mercoledì 8 Ottobre 2025
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Taranto, le mani della mafia sul Comune di Statte: 35 condanne, 4 anni all’ex sindaco

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Un sistema di potere basato sullo scambio tra voti e favori è sfociato in un processo conclusosi con 35 condanne, che complessivamente superano i 200 anni di carcere, nel processo “Dominio” sulla infiltrazione mafiosa nel Comune di Statte, in provincia di Taranto. Il giudice del Tribunale di Lecce, Giulia Proto, ha emesso la sentenza al termine del rito abbreviato, infliggendo 4 anni e 5 mesi di reclusione all’ex sindaco Francesco Andrioli, alla vicesindaca Marianna Simeone e all’ex assessore Ivan Orlando per voto di scambio politico-mafioso. La condanna più pesante, 20 anni, è toccata a Davide Sudoso, riconosciuto come il capo dell’organizzazione criminale che avrebbe condizionato le elezioni comunali del 2021.

L’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, coordinata dal pm Milto De Nozza, ha svelato un meccanismo perverso in cui la cosca guidata da Sudoso avrebbe assicurato il sostegno elettorale ad Andrioli in cambio di benefici economici. Secondo l’accusa, il clan avrebbe ottenuto denaro, buoni pasto, schede carburate, biglietti per le giostre e l’impegno a favorire imprese vicine al clan. Un vero e proprio sistema di dominio che ha compromesso la regolarità della competizione elettorale, tanto che il giudice ha disposto un risarcimento di 100mila euro in favore del Comune di Statte, riconoscendo il danno subito dall’ente. Le elezioni del 2021, che avevano visto la vittoria di Andrioli con ampio margine sulle forze avversarie, si sono rivelate in realtà pilotate. Il crollo dell’amministrazione è arrivato a gennaio dello scorso anno, quando l’operazione della Guardia di Finanza e della DDA ha portato a 29 misure cautelari, decapitando il Comune e arrestando lo stesso sindaco e due assessori.

Oltre a quella comminata a Sudoso, sono pesantissime le condanne per gli altri esponenti del sodalizio criminale: a Francesco Simeone sono stati inflitti 15 anni, a Giuseppe Palumbo 14 e a Luigi Scialpi 12. A seguire, Antonio Pace è stato condannato a 10 anni, Fabiana Notaristefano a 9 anni e 6 mesi, Antonio Paolo Nannavecchia a 9 anni e 2 mesi. L’impianto accusatorio dei magistrati ha messo in luce il lato più sconcertante dell’infiltrazione mafiosa: la capacità di corrompere le istituzioni locali attraverso lo scambio elettorale politico-mafioso, solo uno dei capi d’imputazione a cui si sono aggiunti quelli di associazione di tipo mafioso, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione e detenzione illegale di armi. Trentacinque condanne che, pur con alcune assoluzioni (Francesco Angarone, Cosimo Lomartire, Giulio Modeo, Luigi Scialpi e William Sudoso per alcuni capi d’imputazione), consegnano alla storia giudiziaria una delle più significative operazioni contro le infiltrazioni mafiose negli enti locali pugliesi.

Il terremoto giudiziario legato ai sempre più evidenti rapporti tra criminalità organizzata e politica pugliese non riguarda soltanto la provincia di Taranto. Solo pochi giorni fa, infatti, il maxiprocesso nato dall’inchiesta “Codice interno” a Bari ha portato alla condanna a 9 anni di reclusione per l’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri, arrestato all’inizio del 2024 e alla sbarra con altre 103 persone. Il politico era accusato di scambio elettorale politico-mafioso ed estorsione, essendosi assicurato, secondo la ricostruzione della Procura, i voti di tre clan del capoluogo al fine di favorire l’elezione al consiglio Comunale di sua moglie, Maria Carmen Lorusso, nel 2019. La donna effettivamente è risultata eletta. Complessivamente, sono state inflitte 103 condanne, dai 2 anni e due mesi ai 14 anni e 8 mesi di reclusione, con la pena più alta che riguarda Radames Parisi e Silvio Sidella, imputati per reati mafiosi.

Papua Nuova Guinea, il governo approva il trattato di difesa con l’Australia

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Il governo della Papua Nuova Guinea ha approvato un trattato di difesa bilaterale con l’Australia, aprendo la strada alla firma dai leader e volto a contenere l’influenza cinese nella regione. Il premier papuano James Marape ha confermato l’ok del gabinetto e ha detto che «L’Australia ha solo un altro trattato di difesa reciproca di questo tipo e, su nostra richiesta, la Papua Nuova Guinea firmerà ora questo trattato». Marape ha aggiunto che «Ciò riflette la profondità della fiducia, della storia e del futuro condiviso tra le nostre due nazioni». Il premier australiano Anthony Albanese ha annunciato che lui e Marape firmeranno a breve.

È morta Jane Goodall, l’etologa pioniera nello studio degli scimpanzé

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Si è spenta all’età di 91 anni la celebre etologa Jane Goodall, pioniera nello studio degli scimpanzé selvatici. Secondo il Jane Goodall Institute, è deceduta per cause naturali mentre si trovava negli Stati Uniti per un tour di conferenze. Nel corso della sua carriera, iniziata nel 1960 nella riserva del Gombe in Tanzania, rivoluzionò la primatologia scavando nei legami sociali, nell’uso di strumenti e nella vita emotiva dei primati. Chiamò per nome i suoi scimpanzé e seppe coglierne le personalità individuali, un’idea allora rivoluzionaria, oggi divenuta patrimonio della letteratura scientifica. Fu anche una voce instancabile per l’ambiente e la conservazione, fondando l’Istituto che porta il suo nome e il programma educativo “Roots & Shoots”. Il suo lascito scientifico e morale rimarrà per sempre fonte d’ispirazione nel rapporto tra uomo e natura.

Il Brasile investe un miliardo di dollari nel Fondo per la protezione delle foreste

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Per spingere i governi a proteggere le foreste, forse bisogna iniziare a parlare la lingua che più conta nei tavoli internazionali: quella del denaro. È questa l’idea alla base del Tropical Forests Forever Facility (TFFF), un nuovo fondo globale che premia economicamente i Paesi in grado di preservare i propri ecosistemi forestali. Durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha annunciato che il Brasile sarà il primo Stato a investire nel meccanismo: un miliardo di dollari, pari a circa 850 milioni di euro.
Il funzionamento è diretto: i ...

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Ecuador: gli scioperi del movimento indigeno stanno bloccando il Paese contro il neoliberismo

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L’Ecuador è entrato oggi nel decimo giorno di sciopero nazionale indefinito convocato dal movimento indigeno della CONAIE (Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador). Decine di migliaia di persone da quasi dieci giorni stanno inondando le strade del Paese contro le misure economiche neoliberiste approvate dal governo Noboa con blocchi diffusi in tutte le autostrade e strade, barricate, manifestazioni e scontri con la polizia che sempre più violentemente sta cercando di reprimere le proteste crescenti. Le proteste sono state innescate dall’aumento della tassa sul carburante, che implica un importante aumento a catena dei prezzi di tutti i beni di prima necessità: un colpo letale per i settori popolari e contadini, già impoveriti dalla crisi economica che sta attraversando l’Ecuador.

«Signor Presidente, se in Ecuador regnerà il caos, l’unico responsabile sarà lei. Non vogliamo che si ripeta quanto accaduto nel 2019 e nel 2022. Siamo in grado di lottare», ha detto il presidente della CONAIE Marlon Vargas, ricordando gli ultimi due scioperi nazionali, dove le comunità indigene avevano dimostrato di poter bloccare il Paese e anche di “occupare” una parte della capitale, Quito. Lo scorso luglio l’Ecuador, sotto la presidenza del recentemente rieletto Noboa, aveva rinnovato un accordo di 48 mesi con il Fondo Monetario Internazionale con l’obbiettivo di «promuovere una serie di politiche economiche mirate alla sostenibilità finanziaria del paese». Le comunità indigene riunite nella CONAIE dichiarano che questo accordo si traduca in privatizzazioni, eliminazione di sussidi, diminuzione della spesa pubblica e furto delle terre indigene per il beneficio di imprese estrattiviste.

Il taglio del sussidio al diesel – il cui prezzo è aumentato nel giro di una settimana da 1,8 dollari al gallone a 2,8 – ufficializzato con il decreto esecutivo n° 126, è stato il detonatore che ha acceso la scintilla. Ma non è stato l’unico. Nelle rivendicazioni della protesta si respinge anche il referendum popolare indetto dal presidente Daniel Noboa, uno strumento che mira a consentire l’installazione di basi militari straniere, eliminare l’obbligo dello Stato di assegnare risorse alle organizzazioni politiche e dare il via a un’assemblea costituente per riscrivere la carta Magna in una chiara matrice neoliberista, eliminando molti degli articoli che proteggono le terre indigene. La costituzione ecuadoriana, scritta nel 2008, è anche la prima al mondo a riconoscere i diritti della natura.

Il movimento indigeno, che rappresenta 18 popoli e 15 nazionalità indigene dell’Ecuador, rifiuta anche l’espansione del confine petrolifero nei territori dei popoli e delle nazionalità e pretende la cessazione dell’espansione mineraria ed estrattiva. Un’altra richiesta è che l’imposta sul valore aggiunto (IVA),  aumentata al 15% nell’aprile 2024 con la motivazione di contrastare la crescente criminalità che affligge l’Ecuador, torni al 12%. Sono 10 gli obiettivi che mette in campo la CONAIE, che oltre a soluzioni concrete per la crisi del settore educativo e della salute pubblica, ora pretende ache la liberazione di tutte le persone imprigionate durante la protesta. Lo sciopero è iniziato il 22 settembre, dopo due giorni di disordini già indetti dai trasportatori. Nei giorni successivi molte organizzazioni indigene come la Fenocin, il MIT, la Confeniae, così come numerose comunità indigene di Tungurahua, Cotopaxi, Azuay, e anche della foresta amazzonica si sono unite alle mobilitazioni.

Domenica 28 settembre c’è stata la prima vittima, un uomo kichwa della comunità di Cuicocha-Inguitgzala, ucciso da proiettili dei militari. Un video mostra l’uomo ferito a terra, mentre un altro cerca di aiutarlo; quando arrivano i militari, iniziano a picchiarli selvaggiamente e, prima di andarsene, lasciano a terra i due uomini privi di sensi. Efraín Fueres è morto in ospedale poche ore dopo. Ma sono decine i feriti nelle manifestazioni che stanno incendiando soprattutto le province nella regione di Imbabura, nel nord, e gli arresti superano il centinaio. Il governo denuncia il sequestro di 17 militari e del ferimento di altri 12, nelle ore successive alla morte del manifestante in Imbabura. «Il presidente Daniel Noboa è chiaro: non negozieremo e non faremo marcia indietro», ha sottolineato la portavoce del governo, Carolina Jaramillo, durante una conferenza stampa svoltasi lunedì 29 settembre. Il pugno duro si era visto fin dai primi giorni dello scoppio dello sciopero, con l’instaurazione dello stato di emergenza in 8 province: coprifuoco dalle 22 alle 5 del mattino, divieto di riunirsi e un’enorme dispiegamento delle forze di polizia e militari sul territorio. Noboa inoltre ha normalizzato le accuse ai manifestanti per “atti di terrorismo”, minacciando arresti immediati con pene fino a 30 anni di carcere. Un’ondata di indignazione e rabbia era esplosa soprattutto a Otavalo, dopo l’arresto di 12 manifestanti che furono poi spostati alle carceri di Manabì ed Esmeraldas, quest’ultima la prigione dove il 24 settembre è avvenuto l’ennesimo massacro tra bande del crimine organizzato. Una sorta di “punizione esemplare” per instillare paura, vista la situazione delle prigioni ecuatoriane dove tra 2021 e il 2025 si sono registrati almeno 700 morti.

Poco dopo l’annuncio dello sciopero, diversi leader, dirigenti indigeni e organizzazioni sociali hanno denunciato il blocco dei propri conti bancari, tra cui quello istituzionale della CONAIE, quello del suo presidente Marlon Vargas, quello della Fondazione Pachamama, che si occupa di programmi di conservazione e diritti delle popolazioni e delle nazionalità indigene, e quello della sua presidente, Belén Páez. Una tattica dello stato per “creare caos” all’interno delle organizzazioni indigene, denunciano i leader. Si segnalano anche blocchi della linea telefonica e di internet nei territori di Cotacachi e Otavalo.

«Il vero terrore è stato imposto dal governo con la sua pressione contro il popolo», ha dichiarato Vargas, rilanciando la continuazione del paro. “Non faremo un passo indietro”.

Parma: sequestrate 21 opere di una mostra di Dalí perché ritenute false

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I carabinieri del Comando per la Tutela del Patrimonio Culturale hanno sequestrato 21 opere attribuite al pittore spagnolo Salvador Dalí perché ritenute false. Le opere sono state sequestrate per ordine della procura di Roma, e ora verranno portate nella Capitale per effettuare le operazioni di verifica dell’autenticità. L’ordine è scattato sulla base dei dubbi sollevati dalla Fondazione Gala-Salvador Dalí, che si occupa di tutelare le opere del pittore. La mostra è stata organizzata dalla società privata Navigare SRL e si tiene presso lo spazio di Palazzo Tarasconi.

L’UE lancia i corsi di educazione finanziaria per mobilitare i risparmi delle famiglie

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La Commissione europea vuole mobilitare il risparmio privato degli europei, che ammonta a circa 10.000 miliardi di euro, indirizzando gli investimenti verso quei settori che Bruxelles ritiene cruciali. A tal fine, l’esecutivo comunitario ha redatto un libro blu per i governi ai quali chiede di promuovere corsi di educazione finanziaria. L’obiettivo è convincere i cittadini a incanalare i loro risparmi in asset finanziari, particolarmente in quei settori come la difesa che per Bruxelles rappresentano oggi la priorità d’investimento.  Si tratta di un ulteriore passo avanti rispetto a una proposta che Bruxelles aveva già avanzato lo scorso marzo nel Libro Bianco per il Futuro della Difesa Europa e che permette soprattutto di portare avanti il progetto dell’Unione del risparmio e degli investimenti.  La strategia punta a mobilitare le ingenti risorse ferme in banche convincendo le famiglie a investire in ciò che viene indicato dalla politica attraverso un’attenta campagna di persuasione e di alfabetizzazione finanziaria. «Attraverso la nostra Strategia sull’alfabetizzazione finanziaria, collaboreremo a stretto contatto con gli Stati Membri per fornire a tutti le competenze finanziarie necessarie per gestire meglio il proprio budget, risparmiare di più e investire per il proprio futuro», ha affermato la commissaria per i Servizi finanziaria, Maria Luis Albuquerque.

Il piano di Bruxelles si basa su due punti fondamentali: i finanziamenti per le iniziative di alfabetizzazione finanziaria che dovranno mettere in atto gli Stati e lo sviluppo dei cosiddetti Conti di Risparmio e Investimento (SIA) che rappresentano un modello semplice per investire in strumenti finanziari. Quanto al primo punto, la Commissione incoraggerà gli Stati membri a utilizzare gli strumenti di finanziamento dell’UE esistenti per sostenere le iniziative di istruzione finanziaria e la ricerca. Inoltre, monitorerà i progressi e gli impatti dell’iniziativa attraverso regolari indagini Eurobarometro e incoraggiando gli Stati membri a sviluppare strumenti di valutazione per monitorare i progressi dei livelli di educazione finanziaria. Secondo un recente sondaggio , infatti, meno del 20% dei cittadini dell’UE ha un elevato livello di conoscenza in ambito finanziario. Il secondo punto prevede poi un piano per i Conti di Risparmio e di Investimento, sotto forma di raccomandazione della Commissione agli Stati membri. Secondo il comunicato ufficiale di Bruxelles, si tratta di conti correnti forniti da fornitori di servizi finanziari autorizzati che consentono agli investitori al dettaglio di investire nei mercati dei capitali. Questi conti mirano ad offrire ai cittadini opportunità di investimento semplici e accessibili: sarebbero infatti progettati per offrire «un modo semplice e intuitivo per far crescere il proprio patrimonio e raggiungere i propri obiettivi finanziari personali».

Per incoraggiare i risparmiatore ad aprire i conti SIA, la Commissione ha previsto anche incentivi fiscali e procedure fiscali semplificate, che rappresentano «un’opzione interessante per i cittadini che desiderano investire. Attraverso i SIA, i cittadini possono ottenere rendimenti più elevati sui propri risparmi rispetto alla conservazione in depositi bancari e scegliere in quali prodotti finanziari e settori economici investire». I conti SIA esistono già in alcuni Paesi europei. Tuttavia, la Commissione raccomanda ora a tutti gli Stati di introdurli facendo attenzione che abbiano precise caratteristiche, tra cui una varietà diversificata di fornitori (banche, società d’investimento, neobroker), semplicità, flessibilità, ampie opportunità d’investimento in prodotti come azioni, obbligazioni e fondi di investimento, incentivi fiscali e processo di tassazione semplificato.

La Commissione europea intende, dunque, lanciare una vera e propria campagna di sensibilizzazione, che potrebbe facilmente sfociare in una sorta di propaganda, per convincere gli europei a investire i loro risparmi nei settori più confacenti alle mire e alle strategie di Bruxelles. In altre parole, è iniziata ufficialmente l’operazione per attingere ai conti privati delle famiglie europee proprio in un momento in cui l’economia dell’Eurozona è in forte difficoltà, i consensi dei cittadini calano sempre di più, soprattutto in merito all’agenda di riarmo UE, e l’esecutivo comunitario stenta a trovare i fondi per il suo piano più ambizioso: quello di riarmare il Vecchio Continente, a maggior ragione in un momento in cui gli Stati europei sembrano avere perso l’ombrello statunitense della Difesa. La campagna di alfabetizzazione finanziaria, la pressione sui Paesi membri in tal senso e i sondaggi Eurobarometro sono tutti strumenti volti a racimolare fondi nella speranza di far ripartire l’esausta economia europea e finanziare il riarmo. Il tutto dovrebbe avvenire, secondo Bruxelles, con i fondi degli stessi cittadini europei, già vessati da un difficile contesto economico e dagli alti costi energetici.

Arresto, sedativi e collasso in cella: così si muore nel carcere di Santa Maria Capua Vetere

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Il 26 settembre scorso, a 24 ore dal suo arresto, Sylla Mamadou Khadialy moriva nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. 35 anni, senegalese, l’uomo era stato fermato il 25 settembre perchè accusato di due aggressioni. Attivista, sarto, autista Piedibus e calciatore dilettante, Mamadou era era conosciuto e stimato all’interno della comunità. Il garante dei detenuti della Campania e quello di Caserta chiedono chiarezza, sottolineando che l’uomo avrebbe avuto bisogno di cure psichiatriche urgenti in ospedale. I familiari denunciano l’uso ravvicinato di sedativi senza adeguata documentazione, somministrati tra pronto soccorso, Polfer e carcere. Numerose associazioni locali hanno organizzato una mobilitazione a Caserta per chiedere verità e giustizia per la sua morte.

Dopo il fermo per presunti reati di aggressione, Mamamdou si trovava al momento dell’arresto in un forte stato di agitazione, tanto da essere trasferito all’ospedale di Caserta, dove avrebbe ricevuto una terapia farmacologica – probabilmente un sedativo -, per essere poi trasferito al carcere di Santa Maria Capua Vetere. Il garante dei diritti dei detenuti della provincia di Caserta, Salvatore Saggiomo, ha riferito che «al momento dell’ingresso in carcere, Sylla Mamadou presentava uno stato di dissociazione dalla realtà, manifestando una forte agitazione e atteggiamenti aggressivi verso chiunque si avvicinasse», motivo per il quale «è stato posto in isolamento nella cella di matricola», dove avrebbe risposto con violenza ai tentativi di avvicinamento del personale sanitario. Secondo quanto riferito da Saggiomo, le condizioni di Mamadou erano tali per cui il medico psichiatra avrebbe ritenuto opportuno «un trasferimento in una struttura ospedaliera specializzata in emergenze psichiatriche acute». A quel punto è stato richiesto l’intervento del 118, ma il TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) non sarebbe mai stato effettuato. «Il personale sanitario ha somministrato farmaci, ma il medico penitenziario non è stato informato né sulla tipologia né sul dosaggio, e rimane poco chiaro come il detenuto sia stato dimesso dall’ospedale nonostante fosse ancora in stato di alterazione e aggressività». Poche ore dopo, la morte.

Organizzazione e collettivi attivi sul territorio campano si sono immediatamente mobilitati per chiedere verità su quanto accaduto a Mamadou. «Non si può morire così, nei luoghi che dovrebbero tutelare le persone, dove invece si trova opacità e disumanizzazione» hanno commentato in una nota l’ex OPG occupato Je So Pazzo, Movimento Migranti e Rifugiati Napoli e altre realtà locali. «Conoscevamo Sylla da oltre 7 anni, siamo diventati amici e compagni condividendo momenti di divertimento durante le assemblee e le manifestaizoni; e poi durante le battaglie per portare alla luce, grazie anche alla sua determinazione, la realtà malata dei centri di accoglienza nel casertano. Grazie a quella lotta riuscimmo a ottenere il suo trasferimento ed entrò a far parte della comunità dello Sprar di Caserta». Nella giornata di ieri, 30 settembre, proprio a Caserta si è svolto un presidio, con le persone che si sono mosse da piazza Dante fin sotto alla Prefettura per chiedere alle istituzioni di dare una risposta su quanto accaduto.

Negli ultimi anni, il carcere di Santa Maria Capua Vetere è salito più volte agli onori della cronaca per le violenze portate a termine contro i detenuti. Nel 2022, 105 tra funzionari e poliziotti finirono a processo per tortura, lesioni, abuso di autorità, falso in atto pubblico e cooperazione nell’omicidio colposo del detenuto algerino Lakimi Hamine, 28 anni, posto in isolamento dopo un pestaggio e ritrovato poi morto. I fatti avevano avuto luogo nel 2020, in pieno lockdown per la pandemia da Covid 19, quando nel carcere si sollevò una protesta dei detenuti alimentata dal terrore del contagio e dall’alto tasso di sovraffollamento. Gli agenti avevano risposto con immane violenza, come dimostrato dalle stesse immagini delle videocamere del carcere. Negli anni successivi, una trentina tra coloro che erano coinvolti nei fatti sono stati reintegrati.

Polonia: prorogati i controlli alle frontiere con Germania e Lituania

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La Polonia ha prorogato i controlli alle frontiere con Germania e Lituania per altri sei mesi, estendendoli fino al 4 aprile 2026. La misura, pensata per contrastare l’immigrazione illegale è stata inaugurata lo scorso luglio, quando il Paese aveva introdotto controlli temporanei per un mese. Essa era stata prorogata fino al 4 ottobre, e ora è stata oggetto di una seconda proroga. Con tali controlli, specifica il ministero dell’Interno, aumenterebbe il monitoraggio sul percorso dei migranti che transitano dal Paese per andare in Germania entrando proprio dalla Lituania.

Tilly Norwood, la “marionetta” IA che spaventa gli attori

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In occasione dello Zurich Summit 2025, costola imprenditoriale dello Zurich Film Festival, ha fatto la sua comparsa un nuovo, giovanissimo volto: quello di Tilly Norwood. L’“attrice” è stata presentata come il progetto di debutto di Xicoia, realtà nata come spin-off dello studio di produzione Particle6 con l’obiettivo di creare nuovi talenti pronti a tutto. Talenti, però, interamente virtuali: la scuderia dell’azienda è infatti composta esclusivamente da “star digitali iperrealistiche” generate tramite intelligenza artificiale. Secondo Eline Van der Velden, fondatrice e CEO di Xicoia, gli agenti interessati a firmare contratti con Tilly sono già numerosi, tuttavia, mentre a Zurigo si celebrava il debutto, a Hollywood la notizia ha scatenato le accese proteste del mondo attoriale.

“Per essere chiari, ‘Tilly Norwood’ non è un’attrice, è un personaggio generato da un programma di computer che è stato addestrato sul lavoro di innumerevoli attori  professionisti – senza permesso né compenso –, non ha esperienze di vita da cui attingere, nessuna emozione”, lamenta una dichiarazione firmata da SAG-AFTRA, noto sindacato degli attori hollywoodiani. In un certo senso, Xicoia vuole porre rimedio proprio a questa mancanza: i suoi avatar vengono progettati come “personalità” capaci di “coesistere all’interno di una narrativa coerente”, con storie preconfezionate che si arricchiscono man mano che vengono impiegati sul campo.

Resta da chiedersi: il sistema proprietario fornito dall’azienda, DeepFame, è davvero in grado di competere con gli attori del grande schermo? Non esattamente. Per ora gli avatar di Xicoia trovano applicazione soprattutto in pubblicità, podcast e contenuti social, ambiti già ampiamente popolati da simulacri digitali che sono adatti a mascherare i limiti ancora evidenti dell’IA generativa, la quale fatica soprattutto su produzioni lunghe e complesse. L’innovazione proposta dall’azienda sembra dunque puntare più sul piano del marketing e della gestione coordinata di più avatar, piuttosto che su un autentico salto tecnologico. Anche perché dietro a ogni “talento” digitale continuerà ad esserci una struttura ibrida che prevede la supervisione di uno staff in carne e ossa.

Sul fronte cinematografico, Xicoia propone piuttosto una diversa varietà di servizi: dal ringiovanimento virtuale al “restauro digitale” di attori defunti. Tuttavia, la recente polemica sviluppatasi attorno al film The Brutalist mostra chiaramente quanto pubblico e critica siano pronti a contestare l’uso dell’IA anche quando il suo ruolo è limitato a interventi di doppiaggio, previa approvazione dei professionisti coinvolti. È dunque plausibile che le grandi produzioni hollywoodiane esiteranno, almeno per ora, a normalizzare definitivamente quella che si potrebbe definire una forma di negromanzia algoritmica, continuando a relegare queste opportunità tecniche a casi limite.

Se il grande cinema può ancora dormire sonni relativamente tranquilli, lo stesso non si può dire per gli attori meno noti: molti di loro sopravvivono proprio grazie a quel sottobosco pubblicitario che Xicoia mira a presidiare e dominare grazie al supporto di operatori invisibili. In risposta alle legittime preoccupazioni dei performer di Hollywood, Van der Velden ha pubblicato un comunicato in cui esplicita che l’IA “non sostituisce le persone”. A suo dire si tratta semplicemente di un nuovo strumento che, “come l’animazione, il marionettismo e la computer grafica”, apre nuove strade per la creatività umana. In questa logica, Tilly Norwood non viene dunque descritta come un’attrice, bensì come “un’opera d’arte”.