sabato 10 Maggio 2025
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Emilia Romagna, regione e ambientalisti si ribellano al parco eolico voluto dalla Toscana

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Il progetto di realizzazione del maxi impianto eolico Badia del Vento, che si prevede di far sorgere nel comune toscano di Badia Tedalda, sta scatenando un’accesa polemica tra due Regioni confinanti. A opporsi con fermezza è il presidente della Regione Emilia-Romagna, Michele De Pascale, e numerose associazioni ambientaliste, che denunciano un «atto di prevaricazione» da parte della Toscana e richiamano i rischi ambientali per la Valmarecchia, territorio di pregio paesaggistico a cavallo tra le due Regioni. Mentre i comitati locali insorgono per le gravi ricadute sul crinale appenninico, Legambiente difende il progetto in nome della transizione energetica. Al centro della contesa, oltre ai delicati equilibri ecologici, ci sono anche dubbi sull’iter autorizzativo e accuse di scarsa trasparenza.

Doveva tenersi lo scorso 30 aprile, ma è stata rinviata al prossimo 14 maggio la quarta riunione della conferenza dei servizi sul progetto eolico “Badia del Vento”, che prevede l’installazione di sette aerogeneratori alti 180 metri nel territorio di Badia Tedalda, ma con un impatto paesaggistico anche sui versanti romagnolo e marchigiano dell’Appennino. A rilanciare ufficialmente la contrarietà al progetto dei municipi riminesi sul confine – Casteldelci e Borgo Pace – e la bocciatura della Sovrintendenza belle arti e paesaggio è stato il governatore dell’Emilia-Romagna Michele De Pascale, il quale ha inviato una lettera critica al presidente della Toscana Eugenio Giani. Nella missiva si chiede di «rivedere la collocazione e la configurazione degli impianti», non essendo «individuate e individuabili adeguate forme di compensazione e mitigazione». Una netta presa di posizione è arrivata da un fronte compatto di associazioni riunite nella Coalizione TESS – tra cui WWF Rimini e Forlì-Cesena e Italia Nostra Valmarecchia – le quali in una nota congiunta denunciano che la volontà della Regione Toscana di approvare il maxi impianto eolico è «un atto di prevaricazione inaccettabile». L’impianto richiederebbe secondo gli scriventi «boschi abbattuti, sbancamenti dei crinali, trivellazioni profonde, infrastrutture invasive e tonnellate di cemento armato» in un’area situata nei pressi di zone con caratteristiche geologiche e idrogeologiche instabili.

A rinforzare la contestazione tecnica, interviene anche il professor Gian Battista Vai, geologo ed ex direttore del Museo Geologico dell’Università di Bologna, il quale ha affermato che «le stesse ditte proponenti presentano i loro progetto con aerogeneratori di enormi proporzioni, con vaste aree di fondazione che andrebbero ad insistere su un territorio tra i più franosi d’Italia e tra i più inadatti a ospitare infrastrutture, soprattutto di grande peso e dimensioni, che necessitano di fondazioni profonde che, a loro volta, vanno ad attivare o riattivare piani di scivolamento e di distacco». Il geologo ha criticato anche la logica con cui si porta avanti il progetto, sostenendo che non sia accettabile il «voler realizzare impianti di energia a fonti rinnovabili ad ogni costo, ovunque e comunque, senza il rispetto delle regole» e ricordando che il nostro Paese «contribuisce per lo 0,71% alle emissioni globali e il settore dell’industria delle energie rinnovabili riceve miliardi di incentivi, puntualmente scaricati sulle bollette dei cittadini e delle imprese».

Oltre alle contestazioni ambientali, sul maxi parco eolico pesano ombre procedurali. Il Comune di Casteldelci e diverse associazioni hanno sollevato dubbi sulla richiesta della Regione Toscana di superare la Valutazione di Incidenza negativa sulle aree protette con misure compensative, richiesta pubblicata «a un anno di distanza dalla trasmissione al proponente, dopo ripetuti solleciti e accessi agli atti». E ancora: «Il comportamento del Comune di Badia Tedalda, che ha voluto fin dall’inizio questo impianto, desta forti perplessità per il fatto di aver sottoscritto con il proponente un accordo con l’impegno di rilasciare tutte le autorizzazioni a fronte di misure compensative di tipo economico, ancor prima di aver eseguito le necessarie valutazioni tecniche e ambientali». Tali preoccupazioni sono rafforzate dalla «secretazione dello studio anemologico», negato alla cittadinanza nonostante l’importanza di conoscere i dati sulla ventosità reale del crinale.

A difesa del progetto si schiera invece Legambiente. I presidenti nazionale e regionali Stefano Ciafani, Fausto Ferruzza e Davide Ferraresi hanno dichiarato che «non mancano le motivazioni a sostegno del processo di transizione ecologica nei nostri territori», che «trova il suo fulcro nella conversione del sistema energetico verso un modello con minori consumi, azzeramento delle emissioni climalteranti e produzione di energia interamente da fonti rinnovabili». Pur riconoscendo che «gli impianti eolici portino a un mutamento del paesaggio cui siamo abituati», Legambiente ha scritto che «il cambiamento climatico ha già devastato l’Appennino tosco-romagnolo» e «bloccare l’eolico sull’Appennino, anche quando gli impianti sono progettati correttamente e collocati nei pochi punti in cui la disponibilità di vento è adeguata, è incomprensibile». Per l’associazione, è necessario un incontro tra le due Regioni, con l’obiettivo di chiarire «quale sia la traiettoria della transizione energetica per un territorio così fortemente colpito dagli eventi climatici estremi».

Israele: missile Houthi colpisce aeroporto di Tel Aviv

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Un missile balistico ha colpito l’area interna al perimetro dell’aeroporto di Tel Aviv, capitale dello Stato d’Israele. Lo ha riferito l’esercito israeliano, affermando che il missile è stato lanciato dal territorio dello Yemen e la difesa aerea non è riuscita a intercettarlo. Gli Houthi hanno rivendicato l’attacco in una dichiarazione all’emittente qatariota Al Araby. Secondo i soccorritori, lo schianto avrebbe provocato diversi feriti. I testimoni hanno raccontato di un forte boato che ha scatenato scene di panico tra chi stava facendo ingresso al terminal 3 dell’aeroporto. Sospesi decolli e atterraggi, così come il traffico ferroviario alla stazione dell’aeroporto e sulle linee per Gerusalemme e Modin.

Gaza, continuano i raid israeliani: oltre 50 morti in 24 ore

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In sole 24 ore, sono oltre 50 i palestinesi rimasti uccisi dagli attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza. Secondo fonti mediche e della difesa civile, i raid dall’alba di sabato hanno ucciso anche tre neonati. I bombardamenti sono proseguiti anche stamane, quando l’IDF ha preso di mira edifici residenziali nella città di Rafah, nel Sud dell’enclave, con almeno 13 morti. Nel frattempo, in un post su X, l’UNRWA ha affermato che la situazione umanitaria è ora «oltre ogni immaginazione», con il «blocco completo dei rifornimenti essenziali per la sopravvivenza» ormai alla nona settimana.

Migranti: il Decreto Flussi del governo finisce davanti alla Corte Costituzionale

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Si apre un nuovo fronte di potenziale scontro tra magistratura e governo sul tema delle politiche migratorie. La Corte d’Appello di Lecce ha infatti sollevato la questione di legittimità costituzionale del “decreto Flussi” (decreto legge 145/2024), convertito in legge nel dicembre scorso, per una serie di presunte criticità giuridiche. A firmare le due ordinanze è il consigliere di turno Giuseppe Biondi, che ha sospeso il giudizio sulla proroga del trattenimento di due migranti nel Cpr di Restinco (Brindisi) per i quali era pendente anche il ricorso contro il rigetto della richiesta di protezione internazionale. Quattro i principali profili di incostituzionalità individuati: la compressione del diritto alla difesa, l’assenza dei requisiti di necessità e urgenza che devono giustificare i decreti legge, la mancanza di specializzazione del giudice designato per esprimersi su questioni complesse come le convalide dei trattenimenti e la violazione dell’articolo 3 della Costituzione, che garantisce l’eguaglianza davanti alla legge.

Il fulcro della questione ruota attorno al passaggio delle competenze sulle convalide dei trattenimenti dai Tribunali specializzati in immigrazione alle Corti d’Appello, stabilito dall’esecutivo attraverso il decreto dopo che alcune ordinanze del Tribunale di Roma avevano bloccato i trasferimenti in Albania. Secondo il giudice, «affinché lo spostamento di competenza possa ritenersi rispettoso del principio del giudice naturale, di cui all’articolo 25, comma 1, della Costituzione, è necessario che sia previsto dalla legge in funzione di esigenze di rilievo costituzionale». Ma, osserva il giudice, tale passaggio appare motivato più da una volontà politica di aggirare l’opposizione di parte della magistratura che da reali esigenze normative. Nel provvedimento si rileva inoltre che «l’originaria previsione, che già non si fondava su alcuna ragione esplicita di straordinaria urgenza e necessità, è stata stravolta in sede di conversione del decreto-legge, ancora una volta senza che ciò fosse giustificato da esplicite ragioni di straordinaria urgenza e necessità». Il riferimento è all’articolo 77 della Costituzione, che limita il ricorso alla decretazione d’urgenza a situazioni eccezionali e documentate, secondo Biondi assenti nel caso del decreto 145/2024.

Particolarmente rilevante è anche il passaggio in cui il giudice, oltre a evidenziare possibili profili di incostituzionalità in riferimento all’articolo 3 della Costituzione (in cui si legge che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali»), afferma non può essere taciuta «l’irragionevole compressione dei diritti difensivi scaturita dalla modifica apportata al giudizio di impugnazione relativo al provvedimento di convalida». Dal punto di vista organizzativo, inoltre, le norme avrebbero generato caos e disorganicità. Si legge nella pronuncia: «La non felice formulazione delle norme ha determinato sul piano organizzativo l’attribuzione di questa materia in maniera disorganica ora alle Sezioni civili delle Corti di Appello, ora alle sezioni Penali delle stesse», mentre in Cassazione i ricorsi sono assegnati alla Prima sezione penale, con ulteriore disorientamento istituzionale. Otre che alla Corte Costituzionale, che sarà presto chiamata a vagliare le carte, le due ordinanze sono state trasmesse anche alla Presidenza del Consiglio e ai presidenti di Camera e Senato.

Il decreto flussi è stato definitivamente approvato dal Parlamento lo scorso dicembre. Al suo interno è stata inserita la misura che toglie alle sezioni specializzate dei tribunali la competenza sulle convalide dei trattenimenti, affidandola alle Corti d’Appello, nel tentativo di fermare le sentenze che hanno progressivamente ostacolato i trasferimenti in Albania dei migranti, nonché quella che ha introdotto una nuova lista di Paesi considerati “sicuri” (tra cui l’Egitto). Presenti anche una stretta sul diritto al ricongiungimento familiare e sanzioni più severe per le ONG che operano in mare e una norma che ha secretato i contratti relativi alla fornitura di mezzi e materiali destinati al controllo delle frontiere sono da ora secretati, la quale comporta che i dettagli sulle forniture alla Guardia Costiera di Libia e Tunisia non vengano più resi pubblici. Immediatamente dopo l’approvazione del provvedimento al Senato, sono giunte dure reazioni dal CSM,  che ha in particolare criticato la decisione di trasferire dai tribunali alle Corti d’Appello alcune competenze in materia di trattenimento dei migranti, e da una serie di ONG, che hanno definito il decreto Flussi «un’altra legge dannosa, propagandistica e disumana, oltreché palesemente illegittima» volta ad «aggirare il diritto internazionale».

Australia, laburisti di Albanese vincono le elezioni

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I laburisti del premier uscente Anthony Albanese hanno vinto le elezioni federali in Australia. Lo riportano le agenzie di stampa internazionali ed i dati della Commissione Elettorale Australiana, secondo cui il partito dei laburisti ha già raggiunto 81 seggi con il 97% dei conteggi, contro i 37 della Coalizione formata da Liberal Nats, Liberal party e National party. «Servire come vostro primo ministro è il più grande onore della mia vita», ha dichiarato Albanese, mentre il leader dei conservatori Peter Dutton ha ammesso la sconfitta: «Me ne assumo la piena responsabilità», ha commentato.

Secondo uno studio il DNA umano cambia molto più velocemente di quanto ipotizzato

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Non solo esistono alcune regioni del nostro DNA che mutano significativamente, ma ne esistono diverse che lo fanno a velocità sorprendenti e, soprattutto, decisamente superiori a quanto ipotizzato finora: è quanto emerge da un nuovo studio guidato da un team internazionale di ricercatori delle Università dello Utah e di Washington, sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Nature. Attraverso l’analisi del DNA umano di quattro generazioni di una stessa famiglia che ha deciso di condividere i propri dati genetici dagli anni ’80, i ricercatori hanno realizzato quello che ritengono un “atlante genetico senza precedenti”, il quale identifica regioni del genoma “quasi intoccabili” fino ad ora, dove le mutazioni si presentano con una frequenza altissima, in certi casi quasi una per nuova generazione. Si tratta di scoperte che, secondo gli esperti, aprono nuove prospettive sia nello studio dell’evoluzione che in quello delle malattie genetiche, in quanto potrebbero aiutare a valutare meglio i rischi per le generazioni future. «Sono le mutazioni che in ultima analisi ci differenziano dalle altre specie», ha commentato la genetista e coautrice Lynn Jorde.

Per decenni, spiegano gli scienziati, gli studi sulla mutazione del DNA umano si sono concentrati sulle aree del genoma più facili da analizzare, tralasciando quelle più instabili e complesse come i cosiddetti centromeri o le regioni ripetute. Per questo motivo, i ricercatori hanno deciso di provare a colmare questa lacuna e, in particolare, lo hanno fatto sfruttando cinque diverse tecnologie di sequenziamento per ottenere una mappa ad altissima risoluzione delle variazioni genetiche in una famiglia dello Utah, la stessa che dagli anni ’80 collabora con tali esperti. I genomi dei 28 membri, distribuiti su quattro generazioni, sono stati sequenziati e confrontati per identificare le cosiddette mutazioni “de novo”, cioè quelle non presenti nei genitori ma comparse nei figli. Questo confronto diretto ha permesso di determinare con precisione la frequenza delle nuove mutazioni e di osservarne la trasmissione tra le generazioni, analogamente a quanto la “velocità della luce” permette in fisica, spiegano i coautori.

In particolare, secondo i risultati ogni persona presenterebbe in media circa 200 mutazioni genetiche non ereditarie rispetto ai propri genitori, di cui molte localizzate in regioni del genoma difficili da esaminare con le tecnologie tradizionali. Includono cambiamenti singoli di base, ma anche piccole inserzioni e delezioni, alterazioni strutturali complesse e variazioni nei tratti ripetuti del DNA. Alcune aree, inoltre, risultano talmente instabili da presentare mutazioni quasi a ogni generazione, mentre in molti casi tali variazioni sono sorte nei cosiddetti “punti caldi” del DNA e non sono state ereditate, il che implicherebbe un rischio minore per le famiglie di trasmettere malattie genetiche a più figli. «Abbiamo visto parti del nostro genoma incredibilmente mutevoli. Quasi una mutazione ogni generazione», ha spiegato Aaron Quinlan, genetista e coautore dello studio. La ricerca, infine, ha anche rivelato una forte predominanza delle mutazioni di origine paterna, e l’influenza dell’età del padre sul numero di variazioni genetiche: secondo i risultati l’81,4% delle mutazioni “de novo” germinali avrebbe origine paterna, e ogni anno in più del padre è mediamente associato a 1,55 mutazioni germinali aggiuntive. In tutti i casi, si tratta di dati resi pubblici che, secondo gli autori, costituiranno una risorsa tutt’altro che indifferente per gli studi futuri: «Ci aiuta a comprendere la variazione e i cambiamenti del genoma nel corso delle generazioni in modo incredibilmente dettagliato. Anche se rimane una domanda: Quanto sono generalizzabili questi risultati tra famiglie diverse quando si cerca di prevedere il rischio di malattie o l’evoluzione dei genomi?», concludono i ricercatori.

Gaza, almeno 30 palestinesi uccisi da attacchi israeliani

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All’alba di oggi, sabato 3 maggio, nuovi attacchi aerei israeliani hanno colpito la Striscia di Gaza uccidendo almeno 30 palestinesi. Lo riferiscono fonti mediche e reporter sul campo di Al Jazeera, aggiungendo che due persone sono state uccise in un attacco con drone nel quartiere Daraj di Gaza City e una in un altro attacco con drone a sud della città di Khan Younis. Nel frattempo, una neonata è deceduta a causa della malnutrizione e disidratazione nell’ospedale Rantisi, a ovest di Gaza City, più di due mesi dopo l’inizio del blocco israeliano sulla Striscia.

Spagna, le aziende private cercano di insabbiare le loro responsabilità nel blackout

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BARCELLONA – Dopo il blackout senza precedenti che ha interessato l’intera penisola iberica e alcune zone del sud della Francia, la situazione è rientrata quasi completamente. Ritirato lo stato d’emergenza, la circolazione dei treni a lunga e media distanza gestita dall’azienda nazionale RENFE è ripartita con regolarità, mentre i convogli ferroviari di breve distanza, come Rodalies in Catalogna, continuano a soffrire di vari disservizi. Mentre il governo spagnolo cerca ancora una risposta a una delle più gravi crisi mai verificatesi nel Paese, le aziende responsabili della distribuzione dell’energia elettrica non starebbero collaborando per aiutare a far luce sulle cause.

Nei giorni scorsi, Sánchez ha annunciato la creazione di una commissione d’investigazione gestita direttamente dalla ministra della Transizione Ecologica Sara Aagesen, mentre la Commissione Europea sta realizzando un report indipendente per fare luce sulla situazione. Non si scarta alcun tipo di ipotesi e a tal riguardo il tribunale della Audiencia Nacional e l’Istituto Nazionale di Cybersicurezza (INCIBE) hanno aperto un’indagine per escludere ufficialmente l’eventualità del cyber attacco.

In tale contesto, i media locali riferiscono come la Moncloa abbia denunciato la scarsa collaborazione delle aziende che gestiscono la produzione e la gestione della rete elettrica nazionale. Leader del settore è l’azienda privata Red Eléctrica, della quale solo il 20% delle azioni sono di proprietà statale, contro un 80% composto da capitale flottante. Nonostante a capo vi sia Beatriz Corredor, ex ministra de la vivienda durante il secondo mandato socialista di José Luis Zapatero e vicina a Pedro Sánchez, la compagnia elettrica sembra mantenere ancora grande riserbo sulle informazioni su quanto accaduto lunedì, tanto da negare ai tecnici del Governo l’accesso ai dati necessari alle indagini.

Questa situazione di impasse mette benzina sul fuoco della politica. Ogni partito dell’arco parlamentare si è ormai pronunciato sulla questione. Il Partito Popolare ha sfruttato l’occasione per scoraggiare l’impegno del Governo sullo sviluppo delle centrali di energia rinnovabile e fare propaganda sull’utilizzo del nucleare. Santiago Abascal, leader del partito di estrema destra VOX, ha attaccato direttamente il presidente del Governo, accusandolo di celare le origini del blackout e chiedendo le sue dimissioni. A sinistra, invece, la totalità dei partiti, con maggiore o minore veemenza, reclama a gran voce la nazionalizzazione delle imprese elettriche, puntando il dito proprio contro la privatizzazione del sistema e la protezione degli interessi economici ai danni dei servizi alla cittadinanza.

Secondo l’opinione di esperti come il fisico e matematico Antonio Turiel, a causare il problema è infatti stata l’avarizia dei gruppi privati, che hanno preferito ritardare gli investimenti nella stabilizzazione della rete fotovoltaica a causa di un prezzo dell’elettricità attualmente troppo basso per riuscire a rientrare nella spesa investita. Nonostante queste operazioni siano di vitale importanza per la sicurezza della rete, la legge impone che solo gli impianti installati dal 2022 necessitino obbligatoriamente dei sistemi di stabilizzazione, ma la gran parte di quelli attivi nel Paese risalgono ad epoche precedenti. L’oligopolio energetico, composto da solo cinque aziende (Endesa, proprietà dell’italiana ENEL, Iberdrola, Naturgy, Repsol y Acciona), trova protezione tra i banchi del Congresso spagnolo e salva così capra e cavoli, da un lato beneficiando solo nel 2024 di undici miliardi di euro complessivi e, dall’altro, restando esenti da tassazioni aggiuntive, grazie al voto di partiti come il Partito Nazionalista Basco, il Partito Socialista e il Partito Popolare. Il panorama mediatico del Paese, posseduto in gran parte dalle stesse aziende, ha così il compito di spazzare la polvere sotto il tappeto e sceglie coscientemente di fare luce sulle origini tecniche del blackout e intanto celare le responsabilità sociali di chi sta alla base di un sistema fallace. Gli stessi che firmano la busta paga a chi si occupa di informazione. A soffiare sull’incendio della disinformazione, oltre ai social network (che hanno raccolto le teorie più disparate diffuse dagli ormai noti influencer di estrema destra), la stessa stampa generalista non ha perso l’occasione per parlare, senza fonti accertate, di complotto ordito da Sánchez o delle presunte responsabilità russe.

Mentre vari giornali (anche italiani) raccolgono affannosamente le testimonianze di chi ha vissuto un idilliaco esempio di slow life, occultando i disagi di tutte quelle persone che vivono in una condizione di grave precarietà lavorativa (come i riders) o di chi ha patito l’assenza di servizi per rispondere ad esigenze sanitarie di vitale importanza, Sánchez è stato chiamato a rispondere per il 7 maggio prossimo davanti al Congresso dei ministri su quanto successo lunedì e sul controverso piano di riarmo. In uno scenario di quiete prima della tempesta, il Governo ha meno di una settimana di tempo per fare luce sui vari interrogativi ancora irrisolti.

L’Opec+ aumenta la produzione di petrolio a giugno

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L’Opec+ ha stabilito un nuovo aumento della produzione di petrolio per giugno, con l’aggiunta di 411mila barili al giorno, proseguendo l’accelerazione già avviata a maggio. Secondo fonti di Bloomberg, la decisione riflette specifiche strategie di alcuni Paesi chiave che guidano il gruppo, in particolare Arabia Saudita e Russia, che gestiscono la produzione e incidono fortemente sugli equilibri del mercato. Tale trend costituisce una drastica inversione di tendenza rispetto alla posizione di lunga data del cartello, che sosteneva di voler difendere i prezzi del petrolio.

 

 

Raid dei paramilitari sudanesi vicino al confine con l’Eritrea

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Un drone dei paramilitari sudanesi ha preso di mira una città di confine vicino all’Eritrea. Lo hanno reso noto fonti governative sudanesi. Nello specifico, i paramilitari sudanesi avrebbero effettuato un raid attraverso l’utilizzo di un drone sulla città orientale di Cassala, come dichiarato una fonte dell’esercito governativo rivale, che ha sottolineato all’Afp che il drone ha «preso di mira l’area di stoccaggio del carburante all’aeroporto di Cassala», attribuendo la responsabilità dell’attacco alle Forze di Supporto Rapido paramilitari. Al momento, le autorità non hanno segnalato vittime.