Mentre erano impegnati in un pattugliamento congiunto a Palmira, città della Siria centrale, dei militari statunitensi e siriani sono caduti in un’imboscata. Dalle prime ricostruzioni, ad aprire il fuoco sarebbe stato un miliziano dell’ISIS. Attualmente si contano due soldati e un interprete statunitensi uccisi, oltre a diversi feriti. Lo riferisce l’agenzia di stampa statale siriana Sana, spiegando che l’aggressore è stato ucciso.
IA generativa: anche Walt Disney sale a bordo del grande business
Nonostante sia famosa per difendere le proprie proprietà intellettuali con le unghie e con i denti, The Walt Disney Company ha scelto di stringere un’alleanza strategica con OpenAI. Il colosso dell’intrattenimento ha concesso in licenza all’azienda di intelligenza artificiale 200 dei suoi personaggi più iconici e, al tempo stesso, ha investito un miliardo di dollari nella società guidata da Sam Altman attraverso un’operazione di equity investment. La mossa, descritta dal CEO Bob Iger come un modo per “salire a bordo” di una tecnologia in grado di “stravolgere il modello di business” della casa di Topolino, segna un cambio di passo rilevante, evidenziando la necessità per Disney di presidiare un settore in rapida evoluzione, trasformando l’intelligenza artificiale generativa da potenziale minaccia a leva di innovazione.
La notizia è stata diffusa giovedì 11 dicembre attraverso due comunicati congiunti che annunciano l’avvio di un accordo triennale. L’intesa prevede la concessione in licenza una lista di personaggi che è ancora argomento di trattativa, tuttavia sono già stati nominati esplicitamente Topolino, Stitch, Simba, Elsa di Frozen, ma anche figure provenienti dai franchise Marvel e Star Wars quali Deadpool, Capitan America, Darth Vader e Yoda. Queste IP saranno messe a disposizione dell’intelligenza artificiale generativa di OpenAI, con particolare attenzione a Sora, la piattaforma capace di produrre clip video di 30 secondi. Iger, intervistato da CNBC, ha però chiarito che OpenAI potrà utilizzare le proprietà intellettuali in esclusiva per un anno, precisando con una certa enfasi che l’accordo non comprende le voci originali dei personaggi.
Disney ha imposto una serie di paletti rilevanti, riservandosi il diritto di limitare l’uso del proprio brand per “prevenire la generazione di contenuti illegali o dannosi”. L’azienda si è inoltre garantita la facoltà di selezionare alcune delle clip prodotte da Sora, con l’intento di distribuirle sulla piattaforma di streaming Disney+. Restano poco chiari gli oneri che OpenAI dovrà sostenere per la licenza, tuttavia quel che è certo è che il miliardo di dollari versato da Disney rappresenta una boccata d’ossigeno per Altman, il quale è alla guida di un’impresa perennemente in perdita e che, di recente, avrebbe lanciato un “codice rosso” per la paura di perdere la propria posizione dominante nel settore dell’intelligenza artificiale.
Curiosamente, sempre ieri, Disney ha inviato a Google una lettera di diffida, accusando la Big Tech di una “violazione volontaria particolarmente allarmante” delle sue proprietà intellettuali, “perché sta sfruttando il suo dominio nell’IA generativa e in molti altri mercati per rendere i suoi servizi di IA illeciti il più disponibili possibile”. La mossa ricalca quanto già visto nella causa intentata contro Midjourney e conferma l’approccio protezionista che da sempre contraddistingue il gigante dell’animazione. Nel corso della sua storia, il ramo statunitense di Disney ha infatti esercitato un’influenza diretta sulla stesura di leggi volte ad ampliare la durata dei suoi diritti d’autore e perseguito con minuziosa petulanza chiunque abbia rappresentato i suoi personaggi senza autorizzazione, arrivando persino a colpire gli asili nido.
Perché, allora, adottare un approccio tanto diverso nei confronti di OpenAI? Non esiste una spiegazione ufficiale che chiarisca questa dissonanza, tuttavia la scelta sembra dettata da esigenze pragmatiche: l’accordo consente a Disney di partecipare finanziariamente a una possibile rivoluzione tecnologica e di non rischiare di restare indietro rispetto a nuovi attori emergenti. Considerando che una parte consistente delle produzioni di IA generativa si muove in aperta violazione dei diritti d’autore, la compagnia potrebbe aver dunque deciso di monetizzare, indirizzare e governare un fenomeno di cui, altrimenti, avrebbe subito passivamente. Da qui la decisione di concentrare le proprie risorse su un interlocutore riconoscibile come OpenAI, il quale ha certamente un suo pedigree, ma è meno dotato della forza e della complessità contrattuale di altri giganti del settore. Quali Google, per esempio. Si tratta in ogni caso di un approccio che appare più prudenziale che entusiastico, con Bob Iger convinto che l’intelligenza artificiale non sia (ancora) in grado di sostituire i creativi della sua scuderia, tuttavia, nel dubbio, l’azienda ha annunciato che diventerà cliente di OpenAI, così da mettere gli strumenti di IA a disposizione dei propri dipendenti.
Bielorussia, Lukashenko grazia 123 prigionieri
Il presidente della Bielorussia Aleksandr Lukashenko ha graziato 123 prigionieri, tra cui l’esponente dell’opposizione Maria Kolesnikova e Ales Bialiatski, l’attivista per i diritti umani vincitore del premio Nobel per la Pace nel 2022. La scarcerazione è avvenuta nell’ambito di un più ampio accordo raggiunto col presidente USA Donald Trump per revocare le sanzioni americane alla Bielorussia. Liberati anche 5 cittadini ucraini, come riferito dal presidente Volodymyr Zelensky, che ha lodato «gli sforzi congiunti con gli Stati Uniti».
“Troppi errori”: Nature ritira lo studio catastrofista sui costi dei cambiamenti climatici
Uno studio scientifico, secondo cui il cambiamento climatico costerebbe 38 trilioni di dollari all’anno entro il 2049, è stato ritirato in seguito a due commenti diffusi ad agosto sulla qualità dei dati e sulla metodologia adottata. The economic commitment of climate change, pubblicato il 17 aprile 2024 su Nature, analizzava l’impatto delle variazioni di temperatura e precipitazioni sulla crescita economica globale. Sotto accusa per aver sovrastimato gli effetti economici del cambiamento climatico, i ricercatori del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK) hanno ammesso gli errori, aggiungendo che le modifiche sono «troppo sostanziali per una correzione» per una semplice rettifica, portando alla ritrattazione dell’articolo. Una decisione che comporta anche una botta alla reputazione dell’antica rivista scientifica britannica, affossando uno lavoro che è stato citato ben 168 volte e consultato oltre 300mila volte, ripreso da media, analisti finanziari e documenti sul rischio climatico, inclusi quelli di alcune banche centrali per giustificare politiche green.
Il lavoro, firmato da Maximilian Kotz, Leonie Wenz e Anders Levermann, si inseriva nel filone dell’economia climatica empirica, che tenta di quantificare l’impatto diretto delle variabili climatiche sulla crescita del PIL. Utilizzando dati storici su temperatura, precipitazioni e reddito pro capite di oltre 1.600 regioni nel mondo, lo studio applicava modelli econometrici non lineari per stimare come deviazioni climatiche persistenti influenzino la produttività economica. La tesi centrale era che una quota consistente dei danni futuri fosse già “incorporata” nel sistema economico, a causa delle emissioni passate, anche in scenari di rapida mitigazione. Da qui la cifra shock: 38 trilioni di dollari di perdite annue entro metà secolo, pari a circa il 19% del reddito globale. Si tratta di una delle stime più elevate mai apparse su una rivista scientifica generalista.
Le prime contestazioni sono emerse pochi mesi dopo, sotto forma di commenti tecnici (“Matters Arising”) pubblicati su Nature. I critici hanno individuato da subito problemi specifici: anomalie nei dati economici di alcuni Paesi – in particolare una serie storica dell’Uzbekistan tra gli anni Novanta e Duemila – che, per via della struttura del modello, esercitavano un peso sproporzionato sulle stime globali. Altri rilievi riguardavano la gestione dell’incertezza statistica, giudicata insufficiente rispetto all’ampiezza delle conclusioni. Secondo i commentatori, correggere quei problemi riduceva drasticamente l’entità dei danni stimati e ampliava gli intervalli di confidenza, rendendo le cifre headline molto meno solide. Dopo una rianalisi interna e la pubblicazione di una versione rivista come preprint, gli stessi autori hanno riconosciuto che le modifiche non erano compatibili con una semplice correzione, portando al ritiro completo dell’articolo. È il sesto articolo ritirato dalla rivista Nature quest’anno, dal 27 gennaio a oggi. Le ritrattazioni non rappresentano di per sé un fallimento del procedimento scientifico, ma uno dei suoi meccanismi fondamentali di autocorrezione. Il problema emerge quando studi ancora provvisori o metodologicamente fragili vengono rapidamente trasformati in strumenti di legittimazione politica, regolatoria o finanziaria, prima che il dibattito scientifico abbia fatto il suo corso. In questi casi, il danno non riguarda solo la qualità della ricerca, ma anche la fiducia del pubblico nelle istituzioni scientifiche.
La decisione di Nature di ritirare l’articolo ha avuto un’eco amplificata sui social media, dove molti utenti hanno bollato i ricercatori come “corrotti”, e utilizzato il caso per bollare l’intero cambiamento climatico come una “truffa politica”. Tuttavia, la ritrattazione di The economic commitment of climate change non dimostra che l’intera scienza del clima sia una farsa né che i danni economici del riscaldamento globale siano inventati, evidenzia semmai la necessità di distinguere tra ricerca scientifica, narrazione mediatica e uso politico dei risultati. Al di là del dibattito sulle origini antopriche o meno, la letteratura scientifica sull’impatto del “cambiamento climatico” su ecosistemi, agricoltura, salute umana e sistemi socio-economici comprende migliaia di studi indipendenti, modelli fisici, osservazioni satellitari e valutazioni interdisciplinari, che non dipendono da un singolo articolo. Detto ciò, stime estreme, se comunicate senza l’adeguata cautela metodologica, possono alimentare sensazionalismo e allarmismo, portando a strumentalizzazioni ideologiche, a maggior ragione su temi così controversi e divisivi. La lezione non è quella di screditare la scienza, ma di ricordarne i limiti e le responsabilità, in un periodo in cui essa, invece, è finita per assurgere a culto infallibile. Tra modelli complessi, incertezze statistiche e decisioni pubbliche esiste un passaggio delicato che richiede rigore, trasparenza e sobrietà comunicativa.
Droni tra Russia e Ucraina: morti a Saratov, blackout e feriti a Odessa
Almeno due persone sono morte nelle ultime ore dopo un attacco di droni ucraini contro la regione russa di Saratov, nel sud-ovest del Paese. Il governatore Roman Busargin ha riferito di danni a diversi appartamenti di un edificio residenziale e alla rottura di finestre in un asilo e in un policlinico, entrambi vuoti al momento dell’attacco. Il ministero della Difesa russo ha dichiarato di aver abbattuto 41 droni ucraini durante la notte. In Ucraina, raid russi hanno colpito infrastrutture energetiche a Kherson e Odessa, causando blackout diffusi e almeno quattro feriti.
Uscire dall’infanzia?
L’infanzia non è irreversibile. L’aurora della vita si può ripresentare ogni giorno nel ciclo stesso di ogni giornata, come una rinascita. Questo avviene, ad esempio, se decidiamo di tornare a scuola, se cioè ci prendiamo del tempo e assumiamo l’atteggiamento dello stupore che porta a un insegnamento continuo, a un ricominciare a imparare qualcosa di nuovo, senza porci il problema che rappresenti sempre una conferma – questa sì che è vecchiaia, una vecchiaia non anagrafica ma ideologica, che riduce i margini delle nostre espressioni, che ci fa sentire inadatti, prigionieri dello stress di aderire sempre a ciò che ci viene proposto o imposto.
La curiosità che ne può scaturire sta su due fronti: una curiosità oggettiva, verso le cose, verso tutto ciò che abita il mondo e una curiosità soggettiva, quella ad esempio che il bambino, l’essere bambino, il sentirsi bambino attira verso di sé come portatore di una logica differente dall’adesione automatica ai luoghi comuni.
Il bambino allora catalizza l’interesse degli altri che gli riconoscono una identità, un modo stupefatto di vedere le cose, di insegnarci un linguaggio che ha una sua logica imprendibile ma generosa. Un bambino che prende sul serio la realtà perché gioca, la smonta e ne esce per poi ricominciare a esplorare.
Partiamo dall’idea che il bambino non deve diventare qualcun altro. Altrimenti finirebbe come Pinocchio, che dopo aver attraversato le vicende più straordinariamente simboliche, aver incontrato i personaggi più strampalati e quelli più saggi, si trasforma irreversibilmente da burattino di legno a “burattino” in carne e ossa, perché deve gettare via se stesso come nel finale della storia di Collodi, quando Geppetto mostra al Pinocchio, diventato “buono” e “ragazzino perbene”, quella sua “buffa”, legnosa identità di prima, appoggiata a una seggiola. Ha osservato acutamente Giorgio Manganelli che Pinocchio, in realtà, «non sarebbe mai più stato né burattino né ragazzo. Pinocchio ritrova la felicità dinamica della puerizia, la sua vocazione ad iniziare».
Grande tema l’infanzia, tema filosofico, esistenziale che ci interroga sull’essere, e sul restare, umani in un mondo che impone passaggi come prove di inevitabile crescita, quasi di guarigione da quella condizione immaginifica, aperta all’imprevedibile che dovrebbe essere l’infanzia, quale condizione per scoprire e insieme immaginare: tenendo sempre, costantemente collegati questi due orizzonti.
Alessandro Gaudio ha scritto un libro che rappresenta anche una guida originale e importante su questi argomenti (Elogio dell’infanzia, Algra Editore 2025), incrociando le esperienze della soggettività tra apprendimento e lettura, mediante la letteratura ma nel superamento stesso del linguaggio. Il suo libro mi ha ricollegato a Wittgenstein e Popper maestri di scuola, a quella riforma scolastica nell’Austria di cent’anni fa, ispirata alla psicologia di Karl Bühler, che voleva andare contro l’idea di una scuola primaria diretta a formare piccoli uomini “delle classi lavoratrici del popolo, pii, buoni, docili e industriosi”. Andar contro per dare invece valore, nell’apprendimento, a fattori quali il contesto, il punto di vista, la reciprocità.
«Viaggiare fino all’isola remota e marginale dell’infanzia – scrive Gaudio – significa tentare di mantenersi in quello stato di assoluta libertà, staccarsi dal tempo in cui viviamo», attivare i contro-codici della memoria e della immaginazione, superando la repressione della fantasia che vorrebbe impedire qualsiasi legame «tra infanzia ed espressione artistica, tra infanzia e poesia». Anche per interrompere la catena distruttiva dell’istruzione permanente e di una obbediente pedagogia degli adulti.
USA, revocate sanzioni al giudice che ha processato Bolsonaro
Gli Stati Uniti hanno revocato le sanzioni imposte al giudice della Corte suprema brasiliana Alexandre de Moraes, che aveva presieduto il processo conclusosi con la condanna a oltre 27 anni di carcere dell’ex presidente Jair Bolsonaro per tentato colpo di Stato. Le sanzioni, introdotte a luglio mentre il procedimento era ancora in corso, prevedevano il congelamento di eventuali beni negli USA e il divieto di rapporti economici con cittadini statunitensi. Erano state applicate in base al Global Magnitsky Act, con l’accusa di censura, detenzioni arbitrarie e indagini politicizzate, in particolare contro Bolsonaro, alleato di Donald Trump.
Valditara manda gli ispettori nelle scuole che invitano Francesca Albanese
Il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, ha ordinato ispezioni ministeriali su due scuole della Toscana che hanno svolto incontri formativi con Francesca Albanese, la relatrice speciale dell’Onu per i territori palestinesi occupati che ha dettagliato il genocidio israeliano a Gaza. Valditara ha dichiarato «di aver letto su organi di stampa che la relatrice avrebbe rilasciato dichiarazioni che, se comprovate, potrebbero costituire ipotesi di reato». Secondo l’accusa, Albanese avrebbe definito «fascista» il governo Meloni e lo avrebbe accusato di «complicità con il genocidio israeliano», invitando gli studenti a proseguire le occupazioni di protesta. Le ricostruzioni provengono esclusivamente da due quotidiani governativi – Il Giornale e Il Tempo – entrambi di proprietà del deputato leghista Antonio Angelucci. Il ministro ha evidentemente giudicato sufficienti queste ricostruzioni di stampa per avviare l’inquisizione ministeriale contro i dirigenti scolastici rei di aver invitato una relatrice ONU a parlare agli studenti.
Le iniziative sotto indagine si sono svolte presso il Liceo Montale di Pontedera (Pisa) e la scuola media dell’Istituto Comprensivo “Massa 6”. A chiedere l’intervento di Valditara era stata un’interrogazione parlamentare del deputato di Fratelli d’Italia, Alessandro Amorese, secondo cui «iniziative scolastiche di questo tipo, se svolte in assenza di un adeguato contraddittorio, rischiano di assumere il carattere di un indottrinamento ideologico, lontano dai principi di pluralismo, equilibrio formativo e imparzialità che devono guidare l’attività educativa nelle scuole italiane». Da qui la richiesta a Valditara di «accertare che, pur nel rispetto dell’autonomia scolastica, le modalità con cui è stato organizzato l’incontro siano state svolte nel rispetto della salvaguardia dell’equilibrio formativo e dell’imparzialità».
A criticare fortemente l’azione del governo è la Rete “Docenti per Gaza”, rete di insegnanti che da mesi propone nelle scuole gli incontri con Albanese come momenti di informazione agli studenti. In un comunicato hanno parlato di «ingerenze e intimidazioni». In un duro comunicato i docenti per Gaza hanno chiesto al governo se è a conoscenza dell’esistenza dell’articolo 33 della Costituzione – che garantisce la libertà d’insegnamento – e «come sia possibile invocare il contraddittorio davanti a chi rappresenta con carica ufficiale il Diritto internazionale». La rete degli insegnanti ha inoltre denunciato il clima di censura che vige nelle scuole.
Nei suoi tre anni in carica come ministro dell’Istruzione del governo Meloni, Giuseppe Valditara ha più volte attirato le critiche di studenti e docenti per aver introdotto un clima di censura, controllo e repressione nelle scuole e nelle università italiane. Il ministro nel recente passato ha emesso una circolare in cui chiede alle scuole di sanzionare e bocciare gli studenti che occupano le scuole per protesta; ha più volte ordinato ispezioni e controlli disciplinari su professori accusati di essere critici nei confronti di Israele; e appena un mese fa si è spinto fino a vietare un corso di formazione per la pace e contro il riarmo organizzato dall’Osservatorio Contro la Militarizzazione delle Scuole e delle Università.









