lunedì 24 Novembre 2025
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Covid, il Tar corregge l’Aifa: medici non obbligati a prescrivere paracetamolo e vigile attesa

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Un’ordinanza del TAR del Lazio del 4 marzo 2021 ha bocciato le linee guida fornite dall’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco, in merito ai trattamenti medici da utilizzare durante la prima fase della malattia da Covid-19. La nota dell’AIFA, pubblicata il 9 dicembre 2020, indicava la “vigile attesa” nonché l’utilizzo di fans e paracetamolo come cure da somministrare durante il trattamento domiciliare della malattia e raccomandava di non adoperare i farmaci generalmente utilizzati dai medici di medicina generale per i pazienti affetti da Covid-19. Il ricorso, effettuato nei confronti dell’AIFA e del Ministero della Salute, ha ad oggetto l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, della nota AIFA in questione ed è stato presentato al TAR dal “Comitato Cura Domiciliare Covid”, un gruppo di medici il cui obiettivo è di “ottenere una cura domiciliare anti covid-19 tempestiva per tutti i cittadini”. Dunque, all’interno dell’ordinanza il Tar afferma che il ricorso dei medici “appare fondato” in relazione al diritto/dovere al quale fanno appello, ossia quello di “prescrivere i farmaci che essi ritengono più opportuni secondo scienza e coscienza”, che “non può essere compresso nell’ottica di una attesa potenzialmente pregiudizievole”.

Ma tali medici non sono gli unici a non condividere queste linee guida. Basta ricordare il Movimento Ippocrate, che raggruppa medici, ricercatori, operatori della sanità e nel sociale che offrono un servizio gratuito di consulenza/assistenza medica Covid-19 basata su un trattamento diverso da quello indicato dall’AIFA.

RETTIFICA DEL 10/03: A seguito di ulteriori approfondimenti abbiamo modificato il titolo dell’articolo che erroneamente attribuiva all’ordinanza del Tar una bocciatura del trattamento a base di paracetamolo e “vigile attesa”, il Tar non è entrato nel merito scientifico delle cure e non ne ha sconfessata alcuna. Semplicemente l’ordinanza ribadisce, come correttamente abbiamo riportato nell’articolo, che i medici possono “in scienza e coscienza” seguire anche altri protocolli.

Elon Musk vuole fondare una metropoli indipendente nel deserto del Texas 

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L’imprenditore miliardario sudafricano Elon Musk, ha annunciato su Twitter l’intenzione di costruire una città indipendente nel deserto del Texas. Chiamata Starbase, la metropoli sarà l’evoluzione del borgo rurale di Boca Chica – poco distante dalla foce del Rio Grande e al confine col Messico -, dove ha sede la base spaziale dell’imprenditore, SpaceX. Un progetto che sta già prendendo forma, con tanto di comunicato ufficiale della contea e l’intento di Musk di lanciare una petizione per dare autonomia organizzativa e amministrativa alla città. L’imprenditore, ha anche intenzione di dotare Starbase di nuove infrastrutture, a cominciare da un sistema idrico. Attualmente infatti, l’area ne è priva e l’approvvigionamento di acqua avviene regolarmente grazie all’uso di autobotti.

La metropoli di Elon Musk, potrebbe essere la prima di una serie di nuove città negli Stati Uniti, fondate principalmente da grandi compagnie hi-tech. Di recente infatti, anche il governatore democratico del Nevada, Steve Sisolak, ha presentato una proposta di legge per autorizzare le imprese a creare dei governi locali autonomi, e provvisti della stessa competenza e autorità amministrativa di una normale provincia. Il progetto – chiamato Innovation Zones -, vedrebbe coinvolte soltanto le aziende attive nel settore dell’informatica e delle nuove tecnologie, e dotate di un capitale di almeno 250 milioni di dollari. Sulla stessa lunghezza d’onda anche l’Arizona che, da tempo, parla della possibilità di edificare metropoli “private” e super tecnologiche.

Congo: ucciso il magistrato che indagava sull’omicidio dell’ambasciatore italiano

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Il giudice William Assani, che stava indagando sull’uccisione dell’ambasciatore italiano in Congo, Luca Attanasio, del carabiniere di scorta, Vittorio Iacovacci, e dell’autista congolese, Mustafa Milambo, è stato ucciso in un agguato. L’azione sulla stessa strada Rutshuru-Goma dove il 22 febbraio scorso perse la vita. Lo riferisce l’agenzia Fides citando fonti locali.

Ogni anno vengono sprecati 900 milioni di tonnellate di cibo nel mondo

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A livello globale, ogni anno sprechiamo circa 900 milioni di tonnellate di cibo. È quanto si evince dal Food Waste Index Report 2021, un rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) e del WARP, un ente di beneficenza. Solo nel 2019, gli scarti alimentari globali sono ammontati a  931 milioni di tonnellate, il 17% del cibo disponibile al consumo. Nello specifico, l’11% viene gettato dalle famiglie, il 5% dai servizi di ristorazione ed il 2% dai punti vendita al dettaglio. In pratica, a livello pro capite ogni anno vengono buttati 121 chilogrammi di cibo, di cui 74 da parte delle famiglie, 32 dai servizi di ristorazione e 15 dai punti vendita.

Il Food Waste Index Report 2021 è la raccolta più completa di dati nonché di analisi sullo spreco alimentare. Esso sostiene la realizzazione di uno degli “obiettivi di sviluppo sostenibile” (OSS), ovvero l’obiettivo 12.3, che mira a ridurre le perdite di cibo lungo le catene di produzione e fornitura ed a dimezzare l’ammontare pro-capite globale dei rifiuti alimentari entro il 2030. Al momento la quantità di cibo non consumato produce un notevole impatto negativo nei confronti dell’ambiente: l’8-10% delle emissioni globali di gas serra derivano da ciò. E per verificare che questa percentuale diminuisca col tempo, c’è appunto bisogno innanzitutto di dati affidabili. Dunque il rapporto, riportando in maniera eccellente i dati, è indispensabile per monitorare i progressi per la realizzazione dell’obiettivo.

Papa Francesco è arrivato in Iraq

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Il papa è atterrato a Bagdad attorno alle ore 12 per una storica visita nell’Iraq ancora martoriato dalla guerra e dai conflitti, ad accoglierlo all’aeroporto il primo ministro Mshatat. Bergoglio si tratterrà nel paese fino all’8 marzo e visiterà varie zone del paese, per portare, come ha dichiarato alla partenza il suo messaggio da «pellegrino di pace e di fraternità tra i popoli». Una visita che sarà caratterizzata da rigidi protocolli di sicurezza personale e sanitaria, con un unico evento pubblico programmato: la messa nelle stadio di Erbil, nel Kurdistan iracheno, domenica 7 marzo.

Yemen: milioni di persone a rischio carestia, nel totale silenzio internazionale

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Dopo sei anni di guerra la popolazione dello Yemen è allo stremo: la sopravvivenza di due famiglie su tre dipende dagli aiuti, oltre 50.000 yemeniti vivono in condizione di povertà assoluta, quasi la metà dei bambini soffrono di malnutrizione, 400mila dei quali nella forma acuta grave, che può comportare la morte oppure danni permanenti per tutta la vita nei sopravvissuti. A lanciare un nuovo allarme su una guerra dimenticata dai media è un rapporto dell’Onu, che richiama i grandi della terra alle proprie responsabilità, sottolineando che il paese – le cui infrastrutture produttive sono collassate – rischia una carestia di proporzioni devastanti.

Una situazione che chiama doppiamente in causa le potenze occidentali, innanzitutto perché nella sanguinosa guerra civile che divide il governo fedele all’Arabia Saudita ai ribelli Huthi sostenuti dall’Iran, vede gli Usa e i paesi europei schierati e direttamente impegnati a dare supporto agli alleati dell’Arabia Saudita. E in seconda battuta perché gli aiuti umanitari dell’Onu, che dipendono dalle donazioni degli stati, non sono più sufficienti. Nel 2020 il fondo delle Nazioni Unite per gli aiuti allo Yemen ha ricevuto 1,9 miliardi di dollari, metà di quanto era stato richiesto e di quanto era stato donato l’anno precedente. Sulla scia dell’emergenza Covid molti paesi hanno “dimenticato” di aiutare i cittadini yemeniti, vittime di una guerra che da sei anni è totalmente ignorata dai media.

Libano: cittadini protestano per il terzo giorno consecutivo

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In Libano anche oggi sono continuate le proteste dei cittadini nei confronti del governo e del rialzo generale dei prezzi. È il terzo che i cittadini scendono nelle strade delle città libanesi per protestare contro la pesante crisi di cui soffre il paese. Circa 6 mesi fa ci sono state le dimissioni del governo libanese e da allora il paese ancora non ha ancora avuto un esecutivo nella pienezza dei suoi poteri.

Come le tecnologie occidentali stanno aiutando la repressione in Birmania

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Il 1 febbraio 2021, una giunta militare ha preso il potere in Myanmar. La popolazione ha reagito al colpo di stato con una serie di manifestazioni pacifiche che la polizia ha gestito duramente, uccidendo almeno 25 persone e detenendone 1100. Tra le armi principali della repressione vi sono le cosiddette “armi digitali”: sistemi di tracciamento, spionaggio, hackeraggio e analisi di dati. Una serie di aziende occidentali (europee, statunitensi ed israeliane) stanno rifornendo la giunta con queste armi di “repressione digitale.”

L’organizzazione Justice for Myanmar ha condotto un’indagine sui budget del Ministero degli Affari Interni e quello di Trasporti e Comunicazioni degli ultimi anni, per poi inviarne i risultati al New York Times. Ne è emerso che la polizia ha acquistato molti strumenti digitali per spiare e controllare la propria popolazione, soprattutto attraverso telefoni e social media. Risulta che moltissime delle aziende rifornitrici sono occidentali. In particolare parliamo di droni di sorveglianza israeliani, software di hacking statunitensi e dispositivi di cracking di iPhone europei. Figura nella lista anche un’azienda italiana: SecurCube srl, che si occupa di analisi di reti e tracciati telefonici. Gli USA restano il paese più rappresentato, con quasi 20 aziende, ma compare anche la Cina, con 4 aziende rifornitrici. Tutto questo è avvenuto nonostante il divieto del 2017 di esportare in Myanmar, paese responsabile di violenze contro la minoranza Rohingya.

Zingaretti si è dimesso da segretario del PD

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Nicola Zingaretti non è più segretario del Partito Democratico: ha rassegnato le dimissioni dopo settimane di tensione all’interno del partito. «Visto che il bersaglio sono io, per amore dell’Italia e del partito, non mi resta che fare l’ennesimo atto per sbloccare la situazione. Ora tutti dovranno assumersi le proprie responsabilità. Lo stillicidio non finisce. Mi vergogno che nel partito da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie» questo il comunicato rilasciato.

Il mondo ha iniziato a ridurre le emissioni, ma serve uno sforzo dieci volte maggiore

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160 milioni di tonnellate di anidride carbonica l’anno in meno. È questa la quantità di emissioni che 64 paesi hanno tagliato dal 2016 al 2019. Tra questi rientrano le nazioni più ricche del Pianeta e un terzo di quelli a reddito medio. Secondo una ricerca pubblicata su Nature Climate Change, tuttavia, solo moltiplicando per dieci questa riduzione sarà possibile impedire un aumento delle temperature medie inferiore agli 1,8°C. Nei quattro anni precedenti la pandemia, paesi come il Giappone, il Messico e il Regno Unito hanno ridotto le emissioni in modo significativo. Persino la Cina, al primo posto in quanto a tonnellate di CO2 emesse, ha visto crescere le sue emissioni a un tasso minore: 0,4% l’anno, rispetto al 6,2% registrato dal 2011 al 2015. Gli Stati Uniti, invece, hanno registrato un calo dello 0,7% dal 2016 al 2019, rispetto al periodo dal 2011 al 2015. L’inquinamento dell’Unione Europea, nello stesso arco temporale, è diminuito dello 0,9%.

L’analisi non ha però tenuto conto dell’aumento di altri gas serra. Come il metano, che è più dannoso della CO2, anche se per un periodo di tempo più breve. Il pianeta è già 1,1°C più caldo rispetto ai livelli dell’era preindustriale. La pandemia da COVID-19 ha fatto precipitare le emissioni del 7% nel 2020, rispetto ai livelli dell’anno precedente. Tuttavia, poiché i vaccini e le misure igieniche consentono alle economie di riaprire, gli scienziati temono un ritorno più intenso all’uso dei combustibili fossili.