venerdì 29 Marzo 2024

In Messico una carovana di migliaia di migranti sta attraversando il Paese

Circa 3.000 persone provenienti da tutta l’America Latina e non solo sono partite domenica 23 aprile in una carovana che dalla città messicana di Tapachula, vicina al confine con il Guatemala (luogo dove migliaia di migranti si ritrovano bloccati dopo aver passato la frontiera), si dirige verso Città del Messico. Il viaggio prosegue da 6 giorni e impiegherà ancora una settimana ad arrivare a destinazione, dovendo percorrere in totale oltre 1100 km. Lo scopo della partenza in un numero così alto di persone tutto insieme ha da un lato il fine di proteggere chi vi partecipa dalle aggressioni della polizia e dei trafficanti, dall’alto di protestare: l’obbiettivo è infatti chiedere che il governo di López Obrador conceda il libero transito sul territorio messicano, la chiusura di tutti i centri di detenzione per migranti e che faccia giustizia per le 40 persone che sono morte il 27 marzo nel centro di detenzione di Ciudad Juárez, nel Chihuahua. Qui, a seguito dello scoppio di un incendio, le guardie si sono rifiutate di aprire le celle e hanno lasciato morire bruciate le persone al loro interno. Molti sono i migranti che ancora si trovano in ospedale in gravi condizioni. Su cartelli e striscioni che accompagnano la carovana si possono leggere scritte quali “Lo Stato li ha uccisi” e “Potete negarlo, ma non potete nasconderlo. Perché lo sappiamo tutti: è un crimine di Stato”. Irineo Mujica, uno dei leader della carovana e attivista per i diritti dei migranti, all’inizio della marcia ha anche chiesto l’eliminazione dell’Istituto nazionale per le migrazioni.

Le carovane transfrontaliere non sono una novità in Messico. Da qualche anno i migranti si organizzano per passare collettivamente il confine del Guatemala o dell’Honduras, per poi attraversare tutto il Messico ed arrivare fino alla capitale o ancora più su, alla frontiera con gli Stati Uniti, meta finale di molte delle persone in viaggio. A volte ci sono stati sfondamenti collettivi per entrare in Messico; altre volte, come questa, le persone partono dal sud del Paese per arrivare a nord insieme. Camminano per centinaia e centinaia di chilometri, dormendo all’aperto, mangiando ciò che trovano, a volte aiutati da qualche associazione o parrocchia solidale. Il viaggio è sempre pericoloso, con la polizia e i narcotrafficanti che costituiscono le minacce principali. Scopo della carovana è anche rendere visibile un problema, cercando una soluzione collettiva al lungo e tortuoso viaggio delle migliaia di persone che ogni anno migrano verso gli Stati Uniti.

Durante la campagna elettorale, il presidente Andrés Manuel López Obrador aveva promesso che la sua politica migratoria si sarebbe allontanata dalle rigide misure di applicazione della legge dei suoi predecessori e avrebbe cercato di concentrarsi sul rispetto dei diritti umani dei migranti, garantendo loro un trattamento dignitoso. Dopo la sua elezione, tuttavia, tali politiche non sono state attuate. Il Messico di Obrador nel 2021 ha detenuto almeno 228.115 persone in “situazione irregolare” nei suoi centri detentivi. Un record, figlio della richiesta degli Stati Uniti di frenare la migrazione verso la loro frontiera. Risale a poco più dui un mese fa la morte di 40 persone nel centro di detenzione di Ciudad Juarez; una tragedia evitabile, dal momento che i trattenuti avrebbero potuto essere salvati semplicemente aprendo le celle. Le guardie, tuttavia, si sono allontanate dalla struttura ignorando le richieste di aiuto e lasciando i migranti morire asfissiati o bruciati vivi.

Dal 2019 Tapachula (città che di recente è divenuta l’epicentro delle migrazioni dal Sudamerica, dai Caraibi, ma anche dall’Asia e dall’Africa) è divenuta il centro di una crisi umanitaria nel Messico meridionale. Il programma chiamato Quédate en México, che in teoria propone un Messico dalle porte aperte per i migranti che vogliano richiedere lo status di rifugiato, in pratica è una politica detentiva, che tiene intrappolate decine di migliaia di persone. Gli attivisti locali stimano che a Tapachula siano 40mila i migranti bloccati in città. Molti di loro sono in attesa dell’esito della richiesta di un visto umanitario o dello status di rifugiato, che permetterebbe di attraversare il Paese. Altri hanno deciso di farsi una vita lì, accettando lavori per salari da 100 pesos al giorno (circa 5 dollari). Moltissimi sono invece in attesa che una carovana venga organizzata.

[di Monica Cillerai]

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