostegno della Global Sumud Flotilla e per chiedere al governo, che fino ad ora non si è pronunciato, di intervenire in aiuti dei connazionali e della missione. A Torino, una manifestazione parte alle 9.30 da Palazzo Nuovo, mentre a Trento al corteo universitario si è aggiunta la protesta spontanea dei giovani delle superiori. A Milano è stata occupata l’Università Statale, a Berlino la stazione centrale, mentre in Francia è stata bloccata la raffineria Longvic.


Secondo quanto risulta dal tracker sul sito della Global Sumud Flotilla, la nave Mikeno, della quale si era in precedenza perso il segnale, ha raggiunto le acque di Gaza e si trova sempre più vicina alla costa. Altre 23 navi si trovano a poca distanza.


Almeno 26 navi sono prossime alla costa di Gaza, a una distanza approssimativa di 60km, secondo il tracker della Flotilla (potete consultarlo qui).


Saif Abukeshek, portavoce della Flotilla, ha fatto sapere che oltre 200 membri dell’equipaggio sono stati arrestati da Israele: tra questi vi sono 22 italiani, oltre a 30 spagnoli, 21 turchi e 12 malesi. Nonostante ciò, “la missione continua per rompere l’assedio israeliano”. Nel frattempo, dall’Europa al Sudamerica, le piazze si sono riempite di decine di migliaia di persone che protestano contro l’aggressione israeliana alla Flotilla.


Sui propri canali social la Global Sumud Flotilla ha riferito che sono ancora 30 le navi che procedono verso le coste di Gaza, “nonostante le incessanti aggressioni della marina di occupazione israeliana”: sono a circa 85km dalle coste di Gaza.


Nonostante gli abbordaggi e gli arresti degli equipaggi le navi non ancora fermate da Israele proseguono la navigazione verso Gaza sfidando il blocco israeliano. Secondo quanto riportato dalla Global Sumud Flotilla sono 7 al momento le navi che la marina israeliana è riuscita a fermare. Meno di un quinto del totale: sono ancora 33 quelle che avanzano verso le rive palestinesi.

Non solo in Italia: le proteste per l’intercettazione delle navi della GSF stanno scoppiando in diverse città d’Europa. Per ora, migliaia di cittadini sono scesi nelle piazze di Barcellona, Berlino e Bruxelles, chiedendo protezione peri i civili a bordo delle imbarcazioni e la fine del genocidio in Palestina.


Altre navi della Global Sumud Flotilla stanno venendo approcciate dalle imbarcazioni della marina israeliana. Secondo fonti non confermate, per ora sarebbero sei le navi sequestrate; le uniche di cui si abbia conferma, tuttavia, rimangono le tre annunciate dai portavoce del gruppo.

In questo momento, dalle immagini della diretta sul canale YouTube della GSF sembra che una nave israeliana si stia avvicinando a una delle imbarcazioni della Flotilla, la nave Mango. Mango sta anche venendo attaccata con quelli che sembrerebbero degli idranti; le immagini della telecamera sono tuttavia troppo sfocate per determinare di cosa si tratti. Altre navi sono state attaccate con lo stesso dispositivo.


Il corteo di Roma è arrivato in piazza Barberini e ora sembra stare dialogando con le forze dell’ordine per spingersi fino a Palazzo Chigi. Intanto, anche Pisa e Napoli si muovono in corteo, mentre in altre città, come a Catania, sorgono nuovi presidi.

Local Team sta seguendo le varie piazze d’Italia in una live su YouTube.


Dopo avere radunato migliaia di persone in presidio, le maggiori città italiane stanno partendo i primi cortei. A Milano, da Piazza della Scala i manifestanti hanno iniziato a muoversi in direzione Stazione Centrale, dove la polizia ha schierato decine di agenti in tenuta antisommossa; a Roma, invece, da Piazza dei Cinquecento, il corteo si è mosso verso Palazzo Chigi. Corteo universitario a Bologna, diretto verso Piazza maggiore mentre a Torino il presidio di Piazza Palazzo di Città ha iniziato a muoversi.


Il ministro degli Esteri Tajani ha dichiarato che gli attivisti italiani che verranno arrestati dalle operazioni israeliane verranno prima portati in Israele, ad Ashdod, e poi rispediti in Italia: “Le regole di ingaggio della Marina israeliana sono molto chiare, nessun atto di violenza nei confronti delle persone che sono a bordo delle navi della Flotilla. Queste sono disposizioni molto chiare che hanno avuto dal governo”, ha dichiarato il ministro. Secondo quanto riporta Tajani, l’operazione durerà fino a circa mezzanotte o l’una.


La Global Sumud Flotilla ha annunciato che la missione prosegue. Nonostante le operazioni israeliane gli attivisti sono “determinati” a rompere l’assedio a Gaza, ha detto un portavoce del gruppo in una diretta sui social. Le navi proseguono in direzione di Gaza.


A Pisa, intanto, il corteo spontaneo in supporto alla GSF è arrivato alla stazione centrale della città, invadendo i binari.


La GSF ha rilasciato un comunicato stampa d’emergenza in cui conferma che “molteplici barche” sono state fermate dalle IDF, precisamente. Il comunicato cita le navi Alma, Surius, e Adara. In questo momento, specifica la GSF, si trova a circa 70 miglia nautiche da Gaza.


A Roma e forze dell’ordine hanno blindato la stazione Termini, chiudendo le entrate principali che danno su piazza dei Cinquecento. La medesima piazza è stata al centro di un presidio negli scorsi giorni, ed è stata rinominata dai manifestanti Piazza Gaza.

Scene analoghe a Bologna, dove sono stati schierati diversi carabinieri in antisommossa presso piazza Grande.


L’emittente qatariota Al Jazeera riporta che l’esercito sarebbe salito sulla nave Sirius e avrebbe iniziato ad arrestare l’equipaggio. Tra le persone fermate figura tra cui il corrispondente della stessa emittente Mubasher Hayat Al-Yamani.

Al Jazeera riporta anche che una terza nave starebbe venendo approcciata.


“La nave Alma è stata appena abbordata dalle forze di occupazione israeliane”, lo ha comunicato su X la pagina ufficiale della Global Sumud Flotilla.


Intanto, si moltiplicano i presidi in sostegno della GSF: per stasera sono state convocate piazze a Bologna, Firenze, Genova, Livorno, Lodi, Milano, Palermo, Torino, Siena..


La eurodeputata franco-palestinese Rima Hassan, attivista della coalizione, ha pubblicato un video che mostra delle navi intercettare alcune imbarcazioni della Flotilla. Dal video, non è chiaro di quale nave si tratti.

Intanto, i canali di aggiornamento non ufficiali sostengono che le IDF avrebbero accerchiato le navi della Flotilla e che la nave Alma e la nave Sirius sarebbero state fermate. Un video che circola online mostra la nave Alma che viene contattata radiofonicamente dalle autorità israeliane.


Intanto, in Italia iniziano a emergere i primi moti di supporto alla GSF. A Napoli un gruppo di manifestanti ha occupato la stazione centrale, invadendo i binari. La mobilitazione si sta estendendo lungo le vie principali attorno alla stazione.


L’Unione Sindacale di Base ha ufficializzato lo sciopero del 3 ottobre. Dopo quello che parrebbe l’inizio delle operazioni israeliane, USB ha annunciato una mobilitazione immediata nelle piazze.


La maggior parte delle navi del convoglio umanitario non trasmettono più alcuna immagine. In questo momento, sono attive solo due telecamere di bordo. Gli attivisti continuano a indossare i giubbetti in attesa di eventuali intercettazioni; secondo fonti non verificate alcune delle navi sarebbero state intercettate.


Le navi israeliane si starebbero avvicinando sempre di più al convoglio. Gli attivisti hanno tutti indossato i giubbotti di salvataggio e l’equipaggio della nave Alma si è seduto sul ponte, apparentemente, come da prassi, in attesa dei soldati israeliani. Per un breve periodo, la connessione con Alma è stata interrotta, ma è ripresa nell’arco di una decina di minuti. Secondo un comunicato della Flotilla, le operazioni di blocco potrebbero iniziare entro la prossima mezz’ora.


Oltre 20 navi si starebbero avvicinando alle imbarcazioni della Global Sumud Flotilla. La notizia è stata data dagli organizzatori, ma non è chiaro a che velocità le navi stiano viaggiando.


In un aggiornamento sul proprio canale Telegram, la Global Sumud Flotilla ha annunciato che le navi del convoglio umanitario si trovano a meno di 90 miglia nautiche dalle coste di Gaza. «Stiamo navigando in una zona ad alto rischio», scrivono gli attivisti della Flotilla. «State allerta». Le ultime navi della Freedom Flotilla Coalition, uno dei gruppi di avvitisti che fa parte del comitato della GSF, sono state intercettate a circa 100 miglia nautiche dalle coste gazawi.



Gli attivisti della Global Sumud Flotilla hanno tenuto una conferenza stampa in cui hanno parlato degli eventi di questa notte. Gli attivisti hanno spiegato che la flotta sarebbe stata avvicinata da delle navi che avrebbero usato tattiche di intimidazione psicologica, circondandole, accendendo i fari e manomettendo le telecomunicazioni. Nel corso della conferenza, hanno ribadito che le navi dovrebbero arrivare a Gaza domani attorno alle 10 del mattino, e che questa ultima notte sarà «critica» perché le ultime volte Israele ha fermato le missioni proprio a notte inoltrata.


Israele si starebbe preparando a intercettare le navi della Flotilla. Secondo quanto riporta l’emittente Kan news, le navi verrebbero bloccate dalla marina militare, che prenderebbe a carico tanto le imbarcazioni quanto gli attivisti. Gli attivisti verrebbero così portati presso il porto di Ashdod, dove, secondo il quotidiano israeliano Ynet, verrebbero dispiegati 500 agenti. Una volta arrivati in Israele, verrebbero trasferiti presso la prigione di Ketziot. Intanto, la Marina Militare avrebbe aumentato lo stato di allerta e dispiegato imbarcazioni al largo delle acque palestinesi.


Dopo l’Italia, anche la Spagna ha richiamato la nave del Paese che scortava gli attivisti della Global Sumud Flotilla. Dopo avere ritirato la propria imbarcazione, Madrid ha anche invitato gli attivisti a non entrare «nella zona di esclusione istituita dall’esercito israeliano».


La eurodeputata e membro della Flotilla Rima Hassan ha dichiarato che le navi del convoglio dovrebbero arrivare a Gaza domani. Da quanto comunica il membro del gruppo, le navi si trovano ora a 130 miglia nautiche dalle coste di Khan Younis, Governatorato nel sud della Striscia.


Mentre la Flotilla si avvicina a Gaza, numerosi gruppi studenteschi e di lavoratori si stanno iniziando a mobilitare. Già ieri, gli studenti di Cambiare Rotta hanno lanciato l’allarme a Bologna, Genova, Bari e Palermo, inscenando proteste nelle città e minacciando di bloccare gli atenei in caso di attacchi alle navi della flotta. A Roma, gli studenti della Sapienza hanno occupato la facoltà di Scienze Politiche. Intanto, a Livorno, il Gruppo Autonomo Portuali già in presidio per impedire alla nave israeliana ZIM Virginia ha annunciato il presidio permanente per la Flotilla; Unione Sindacale di Base, invece, ha annunciato che in caso di attacco sarà sciopero immediato.


«Mentre la Flotilla si accinge a entrare nelle acque territoriali di Gaza con il suo carico umanitario, il governo italiano si prepara ad abbandonarla, lasciando campo libero all’ennesima violazione di Israele, che gli permetterà di proseguire il genocidio indisturbato».


Una nave militare israeliana ha approcciato le navi della flotta, compiendo quelli che sono stati descritti come gesti «intimidatori», danneggiando i sistemi di comunicazione e circumnavigando, con «manovre molto pericolose», le imbarcazioni Alma e Sirius. «Sono state necessarie manovre evasive per evitare collisioni. Dopo l’attacco intimidatiorio all’Alma, la nave militare si è diretta verso Sirius, ed ha ripetuto lo stesso pattern. Ci sono state altre segnalazioni di imbarcazioni militari per tutta la notte, ma questo è stato il primo incontro ravvicinato», segnala la flotta sui suoi canali social. «Nonostante la perdita di alcuni apparati elettronici, nessuno è stato ferito» e la navigazione verso Gaza continua: «ci aspettiamo, nelle prossime 4/5 ore, di raggiungere il punto in cui sono state intercettate Handala e Madleen».


Alcune imbarcazioni non identificate, molte delle quali con le luci spente, si sono avvicinate alla flotta e hanno circumnavigato per vari minuti alcune delle navi, che hanno perso temporaneamente l’uso di Starlink.


La presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, ha risposto con un tweet alle accuse di «sabotaggio» dirette dalla Flotilla al governo.


Dopo che il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha informato che la fregata Alpino non avrebbe scortato gli italiani presenti sulla Global Sumud Flotilla e offerto ai partecipanti alla missione «l’opportunità» di abbandonare la nave e ritornare in Italia prima di fare ingresso nelle acque critiche, la Global Sumud ha accusato il governo di «sabotaggio». In una nota diffusa sui propri canali, i membri della missione scrivono che «se l’Italia stesse davvero cercando di proteggere vite», non lo farebbe sostenendo Israele o «facendo pressione» sui civili perché si ritirino. «La Corte Internazionale di Giustizia ha emesso, nel suo ordine del 24 maggio 2024, misure provvisorie richiedendo che tutti gli Stati prendano le necessarie iniziative concrete per assicurare la fornitura senza ostacoli di aiuti umanitari ai palestinesi di Gaza» sottolinea la nota, specificando che «la Flotilla continua a navigare».

Le certificazioni di sostenibilità dei prodotti sono attendibili?

0

Tutto intorno a noi è “verde”, “responsabile” e “consapevole”. O almeno così recitano gli slogan di moltissime aziende, da quelle alimentari a quelle tessili, passando per energia pulita e costruzioni bio. La moda è stata molto brava a trasformare la sostenibilità in tendenza: ovunque circolano etichette green, simboli e diciture che hanno creato, nel tempo, più confusione che chiarezza. Chi è davvero sostenibile? Come un consumatore può identificare aziende virtuose e prodotti fatti secondo criteri di etica e rispetto dell’ambiente? Le certificazioni, nella confusione e pressapochismo generale, sono diventate un elemento chiave per distinguere il vero impegno da vuote promesse del marketing. Ma siamo davvero convinti che una certificazione garantisca davvero la sostenibilità di un’azienda o di un prodotto?

Cosa sono le certificazioni

Le certificazioni di sostenibilità sono linee guida volontarie utilizzate per dimostrare l’impegno verso buone pratiche ambientali, sociali, etiche e di sicurezza. Le prime certificazioni sono apparse verso la fine degli anni ‘80 primi anni ‘90,  soprattutto in ambito alimentare, con l’introduzione di marchi ecologici per identificare alimenti ed altri prodotti biologici. Nella moda le vediamo apparire negli anni ‘90, quando la crescente preoccupazione pubblica per l’uso di sostanze chimiche nei tessuti, le cattive condizioni di lavoro e il degrado ambientale hanno portato alla richiesta di sistemi di verifica, in grado di monitorare e garantire la qualità dei prodotti. Così, all’inizio degli anni 2000, enti indipendenti hanno iniziato a sviluppare standard per garantire che tessuti, processi e catene di fornitura aderissero a criteri ambientali ed etici misurabili. 

Secondo Textile Exchange, il numero di stabilimenti certificati secondo standard come GOTS e Organic Content Standard (OCS) è cresciuto di oltre il 34% solo nel 2020, riflettendo l’aumento esponenziale della domanda di trasparenza e responsabilità da parte dei consumatori. Un rapporto di McKinsey ha rivelato che il 67% dei consumatori considera ora i materiali sostenibili un fattore importante nelle proprie decisioni di acquisto. Le certificazioni, quindi, fungono sia da marchio di fiducia per gli acquirenti, sia da strumento per i brand che vogliono differenziarsi in un mercato affollato (e bugiardo). Il problema è che ne esistono tantissime, tutte diverse e tutte che certificano un aspetto della produzione o del prodotto, con il rischio di creare una confusione in chi si ritrova davanti un cartellino che pullula di simboli e sigle. La sfida,  per i consumatori, è sapere quali hanno davvero valore.

Breve guida alle certificazioni tessili

Orientarsi nella giungla delle certificazioni è complicato (sono numerosissime ed in continuo aumento). Esistono certificazioni relative al prodotto, ai materiali usati, alla chimica nelle lavorazioni, fino ai processi e alla responsabilità etica ed ambientale. Qui una piccola guida con alcune di quelle più comuni ed utilizzate in ambito tessile.

EU-Ecolabel: È un marchio europeo usato per certificare il ridotto impatto ambientale dei prodotti o dei servizi offerti dalle aziende che ne hanno ottenuto l’utilizzo (sempre secondo il regolamento CE n. 66/2010). Praticamente conferma che i prodotti sono stati realizzati rispettando l’ambiente durante tutto il loro ciclo di produzione e vita, dall’inizio fino allo smaltimento finale (in un’ottica di economia circolare).

Altro marchio famoso ed entrato a far parte del linguaggio comune è la certificazione GOTS – Global Organic Textile Standard. Molto difficile da ottenere, non indica solo un tessuto di origine biologica, ma valuta tutti gli aspetti della produzione: dalla coltivazione della materia prima alla commercializzazione del prodotto finito. Questa certificazione è stata sviluppata da organizzazioni internazionali leader nell’agricoltura biologica per garantire al consumatore che i prodotti tessili biologici siano ottenuti nel rispetto di controllati criteri ambientali e sociali applicati a tutti i livelli della produzione. Per prodotti tessili biologici bisogna che almeno il 95% delle fibre di cui è composto il capo sia di origine organica (bio). Il restante 5% può essere costituito da altre fibre naturali non biologiche come cotone standard, lana, canapa, oppure costituito da fibre artificiali di origine naturale come viscosa, lyocell, modal, ma anche da altre fibre ottenute grazie al riciclo di materie prime. Insomma, il 100% bio non è garantito!

OEKO-TEX® Standard 100, dal 1992 è un sistema di controllo e certificazione indipendente per i prodotti tessili (materie prime, semilavorati, e prodotti finiti) che garantisce che i prodotti tessili non contengono o rilasciano sostanze dannose per la salute umana. La certificazione viene rilasciata in seguito a test per sostanze nocive che tengono presente l’uso di destinazione del prodotto tessile: quanto più un tessuto deve entrare a contatto con la pelle (e quanto più sensibile è la pelle) maggiori sono i requisiti umano-ecologici che si devono soddisfare. Per i prodotti per bambini o intimo ci sono restrizioni e standard molto alti.

Altro nato in casa Oeko è Oeoko tex ® – Made in Green, un marchio di tracciabilità per i prodotti tessili sostenibili realizzati con materiali privi di sostanze nocive in impianti a basso impatto ambientale e luoghi di lavoro sicuri. La peculiarità di questa certificazione è che ogni prodotto che presenta questo marchio possiede un codice QR con il quale tracciare la produzione.

Global Recycle Standard – o GRS si occupa di certificare le aziende che producono abbigliamento con una determinata quantità di materiale riciclato. GRS certifica sia i prodotti, in particolare lana riciclata/rigenerata, poliestere e poliammide riciclati, cotone rigenerato/riciclato e il cuoio riciclato; sia le aziende produttrici. Si valutano regole ambientali ma anche il rispetto delle condizioni di lavoro. Purtroppo questa certificazione internazionale ha dei limiti: il primo è che si può applicare a prodotti che presentano almeno il 20% di fibre riciclate (un po’ pochine); il secondo è che questa percentuale, che può variare dal 20 al 100%, non è indicata sulle etichette. Questa certificazione viene applicata al tessuto, ma questo simbolo si può trovare anche sui capi prodotti utilizzando quello specifico materiale.

OCS – Organic Content Standard è una certificazione tessile che garantisce l’origine biologica di una fibra tessile. Si applica solo ai tessuti naturali (di origine vegetale o animale), ma principalmente viene usata per il cotone. Ne esistono due versioni Organic Content Blended – quando solo il 5% è bio; e Organic Content 100 – quando il tessuto contiene il 95% di fibra bio.

REACH è il regolamento entrato in vigore nel 2007 per tutta Europa che registra, valuta, autorizza e limita l’uso delle sostanze chimiche, andando ad escludere quelle nocive per l’ambiente e per la salute durante tutte le fasi di produzione del prodotto. Si tratta di una vera e propria serie di regole che tutte le industrie sono tenute a seguire: cosmetica, tessile, giocattoli, ecc. In generale tutti i prodotti realizzati al 100% in Europa hanno un certificato REACH o sono fuori legge. Questo non vale per i prodotti importati dagli altri Paesi. Per esempio se un abito viene realizzato con un tessuto importato dall’India, non abbiamo nessuna garanzia del rispetto dell’uso delle sostanze chimiche se non un’autocertificazione dell’azienda stessa. REACH può sembrare simile a Oeko-Tex; mentre la prima è una normativa obbligatoria, la seconda è una certificazione volontaria (ovvero sono le aziende a doverla richiedere e pagare).

BLUESIGN® è una certificazione indipendente nata in Svizzera nel 1997, il cui scopo principale è aiutare fornitori, produttori e marchi di moda a ridurre l’impronta ambientale dei tessuti, con particolare attenzione alle sostanze chimiche utilizzate. Qui non si analizza il prodotto finito, ma tutte le fasi di produzione: le sostanze e le materie prime vengono verificate prima del loro utilizzo in una catena produttiva. Bluesign® non solo certifica, ma aiuta anche le aziende a trovare soluzioni per migliorarsi. Per ricevere questo bollino c’è un iter molto lungo che analizza ogni singolo passaggio.

Forest Stewardship Council (FSC) è un certificato internazionale nato principalmente per impedire la deforestazione massiccia con le conseguenze sociali/ambientali connesse a questa pratica. È una sigla che ci racconta che i prodotti che stiamo acquistando provengono da albereti coltivati in maniera sostenibile. Un marchio già visto nei prodotti di carta, ma utilizzato anche nella moda per quelle fibre derivate dalla cellulosa (come la viscosa e le sue varianti, lyocell e modal).

Forest Stewardship Council (FSC) è un certificato internazionale nato principalmente per impedire la deforestazione massiccia con le conseguenze sociali/ambientali connesse a questa pratica.

VeganOK è una certificazione riconosciuta in Europa che garantisce che un prodotto sia vegano al 100%, ovvero privo di ingredienti di origine animale e non testato su animali. Promuove inoltre pratiche etiche e sostenibili, garantendo che i prodotti soddisfano standard di produzione responsabili. Questa certificazione è utilizzata nei settori alimentare, cosmetico, tessile e in altri settori, aiutando i consumatori a identificare opzioni in linea con uno stile di vita vegano e rispettoso dell’ambiente.

Certificazioni: un territorio accessibile a pochi

Pur essendo uno strumento valido in grado di garantire maggiore sicurezza e credibilità, quello delle certificazioni non è un mondo facile e, come ogni cosa, presenta limiti e lati oscuri. Il primo, indubbiamente, è relativo al costo oneroso di queste operazioni. Ottenere una certificazione ha un prezzo, sia economico sia in termini di tempo: i procedimenti, i controlli e le operazioni necessari per mettersi in regola ed essere certificati hanno tempi lunghi, spesso necessitano l’intervento di consulenti esterni e di cambiamenti interni all’azienda. Raccogliere i dati, compilare report e seguire le ispezioni sono lavori extra che comportano esborsi notevoli. Ostacolo, questo, per moltissime piccole e micro imprese che non riescono ad ottenere la tanto agognata certificazione. Con il risultato che questo mondo rimanga esclusivo appannaggio di grandi aziende, dove è la capacità economica a permettere di acquistare bollini verdi in grado di confermare il loro impegno. Uno squilibrio evidente, dove tutti i grandi marchi possiedono certificazioni (sembrando affidabili), mentre le micro imprese no (sembrano meno impegnate), che alimenta una narrazione distorta. Forse, anche in questo caso, andrebbe rivisto il sistema rendendolo accessibile e garantito a tutte le imprese, qualsiasi siano dimensioni e possibilità economiche.

In Europa i popoli sono con la Flotilla, i governi non dicono nulla

3

Mercoledì sera, poco dopo che la Global Sumud Flotilla è stata intercettata dalla marina militare israeliana, le piazze europee si sono animate da cortei e manifestazioni di solidarietà. In tutte le principali piazze, la popolazione ha dato il via a cortei spontanei per chiedere di intervenire contro l’aggressione di Israele alle imbarcazioni che portano aiuti umanitari a Gaza, oltre che di porre fine alla complicità con il governo di Tel Aviv e la fine del genocidio nella Striscia. Tuttavia, ad ora, quasi nessuno tra i governanti europei ha profferito parola su quanto sta accadendo.

Le proteste non sono state pianificate o promosse da forze politiche dominanti, ma si sono generate dal basso, spinte dalle notizie dell’abbordaggio navale. In città come Roma, Parigi, Berlino, Madrid, Atene e Bruxelles decine di migliaia di cittadini hanno marciato, acceso fiaccole o presidiato davanti ad ambasciate, chiedendo che non venga ignorato il dramma della Striscia assediata. A Parigi i manifestanti si sono radunati in Place de la République chiedendo la liberazione degli equipaggi delle navi abbordate dalle forze israeliane; a Berlino la stazione centrale è stata circondata con lo slogan “Free Palestine” su vasta scala; a Bruxelles un corteo ha occupato Place de la Bourse. A Barcellona e Istanbul si sono segnalate massicce proteste davanti ai consolati israeliani; nella capitale turca altri manifestanti hanno marciato davanti al consolato degli USA. In Italia, la cronaca racconta di 35 città mobilitate simultaneamente, con una partecipazione eterogenea che ha unito studenti, sindacati di base e famiglie con presidi e manifestazioni.

A Milano il Pirellone è stato illuminato con la scritta “Free Gaza” e i cortei sono partiti da Piazza della Scala verso Cadorna, con occupazione di binari ferroviari in segno di protesta. A Bologna il corteo ha raggiunto la Prefettura per chiedere le dimissioni del governo; a Roma i manifestanti hanno affollato la zona di Termini per avvicinarsi a Palazzo Chigi. A Napoli attivisti e studenti del Collettivo autorganizzato universitario hanno occupato i binari della stazione Centrale, causando il blocco momentaneo del traffico ferroviario in arrivo e in partenza. Lasciata la stazione, il corteo di manifestanti si è diretto verso la facoltà di Lettere e Filosofia della Federico II a Porta di Massa. Manifestanti anche a Torino, dove l’ingresso centrale della stazione ferroviaria di Porta Nuova è stato chiuso, per cercare di evitare eventuali blocchi; occupata la Facoltà umanistica di Palazzo Nuovo. Circa 500 manifestanti hanno occupato i binari della stazione ferroviaria di Pisa. Ad Ancona sono attivi presidi fissi organizzati dal Coordinamento Marche per la Palestina nel quartiere Archi. Cortei anche a Palermo, Genova, Firenze, La Spezia, Livorno, Lodi, Siena, Padova Trieste, Forlì: “Siamo pronti a bloccare tutto”, è il messaggio dei giovani di Cambiare Rotta e dei collettivi. Il fatto è che l’azione navale non è un episodio isolato: è il segnale che il confronto sul Mediterraneo è divenuto diretto, e che la missione della Flotilla è vista come una sfida politica e simbolica. Il carattere della missione non lascia spazio a definizioni semplicistiche: il convoglio ha l’obiettivo dichiarato di rompere il blocco israeliano su Gaza e consegnare aiuti vitali. Già nei giorni scorsi alcune imbarcazioni avevano denunciato attacchi tramite droni o sistemi di disturbo delle comunicazioni.

Eppure, il salto tra le piazze e le istituzioni appare smisurato. I governi europei, benché sollecitati dalle proteste, mantengono un’imbarazzante prudenza diplomatica. A Copenaghen i leader UE, impegnati a dare “ampio sostegno” al muro anti-droni e al prestito all’Ucraina con soldi russi, non hanno espresso commenti sull’accaduto. In Italia, la gestione dell’ordine pubblico è stata affidata alle forze di polizia, senza dichiarazioni né prese di posizione chiare. A livello centrale, l’esecutivo ha adottato un silenzio assordante sulle manifestazioni di sostegno alla Flotilla, preferendo toni blandamente diplomatici e a tratti contraddittori sull’abbordaggio. Il Ministro degli Esteri Antonio Tajani ha fatto sapere che è stato in contatto con il Ministro degli Esteri israeliano Sa’ar in merito all’assistenza dei cittadini italiani a bordo della Flotilla, in stato di fermo da parte della Marina israeliana, senza spendere parole per le manifestazioni. Il vicepremier ha voluto spendere parole positive per Tel Aviv, evidenziando che gli abbordaggi «sono stati pacifici e senza violenze e preparati da numerose misure di avvicinamento, partendo dalla nave madre Alma», mentre su X si è limitato a postare le immagini del primo corridoio universitario da Gaza. La premier Giorgia Meloni, da Copenaghen per il vertice informale del Consiglio europeo, ha criticato la missione: «In questa fase, di fronte a una possibilità che sarebbe storica, insistere in una iniziativa che ha dei margini di pericolosità e di irresponsabilità», insinuando il dubbio che «forse le sofferenze del popolo palestinese» non siano la «priorità». Nel mezzo della crisi internazionale, la premier italiana ha optato su X per un messaggio di auguri a “tutti i nonni d’Italia”, postando una foto con la nonna. Solamente dopo, alle 10.30 del mattino (quando l’aggressione israeliana è ormai in corso da oltre 12 ore), ha commentato brevemente i fatti ribadendo la propria contrarietà alla missione. Silenzio anche dal ministro dei trasporti, Matteo Salvini, che sta valutando la precettazione dello sciopero generale proclamato per venerdì 3 ottobre da CGIL, USB e altre sigle sindacali. Fuori dall’Italia, il premier svedese Ulf Kristersson ha intimato all’attivista Greta Thunberg, sua concittadina, di «tornare a casa». In Spagna, il premier Pedro Sánchez ha chiesto che Israele non consideri la missione una “minaccia”, ribadendo che si tratterebbe di un’azione umanitaria. Tali dichiarazioni restano, però, isolate e prive di conseguenze operative tangibili, mentre a livello interazionale diversi governi, dalla Turchia alla Colombia  – accusano Israele di un “atto terrorismo” contro la Flotilla. In questo contesto, il silenzio dei leader europei, che si limitano ad appelli alla moderazione, risulta tanto più greve: a fronte di mobilitazioni transnazionali – centinaia di migliaia di persone che chiedono il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale – le cancellerie rispondono con toni neutri, ambigui o deleganti. Il vuoto politico che si spalanca espone i governi europei a un’accusa implicita: quella di complicità per omissione. Le piazze continueranno a chiedere che il silenzio non sia il nascondiglio delle responsabilità.

Manchester, attacco con coltello davanti a sinagoga: 2 vittime, morto aggressore

0

A Manchester, nel Regno Unito, un uomo ha investito alcune persone con l’auto e poi le ha accoltellate davanti alla sinagoga Heaton Park Hebrew Congregation durante lo Yom Kippur. Inizialmente la polizia aveva parlato di quattro feriti, tra cui una guardia di sicurezza, ma ora si contano almeno due vittime. La polizia ha sparato all’aggressore e ha dichiarato che la situazione è sotto controllo. Il sindaco Burnham ha dichiarato che l’uomo è stato ucciso. Il primo ministro Keir Starmer ha interrotto una visita in Danimarca per una riunione di emergenza.

I sindacati hanno proclamato un nuovo sciopero per la Palestina

2
Screenshot

La marina israeliana ha attaccato la Global Sumud Flotilla. Gran parte dei 45 vascelli della missione umanitaria è stata intercettata e gli attivisti a bordo arrestati illegalmente. Di tutta risposta, in Italia decine di piazza si sono riempite di manifestanti al grido di “Blocchiamo tutto” e l’Unione Sindacale di Base (USB) e la CGIL hanno proclamato lo sciopero generale per l’intera giornata di domani, 3 ottobre, che si unirà dunque a quello annunciato dai Cobas il 18 settembre scorso. Saranno coinvolti tutti i settori pubblici e privati, con l’obiettivo di dare continuità allo sciopero generale del 22 settembre, quando in piazza sono scese centinaia di migliaia di italiani. Un’ipotesi che il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini intende scongiurare, valutando l’uso della precettazione che declasserebbe di fatto lo sciopero generale a disservizio.

Le richieste della mobilitazione sono chiare: «interrompere ogni relazione militare, commerciale e non, con uno Stato protagonista di un genocidio, rifiutarsi di lavorare per uno Stato che non solo vende armi e collabora a tutti i livelli con Israele, ma che destina decine e decine di miliardi alla folle corsa al riarmo invece di destinarle ad assicurare diritti sociali, salari dignitosi e servizi pubblici», come scrive USB, che ha già organizzato lo sciopero del 22 settembre. «Lo avevamo detto e lo faremo: quanto accaduto oggi alla Flotilla rende necessario tornare in piazza e bloccare nuovamente il paese per esprimere solidarietà agli attivisti della Global Sumud Flotilla e per continuare a denunciare il genocidio del popolo palestinese», aggiunge l’Unione Sindacale di Base nell’annunciare per domani lo sciopero generale senza i dieci giorni di preavviso previsti ordinariamente. Stando alla legge n. 146/90 è possibile convocare uno sciopero generale senza preavviso in risposta a eventi gravi e improvvisi: l’attacco all’ordine costituzionale e la lesione dell’incolumità dei lavoratori. Due fattispecie che gli organizzatori invocano, facendo appello a una serie di articoli della Costituzione e di trattati ratificati dall’Italia. La CGIL, nel fare eco a USB, sottolinea come l’aggressione israeliana alla Global Sumud Flotilla sia «un colpo inferto all’ordine costituzionale stesso che impedisce un’azione umanitaria e di solidarietà verso la popolazione palestinese sottoposta dal governo israeliano ad una vera e propria operazione di genocidio. Un attentato diretto all’incolumità e alla sicurezza di lavoratrici e lavoratori, volontarie e volontari imbarcati».

Non sembra essere della stessa opinione la Commissione di garanzia degli scioperi (istituita proprio dalla legge n. 146/90), secondo cui il mancato preavviso della mobilitazione annunciata da USB e CGIL non è giustificato. Appare dunque probabile l’intervento di Matteo Salvini, pronto a precettare lo sciopero e a limitarlo. La retorica adoperata è la solita: «evitare che una minoranza irresponsabile possa danneggiare milioni di italiani», come si legge sul sito del MIT. Un eccesso di zelo che puntualmente pare smaterializzarsi durante i disagi quotidiani avvertiti da residenti e pendolari per gli spostamenti su ruota e rotaia, a suon di ritardi, cancellazioni e infrastrutture fatiscenti.

In attesa di saperne di più sull’eventuale precettazione gli scioperi generali di USB e CGIL restano confermati, così come quello dei Cobas, annunciato col preavviso dei dieci giorni e quindi non a rischio di limitazione. I primi lavoratori a incrociare le braccia saranno quelli delle ferrovie, dalle 21 di questa sera alle 20:59 di domani, con due fasce di garanzie previste: dalle 6 alle 9 e dalle 18 alle 21 del 3 ottobre. Durante lo sciopero generale saranno infatti garantiti i servizi minimi essenziali. Anche il personale autostradale inizierà lo sciopero in serata, dalle 22. Dalla mezzanotte si aggiungerà invece il resto delle categorie dei lavoratori, dalla scuola alla sanità e vigili del fuoco (dalle 8 alle 14), passando per l’intero settore privato.

UE: Vertice di Copenaghen rafforza ruolo dei ministri della Difesa

0

I leader dei Ventisette, riuniti a Copenaghen in un vertice europeo informale, hanno deciso di conferire ai ministri della Difesa un ruolo “più incisivo” nella gestione della sicurezza comune, attribuendo loro maggiore autonomia politica e operativa fra una sessione del Consiglio europeo e l’altra. Antonio Costa, Presidente del Consiglio europeo, ha spiegato che il rafforzamento mira a superare il modello attuale, nel quale i ministri sono confinati all’ambito del Consiglio Affari Esteri, e a integrarli più direttamente nei processi decisionali tra i più alti vertici dell’Unione. Sull’Ucraina l’unità dei Ventisette inciampa nelle resistenze di Budapest. Il premier Viktor Orban ha ribadito con fermezza che, per Kiev, “basta accordo strategico, non un’adesione” all’UE. Orban si è opposto anche all’idea di aprire capitoli di adesione a maggioranza qualificata, sostenendo che “mai e poi mai” Budapest acconsentirà a modifiche del meccanismo decisionale. L’esito del vertice appare, quindi, doppio: mentre l’UE prova a dotarsi di una struttura difensiva più integrata, il dissenso intraeuropeo, in particolare sull’allargamento verso l’Ucraina, resta una spina nel fianco della politica comunitaria.

Taranto, le mani della mafia sul Comune di Statte: 35 condanne, 4 anni all’ex sindaco

0

Un sistema di potere basato sullo scambio tra voti e favori è sfociato in un processo conclusosi con 35 condanne, che complessivamente superano i 200 anni di carcere, nel processo “Dominio” sulla infiltrazione mafiosa nel Comune di Statte, in provincia di Taranto. Il giudice del Tribunale di Lecce, Giulia Proto, ha emesso la sentenza al termine del rito abbreviato, infliggendo 4 anni e 5 mesi di reclusione all’ex sindaco Francesco Andrioli, alla vicesindaca Marianna Simeone e all’ex assessore Ivan Orlando per voto di scambio politico-mafioso. La condanna più pesante, 20 anni, è toccata a Davide Sudoso, riconosciuto come il capo dell’organizzazione criminale che avrebbe condizionato le elezioni comunali del 2021.

L’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, coordinata dal pm Milto De Nozza, ha svelato un meccanismo perverso in cui la cosca guidata da Sudoso avrebbe assicurato il sostegno elettorale ad Andrioli in cambio di benefici economici. Secondo l’accusa, il clan avrebbe ottenuto denaro, buoni pasto, schede carburate, biglietti per le giostre e l’impegno a favorire imprese vicine al clan. Un vero e proprio sistema di dominio che ha compromesso la regolarità della competizione elettorale, tanto che il giudice ha disposto un risarcimento di 100mila euro in favore del Comune di Statte, riconoscendo il danno subito dall’ente. Le elezioni del 2021, che avevano visto la vittoria di Andrioli con ampio margine sulle forze avversarie, si sono rivelate in realtà pilotate. Il crollo dell’amministrazione è arrivato a gennaio dello scorso anno, quando l’operazione della Guardia di Finanza e della DDA ha portato a 29 misure cautelari, decapitando il Comune e arrestando lo stesso sindaco e due assessori.

Oltre a quella comminata a Sudoso, sono pesantissime le condanne per gli altri esponenti del sodalizio criminale: a Francesco Simeone sono stati inflitti 15 anni, a Giuseppe Palumbo 14 e a Luigi Scialpi 12. A seguire, Antonio Pace è stato condannato a 10 anni, Fabiana Notaristefano a 9 anni e 6 mesi, Antonio Paolo Nannavecchia a 9 anni e 2 mesi. L’impianto accusatorio dei magistrati ha messo in luce il lato più sconcertante dell’infiltrazione mafiosa: la capacità di corrompere le istituzioni locali attraverso lo scambio elettorale politico-mafioso, solo uno dei capi d’imputazione a cui si sono aggiunti quelli di associazione di tipo mafioso, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione e detenzione illegale di armi. Trentacinque condanne che, pur con alcune assoluzioni (Francesco Angarone, Cosimo Lomartire, Giulio Modeo, Luigi Scialpi e William Sudoso per alcuni capi d’imputazione), consegnano alla storia giudiziaria una delle più significative operazioni contro le infiltrazioni mafiose negli enti locali pugliesi.

Il terremoto giudiziario legato ai sempre più evidenti rapporti tra criminalità organizzata e politica pugliese non riguarda soltanto la provincia di Taranto. Solo pochi giorni fa, infatti, il maxiprocesso nato dall’inchiesta “Codice interno” a Bari ha portato alla condanna a 9 anni di reclusione per l’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri, arrestato all’inizio del 2024 e alla sbarra con altre 103 persone. Il politico era accusato di scambio elettorale politico-mafioso ed estorsione, essendosi assicurato, secondo la ricostruzione della Procura, i voti di tre clan del capoluogo al fine di favorire l’elezione al consiglio Comunale di sua moglie, Maria Carmen Lorusso, nel 2019. La donna effettivamente è risultata eletta. Complessivamente, sono state inflitte 103 condanne, dai 2 anni e due mesi ai 14 anni e 8 mesi di reclusione, con la pena più alta che riguarda Radames Parisi e Silvio Sidella, imputati per reati mafiosi.

Papua Nuova Guinea, il governo approva il trattato di difesa con l’Australia

0

Il governo della Papua Nuova Guinea ha approvato un trattato di difesa bilaterale con l’Australia, aprendo la strada alla firma dai leader e volto a contenere l’influenza cinese nella regione. Il premier papuano James Marape ha confermato l’ok del gabinetto e ha detto che «L’Australia ha solo un altro trattato di difesa reciproca di questo tipo e, su nostra richiesta, la Papua Nuova Guinea firmerà ora questo trattato». Marape ha aggiunto che «Ciò riflette la profondità della fiducia, della storia e del futuro condiviso tra le nostre due nazioni». Il premier australiano Anthony Albanese ha annunciato che lui e Marape firmeranno a breve.

È morta Jane Goodall, l’etologa pioniera nello studio degli scimpanzé

0

Si è spenta all’età di 91 anni la celebre etologa Jane Goodall, pioniera nello studio degli scimpanzé selvatici. Secondo il Jane Goodall Institute, è deceduta per cause naturali mentre si trovava negli Stati Uniti per un tour di conferenze. Nel corso della sua carriera, iniziata nel 1960 nella riserva del Gombe in Tanzania, rivoluzionò la primatologia scavando nei legami sociali, nell’uso di strumenti e nella vita emotiva dei primati. Chiamò per nome i suoi scimpanzé e seppe coglierne le personalità individuali, un’idea allora rivoluzionaria, oggi divenuta patrimonio della letteratura scientifica. Fu anche una voce instancabile per l’ambiente e la conservazione, fondando l’Istituto che porta il suo nome e il programma educativo “Roots & Shoots”. Il suo lascito scientifico e morale rimarrà per sempre fonte d’ispirazione nel rapporto tra uomo e natura.

Il Brasile investe un miliardo di dollari nel Fondo per la protezione delle foreste

1

Per spingere i governi a proteggere le foreste, forse bisogna iniziare a parlare la lingua che più conta nei tavoli internazionali: quella del denaro. È questa l’idea alla base del Tropical Forests Forever Facility (TFFF), un nuovo fondo globale che premia economicamente i Paesi in grado di preservare i propri ecosistemi forestali. Durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha annunciato che il Brasile sarà il primo Stato a investire nel meccanismo: un miliardo di dollari, pari a circa 850 milioni di euro.
Il funzionamento è diretto: i ...

Questo è un articolo di approfondimento riservato ai nostri abbonati.
Scegli l'abbonamento che preferisci 
(al costo di un caffè la settimana) e prosegui con la lettura dell'articolo.

Se sei già abbonato effettua l'accesso qui sotto o utilizza il pulsante "accedi" in alto a destra.

ABBONATI / SOSTIENI

L'Indipendente non ha alcuna pubblicità né riceve alcun contributo pubblico. E nemmeno alcun contatto con partiti politici. Esiste solo grazie ai suoi abbonati. Solo così possiamo garantire ai nostri lettori un'informazione veramente libera, imparziale ma soprattutto senza padroni.
Grazie se vorrai aiutarci in questo progetto ambizioso.