mercoledì 30 Aprile 2025
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Banca Mondiale: Arabia Saudita e Qatar salderanno i debiti della Siria

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L’Arabia Saudita e il Qatar salderanno gli arretrati di circa 15 milioni di dollari dovuti dalla Siria alla Banca Mondiale. A dare la notizia sono i due Paesi finanziatori in una dichiarazione congiunta. Il saldo del debito apre la strada all’approvazione di possibili richieste di sovvenzione da parte della Siria. «Questo impegno aprirĂ  la strada alla ripresa del supporto e delle operazioni del Gruppo della Banca Mondiale in Siria dopo una sospensione di oltre quattordici anni», si legge nella dichiarazione. Entrambi i Paesi hanno inoltre invitato «le istituzioni finanziarie internazionali e regionali a riprendere e ampliare tempestivamente il loro impegno per lo sviluppo in Siria».

Gli USA mediano tra Repubblica Democratica del Congo e Ruanda e mettono le mani sulle risorse

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La Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda hanno firmato un accordo preliminare per giungere a una pace. Il documento è stato siglato a Washington in presenza del Segretario di Stato USA Marco Rubio e arriva qualche giorno dopo la firma di una tregua tra il movimento ribelle dell’M23 e la RDC, in Qatar. L’accordo tra la RDC e il Ruanda impegna i Paesi a rispettare la reciproca sovranitĂ  e i confini internazionalmente stabiliti, a risolvere le controversie con la diplomazia, a rilanciare la cooperazione bilaterale e a valutare l’istituzione di un meccanismo congiunto di sicurezza. Con la firma dell’accordo, inoltre, RDC e Ruanda stabiliscono il 2 maggio come data limite per la presentazione di un accordo di pace definitivo e di risolvere eventuali controversie con la mediazione degli stessi USA. L’iniziativa pacificatrice di Washington, come era nell’aria, sembra tutto tranne che disinteressata: il tanto ricercato accordo prevede infatti che i Paesi collaborino sul fronte energetico, infrastrutturale e — soprattutto — minerario, «in collaborazione con il governo degli Stati Uniti e gli investitori statunitensi».

L’accordo preliminare tra la RDC e il Ruanda è stato firmato venerdì 25 aprile. Esso si divide in sei punti e apre la strada alla stesura di un accordo di pace da sottoporre alla reciproca revisione entro il 2 maggio. L’accordo prevede: il riconoscimento reciproco della sovranitĂ , dell’integritĂ  territoriale e dei confini stabiliti dei Paesi; la facilitazione del ritorno «sicuro e volontario» degli sfollati nelle proprie case; la promozione e il sostegno alla missione internazionale MONUSCO delle Nazioni Unite; una collaborazione sul fronte della sicurezza, limitando «la proliferazione di gruppi armati non statali all’interno e attraverso i reciproci confini», astenendosi «dal fornire supporto militare statale a gruppi armati non statali» e, nel caso fosse necessario, istituendo un meccanismo di sicurezza congiunto. Riguardo a quest’ultimo punto, va notato che l’accordo non cita in maniera esplicita l’M23. L’accordo prevede infine il rilancio dei rapporti commerciali ed economici tra i Paesi, favorendo lo sviluppo di un «quadro di integrazione economica».

«Questo quadro», si legge nell’accordo, «sarĂ  accompagnato dall’avvio o dall’espansione di investimenti significativi, inclusi quelli agevolati dal governo statunitense e dal settore privato statunitense, volti a trasformare l’economia regionale a vantaggio di tutti i Paesi partecipanti». I due Paesi si impegnano poi «a esplorare opzioni per collegare questo quadro ad altre iniziative di sviluppo economico internazionali o regionali, anche nell’ambito di progetti infrastrutturali», da portare avanti attraverso «partnership e opportunitĂ  di investimento reciprocamente vantaggiose». RDC e Ruanda, infine, «si impegnano ad avviare e/o ampliare la cooperazione su prioritĂ  condivise quali lo sviluppo idroelettrico, la gestione dei parchi nazionali, la riduzione del rischio nelle catene di approvvigionamento minerario» e, soprattutto, il collegamento delle catene minerarie end-to-end (dalla miniera al metallo lavorato) tra «entrambi i Paesi, in collaborazione con il governo degli Stati Uniti e gli investitori statunitensi». I Paesi, insomma, si impegnano a collaborare tra di loro, con gli USA e con gli investitori privati statunitensi in settori strategici chiave quali quello energetico, quello infrastrutturale e quello minerario.

L’annuncio dell’accordo preliminare tra RDC e Ruanda arriva due giorni dopo l’analoga tregua siglata tra Kinshasa e rappresentanti dell’M23, che la RDC sostiene essere sostenuto dal Ruanda. Questa è stata raggiunta di comune accordo con la mediazione del Qatar e, per quanto sia vaga nei termini e non sembri stabilire un cessate il fuoco permanente, impegna le parti a una «immediata cessazione delle ostilità» da portare avanti fino a che proseguono i colloqui per una «pace duratura». L’accordo tra RDC e M23 è giunto in seguito a una rapida avanzata del movimento ribelle, che nell’arco di qualche mese ha conquistato le principali cittĂ  dell’area orientale del Congo. Dopo avere preso la capitale della provincia del Nord Kivu, Goma, l’M23 è arrivato fino a Bukavu, assicurandosi il controllo delle maggiori cittĂ  orientali del Paese. Dopo un momento di stallo in cui sembrava avvicinarsi un accordo per una tregua, l’avanzata dei ribelli è continuata, giungendo fino a Walikale, da cui si sono ritirati dopo qualche giorno proprio per facilitare il raggiungimento di una pace temporanea. Al momento non risulta chiaro dove la tregua siglata in Qatar potrebbe portare, nĂ© se e quando si potrebbe svolgere un altro round di colloqui. Quello che sembra evidente è che, per via della sua ampia disponibilitĂ  di risorse, la regione fa gola a molti e che il ruolo di mediatore tra le parti apre alla possibilitĂ  di mettervici le mani. Gli ultimi accordi siglati dalla RDC erano infatti stati in un certo senso anticipati dagli ultimi incontri tenutisi a marzo, che prefiguravano l’ipotesi di mettere le risorse minerarie sul piatto per ottenere il sostegno di Washington.

Vancouver, auto sulla folla: almeno 9 morti

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Nella notte tra ieri e oggi, a Vancouver, in Canada, un auto è piombata sulla folla, uccidendo almeno 9 persone e causando «diversi» feriti. L’incidente è avvenuto in occasione di un festival filippino, e il conducente, un uomo di 30 anni giĂ  noto alla polizia, è stato arrestato. In una breve dichiarazione sui social media, la polizia ha affermato che, al momento, è «certa» che l’incidente non sia stato un atto di terrorismo.

Niger, “offensiva a sorpresa”: uccisi 12 soldati

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Dodici soldati nigerini sono stati uccisi in un attacco nell’ovest del Paese. La notizia arriva dall’esercito nigerino, che ha comunicato che l’attacco, una «offensiva a sorpresa», si è verificato venerdì a circa 10 km a nord del villaggio di Sakoira, nei pressi del confine tra Niger, Mali e Burkina Faso, area particolarmente soggetta a incursioni da parte di gruppi islamisti. L’esercito non ha fornito dettagli circa l’identitĂ  degli aggressori, ma ha affermato di avere arrestato due sospetti.

Cosa è successo tra Trump e Zelensky a San Pietro

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Ai margini del funerale di Papa Francesco, ieri, il presidente americano Trump e quello ucraino Zelensky hanno avuto un breve colloquio all’interno della basilica di San Pietro. Si tratta del primo incontro di persona dopo quello avvenuto a Washington lo scorso febbraio, nel corso del quale Trump e il suo vice, JD Vance, avevano umiliato il presidente ucraino in diretta mondiale. Ieri, i toni sono sembrati molto diversi. Il dialogo, durato 15 minuti appena, aveva, almeno all’apparenza, le sembianze di uno scambio non programmato. Zelensky ha parlato di un incontro «produttivo», mentre Trump ha postato sul proprio social Truth l’immagine del loro dialogo, senza commento. Poco prima di pubblicarla, Trump aveva scritto che «non c’era motivo per Putin di sparare missili su aree civili, cittĂ  e paesi, negli ultimi giorni» e che probabilmente «non vuole fermare la guerra». Sebbene il pacifico scambio tra i due potrebbe essere un buon segnale di apertura verso nuovi dialoghi di pace, i dettagli del dialogo non sono stati ufficialmente resi pubblici, nè vi erano vice o altre personalitĂ  politiche ad assistervi. Dopo la fine dei funerali avrebbe dovuto svolgersi un secondo incontro, ma il presidente statunitense ha preferito rientrare a casa.

Secondo Zelensky, la portata dell’incontro è «storica». «Speriamo in risultati concreti su tutto ciò che abbiamo trattato. Proteggere la vita del nostro popolo. Un cessate il fuoco completo e incondizionato. Una pace affidabile e duratura che impedisca lo scoppio di un’altra guerra. Un incontro molto simbolico che ha il potenziale per diventare storico, se raggiungeremo risultati congiunti», ringraziando infine il presidente USA. Dal canto suo, Trump non ha utilizzato quei soliti toni minacciosi che è ormai abituato a usare con Zelensky: l’ultima volta risale a pochi giorni fa, quando Zelensky aveva dichiarato che l’ipotesi di cedere la Crimea alla Russia non era considerabile. Subito dopo le affermazioni di Zelenksy, era saltato (ufficialmente per non meglio precisate questioni logistiche) il summit internazionale per la pace in Ucraina che avrebbe dovuto svolgersi a Londra. In quell’occasione, Trump aveva definito le posizioni di Zelensky «molto dannose per i negoziati di pace con la Russia».

Subito dopo il post di Trump, pubblicato ieri su Truth, il senatore repubblicano Lindsay Graham ha fatto sapere di avere pronta «una proposta di legge bipartisan con quasi 60 firmatari che imporrebbe tariffe secondarie su qualsiasi Paese che acquisti petrolio, gas, uranio o altri prodotti russi. Il Senato è pronto a muoversi in questa direzione e lo farĂ  a larga maggioranza se la Russia non abbraccerĂ  una pace onorevole, giusta e duratura». Eppure, nelle stesse ore, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa russa TASS, Putin avrebbe incontrato l’inviato speciale statunitense Witkoff, confermando piĂą volte di essere pronto a intavolare dei discorsi di pace con l’Ucraina «senza alcuna precondizione».

Con gli occhi del mondo puntati su uno degli eventi piĂą importanti, ovvero i funerali di Papa Francesco, è difficile stabilire cosa sia stato effettivamente improvvisato e cosa non sia frutto di strategie politiche studiate nel dettaglio. Non è d’altronde la prima volta che il presidente Trump mostra di avere, in questa come altre questioni internazionali e interne, un atteggiamento altalenante: nelle parole del presidente USA, Zelensky è passato piĂą volte dall’essere un solido alleato, a un «comico mediocre e dittatore non eletto» da umiliare in mondovisione, per poi tornare a essere un partner da difendere strenuamente. Si vedrĂ  nelle prossime settimane se questo incontro ha una valenza che va oltre quella puramente simbolica di una foto d’effetto.

Un ex ministro condannato per Tangentopoli riavrĂ  il vitalizio: voto unanime in Parlamento

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Scoppia il caso politico. Francesco De Lorenzo, 87 anni, ex ministro della Salute travolto da uno dei filoni dello scandalo Tangentopoli negli anni ’90, tornerà a percepire il vitalizio parlamentare che nel 2015 gli era stato revocato. L’ufficio di Presidenza della Camera, guidato da Lorenzo Fontana, ha votato all’unanimità per il ripristino dell’assegno. De Lorenzo, che in passato si è definito un «prigioniero politico», rivendica in un’intervista a Il Foglio: «Non l’ho chiesto io, il vitalizio. Ma era un diritto, e i diritti si difendono». 

Tra i voti favorevoli, anche quello del Movimento 5 Stelle, che in passato si era sempre schierato contro il ritorno dei vitalizi. Oggi la questione morale, però, non sembra essere più la priorità. La decisione non è stata gradita dal leader dei Cinquestelle, Giuseppe Conte, che, stando a quanto filtra, non ne sapeva nulla e che, dopo averla appresa dai quotidiani, avrebbe strigliato i suoi a cose fatte. Sebbene a livello tecnico ci fosse poco da fare, il voto dei grillini brucia e rappresenta l’ennesimo smacco, perché il Movimento avrebbe comunque potuto limitarsi all’astensione. Gli esponenti pentastellati hanno poi ammesso «l’errore politico» e hanno ribadito che «ci batteremo per una modifica». 

Quello di De Lorenzo fu uno dei casi più celebri all’epoca di Tangentopoli, tanto che l’allora ministro fu ribattezzato “Sua Sanità”. Le indagini rivelarono un sistema diffuso di tangenti e corruzione che travolse anche Farmindustria, l’associazione delle imprese farmaceutiche italiane. 

Condannato in via definitiva a cinque anni, per associazione a delinquere finalizzata al finanziamento illecito ai partiti e corruzione, la parabola dell’ex ministro inizia con l’arresto nel 1994, con l’accusa di aver ricevuto tangenti da aziende farmaceutiche in cambio di favori, come l’inclusione di specifici farmaci nel prontuario terapeutico nazionale e l’aumento dei prezzi dei medicinali rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale. 

L’immagine più plastica dello scandalo fu l’arresto di Duilio Poggiolini, responsabile del settore farmaceutico del ministero, che viene fermato a Losanna, in Svizzera, con accuse simili. Durante le perquisizioni nelle sue proprietà, le autorità scoprono un vero e proprio tesoro: lingotti d’oro, gioielli, opere d’arte, monete antiche e moderne (fra cui rubli d’oro dello zar Nicola II e krugerrand sudafricani) e una somma ingente di denaro contante. Sono necessarie dodici ore per catalogare i beni preziosi nascosti negli armadi e persino occultati in divani, materassi e pouf, accumulati grazie alle tangenti ricevute dalle aziende farmaceutiche. Vengono inoltre sequestrati oltre 15 miliardi di lire su un conto svizzero intestato alla moglie Pierr Di Maria.

Le indagini rivelano un intreccio di tangenti e favoritismi che vede coinvolti politici, dirigenti e aziende farmaceutiche che versavano mazzette per far includere i loro prodotti nel prontuario terapeutico nazionale, garantendosi enormi profitti a spese dello Stato e dei cittadini. 

Lo scandalo investe l’intero gotha dell’industria farmaceutica, rivelando una rete di favoritismi e manipolazione delle politiche sanitarie. Tra gli arrestati ci sono nomi importanti del settore farmaceutico: quello più rilevante è Ambrogio Secondi, presidente di Farmindustria e della Smith Kline, azienda che nel 2000 si fonde con Glaxo per diventare la GlaxoSmithKline, una delle più grandi multinazionali farmaceutiche mondiali, che ha pagato una tangente di 600 milioni di lire a De Lorenzo e a Poggiolini per far diventare obbligatorio, con la legge 165 del 1991, il vaccino contro l’epatite B (già in uso dal 1981 in forma volontaria).

Dopo un periodo di detenzione a Poggioreale, De Lorenzo ha seguito un lungo percorso di reinserimento, tra impegno nel sociale e nella ricerca oncologica, infine, una battaglia personale contro il cancro. La richiesta di riabilitazione risale al 18 luglio 2024, dopo che il Tribunale di Sorveglianza di Roma aveva accolto la richiesta. L’ex ministro aveva spiegato di aver risarcito integralmente le associazioni private e il Ministero e di non poter restituire altre somme. 

Alla fine, la Cassazione gli ha dato ragione, e ora anche la Camera ne prende atto: una decisione che ha provocato parecchio subbuglio, tra la destra che plaude e parla di “gogna mediatica” e di “gogna anticasta” e ritrae De Lorenzo come «il più grande perseguitato di Tangentopoli, secondo solo a Bettino Craxi» (citofonare a Filippo Facci su Il Giornale) e chi non può che rimarcare che la decisione mina la coerenza di chi, come il M5S ha fatto del giustizialismo – a corrente alternata – il suo cavallo di battaglia. 

E, così, il vitalizio ritorna. E con esso, torna anche il messaggio: in Italia, puoi corrompere, puoi finire in galera, puoi accumulare lingotti nel divano, ma se sai aspettare abbastanza, c’è sempre una poltrona – o un assegno – che ti aspetta. Basta avere pazienza. L’importante è non sfidare apertamente quel Sistema che, con la sua commistione tra lobby del farmaco e politica, fatta di porte girevoli e favori sotterranei, sa essere generosa e magnanima con chi lo serve.

Esselunga: cassa integrazione per 200 operai in risposta allo sciopero dei fattorini

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Prima la minaccia, poi i fatti: Esselunga ha avviato la cassa integrazione per oltre 200 dipendenti del magazzino di via Dione Cassio a Milano, addossando la responsabilità allo sciopero in corso indetto dalla Filt Cgil. Un conflitto che affonda le radici nelle condizioni di lavoro dei corrieri delle aziende fornitrici Brivio e Viganò, Deliverit e Cap Delivery. Mentre i fattorini protestano chiedendo migliori tutele e un’indennità di 10 euro giornalieri, il colosso della grande distribuzione preferisce mettere in cassa i propri dipendenti, accusando la protesta di aver «compromesso in modo significativo» il servizio di consegna online. Il sindacato, invece, denuncia la decisione come una precisa strategia aziendale per delegittimare la protesta.

L’avvio della cassa integrazione è stato comunicato dall’azienda in una nota ufficiale, parlando di «gravi disagi operativi» che avrebbero reso «inevitabile» il ricorso alla cassa integrazione «per evitare enormi sprechi alimentari». Una decisione che coinvolge oltre 200 lavoratori e che, secondo Esselunga, si è resa necessaria perchĂ© «la protesta messa in atto sta impedendo ai nostri dipendenti dei centri di distribuzione che preparano le spese poi affidate ai trasportatori per le consegne, di svolgere il proprio lavoro». Ma dietro quella che Esselunga presenta come una dolorosa scelta gestionale, si consuma uno scontro ben piĂą ampio. La Filt Cgil denuncia che si tratta di una «scelta grave e unilaterale» messa in atto per «dividere lavoratori e sindacati e scaricare sulle spalle di chi lavora le conseguenze dell’assenza di volontĂ  negoziale». Per il sindacato, quella della grande distribuzione «è una mossa strumentale» che non farĂ  altro che rafforzare «la mobilitazione e la solidarietĂ  tra lavoratori e sindacati», mostrando all’opinione pubblica «il vero volto di un’azienda che antepone minacce e profitti al rispetto delle regole e dei diritti fondamentali».

Al centro della protesta, che va avanti ormai da settimane, c’è la richiesta dei fattorini – centinaia di autisti che ogni giorno effettuano circa 10mila consegne – di vedersi riconosciuta un’indennitĂ  per il lavoro di facchinaggio, attivitĂ  che, denuncia la Filt Cgil, non sarebbe prevista dal loro contratto. I lavoratori chiedono dunque «10 euro giornalieri in più» a compensazione di carichi fisici spesso insostenibili: ogni autista gestisce infatti circa 35 quintali di merce per turno, talvolta raddoppiando i turni giornalieri. La situazione ha avuto uno snodo importante il 23 aprile, durante un incontro in Prefettura a Milano tra sindacati e aziende. Un tavolo che si è chiuso con un nulla di fatto. «Brivio & Viganò ha partecipato al tavolo con piena disponibilitĂ  al confronto e con un concreto spirito propositivo», ha fatto sapere l’azienda, spiegando che «nonostante la volontĂ  di venire incontro alle istanze emerse nel dialogo con le organizzazioni sindacali, le proposte sono state respinte». Di tutt’altro tenore la versione della Filt Cgil: «Le aziende, dopo ore di discussione, se ne sono uscite con una proposta vergognosa, offrendo ai lavoratori un euro in piĂą al giorno», ha denunciato Agostino Mazzola. «Credo che un’uscita del genere si commenti da sola».

Mazzola non ha risparmiato critiche alla strategia di Esselunga, accusandola di voler «delegittimare la protesta, quando il diritto di sciopero è garantito dalla Costituzione». Secondo il sindacalista, l’azienda cerca di «mettere in cassa integrazione i lavoratori diretti, cioè i magazzinieri, per fare in modo che vedano come nemici i lavoratori indiretti, ossia i fattorini delle aziende esterne che però lavorano con divise che riportano il logo Esselunga e guidano camion con il logo Esselunga». Nel suo comunicato ufficiale, Esselunga auspica infine «un ritorno ad un operato responsabile e a un confronto costruttivo tra tutte le parti coinvolte», ribadendo che la sua prioritĂ  «rimane sempre quella di garantire un servizio di qualitĂ  ai nostri clienti e un ambiente di lavoro stabile per i nostri dipendenti». Intanto, la protesta continua. E mentre Esselunga invoca «la tutela delle fasce fragili» come giustificazione della cassa integrazione, i sindacati denunciano che sono proprio i lavoratori a pagare il prezzo piĂą alto di una vertenza che, almeno per ora, sembra ancora lontana dalla conclusione.

Nigeria multa Meta per violazioni della privacy

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La Commissione federale per la concorrenza e la tutela dei consumatori (FCCPC) della Nigeria ha confermato una multa di 220 milioni di dollari contro Meta e WhatsApp per violazioni della privacy che hanno coinvolto oltre 51 milioni di utenti. Lo riportano le agenzie di stampa internazionali e africane, aggiungendo che il Tribunale per la concorrenza ha respinto il precedente ricorso di Meta ordinando il pagamento entro 60 giorni. Secondo l’indagine, condotta con la Nigeria Data Protection Commission (NDPC), sono state rilevate condivisioni non autorizzate di dati, mancanza di consenso degli utenti e pratiche discriminatorie. Per questo, Meta dovrà cessare immediatamente le violazioni, ripristinare il consenso degli utenti e presentare un rapporto entro il 1° luglio 2025.

Gli astronomi hanno scoperto pianeti simili alla Terra sparsi per tutto il cosmo

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Al contrario di quanto si pensava in precedenza, i pianeti noti come “super-Terre” potrebbero esistere su orbite piĂą ampie rispetto alle stime precedenti e ciò, di conseguenza, implica che tali mondi rocciosi siano molto piĂą comuni di quanto si sospettasse: è quanto emerge dal lavoro condotto da un team internazionale di oltre 60 scienziati, i quali hanno dettagliato i loro risultati all’interno di un nuovo studio sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Science. Utilizzando il Korea Microlensing Telescope Network (KMTNet) e combinando i risultati con altre indagini e simulazioni teoriche, i ricercatori hanno scoperto che, potenzialmente, per ogni tre stelle potrebbe esistere almeno una super-Terra con un’orbita simile a quella di Giove, suggerendo quindi che mondi simili sono sparsi ovunque per il cosmo. «Siamo come paleontologi che ricostruiscono non solo la storia dell’universo in cui viviamo, ma anche i processi che lo governano», commentano i coautori, aggiungendo che lo studio ha anche permesso di suddividere gli esopianeti in due gruppi principali che gettano nuova luce sui processi di formazione planetaria.

GiĂ  da tempo gli astronomi sapevano che i pianeti di massa piĂą piccola sono piĂą numerosi di quelli giganti. Tuttavia, mancavano dettagli tutt’altro indifferenti che, a quanto pare, sono potenzialmente capaci di alterare radicalmente le teorie precedenti a riguardo. Fino ad oggi, infatti, la maggior parte degli esopianeti scoperti orbitava vicino alla propria stella, poichĂ© individuare corpi piĂą lontani risultava difficile. Tuttavia, grazie a una particolare tecnica chiamata “microlensing” – ovvero un fenomeno in cui la gravitĂ  di un oggetto in primo piano devia la luce di una stella piĂą distante, creando un picco di luminositĂ  – i ricercatori sono riusciti a superare questa difficoltĂ . Si sono affidati alle osservazioni del Korea Microlensing Telescope Network – con telescopi situati in Sudafrica, Cile e Australia – che ha permesso di osservare centinaia di milioni di stelle, comportando un aumento delle possibilitĂ  di trovare eventi di microlensing considerati “rari ma preziosi”. Combinando poi le anomalie luminose osservate con dati raccolti su scala ampia, i ricercatori sono riusciti a identificare un nuovo schema nella distribuzione dei pianeti.

In particolare, il team ha individuato due gruppi principali di esopianeti: da una parte le super-Terre e i pianeti simili a Nettuno, dall’altra i giganti gassosi come Giove e Saturno: «Sebbene gli scienziati sapessero giĂ  che esistevano piĂą pianeti piccoli rispetto a quelli grandi, ora abbiamo dimostrato che esistono eccessi e deficit all’interno di questo schema generale», spiegano i coautori, aggiungendo che i risultati, confrontati con simulazioni teoriche sulla formazione dei pianeti, indicano che i meccanismi di origine potrebbero variare. Tuttavia, rimangono ancora alcuni interrogativi: «La teoria dominante sulla formazione dei giganti gassosi è quella dell’accrescimento incontrollato di gas, ma altri sostengono che potrebbe trattarsi sia di accrescimento che di instabilitĂ  gravitazionale», ha spiegato Andrew Gould, coautore dello studio e professore emerito di astronomia alla Ohio State University. Per distinguere tra le due ipotesi, quindi, saranno necessarie grandi quantitĂ  di dati a lungo termine e, in questo contesto, gli eventi di microlensing potrebbero rappresentare una svolta, secondo gli esperti.

Morta suicida Virginia Giuffre, accusatrice di Jeffrey Epstein

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Virginia Giuffre, 41enne che aveva accusato il Principe Andrea e Jeffrey Epstein di abusi sessuali, si è suicidata. Lo riportano le agenzie di stampa internazionali citando le dichiarazioni della famiglia, secondo la quale «è mancata nella sua fattoria nell’Australia Occidentale» ieri sera, venerdì 25 aprile. La polizia locale ha giĂ  confermato che la donna è stata trovata priva di sensi nella zona indicata e che «la sua morte non è considerata sospetta». Giuffre era una delle piĂą accese accusatrici di Jeffrey Epstein. Nel 2019, ha pubblicamente affermato di essere stata “trafficata e costretta ad avere rapporti sessuali con i suoi amici”, tra cui il principe Andrea, quando aveva 17 anni.