Israele ha attaccato un’altra volta i soldati dell’UNIFIL, la missione dell’ONU in Libano. L’attacco ha preso di mira i veicoli di un gruppo di caschi blu che pattugliava il confine che separa Israele dal Libano meridionale. I membri dell’UNIFIL sono stati attaccati dai soldati dell’IDF a bordo di un carro armato, i quali hanno sparato una raffica di mitragliatrice da dieci colpi contro i loro veicoli; i soldati israeliani hanno sparato altre quattro raffiche da altrettanti colpi nelle vicinanze del convoglio. Sia i peacekeeper che il carro armato dell’IDF si trovavano in territorio libanese, dove da oltre un anno vige un cessate il fuoco. Non sono stati registrati feriti.
“Scintille” nelle periferie: Trieste premiata per la rigenerazione urbana e sociale
L’iniziativa di rigenerazione urbana delle periferie del Comune di Trieste, condivisa e partecipata, è stata premiata perché il progetto “Scintille” è tra le migliori buone pratiche italiane di sviluppo sostenibile. L’obiettivo non è solo la riqualificazione fisica (spazi pubblici, aree verdi, connessioni, infrastrutture), ma anche – e soprattutto – una rigenerazione sociale e comunitaria: qualità della vita, partecipazione attiva dei cittadini e valorizzazione dell’identità di quartiere.
E così a fine ottobre il comune di Trieste è stato insignito dall’ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) di un “Attestato di buona pratica territoriale per un’Italia più sostenibile” dopo aver vagliato ben 224 azioni di buone pratiche messe in moto in tutta Italia. La motivazione del premio riguarda “l’approccio metodologico” del progetto, in particolare la capacità di valorizzare le peculiarità dei territori e delle comunità coinvolte, in coerenza con gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
A novembre si è tenuta una conferenza stampa in cui il comune ha illustrato lo stato dell’avanzamento, spiegando che è terminata la fase di ascolto con cittadini e associazioni locali. Ora si passa alla definizione delle priorità e a un “piano integrato degli interventi” da portare in Giunta, presumibilmente entro febbraio 2026. Grazie a un bando regionale nell’ambito della legge del Friuli Venezia Giulia per rigenerazione urbana, la città ha ottenuto oltre 2 milioni di euro come primo passo verso la realizzazione, mentre la progettazione preliminare è già stata affidata a due studi di architettura.
La visione è quella di non limitarsi ad un intervento edilizio isolato, per provare invece a ricostruire l’identità e la dimensione sociale dei quartieri, incentivando partecipazione, appartenenza, coesione, servizi, spazi condivisi, in un approccio integrato che è spesso indicato dagli esperti come modello avanzato di rigenerazione urbana. Il percorso di ascolto realizzato negli ultimi mesi, che ha coinvolto residenti, associazioni e istituzioni locali, ha permesso di individuare con precisione le criticità del territorio e di raccogliere bisogni e richieste da includere nel quadro degli interventi. A partire da questo lavoro sono stati definiti gli obiettivi strategici e identificate le “Aree Bersaglio”, ovvero le zone che saranno oggetto delle future proposte e iniziative di rigenerazione urbana, a partire dalle zone periferiche di San Giacomo, Valmaura e Giarizzole.
Sono in programma la riqualificazione di piazze, aree verdi e percorsi pedonali, la creazione di nuovi spazi pubblici per giovani, famiglie e attività culturali, oltre al potenziamento dell’illuminazione, dell’arredo urbano e della mobilità dolce. Il progetto include anche interventi per la sicurezza, l’accessibilità e la resilienza climatica, insieme all’attivazione di programmi socio-educativi e culturali che rafforzino la coesione comunitaria. L’obiettivo finale è quello di dar vita a quartieri più vivibili e connessi, valorizzando il ruolo dei cittadini in tutto il processo.
Iran, attacchi nel Belucistan: 3 guardie rivoluzionarie morte
Oggi nella provincia iraniana sudorientale del Sistan e Belucistan, situata vicino al confine con il Pakistan, si è verificato un attacco ai danni di membri della Guardia Rivoluzionaria, in seguito a cui sono morti tre pasdaran. Da quanto comunicano i media iraniani, i membri dei pasdaran sono caduti in una imboscata mentre pattugliavano un’area montuosa nei pressi della città di Lar. Nessun gruppo ha ancora reclamato l’attacco. L’area del Belucistan è spesso teatro di scontri e attacchi da parte di gruppi separatisti attivi tanto in Iran quanto in Pakistan.
La pace di Trump tra Thailandia e Cambogia è già finita: mezzo milione in fuga
In meno di due mesi dalla tregua mediata da Donald Trump a Kuala Lumpur, la pace fra Thailandia e Cambogia è già crollata: oltre 500 mila persone sono state costrette ad abbandonare le proprie abitazioni dopo i nuovi scontri al confine. Lunedì la Thailandia ha lanciato attacchi aerei sulla vicina Cambogia, con entrambe le parti che si incolpano per i rinnovati combattimenti sul confine conteso. L’escalation militare tra i due Paesi rientra in una storia di rivalità pluridecennale sulla demarcazione coloniale dei loro 800 chilometri di confine e sulla sovranità rivendicata su alcuni templi.
Gli scontri di questa settimana sono i più sanguinosi dai cinque giorni di combattimenti di luglio, che hanno causato 43 morti e circa 300 mila sfollati su entrambi i lati del confine, prima che fosse concordata una tregua precaria mediata dagli Stati Uniti. Il 26 ottobre le due parti avevano firmato un accordo di cessate il fuoco, sotto l’egida di Trump. Una tregua fragile che si è sgretolata in poche settimane, con gli scontri che si sono estesi a nuove aree del confine, costringendo a un esodo di massa di civili. Bangkok e Phnom Penh si incolpano a vicenda per la ripresa dei combattimenti, che il 9 dicembre si sono estesi a cinque province dei due Paesi. Lunedì l’esercito thailandese ha colpito con raid aerei le postazioni cambogiane lungo il confine. Phnom Penh denuncia almeno quattro civili uccisi, Bangkok parla di un soldato morto e rivendica azioni difensive. I governatori delle province di frontiera hanno annunciato l’evacuazione di decine di migliaia di persone. In molte zone si segnalano code chilometriche e fughe disperate, con famiglie che abbandonano ogni bene. «I civili hanno dovuto evacuare in gran numero a causa di quella che abbiamo valutato come una minaccia imminente alla loro sicurezza. Oltre 400 mila persone sono state trasferite in rifugi sicuri» in 7 province, ha spiegato ai giornalisti il portavoce del ministero della Difesa thailandese, Surasant Kongsiri. In Cambogia, «101.229 persone sono state evacuate in rifugi sicuri e presso le case dei parenti in 5 province», ha dichiarato invece la portavoce del ministero della Difesa Maly Socheata.
Il conflitto fra Thailandia e Cambogia non è una novità: la disputa su quella frontiera si trascina da un secolo e riguarda soprattutto aree contese in base a vecchie mappe coloniali, con al centro siti di grande valore storico e simbolico. Le violenze di confine più gravi risalgono proprio agli scontri intorno al tempio di Preah Vihear tra il 2008 e il 2011, che causarono almeno 28 morti e costrinsero all’evacuazione di decine di migliaia di residenti locali. Nel corso degli anni, la contesa ha ripetutamente alimentato sentimenti nazionalistici in entrambi i Paesi e ciclici scontri armati. La tregua di ottobre, raggiunta grazie all’intervento del presidente degli Stati Uniti e agli sforzi diplomatici di Cina e Malesia, sembravano aver rappresentato un raro successo, tantoché la Cambogia aveva persino candidato Trump al Premio Nobel per la Pace. L’accordo prevedeva la riduzione delle truppe lungo il confine, il dispiegamento di osservatori e l’accelerazione delle operazioni di sminamento. Tuttavia, il patto era apparso in bilico già il mese scorso, quando la Thailandia ne aveva sospeso l’attuazione accusando la Cambogia di aver piazzato nuove mine nelle aree contese.
Ora, il ritorno dei bombardamenti chiude brutalmente quella che Trump aveva presentato come una pace storica. Di fronte all’escalation, la comunità internazionale ha lanciato appelli al contenimento. Giorni fa il segretario di Stato americano Marco Rubio aveva invitato entrambe le parti a rispettare gli impegni presi a Kuala Lumpur, chiedendo la rimozione delle armi pesanti dal confine, il coordinamento della rimozione delle mine terrestri e altre misure. Sul campo, tuttavia, le posizioni rimangono rigide. Durante un evento politico in Pennsylvania, il presidente statunitense ha commentato la ripresa degli scontri, annunciando di dover fare una telefonata «per far finire la guerra». «Ho risolto otto guerre, inclusa quella fra Thailandia e Cambogia, che oggi hanno ripreso. Domani le chiamerò. Chi può fare una telefonata e risolvere una guerra?», ha ribadito Trump.
Repubblica Democratica del Congo: i ribelli conquistano Uvira
Nonostante la recente ratifica dell’accordo di cessate il fuoco tra Ruanda e Repubblica Democratica del Congo, i ribelli congolesi dell’M23 – sostenuti da Kigali – continuano ad avanzare. Il portavoce del gruppo ha annunciato la conquista della città lacustre di Uvira, situata al confine con il Burundi, nella provincia orientale del Sud Kivu. Le ONG congolesi segnalano da tempo che l’M23 non avrebbe arrestato la propria avanzata verso Uvira; solo nella scorsa settimana gli scontri nella provincia del Sud Kivu avrebbero portato all’uccisione di oltre 70 persone e costretto alla fuga circa 200mila residenti.
Morto a 100 anni Sergio Flamigni, ex senatore e studioso del caso Moro
Sergio Flamigni, ex senatore del PCI ed esponente di primo piano della cultura politica italiana, è morto a 100 anni. Partigiano nella zona di Forlì, entrò in Parlamento nel 1968, restando deputato per tre legislature e poi senatore fino al 1987. Partecipò alle principali commissioni d’inchiesta, tra cui quelle sul sequestro e l’uccisione di Aldo Moro e sulla loggia massonica P2 di Licio Gelli. Dal 1988 pubblicò numerosi saggi su terrorismo e storia repubblicana. Nel 2005 fondò a Roma l’Archivio Flamigni, dedicato alla documentazione su terrorismo, stragi, mafie ed eversione.
L’Italia a tavola conquista l’UNESCO, è la prima cucina patrimonio dell’umanità
La cucina italiana è la prima al mondo ad essere considerata, nella sua interezza, come patrimonio dell’umanità. Il riconoscimento ufficiale da parte dell’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura) è arrivato oggi grazie al parere positivo del Comitato intergovernativo dell’organizzazione – riunito a Nuova Delhi dall’8 al 13 dicembre – ed è stato accolto in sala da un grande applauso.
La candidatura ufficiale risale al 23 marzo 2023, quando i ministeri della Cultura e dell’Agricoltura presentarono hanno il dossier intitolato “La Cucina Italiana, tra sostenibilità e diversità bioculturale”. Qui la cucina italiana viene descritta come un vero e proprio sistema culturale fondato su 3 punti chiave. Il primo è quello che richiama tradizione, identità e memoria collettiva, considerando le pratiche culinarie come trasmissione di saperi, legami familiari e comunitari; il secondo riguarda la diversità bioculturale e la biodiversità territoriale, visto che ogni regione contribuisce con piatti e ingredienti che riflettono ecosistemi, produzioni locali e tradizioni agroalimentari. Il terzo invece ha a che fare con sostenibilità e cultura del cibo: la candidatura enfatizza la cucina come rituale sociale quotidiano basato su condivisione, comunità, cura e identità, tutti elementi considerati patrimonio immateriale.
È quindi innanzitutto un riconoscimento del valore culturale che il cibo ha nel nostro Paese e di come vada ben oltre al semplice “saziarsi”: la convivialità del pasto, la memoria che si tramanda insieme all’affetto e le infinite varianti di gusti e sapori, declinati con la specificità di ogni Regione. Ed è un passo che potrebbe portare all’aumento del turismo internazionale, alla possibile crescita dell’export delle nostre eccellenze agroalimentari e, si spera, ad una maggiore attenzione istituzionale alla tutela della biodiversità agricola e dei saperi culinari tradizionali.
«Siamo i primi al mondo a ottenere questo riconoscimento, che onora quello che siamo e la nostra identità. Perché per noi italiani la cucina non è solo cibo o un insieme di ricette. È molto di più: è cultura, tradizione, lavoro, ricchezza», è il contenuto del videomessaggio diffuso dal presidente Giorgia Meloni. Mentre il ministro degli Esteri Antonio Tajani, presente a Nuova Delhi, ha preso la parola per ricordare come la cucina italiana sia «anche uno straordinario volano di crescita e prosperità» e spiegare che nel 2024 l’export dell’agro-alimentare italiano è salito a 68 miliardi di euro, mentre nei primi otto mesi di quest’anno si è registrato un ulteriore aumento del 6%.









