martedì 1 Luglio 2025
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Iran: il Parlamento vota la sospensione la collaborazione con l’AIEA

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Dopo la prima giornata di cessate il fuoco tra Iran e Israele, nel mezzo di una tregua che fino a ora sembra tenere, il Parlamento iraniano ha votato una risoluzione per interrompere la collaborazione con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica. La Repubblica Islamica intende inoltre vietare all’AIEA l’accesso ai propri siti nucleari fino a quando non saranno messi in sicurezza. Ieri, il direttore dell’agenzia nucleare iraniana aveva affermato che il Paese vuole far ripartire il proprio programma nucleare.

All’aeroporto civile di Montichiari i lavoratori scioperano contro il transito di armi

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«I lavoratori non si sono arruolati»: con questo slogan l’Unione Sindacale di Base (USB) ha lanciato un forte segnale di dissenso contro la militarizzazione degli scali civili, proclamando uno sciopero per la giornata di oggi all’aeroporto Gabriele D’Annunzio di Montichiari (Brescia), dove è atteso il transito di un carico di missili. USB ha organizzato anche una conferenza stampa davanti all’ingresso principale dello scalo. Una protesta che punta a sottrarre i lavoratori alla logistica di guerra, ribadendo che trasportare armi non rientra nelle mansioni previste dai contratti di categoria. In passato, i lavoratori si erano già mossi contro l’utilizzo militare delle piste. Uno di loro era stato oggetto di un provvedimento disciplinare da parte di GDA Handling, il gestore dell’aeroporto.

L’aeroporto di Montichiari, noto per le sue funzioni civili e commerciali – movimentando quotidianamente merci per DHL, Amazon, Poste Italiane e altri corrieri – da mesi è al centro delle denunce sindacali per il transito di materiale bellico. Una situazione che, secondo USB, tradisce la natura civile dell’infrastruttura e chiama in causa la responsabilità di chi, dietro le quinte, consente simili operazioni. La protesta di oggi si inserisce in un quadro più ampio di mobilitazione sociale, giuridica e sindacale contro la crescente militarizzazione dei territori europei. Mentre si tiene il vertice NATO all’Aja (24-26 giugno), dove viene discusso un piano di riarmo da oltre 800 miliardi di euro, USB avverte che porti, aeroporti, ferrovie e industrie italiane rischiano di essere sempre più assorbiti in questa spirale bellica. La sigla sindacale denuncia un momento «mai così drammatico e così vicino alla guerra» in seguito agli «attacchi all’Iran da parte di Israele e USA», mentre sono ancora in corso «il genocidio a Gaza e la guerra in Ucraina».

USB rivendica il diritto dei lavoratori a sottrarsi a ogni forma di complicità. Per questo, ha annunciato l’avvio di una campagna di sciopero specifico per tutti i dipendenti coinvolti in operazioni di carico e trasporto di armamenti. Nonostante le restrizioni imposte dalla legge 146/90 sul diritto di sciopero nei servizi essenziali, USB sostiene infatti che il trasporto di armi non possa essere considerato “essenziale” e annuncia battaglia anche su questo fronte. A sostenere l’iniziativa anche forze politiche locali: «Sinistra Italiana Brescia si schiera contro la partecipazione dell’Italia all’invio di armi da guerra, con i lavoratori che difendono la pace – ha dichiarato il segretario provinciale Beppe Almansi –. No al transito di armi in un aeroporto civile». In parallelo, con il supporto del Ceing – Centro d’Iniziativa Giuridica Abd El Salam – sarà presto disponibile una dichiarazione di obiezione di coscienza per chi opera nel settore della logistica, della ricerca e della formazione, anche all’interno delle università.

Non è la prima volta che gli operatori dello scalo di Montichiari denunciano la presenza di merci pericolose nell’infrastruttura: già lo scorso giugno i lavoratori addetti al carico e scarico avevano segnalato attività di trasporto di materiale bellico, tra cui armi ed esplosivi, «con tutti i conseguenti rischi per i lavoratori e le popolazioni limitrofe». A ottobre, invece, Luigi Borrelli, il rappresentante sindacale di USB presso l’aeroporto, ha denunciato pubblicamente i movimenti di carico e scarico di materiale bellico. In seguito a queste dichiarazioni, la società GDA Handling ha mosso nei suoi confronti una contestazione disciplinare. A marzo, dopo mesi di denunce, gli operatori dell’aeroporto hanno lanciato un presidio per contestare il presunto impiego militare della struttura, dichiarando di essere costretti a maneggiare materiale esplosivo. L’attrezzatura militare, ha sostenuto il personale aeroportuale, verrebbe trasportata per chilometri da lavoratori sprovvisti di patenti idonee alla gestione di materiali pericolosi, transitando vicino a edifici civili.

Panama, continuano le proteste: esteso lo stato di emergenza

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Il governo di Panama ha prorogato per altri cinque giorni lo stato di emergenza nella provincia di Bocas del Toro, la cui scadenza era prevista per oggi. A dare la notizia è il ministro della Presidenza Juan Carlos Orillac. Lo scorso venerdì 20 giugno, lo stesso ministro aveva spiegato che lo stato di emergenza comportava una temporanea sospensione di alcune libertà costituzionali, vietando gli assembramenti pubblici, limitando la libertà di movimento e consentendo alla polizia di effettuare arresti senza mandato. La sospensione delle libertà è stata varata per far fronte a un’ondata di violente proteste dei lavoratori che ha investito il Paese per contestare una riforma delle pensioni.

Nel MAGA di Trump si intravedono le prime crepe interne

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Il movimento MAGA (Make America Great Again), pilastro della politica di Donald Trump, sta iniziando a far emergere le prime crepe interne. Dopo la burrascosa uscita di scena di Elon Musk, la crisi in Medio Oriente e l’attacco all’Iran hanno fatto montare malumore che sembra crescere sempre di più tra le file dei sostenitori del presidente. Così, critiche sempre più forti arrivano da ex consiglieri (come Steve Bannon) e personalità politiche (come i rappresentanti della Camera Marjorie Taylor Greene o Thomas Massie), oltre che da personaggi pubblici quali il giornalista Tucker Carlson. Trump, in tutta risposta, ha deciso di scartare le vie diplomatiche, rispondendo a tono a tutte le critiche che arrivano dall’interno del suo stesso movimento. Gli scricchiolii all’interno del MAGA sono così sempre più forti.

Le tensioni interne sono esplose con virulenza in questi giorni, catalizzate dalla crisi in Medio Oriente e dall’attacco all’Iran, e stanno colpendo duramente rischiando di spaccare la base e la leadership conservatrice. La retorica intransigente e la gestione “solitaria” di Trump, un tempo punti di forza, si stanno rivelano ora catalizzatori di un malcontento crescente che, dopo la ben nota diatriba con Elon Musk, sta intaccando le fondamenta del suo stesso movimento. Alcuni tra coloro che hanno difeso il presidente nello scontro col miliardario a capo di Tesla oggi lo criticano: Steve Bannon, per esempio, ha dichiarato sul suo podcast che l’attacco all’Iran potrebbe non essere stata una decisione corretta rispetto al volere della piattaforma MAGA, mettendo in dubbio la decisione rispetto alla lealtà e alla coerenza con quanto annunciato in campagna elettorale rispetto alle relazioni internazionali e le continue guerre statunitensi.

Il caso più eclatante di questa frattura interna al movimento è lo scontro con Tucker Carlson. Già critico nei confronti di Trump per il cieco sostegno a Israele (aveva definito Trump «complice» quando Israele ha aggredito l’Iran), Carlson ha adesso espresso tutta la sua disapprovazione per il bombardamento statunitense sulle centrali atomiche iraniane. Trump ha risposto con un post sul suo social Truth, definendolo «pazzo». Pochi giorni prima, Carlson aveva inoltre invitato al suo programma Ted Cruz, senatore repubblicano, ultraconservatore reazionario della destra cristiana religiosa e falco della guerra all’Iran. Nel corso della trasmissione, Carlson ha rivolto a Cruz una lunga serie di domande sull’Iran, alle quali il senatore non ha saputo rispondere. Al che, Carlson gli ha domandato: «Tu vuoi bombardare un Paese di cui non sai niente?».

Persino Alex Jones, figura controversa ma influente per una parte della base MAGA, che aveva in precedenza già avanzato critiche definendo il piano di deportazione di Trump «davvero brutto», ha preso le difese di Carlson e della sua posizione rispetto all’Iran. Questo indica che il dissenso si sta allargando anche a figure che, per la loro natura anti-establishment, sarebbero teoricamente allineate con le posizioni più estreme di Trump. E il dissenso non è solo fuori, sugli schermi e nei canali che la base di Trump segue. Anche all’interno del Congresso c’è chi pone delle critiche pesanti. Marjorie Taylor Greene, altra fedele del MAGA, rappresentante della Camera, ha difeso pubblicamente Carlson e ha scritto un lungo post su X in cui criticava l’attacco statunitense, il cui inizio dice: «Non conosco nessuno in America che sia stato vittima dell’Iran». La scorsa settimana, il rappresentante repubblicano Thomas Massie aveva annunciato, insieme a diversi democratici, di aver introdotto una risoluzione bipartisan sui poteri di guerra affiché fosse necessaria l’autorizzazione del Congresso per ogni atto ostile nei confronti dell’Iran. Il 22 giugno Trump ha risposto a Massie attraverso un lungo post su Truth in cui lo ridicolizza e lo discredita.

Questa divisione non è una semplice sfumatura di opinione, ma una discordanza strategica e ideologica che mette in discussione la coesione di un fronte che ha sempre fatto della compattezza il suo punto di forza. Le ragioni di questa frattura sono molteplici e complesse. Da un lato, c’è una base isolazionista e America First che, pur sostenendo Trump, si sente tradita da un coinvolgimento percepito come eccessivo nella crisi mediorientale. Per questa parte di base le priorità dovrebbero rimanere interne, e ogni deviazione da questo principio viene vista come un tradimento degli ideali MAGA. Dall’altro lato, la personalità di Trump, la sua propensione a decisionsi improvvisate e la sua insofferenza verso il dissenso, stanno logorando la pazienza anche di alleati storici. Il fronte MAGA, un tempo granitico, sta mostrando crepe significative.

Negli Stati Uniti sono diminuiti notevolmente i decessi per overdose

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Fentanyl

Nel 2024, gli Stati Uniti hanno registrato una riduzione significativa dei decessi per overdose, con un calo del 27% rispetto all’anno precedente. Secondo le stime del National Center for Health Statistics dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC), il numero totale di decessi è passato da 110.037 nel 2023 a 80.391 nel 2024. Un calo ancora più evidente se si evidenziano i decessi legati al fentanyl, un potente antidolorifico, che sono diminuiti di quasi il 37%, scendendo da 76.282 nel 2023 a 48.422 nel 2024.
Anche i decessi causati da oppioidi in generale hanno visto una riduzione si...

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Mozambico, almeno 120 bambini rapiti da jihadisti

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Human Rights Watch ha denunciato il rapimento di almeno 120 bambini nel nord del Mozambico da parte di insorti jihadisti affiliati allo Stato Islamico. Gli attacchi si concentrano nella provincia di Cabo Delgado, epicentro di un conflitto iniziato nel 2017. I bambini sarebbero costretti a trasportare beni, lavorare forzatamente e, in alcuni casi, combattere. Il gruppo responsabile, noto come al-Shabab (senza legami con l’omonimo somalo), ha causato migliaia di morti e oltre 600.000 sfollati. Nonostante il sostegno militare di Paesi vicini, il governo mozambicano non riesce a garantire la sicurezza dell’area.

Mafia, la Guardia di Finanza ha sequestrato 50 milioni al “re” del settore ittico

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La Guardia di Finanza di Caltanissetta ha eseguito un sequestro da 50 milioni di euro nei confronti di Emanuele Catania, imprenditore gelese storicamente attivo nel settore della pesca e della commercializzazione di prodotti ittici, anche su scala internazionale. I beni sequestrati – immobili, società, conti, pescherecci – sono distribuiti tra Sicilia, Campania, Abruzzo e Nord Africa. L’operazione ha coinvolto 60 militari e rivelato un imponente reticolo societario e familiare. Catania, che è stato condannato definitivamente per associazione mafiosa, essendo stata accertata la sua appartenenza sin dai primi anni ‘90 alla famiglia mafiosa dei Rinzivillo, avrebbe favorito l’infiltrazione dell’organizzazione nell’economia legale, riciclando capitali illeciti e alterando la concorrenza. Un business, quello del controllo del mercato ittico, che da oltre quarant’anni ingrassa le tasche dei mafiosi siciliani.

Le indagini, che hanno coinvolto 45 soggetti tra persone fisiche e giuridiche, si sono concentrate su un’anomala sperequazione tra redditi dichiarati e ricchezza accumulata tra il 1985 e il 2022. I capitali investiti dalla famiglia Catania – sostengono gli investigatori – non risultano giustificabili con fonti lecite e sarebbero frutto delle disponibilità della consorteria mafiosa. Determinanti, per ricostruire i legami tra l’imprenditore e l’organizzazione, sono state le dichiarazioni convergenti di numerosi collaboratori di giustizia. I pentiti hanno infatti confermato che già dagli anni Ottanta Emanuele Catania intratteneva rapporti privilegiati con i vertici del clan Rinzivillo, in particolare con Antonio Rinzivillo, che avrebbe investito i proventi del traffico di droga proprio nelle attività economiche della famiglia Catania, offrendo in cambio protezione e appoggi mafiosi. In particolare, il settore ittico siciliano sarebbe stato “monopolizzato” da Cosa Nostra, che imponeva fornitori, dettava le regole del mercato e operava indisturbata in un sistema privo di reale concorrenza. A Catania veniva affidato il compito di espandere le attività all’estero: un piano che ha portato all’apertura di ramificazioni in Marocco, dove l’imprenditore ha assunto il ruolo di socio e amministratore unico della società “Gastronomia Napoletana”, utilizzata – secondo quanto ricostruito dagli inquirenti – come piattaforma per il commercio internazionale e il riciclaggio di capitali di dubbia provenienza.

Emanuele Catania era stato assolto in primo grado dal Tribunale di Gela – che aveva disposto la restituzione dei beni sequestrati –, per poi essere condannato dalla Corte d’Appello di Caltanissetta il 16 marzo 2022 a 6 anni e 8 mesi di reclusione per associazione mafiosa. La sentenza è stata successivamente confermata dalla Corte di Cassazione, sancendo in via definitiva la responsabilità penale dell’imprenditore. Secondo la Corte, il rapporto tra Catania e il clan mafioso non si fondava solo su connessioni personali, ma su un vero e proprio “patto d’affari” fondato sull’interesse reciproco a consolidare il potere economico e criminale nell’area del Mediterraneo.

Cosa Nostra, come dimostrano i numerosi spunti offerti dalle relazioni della DIA nel corso del tempo, ha tradizionalmente fatto del mercato ittico siciliano una fonte stabile di reddito e influenza, imponendo regole e “tasse” su pescatori e commercianti. Da oltre quarant’anni i clan hanno stretto un “patto” con operatori locali per spartirsi carichi di tonno, pesce spada e novellame. Secondo quanto ha dichiarato il pentito Santo La Causa, ex capo militare della potentissima famiglia dei Santapaola, esisterebbe una regola consolidata secondo cui occorre versare nelle casse di Cosa Nostra «somme variabili in considerazione del quantitativo di pesce che viene pescato». La mafia è progressivamente riuscita a espandere i suoi traffici, entrando nei mercati di Roma e Milano con volumi di migliaia di tonnellate l’anno. «Cosa Nostra – è stato scritto nel 2017 nell’ordinanza dell’operazione “Extra fines” che, ha inferto un duro colpo al clan Rinzivillo – ha praticamente il controllo del mercato ittico siciliano, decidendo chi può inserirvisi e dove potere praticare il commercio. Nei mercati esiste da tempo la regola secondo cui i commercianti di pesce sono costretti a versare, a titolo estorsivo, una quota per ogni carico di pesce che viene prelevato».

I fossili di dinosauri stanno raggiungendo prezzi di mercato mai visti

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Un giovane dinosauro carnivoro, scoperto nel 1996 nel Wyoming e lungo appena tre metri, sta per essere messo all’asta con una stima compresa tra i 4 e i 6 milioni di dollari, anche se si prevede che il prezzo possa aumentare ulteriormente. È quanto accadrà al fossile di un ceratosauro vissuto circa 150 milioni di anni fa che sarà venduto da Sotheby’s, nota casa d’aste internazionale. Il tutto a distanza di un anno da un altro fossile di dinosauro con stima simile ma che ha raggiunto quota 45 milioni di dollari, il che, secondo esperti intervistati recentemente dalla stampa internazionale, conferma una tendenza: i fossili di dinosauri stanno raggiungendo prezzi di mercato mai visti. Una crescita che allarma paleontologi e ricercatori, preoccupati per il rischio che questi reperti finiscano sempre più spesso in mani private e fuori dalla portata della comunità scientifica.

Per decenni, i fossili di dinosauri sono stati considerati reperti scientifici da destinare esclusivamente a collezioni pubbliche e istituzioni accademiche. Ma negli ultimi anni, il mercato ha conosciuto un’impennata impressionante, culminata con la vendita dello stegosauro “Apex” per 45 milioni di dollari. Secondo molti esperti, tra cui il presidente dell’Associazione di Paleontologia Applicata André LuJan, queste aste multimilionarie stanno generando un “effetto Apex”, alimentando la speculazione e causando un aumento vertiginoso dei prezzi dei fossili e degli affitti dei terreni di scavo, rendendo difficile l’accesso ai paleontologi accademici. A complicare il quadro, alcune società iniziano a promuovere i fossili come investimenti: nel dicembre scorso, infatti, 2,75 milioni di dollari in azioni sono stati venduti per finanziare lo scavo di uno stegosauro in Wyoming, con l’80% delle quote detenute dagli escavatori stessi. Per alcuni, come il commerciante Peter Lovisek, ciò rappresenta un modo per «democratizzare l’accesso ad asset di alto valore». Ma per altri, tuttavia, si tratta solo di un modo per approfittare dell’ottimismo degli investitori, con il rischio che «molte persone rimarranno con le mani in mano».

Per quanto riguarda il reperto prossimamente in vendita, dopo anni di inattività presso il Museum of Ancient Life, il fossile è stato venduto a Brock Sisson, «amico fidato di lunga data e partner del museo», come dichiarato da McKay Christensen, amministratore delegato di Thanksgiving Point, fondazione che possiede il Museum of Ancient Life. La decisione, ha aggiunto, è stata presa con l’approvazione unanime del consiglio e i fondi saranno destinati al mantenimento delle collezioni e all’educazione dei visitatori. Sisson e il suo team hanno ricostruito lo scheletro utilizzando stampa 3D e supporti metallici removibili, preservandone la possibilità di studio. Ora, l’esemplare può essere venduto con ampia documentazione che ne attesta la provenienza e i lavori di restauro, un aspetto che secondo Sotheby’s contribuisce a garantirne l’integrità scientifica. «Questo giovane ceratosauro è un esemplare davvero straordinario», ha affermato Cassandra Hatton, vicepresidente della casa d’aste, aggiungendo che l’esemplare non è mai stato completamente studiato poiché il museo che lo ospitava non è certificato come deposito paleontologico pubblico. Inoltre, citando casi come la vendita del Tyrannosaurus rex “Sue” al Field Museum e il prestito dello stesso “Apex” all’American Museum of Natural History, Hatton ha difeso il ruolo di Sotheby’s nel «far entrare esemplari come questo nella fiducia del pubblico».

D’altra parte però, non tutti sono convinti: secondo Stuart Sumida, presidente della Society of Vertebrate Paleontology, simili operazioni rischiano di sottrarre materiale scientifico alla comunità. «Rendono più difficile per i ricercatori accedere a esemplari importanti», ha spiegato. E secondo lo storico Lukas Rieppel, dell’Università Brown, il mercato resta imprevedibile: l’hype mediatico, le pubblicazioni o il semplice fatto che un fossile sia stato esposto in un museo possono gonfiarne artificialmente il valore. Di fronte a queste incertezze, le opinioni restano divise.

Diretta – Dopo le violazioni israeliane il cessate il fuoco sembra tenere – Netanyahu: “vittoria storica su Iran”

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Martedì 24 giugno. Dopo i bombardamenti americani sull’Iran, la risposta iraniana contro le basi militari USA in Medio Oriente (qui il nostro flusso di ieri) e dopo che nella notte di oggi Donald Trump ha annunciato il raggiungimento di un accordo per il cessate il fuoco. Oggi si misura la tenuta di un accordo che formalmente non è stato ufficialmente accettato da nessuna delle parti.


Il primo ministro israeliano Netanyahu ha dichiarato che quella ottenuta contro l’Iran è stata una “vittoria storica”, che “rimarrà per generazioni”. L’esercito israeliano ha inoltre dichiarato, in un post su X, che gli attacchi contro l’Iran hanno “fatto arretrare di anni il programma nucleare dell’Iran, e lo stesso vale per il suo programma missilistico”.


Mentre Teheran festeggia, continuano le aggressioni in Cisgiordania. A partire da stamattina, l’esercito israeliano ha effettuato un raid contro il villaggio di Al-Mazra’a Al-Gharbiya, nel Governatorato di Ramallah; sempre nel governatorato di Ramallah, sono state registrate operazioni di demolizione degli olivi della città di Turmus Aya. Israele ha inoltre continuato le operazioni di demolizione nel campo di Nur Shams, a Tulkarem, così come nel quartiere arabo Ras Khamis di Gerusalemme.

I maggiori episodi di violenza da parte di esercito e coloni, tuttavia, si sono concentrati a Jenin e Nablus. Nella prima, nel tardo pomeriggio, le IDF hanno lanciato un attacco con colpi di mortaio, mentre intanto hanno portato avanti le operazioni di demolizione. Nella seconda, invece, le IDF hanno attaccato il campo profughi di Askar al-Jadeed, e sgomberato un edificio di Luban e-Sharkiya, città situata qualche chilometro a sud di Nablus, per convertirlo in un avamposto militare.

Le ruspe israeliane entrano in un campo coltivabile a Ramallah.

Intanto, il popolo iraniano è sceso in piazza per celebrare quella che il Paese sta descrivendo come una vittoria contro gli Stati Uniti e Israele. I cittadini si sono riuniti a Piazza Enqelab, a Teheran, dove hanno intonato cori contro gli USA e Israele.


Parlando all’agenzia di stampa iraniana Mehr, il direttore dell’organizzazione per l’energia atomica iraniana, Mohammad Eslami, ha affermato che l’agenzia sta prendendo disposizioni per prevenire l’interruzione del programma nucleare del Paese, sottolineando che «l’Iran ha capacità e competenze che gli consentono di continuare a progredire nel settore nucleare senza interruzioni». L’annuncio di Eslami arriva dopo una dichiarazione del direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, Rafael Grossi, che si è congratulato con le parti per il raggiungimento di un cessate il fuoco, e ha affermato di volere riaprire i tavoli per parlare del programma nucleare iraniano con le autorità della Repubblica Islamica.


Dopo la momentanea de-escalation, il presidente degli Stati Uniti ha condiviso un post in cui dice alla Cina che può tornare a comprare il petrolio dall’Iran, a testimonianza della sua convinzione della tenuta del cessate il fuoco: «La Cina può ora continuare ad acquistare petrolio dall’Iran. Si spera che ne acquistino parecchio anche dagli Stati Uniti. È stato un onore riuscire a renderlo possibile!».


Dopo circa due ore dall’attacco al radar iraniano da parte di Israele, il cessate il fuoco sembra tenere. Mentre la tensione sembra scemare, il presidente Trump si è preso i meriti della temporanea buona riuscita della pacificazione tra le parti. In generale dopo una notte particolarmente violenta, gli attacchi di oggi sono diminuiti non appena raggiunto l’orario del cessate il fuoco annunciato da Trump. A parte l’attacco che Israele ha affermato di avere ricevuto e quello che successivamente ha lanciato, nessuna delle parti ha denunciato di essere stata bersagliata.


Il governo Netanyahu ha dichiarato di aver condotto un attacco contro un sistema radar iraniano a nord di Teheran. Secondo il governo israeliano l’attacco non sarebbe una violazione del cessate il fuoco, ma una legittima risposta alle violazioni iraniane. Dopo avere discusso con Trump, si legge in un comunicato del governo israeliano, Israele «si è astenuto da ulteriori attacchi».

L’attacco sarebbe stato fortemente ridotto, quasi di carattere dimostrativo. Non è chiaro – scrive il quotidiano Times of Israel – quanto esteso fosse inizialmente l’attacco pianificato da Israele.


Secondo Trump, il cessate il fuoco è stato violato sia da Israele che dall’Iran. Lo ha dichiarato ai media statunitensi prima di partire per il vertice NATO nei Paesi Bassi. Il presidente degli Stati Uniti si è detto «insoddisfatto» dell’atteggiamento di entrambi i Paesi, ma soprattutto di Israele, precisando che Tel Aviv ha colpito Teheran subito dopo aver accettato l’accordo.

Successivamente, in un comunicato pubblicato sul suo social Truth, ha rincarato la dose, minacciando Israele: «Non lanciate quelle bombe. Se lo fate, è una violazione grave. Riportate a casa i vostri piloti, subito!». Poi, alle ore 13:28, ha aggiunto: «Israele non attaccherà l’Iran. Tutti gli aerei torneranno a casa, mentre faranno un saluto amichevole all’Iran. Nessuno sarà ferito, il cessate il fuoco è in vigore!».


Fonti mediche di Gaza, riportate da Al Jazeera, affermano che le forze israeliane hanno ucciso almeno 37 palestinesi nella Striscia dalle prime ore di questa mattina. Ventinove di questi sono stati uccisi in un attacco avvenuto nei pressi di un centro di distribuzione alimentare gestito dalla controversa agenzia statunitense Gaza Humanitarian Foundation (GHF).

Il direttore dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA), Philippe Lazzarini, è tornato ad attaccare con forza il sistema di aiuti predisposto a Gaza da Stati Uniti e Israele, definendolo «un abominio» e «una trappola mortale».

Da fine maggio, più di 450 persone sono state uccise e circa 3.500 ferite sotto il fuoco israeliano mentre cercavano aiuto, molte delle quali nei pressi dei siti della GHF.

Nel video seguente sono mostrati palestinesi di Gaza in fuga dagli spari dell’esercito israeliano contro i civili in fila per avere aiuti umanitari.


Secondo quanto riportato dalla tv pubblica iraniana il governo di Teheran ha negato con forza l’accusa israeliana di aver violato il cessate il fuoco. L’Iran nega di aver lanciato missili su Israele dopo la sua entrata in vigore.


Il ministro della Difesa Israel Katz ha dichiarato di aver dato istruzioni all’esercito di «rispondere con forza alla violazione del cessate il fuoco da parte dell’Iran con attacchi intensi contro obiettivi del regime nel cuore di Teheran». Mentre il Ministro Delle Finanze, Bezalel Smotrich, tra i membri più estremisti dell’esecutivo sionista, ha promesso che «Teheran tremerà».


L’esercito israeliano ha dichiarato che due missili balistici sono stati lanciati dall’Iran verso il territorio israeliano dopo l’entrata in vigore della tregua. Nel nord di Israele e nella città di Haifa sono entrate in funzione le sirene antiaeree. I missili sarebbero stati intercettati dal sistema di difesa israeliano. La tregua già vacilla.


Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato un cessate il fuoco «completo e totale» tra Israele e Iran, che aprirebbe la strada alla conclusione definitiva di quella che ha ribattezzato «Guerra dei 12 giorni». La tregua è iniziata formalmente questa mattina. L’annuncio è stato dato in una serie di comunicati, dai toni insieme biblici e quasi surreali, pubblicati sul social network Truth. Nel primo Trump ha scritto «Congratulazioni mondo, ora è tempo di pace», nell’ultimo – dopo aver annunciato i dettagli della tregua – ha specificato che «Israele e l’Iran sono venuti da me, quasi simultaneamente, e mi hanno detto: “Pace!”». E che lui già sapeva «che era l’ora». Prima di promettere: «Entrambe le nazioni vedranno un futuro ricco di amore, pace e prosperità. Hanno tanto da guadagnare, eppure tanto da perdere se si allontanano dalla strada della giustizia e dalla verità. Il futuro per Israele e l’Iran è illimitato e pieno di grandi promesse. Dio vi benedica entrambi!»

Il ministro degli Esteri iraniano Araghchi ha smentito il raggiungimento di un accordo, ma ha affermato che l’Iran avrebbe rispettato la tregua se Israele avesse fatto lo stesso, riservandosi il diritto di rispondere agli attacchi. È esattamente quello che è successo: nella notte, Israele e Iran hanno continuato a scambiarsi attacchi, l’ultimo dei quali è giunto da Teheran attorno allo scoccare dell’ora stabilita. Non risulta insomma chiaro se la tregua annunciata da Trump terrà, ma le rispettive emittenti di Stato hanno riportato l’entrata in vigore del cessate il fuoco, e Israele ha annunciato di avere accettato la proposta di Trump.


Colombia, rilasciati i 57 soldati rapiti dai civili

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Il ministro della difesa colombiano, Pedro Sánchez, ha annunciato che i 57 soldati colombiani che erano stati rapiti lo scorso fine settimana sono stati rilasciati. Il rilascio è avvenuto in seguito a una operazione congiunta tra esercito e polizia nazionale. Secondo le ricostruzioni dell’esercito, i soldati erano stati rapiti da un gruppo di 200 civili per ordine del gruppo ribelle dello Stato Maggiore Centrale, maggiore gruppo dissidente delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC). I rapimenti si erano verificati nella zona sud-occidentale del Canyon Micay, nel dipartimento del Cauca, area centrale nel trasporto di cocaina verso i porti del Pacifico.