venerdì 19 Aprile 2024

I Paesi Bassi vietano il rimpatrio dei migranti in Italia: “non garantisce i diritti umani”

Il regolamento di Dublino regola a livello europeo, con non poche perplessità, la materia migratoria. Tra le altre cose, l’intesa raggiunta nel 2013 stabilisce che le richieste di asilo vadano esaminate nel primo Paese di ingresso dell’Unione europea. Facendo appello alla norma, il sottosegretario olandese per la Giustizia e la Sicurezza, Eric van der Burg, si è rifiutato di prendere in considerazione le richieste di asilo di due persone entrate in Europa attraverso l’Italia, ribadendo l’intenzione di «rimandarli entrambi indietro», dunque nel nostro Paese. L’ipotesi lanciata da van der Burg è stata prontamente rigettata dal Consiglio di Stato dei Paesi Bassi, poiché in Italia c’è il «rischio reale» che i due migranti finiscano a vivere per strada e che «non siano in grado di soddisfare i loro bisogni primari più importanti, come riparo, cibo e acqua corrente» e questo «è contro i diritti umani».

La denuncia dei Paesi Bassi getta luce sulla gestione dei migranti da parte dell’Italia. «Le autorità locali non offrono l’accoglienza adeguata ai cosiddetti ricorrenti di Dublino a causa della mancanza di strutture idonee», ha scritto il Consiglio di Stato nelle sue motivazioni. La decisione è in linea con quanto chiesto dallo stesso governo Meloni a dicembre 2022: la sospensione del trasferimento dei richiedenti asilo, ai sensi del regolamento di Dublino, a causa della mancanza di strutture di accoglienza nel Paese. «Al momento non è possibile stabilire quando questi problemi saranno risolti e il trasferimento in Italia sarà nuovamente possibile», ha dichiarato la più alta corte dei Paesi Bassi, che in passato ha stabilito il divieto di rimpatrio in Croazia, Grecia e Malta per ragioni simili. La sentenza del tribunale olandese segue, di poche settimane, la condanna all’Italia da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), che si è espressa in merito al ricorso presentato da quattro tunisini espulsi da Lampedusa nel 2017. Secondo i giudici, l’Italia, all’epoca guidata dal governo Gentiloni, ha detenuto i migranti senza un procedimento ufficiale e in condizioni degradanti.

Nel 2021, sono sbarcati sulle coste italiane circa 67 mila migranti. Più di un terzo (25 mila) sono stati interessati da un provvedimento di espulsione, tuttavia si sono registrati soltanto 3.420 rimpatri forzati e 346 rimpatri volontari assistiti. È lecito interrogarsi sul destino che ha atteso gli oltre 21 mila migranti irregolari rimasti sul territorio italiano e presumibilmente europeo. Stando alle ultime stime, sono in tutto 650mila gli “invisibili” del nostro Paese: c’è chi vaga negli “insediamenti informali” da sud a nord della penisola nella speranza di superare le frontiere settentrionali e congiungersi con le proprie famiglie, chi si è reinventato colf o badante, chi è finito preda del caporalato e della criminalità organizzata. Anche i rifugiati, titolari della protezione internazionale offerta dall’ONU, spesso finiscono in questa rete. Numerosi blitz delle autorità hanno rivelato storie di maltrattamento e sfruttamento, soprattutto legate al settore dell’agroalimentare.

È evidente che la gestione dei migranti non funziona, sia a livello nazionale sia a livello comunitario. Evidentemente interessi superiori non rendono possibile una tutela sostanziale della vita umana, che punti su investimenti a strutture di accoglienza, politiche di inclusione e una maggiore cooperazione tra gli Stati. Temi che abbiamo trattato all’interno del Monthly Report n.17, intitolato: L’eterna emergenza: numeri, verità e analisi sulla questione migranti.

[di Salvatore Toscano]

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