I carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma si è resto protagonista di un’ondata di arresti contro la criminalità organizzata a Roma, arrestando 14 persone. Le persone sono accusate a vario titolo di tentato omicidio, detenzione illecita di armi da fuoco, tentato sequestro di persona ed estorsione, col fine di agevolare le attività del cosiddetto “clan Senese”. Alcune delle ipotesi di reato sono aggravate dal metodo di stampo mafioso. Le indagini sono state coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Capitale, e hanno fatto emergere responsabilità riguardo a due omicidi avvenuti nella medesima città, ad attività di spaccio, e a un tentativo di estorsione.
Israele all’Eurovision: Irlanda, Olanda, Slovenia e Spagna annunciano il boicottaggio
Dopo mesi di discussioni è arrivato l’annuncio ufficiale: Israele parteciperà all’Eurovision Song Contest del 2026, che si terrà il prossimo maggio a Vienna. A non farlo, tuttavia, saranno Irlanda, Paesi Bassi, Slovenia e Spagna, che, come preannunciato, hanno ritirato la loro partecipazione dall’evento proprio a causa della presenza israeliana; Spagna e Irlanda hanno anche precisato che non trasmetteranno l’evento nelle proprie reti. Le emittenti dei quattro Paesi hanno comunicato il loro ritiro subito dopo l’annuncio ufficiale della partecipazione di Israele, facendo eco alle dichiarazioni rilasciate nel corso degli ultimi mesi. Da tempo, infatti, si sono fatte promotrici di una campagna di boicottaggio verso l’emittente israeliana Kan, come forma di solidarietà al popolo palestinese e condanna del genocidio. La discussione sull’eventuale esclusione di Israele dalla competizione va avanti da anni, ma è esplosa da aprile 2025, poco prima dell’apertura dell’ultima edizione.
L’annuncio della partecipazione di Israele all’Eurovision 2026 è arrivato ieri, 4 dicembre, a seguito di una votazione sul cambio delle regole della kermesse. Il voto riguardava i criteri di assegnazione dei punteggi, diventati oggetto di revisione a causa di un polverone alzatosi durante l’ultima edizione che ha interessato proprio l’emittente Kan e il governo israeliano, accusati di avere interferito nei risultati; a tal proposito, l’Unione europea di radiodiffusione (EBU) – l’emittente che produce l’evento – ha deciso di ridurre il peso dei voti da casa e di introdurre una giuria di esperti. Oltre a ciò, centrale nelle discussioni era anche l’ipotesi di partecipazione di Israele alla competizione. L’emittente slovena RTVSLO, ha spiegato che i partecipanti non hanno votato direttamente sulla partecipazione di Israele; 11 Stati volevano aprire un voto esclusivo sulla sua esclusione, 5 si sono astenuti e gli altri hanno votato contro. Per tale motivo, la questione non è neanche stata votata.
Già a settembre, le emittenti di Irlanda, Islanda, Paesi Bassi, Spagna e Slovenia avevano annunciato che non avrebbero partecipato alla kermesse se Israele fosse stata nuovamente ammessa, e prima della discussione di ieri avevano richiesto che la questione fosse votata a scrutinio segreto, richiesta che non è stata loro concessa. A tale richiesta avevano partecipato anche Montenegro, Turchia e Algeria. La Germania, invece, si era schierata apertamente a favore di Tel Aviv, annunciando che avrebbe considerato l’opzione di non partecipare se fosse stata esclusa. Nei loro comunicati, Avotros (l’emittente olandese), RTE (l’emittente irlandese), RTVE (l’emittente spagnola) e RTVSLO reiterano le motivazioni già fornite in precedenza, affermando in linea generale che la partecipazione di Israele risulta in contrasto con i valori promossi dall’evento e da esse stesse in quanto emittenti, e che dunque non parteciperanno alla competizione. Il segretario generale di RTVE, Alfonso Morales, ha inoltre fatto riferimento al caso dell’anno scorso e all’uso «politico» dell’evento da parte di Israele, alludendo al fatto che lo Stato ebraico sfrutterebbe la competizione per ripulire la propria immagine. Per tale motivo, sostiene Morales, l’Eurovision non può essere considerato un «evento culturale neutrale».
Il tentativo di boicottare la partecipazione di Israele all’Eurovision va avanti da ben prima del 7 ottobre 2023, ma l’opzione è stata pubblicamente messa sul piatto solo nel 2024, proprio dalla emittente slovena RTVSLO. Il tema è poi esploso nell’aprile di quest’anno, quando anche Islanda e Spagna si sono schierate contro la presenza di Israele all’evento, accusando l’EBU di applicare un doppio standard, escludendo la Russia da una parte e permettendo a Israele di partecipare dall’altra. A maggio, in occasione dell’apertura dei concerti, le proteste sono poi arrivate direttamente in piazza, con decine di manifestanti che si sono riuniti davanti al Turquoise Carpet di Basilea (sede dell’edizione 2025) per contestare la cantante israeliana Yuval Raphael.
Il Regno Unito convoca l’ambasciatore russo e sanziona i servizi
Il governo del Regno Unito ha convocato l’ambasciatore russo e sanzionato il GRU, i servizi segreti moscoviti. L’annuncio arriva dopo la conclusione di una indagine pubblica su un caso risalente al 2018, quando l’ex agente del GRU Sergei Skripal, che collaborava con i servizi britannici, era stato oggetto di un attacco con gas nervino Novichok, che a causa di un incidente portò alla morte di una donna, Dawn Sturgess. Secondo le indagini, due uomini del GRU portarono il gas in Regno Unito all’interno di una boccetta di profumo, che venne raccolta e utilizzata da Sturgess. La Russia ha sempre rigettato l’accusa di essere coinvolta nell’incidente.
ChatGPT funziona male, ma sarebbe meglio se funzionasse anche peggio
«C’è una rivoluzione silenziosa che sta ridisegnando il nostro modo di vivere e lavorare. Le intelligenze artificiali, entrate dapprima di soppiatto nelle nostre abitudini quotidiane, oggi afferrano interi settori produttivi e li rimodellano seconda una logica nuova: rapidità, automazione, efficienza. Dietro l’euforia dell’innovazione si nasconde una domanda che fino a pochi anni fa sarebbe sembrata fantascienza: che fine farà il lavoro umano?».
Ecco, e se vi dicessi che il paragrafo che avete appena letto è stato scritto da ChatGPT? Sentendo sempre più spesso parlare di quest’applicazione che sta letteralmente spopolando tra giovani e non, ho voluto testarla e metterla a prova. I primi risultati che ho ottenuti sono stati penosi. Per arrivare al paragrafo che avete letto ho dovuto far leggere all’IA i miei articoli precedenti per farle memorizzare il mio stile, poi ho dovuto darle indicazioni precise su come doveva essere impostato l’attacco e quale tono usare, quali espressioni evitare.
Alla fine, facendo un calcolo del tempo che ho impiegato per scrivere un paragrafo della stessa lunghezza con il tempo che ha richiesto addestrare ChatGPT, la bilancia, nel mio caso, pende a favore della scrittura manuale.
L’utilizzo dell’IA si è tradotta in una perdita di tempo e non in un guadagno. Inoltre, a dispetto di tutti i miei sforzi, non sono riuscita del tutto a umanizzare la scrittura della macchina. Per riconoscere la scrittura umana da quella artificiale occorre prestare attenzione al tono delle frasi, al loro ritmo, al suono che hanno. La scrittura generata da IA tende ad avere un tono eccessivamente impostato e formale; è drammaticamente perfetta e dunque tragicamente falsa. Ma se fortunatamente per ora le IA fanno fatica a imitare lo stile di un pezzo culturale o di un articolo di approfondimento, di tutti quei contenuti cioè dove si sente con forza lo stile e la voce di un giornalista, ChatGPT può imitare più facilmente lo stile di un pezzo di cronaca. E questo non lascia ben sperare.
Uno studio dell’Università di Trento del 2021 lo dice chiaramente: il 33,2% dei lavoratori svolge una mansione ad altissimo rischio di automazione. E non si parla soltanto di giornalisti, grafici, redattori, traduttori; sono centinaia le professioni a rischio: contabili, consulenti, interpreti, analisti, impiegati, sportellisti, camerieri. In Italia ci sono già i primi ristoranti che hanno assunto camerieri-robot. Per non parlare ovviamente di tutti coloro che in passato lavoravano nei cosiddetti servizi clienti e che oggi sono già stati in larga parte sostituiti da IA, per la grande gioia di noi consumatori costretti a dialogare e a cercare invano di spiegare a una voce artificiale il disservizio di cui siamo vittima.

Mentre si applaude l’innovazione, migliaia di lavori, e di lavoratori, scompaiono. Al loro posto sono subentrate entità digitali che non chiedono ferie, non si ammalano, non scioperano. L’equazione è molto semplice: più la tecnologia avanza, più i posti di lavoro diminuiscono.
Non posso fare a meno di domandarmi come si potrà gestire l’esubero di lavoratori improvvisamente a piede libero perché sostituti da più economiche ed efficienti intelligenze artificiali.
Ho notato che ultimamente si parla sempre più spesso di reddito universale, una misura ideata, almeno ai suoi albori, con lo scopo di garantire ai cittadini una somma mensile che garantisca a ogni individuo di poter vivere dignitosamente. Una misura nata per combattere la povertà, per arginare le diseguaglianze sociali e dare a tutti la possibilità di elevarsi socialmente e di non dover accettare lavori sottopagati perché spinti dalla mera necessità di sopravvivere.
Una misura che ovviamente ha suscitato dibattiti e polemiche infinite e che non è mai stata applicata in Italia; ciò che però mi ha inquietata è che ultimamente si parli di reddito universale come possibile risposta alla disoccupazione futura creata dalle intelligenze artificiali. Resta però in sospeso la domanda: dove trovare i soldi per finanziare questa costosissima manovra? Anche a ciò è stata trovata una soluzione: tassare le intelligenze artificiali, in modo ridotto ovviamente per garantire alle aziende quel margine di guadagno competitivo rispetto all’assunzione di un lavoratore umano. Basta poco per intuire che le entrate derivate dalla tassazione agevolata di un numero esiguo di intelligenze artificiali, a scapito dei milioni di lavoratori che andranno a sostituire, non potrà che produrre entrate marginali nelle casse dello Stato che a loro volta si tradurranno in un reddito minimo da devolvere ai lavoratori improvvisamente superflui e non necessari. Il reddito universale sembra a tutti gli effetti una misura studiata non per agevolare i poveri, ma per tenere buone le persone mentre il lavoro scompare.
Per anni ci è stato raccontato che la tecnologia ci avrebbe liberati dalla fatica e ci avrebbe regalato più tempo per vivere. Ma vivere come? Senza autonomia economica? Senza uno scopo, un fine, una professione? Che razza di libertà è quella che dipende da una carta prepagata dello Stato? In una società in cui il lavoro anziché essere un diritto diventerà un privilegio, e in parte lo è già soprattutto per i giovani, visti i livelli di disoccupazione giovanile, quale fisionomia acquisirà la nostra cultura? Come si evolverà il pensiero umano e quali progressi etici accadranno in un mondo popolato da una massa di disoccupati da una parte e dall’altra da una piccola casta di privilegiati che ancora lavora?
Si stanno gettando le basi per la nascita di una nuova aristocrazia che avrà accesso a tutto ciò che rende la vita interessante e che potrà costruire il mito della propria superiorità sull’utilità che riveste nella società a scapito di un proletariato di disoccupati costretti a un ozio imposto e forzato.
Ma senza spingerci tanto in avanti, c’è un altro aspetto che merita di essere discusso, qualcosa che non è probabile che accada nell’immediato futuro, ma che è già accaduto e che sta accadendo adesso.
Non si tratta più di una questione economica e della perdita di posti di lavoro, ma di qualcosa di più pervasivo: le intelligenze artificiali stanno trasformando e modificando il modo in cui pensiamo. Per millenni l’uomo ha affinato le proprie capacità mentali attraverso lo studio, la ricerca, la scrittura, e le mille attività che sono proprie di noi esseri umani.
Oggi invece stiamo delegando tutte quelle attività che richiedono uno sforzo mentale a un dispositivo esterno. Le IA vengono usate per scrivere email, elaborare progetti, svolgere compiti e mansioni che l’uomo non ha più il tempo o la voglia di svolgere. È comodo, certo. Ma è proprio questo il punto: questa rapidità, questa apparente generosità della macchina ci rende progressivamente più passivi. Le neuroscienze hanno dimostrato che la mente per svilupparsi e non appassire ha bisogno di lentezza e di fatica. Le sinapsi si rafforzano nell’esercizio, un po’ come i muscoli si rafforzano grazie a un allenamento costante e continuativo nel tempo. La domanda che dovremmo porci non è se l’IA sia utile, ma quale prezzo stiamo pagando per questa comodità mentale.

Il filosofo greco Eratostene calcolò la circonferenza della terra grazie a semplici bastoni che proiettavano delle ombre. Copernico elaborò la sua teoria che rivoluzionò l’astrofisica attraverso calcoli e studi manuali. Oggi invece senza una calcolatrice perfino una semplice moltiplicazione mette in crisi ragazzi e adulti.
Oppure pensiamo a come fino a pochi anni fa si facevano le ricerche: si prendevano in mano le enciclopedie, una presenza immancabile nella casa di ogni italiano, e si dava inizio a un vero e proprio viaggio nella conoscenza: i libri venivano sfogliati, le informazioni setacciate.
Era un lavoro lungo, faticoso, estenuante perfino. Oggi invece basta un click. Vuoi sapere in che anno è stata combattuta una certa battaglia? Chi ha inventato il grammofono? Come si chiama l‘uomo che ha dipinto La ronda dei carcerati?
IA, come ChatGPT ad esempio, sono in grado di fornire una risposta immediata. Ma questa non è ricerca e neanche conoscenza: è consumo di informazioni. Non servirà a niente sapere che un uomo di nome Van Gogh ha dipinto La ronda dei carcerati e non servirà a niente sapere che la rivoluzione francese è avvenuta nel 1789, se ci si limita ad assimilare in modo passivo queste informazioni. Il dato non diventa concetto, non si innerva nel pensiero, non trasforma la mente.
Qualcuno obietterà: ma grazie alle IA è tutto più semplice e immediato. Ciò è innegabile, ma era durante questo processo fatto di leggere, scegliere, valutare, soppesare e mettere a raffronto le diverse informazioni che nasceva qualcosa che oggi manca: il senso critico. La innovazioni tecnologiche semplificano la vita, ma questo si traduce in una perdita di funzioni cognitive essenziali: ragionamento, creatività, immaginazione.
Inoltre, quando ci abituiamo a usare un dispositivo che fornisce soluzioni immediate e apparentemente neutre, iniziamo a immaginare il mondo secondo la sua forma, non più secondo la nostra. La creatività, che per definizione devia, inciampa e sbaglia, rischia di irrigidirsi fino a diventare una copia edulcorata delle proposte della macchina. Ci stiamo allontanando sempre più da quel margine di imperfezione che ha generato le più grandi opere dell’umanità, perché ogni vera scoperta nasce dal contrasto, dalla resistenza e non dall’automatismo. Quando leggiamo e ripetiamo a pappagallo le risposte che ci fornisce una macchina, non stiamo pensando, non stiamo ragionando, ci limitiamo a fare da cassa di risonanza per i pensieri e le parole pensate da un cervello artificiale. Prendiamo in prestito il cervello di una macchina, e diventiamo noi stessi cervelli presi in prestito. Superflui, non necessari. E così, mentre la tecnica avanza, il cervello retrocede. Non perché sia diventato improvvisamente incapace, ma semplicemente perché abbiamo smesso di usarlo.
Collegio d’Europa: Mogherini si dimette da rettrice
L’ex ministra degli Esteri italiana, Federica Mogherini, si è dimessa dal proprio incarico di rettrice del Collegio d’Europa. La notizia arriva dopo uno scandalo riguardante l’appalto di un corso di formazioni per giovani diplomatici, in cui Mogherini risulta indagata per frode nell’aggiudicazione di appalti pubblici, corruzione e conflitto di interessi. Le sue dimissioni seguono quelle dell’ex segretario generale del Servizio diplomatico dell’UE (SEAE), Stefano Sannino, che da inizio anno era dirigente delle politiche della Commissione su Medio Oriente, Nord Africa e Golfo. Secondo le indagini, il collegio avrebbe avuto tutte le informazioni necessarie per partecipare e ottenere il bando, indetto dal SEAE, ancora prima della sua pubblicazione.
L’Assemblea ONU ha chiesto a Israele di smantellare le colonie in Palestina
L’Assemblea Generale dell’ONU ha approvato una risoluzione in cui chiede a Israele di smantellare le proprie colonie in Cisgiordania e di ritirarsi da tutti i territori palestinesi, compresa Gerusalemme Est. La risoluzione è stata votata il 2 novembre, e ha ottenuto 151 voti favorevoli, 11 astenuti, e 11 contrari tra cui USA, Argentina e Israele; contrariamente a quanto fatto in occasione delle ultime risoluzioni sul tema, anche l’Italia ha votato a favore. La mozione chiede esplicitamente a Israele, in quanto potenza occupante, di porre fine alla propria presenza in Palestina, cessare la costruzione di nuovi insediamenti, ed evacuare i coloni dai territori palestinesi; con essa, inoltre, l’Assemblea chiede a Israele di abrogare le leggi «discriminatorie» nei confronti dei palestinesi. È stata approvata assieme a un’altra risoluzione che chiede a Israele di ritirarsi anche dalle alture del Golan, in Siria.
Con la risoluzione A/RES/80/72, l’Assemblea Generale dell’ONU chiede a Israele di rispettare i propri obblighi ai sensi del diritto internazionale, ponendo «fine alla sua presenza illegale nel Territorio Palestinese Occupato il più rapidamente possibile», cessando «immediatamente tutte le nuove attività di insediamento», ed evacuando «tutti i coloni dal Territorio Palestinese Occupato»; sempre a tal proposito, essa chiede a Israele di cessare tutte le attività relative agli insediamenti, quali la confisca dei terreni e la demolizione delle abitazioni, e di rilasciare le persone arrestate nell’ambito del proprio piano coloniale. La risoluzione, inoltre, «chiede di abrogare tutte le leggi e le misure che creano o mantengono una situazione illegale, tra cui quelle che discriminano il popolo palestinese, così come tutte le misure volte a modificare la composizione demografica di qualsiasi parte del Territorio Palestinese Occupato, compresa Gerusalemme Est».
La risoluzione parla anche della situazione a Gaza, respingendo «qualsiasi tentativo di cambiamento demografico o territoriale nella Striscia di Gaza, comprese qualsiasi azioni che riducano il territorio di Gaza». Essa si rivolge anche agli Stati membri dell’ONU, a cui chiede di non riconoscere modifiche ai confini precedenti al 1967 anche per quanto riguarda Gerusalemme, e di distinguere nei propri rapporti «tra il territorio dello Stato di Israele e i territori occupati dal 1967», evitando di fornire assistenza alle attività di insediamento coloniali, che vengono giudicate «illegali». Parallelamente, è stata approvata anche la risoluzione A/RES/80/74, relativa alle alture siriane del Golan. Questa è stata adottata con 123 voti favorevoli, 7 contrari (Stati Federati di Micronesia, Israele, Palau, Papua Nuova Guinea, Paraguay, Tonga, Stati Uniti), e 41 astenuti; anche in questo caso, l’Italia ha votato a favore. La risoluzione dichiara nulla la legge israeliana del 1981 con cui Israele riconobbe il proprio diritto di imporre le proprie leggi, giurisdizione e amministrazione sul Golan siriano occupato, chiedendone la rescissione; l’Assemblea ha inoltre chiesto a Israele di ritirarsi dall’area.
Entrambe le questioni state oggetto di numerose altre risoluzioni. L’ultima sulla questione palestinese risale allo scorso anno, ma la richiesta di ritirarsi dai territori palestinesi occupati e di ristabilire i confini pre-1967 va avanti sin da quello stesso anno, a partire dalla risoluzione 242. Essa, emanata dal Consiglio di Sicurezza dopo la Guerra dei sei giorni, chiedeva il ritiro delle truppe israeliane dai territori occupati durante il conflitto, e il riconoscimento della sovranità di entrambi gli Stati.
Genova, manifestazione degli operai ex Ilva: scontri e stazione bloccata
A Genova i lavoratori dell’ex Ilva hanno lanciato una ingente protesta contro il piano del governo per l’azienda, che prevede una riduzione del personale dello stabilimento ligure. La protesta, organizzata dai sindacati FIOM, FIM, e USB, ha visto la partecipazione di almeno 5.000 persone, che si sono mosse in corteo guidate dai mezzi pesanti per lo spostamento dell’acciaio in direzione Cornigliano, località dello stabilimento. Giunti vicino alla prefettura, sono iniziati degli scontri con la polizia, che ha lanciato lacrimogeni sui presenti; i manifestanti hanno risposto con uova e petardi, e hanno divelto alcune delle inferriate utilizzate per blindare la prefettura. Sono inoltre arrivati presso la stazione di Brignole, bloccandola.









