L’isola di Cipro, un tempo nota solo per le spiagge e per il conflitto congelato dai tempi della guerra fredda, sta assumendo oggi un ruolo chiave nel Mediterraneo orientale. Il governo riconosciuto a livello internazionale, quello della metà greco-cipriota dell’isola, si sta consolidando come hub diplomatico-energetico regionale grazie alla vicinanza con Libano, Israele e Palestina. Il presidente cipriota Nikos Christodoulides ha siglato pochi giorni fa a Beirut uno storico accordo con il Libano sulla delimitazione della Zona Economica Esclusiva (ZEE). L’accordo, definito dal presidente «un traguardo di importanza strategica», mette fine a vent’anni di negoziati e apre la strada a progetti di cooperazione energetica, inclusa la possibile interconnessione elettrica tra i due Paesi. Ma a questo si aggiunge anche il recente accordo che l’isola ha siglato con Israele, che rifornirà Cipro di gas naturale.
La questione del gas, che coinvolge anche l’ENI e prosegue da oltre un quarto di secolo, è tornata al centro dell’attenzione a causa delle tensioni regionali e delle iniziative promosse dagli Stati Uniti per rompere l’isolamento relativo di Israele. In questo contesto, due accordi assumono un ruolo chiave: quello già citato tra Cipro e Libano e un altro, quello tra Cipro e Israele. Non è un caso che l’accordo sulla ZEE con Beirut arrivi ora: parallelamente al negoziato ventennale con il Libano, Cipro ha gettato le basi per l’accordo con Israele attraverso il gasdotto di Energean, un progetto destinato a collegare giacimenti già operativi come Karish e Karish North. Questi due elementi renderebbero possibile una “triangolazione” per evitare di accendere tensioni tra Israele e Libano, in un momento delicato come quello attuale. Anche se, va detto, nel 2022 Beirut e Tel Aviv avevano siglato un’intesa mediata dagli USA che definiva le rispettive zone marittime e la ripartizione dei giacimenti, sebbene Israele avesse ottenuto condizioni più favorevoli.
Il progetto del gasdotto di Energean rappresenta oggi l’opzione più rapida e concreta per fornire gas naturale all’isola, dice il CEO, Mathios Rigas, alla stampa cipriota: l’infrastruttura potrebbe essere completata entro 12 mesi dal rilascio delle licenze governative necessarie, con un costo stimato tra 350 e 400 milioni di dollari. Il progetto è interamente privato, potenzialmente finanziato da Energean stessa, con possibilità di coinvolgere partner in futuro.
In un contesto geopolitico complesso come questo, l’incognita principale rimane la Turchia: Ankara e il governo della Repubblica turco-cipriota non hanno un ruolo nei progetti siglati dalla Nicosia greco-cipriota e hanno sottolineato come le due iniziative unilaterali rappresentino una violazione degli accordi tra le due comunità, garantiti dall’ONU. Per dirla in breve: cosa tornerebbe ai turco-ciprioti dell’iniziativa del presidente del sud, Nikos Christodoulides? La repubblica secessionista considera sotto la sua giurisdizione gran parte della ZEE della Repubblica di Cipro. E questo è tutt’altro che un problema da poco.
Gli USA non sono rimasti a guardare e, per evitare un’escalation improvvisa, hanno aperto un negoziato con la Turchia, sperando di trovare anche una combinazione per affrontare la divisione dell’isola che perdura da oltre 50 anni. Gli incentivi europei non hanno convinto Erdoğan e, se le voci di collegare il ritiro delle truppe turche dall’isola ad accordi energetici fossero fondate, il compromesso sarebbe complesso: le linee tracciate dalla Turchia su sovranità, diritti territoriali e diritto internazionale non sono negoziabili per i greco-ciprioti, ma Ankara non vuole correre il rischio di essere esclusa dai progetti energetici del Mediterraneo orientale.
Per ora, l’accordo in vista tra Nicosia (sud) e Tel Aviv sul gasdotto viene denunciato dai turchi come una violazione, collegata alla crescente presenza di cittadini israeliani a Cipro. Intanto, Energean ha firmato una lettera di intenti con il gruppo industriale ed energetico cipriota Cyfield, per fornire gas alla futura centrale elettrica del gruppo. Il gasdotto avrebbe una capacità di 1 miliardo di metri cubi all’anno, sufficiente a coprire il fabbisogno della centrale e a fornire ulteriori volumi al mercato cipriota. Rigas ha sottolineato che il progetto è immediatamente realizzabile, basandosi su giacimenti già operativi in Israele, Karish e Karish North, attivi da oltre tre anni e che coprono circa il 50% della domanda israeliana. Dal 2027, la produzione aumenterà ulteriormente grazie al nuovo giacimento Katlan.
La proposta non sostituisce ma integra la strategia energetica di Cipro: terminale di Vasilikos, progetto FSRU e sviluppo dei giacimenti ciprioti sono tutti elementi necessari per trasformare l’isola in un hub energetico regionale, come vorrebbe il suo governo in carica. In questo modo, Cipro diventerebbe il primo Stato dell’UE a importare gas israeliano tramite gasdotto, all’interno di un piano sostenuto dagli USA volto a rafforzare l’asse Cipro–Grecia–Israele e la cooperazione strategica “3+1”. Lasciando in sospeso, tuttavia , mille questioni politiche e giuridiche,











