mercoledì 12 Novembre 2025
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Il Kazakistan è in rivolta

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Non si placa la rivolta scoppiata improvvisamente in Kazakistan. Le notizie che arrivano sono frammentate e difficili da verificare, ma è certo che poche ora fa il presidente Kazako, Qasym-Jomart Toqaev, ha sciolto il governo del Primo Ministero Askar Mamin e imposto lo stato di emergenza ad Almaty, la più grande città del paese, e nella regione di Mangghystau in seguito alle proteste violente innescate dall’aumento dei prezzi del carburante. Toqaev ha inoltre ordinato al nuovo governo in carica di ripristinare i controlli sul prezzo del gas, del petrolio e di altri beni di consumo fondamentali. Una mossa per cercare di calmare la folla, che al momento non pare sortire risultati. Secondo fonti ancora non del tutto confermate, ad Almaty, gli scontri tra polizia e manifestanti avrebbero causato circa 180 feriti, di cui 7 in gravi condizioni. Inoltre, sono stati assaltati e dati alle fiamme diversi edifici governativi compreso il municipio della città.

Le proteste inizialmente partite il 2 gennaio nella regione di Mangghystau per ragioni economiche, si sono poi trasformate in sommosse politiche allargandosi anche ad altri parti del paese. In Almaty, infatti, i manifestanti hanno chiesto le dimissioni del governo intonando cori nei quali chiedevano “la cacciata del vecchio”, un chiaro riferimento all’ex presidente Nursultan Nazarbayev: il padre padrone del Kazakistan dal 1991 sino al 2019, quando ha scelto di lasciare la carica di Presidente al suo “pupillo” Toqaev, dato che l’unico partito di opposizione si era rifiutato di presentare un candidato alla presidenza. Nazarbaev continua ad esercitare un ruolo fondamentale nella politica del paese essendo il Presidente del Consiglio di Sicurezza del Kazakistan e il “Leader della nazione”, cariche che gli garantiscono ancora un certo potere decisionale nonché l’immunità penale. Per capire meglio quale sia peso politico di Nazarbaev in Kazakistan, basti pensare che la capitale Astana, è stata rinominata Nur-Sultan in suo onore nel 2019.

Negli anni a seguito del crollo dell’Unione Sovietica, il Kazakistan ha cercato di portare avanti una politica estera pragmatica volta al bilanciamento dell’influenza delle varie potenze presenti in Asia Centrale, Cina, Stati Uniti e appunto Russia. Gli Stati Uniti, il 25 dicembre 1991, sono stati il ​​primo paese a riconoscere l’indipendenza del Kazakistan aprendo la loro ambasciata ad Almaty nel gennaio 1992. Negli anni successivi all’indipendenza del Kazakistan, i due paesi hanno sviluppato forti relazioni bilaterali e concordato un partenariato strategico, rafforzato dal vertice tenutosi nel gennaio 2018. Nonostante i rapporti con Washington, il Kazakistan rimane tuttavia uno dei principali alleati della Russia, avendo preso parte a tutti i progetti di integrazione di Mosca, come il Commonwealth degli Stati indipendenti, l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, l’Unione economica eurasiatica (EEU) e l’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva (CSTO). Il presidente russo Vladimir Putin ha visitato il Kazakistan ventotto volte durante il suo “regno”: più di ogni altro Paese. Russia e Kazakistan oltre ad avere forti legami economici, sono inoltre legati dalla questione etnica dato che circa il 19% della popolazione attuale del Kazakistan è appunto di etnia russa.

Se le proteste in Kazakistan dovessero continuare potrebbero avere ripercussioni anche sulle altre repubbliche ex Sovietiche dell’Asia Centrale, dove simili movimenti di protesta potrebbero riproporsi. Questa ondata di malcontento sviluppatasi così velocemente ha chiaramente colto di sorpresa il governo Kazako, da sempre considerato il più stabile della regione, che si è trovato impreparato a limitare la rabbia dei propri cittadini. Se le proteste dovessero continuare anche nei prossimi giorni si aprirebbero nuovi scenari anche a livello internazionale, dato che le potenze (Russia, Cina, e Stati Uniti) interessate agli sviluppi nella regione potrebbero tentare di accrescere le loro influenze all’interno del paese. Per la Russia sarebbe importante mantenere lo status quo tramite il governo di Toqaev, e l’influenza di Nazarbaev. Mentre gli Stati Uniti potrebbero tentare di sfruttare le opposizioni all’interno del paese per limitare l’influenza russa in Kazakistan. La Cina, invece potrebbe tentare di incrementare il proprio peso economico in Kazakistan, dato che il paese detiene ingenti riserve di petrolio e gas naturale oltre a risorse minerarie tra cui ferro, carbone e metalli utilizzati per la produzione di apparecchi elettronici. La situazione è in evoluzione ed è ovvio che causi preoccupazione in particolare a Mosca, visto che la Russia condivide con il Kazakistan ben 7.600 km di confine.

[di Enrico Phelipon]

Macron svela la strategia francese contro il Covid: “Voglio far arrabbiare i non vaccinati”

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«I non vaccinati voglio davvero farli arrabbiare. E continueremo a farlo, fino alla fine. Questa è la strategia». È quanto ha affermato il presidente francese Emmanuel Macron in un’intervista rilasciata al quotidiano Le Parisien. «In una democrazia, il peggior nemico sono le bugie e la stupidità. Facciamo pressione sui non vaccinati limitando il più possibile il loro accesso alle attività sociali», ha aggiunto Macron, il quale ha precisato che i non vaccinati rappresentano una «minoranza molto piccola» che però «è resistente».

Suicidi nelle carceri: per polizia penitenziaria la situazione è allarmante

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L’anno nuovo è appena iniziato e già si contano due suicidi di detenuti nelle carceri italiane, ai quali si va ad aggiungere un tentato suicidio, scampato per l’intervento tempestivo della polizia penitenziaria. Il Sindacato Polizia Penitenziaria ha dichiarato che l’aumento dei casi durante il 2021 è dovuto all’impatto del Covid sulla salute mentale dei detenuti, per i quali il sostegno psicologico non è presente in maniera numericamente sufficiente nelle carceri. Il segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria ha definito le carceri delle “discariche sociali” dove i detenuti patiscono e muoiono per la situazione di trascuratezza nella quale si trovano, e ha ricordato al Governo come la questione dovrebbe costituire interesse primario.

Come l’Ucraina è diventata la patria dei neonazisti europei

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Sabato 1° gennaio, centinaia di membri di gruppi ultranazionalisti e neonazisti ucraini hanno organizzato una fiaccolata a Kiev per commemorare un collaboratore nazista della Seconda guerra mondiale. La marcia tenutasi nella capitale ucraina, che si è conclusa davanti all'ufficio del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, è avvenuta in occasione del compleanno di Stepan Bandera, un leader e ideologo dell'Organizzazione dei nazionalisti ucraini (OUN), che era allineato con la Germania nazista ai tempi di Adolf Hitler. 
Durante il 1943-44 Bandera e i suoi seguaci, detti “Banderisti”, si resero r...

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Kazakistan, proteste e scontri per aumento prezzi del carburante

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In Kazakistan il presidente Tokayev ha dichiarato lo stato di emergenza e licenziato il primo ministro dopo l’esplosione delle violente proteste di massa per l’aumento dei prezzi del carburante. I disordini sono scoppiati il 2 gennaio, dopo che il governo aveva tolto il limite ai prezzi del GPL, il carburante più utilizzato in alcune regioni del Kazakistan. Al fine di garantire la stabilità nel paese il presidente ha comunicato con un tweet di voler reimpostare un controllo sui prezzi, ma questo non sembra aver fermato le proteste. Il ministero dell’interno ha parlato di 95 agenti feriti nel corso degli scontri, ma non ha fornito numeri che riguardassero i manifestanti. Al Jazeera riporta come le app di messaggistica Whatsapp, Signal e Telegram fossero non disponibili in tutto il Paese, mentre i siti che hanno riportato le proteste sono stati oscurati.

Le nuove regole sul green pass condannano al confino chi vive nelle isole

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Le nuove regole in vigore in materia di green pass ha causato disagi non indifferenti per la popolazione che vive nelle isole minori italiane. Per accedere ai traghetti che fanno da collegamento con la terraferma è infatti necessario essere muniti di super green pass, pena l’isolamento. Gli isolani che non vogliano o non possano fare il vaccino si trovano così a non poter raggiungere alcuni dei servizi di base a volte assenti nelle isole, in una condizione di evidente disparità di diritti rispetto ai concittadini che vivono sulla penisola.

Come specificato in maniera semplificata nella tabella riassuntiva pubblicata dal sito del Governo una settimana fa, a partire dal 10 gennaio 2022 l’utilizzo dei mezzi di trasporto pubblico o privato di linea, ivi compresi i traghetti, non sarà possibile se non in possesso del super green pass, ovvero quello ottenibile con le vaccinazioni o la guarigione dal virus. L’esito di un tampone negativo non permette quindi più l’accesso al servizio. Nel caso dei residenti degli arcipelaghi questo si traduce nell’impossibilità di raggiungere servizi fondamentali che si trovano sulla terraferma. Almeno che non vogliano farlo a nuoto. Come scrive un perplesso lettore residente all’Isola d’Elba alla nostra redazione: “Questo rappresenta una grande discriminazione rispetto agli altri cittadini. Nelle piccole isole i residenti hanno spesso necessità di spostamento in continente soprattutto per cure specialistiche non disponibili in loco. Cosa faranno i pazienti oncologici non vaccinati?”.

Marco Landi, consigliere regionale della Lega Toscana, aveva già segnalato la problematica sui propri canali social. “Comprendo la necessità di norme per contrastare la diffusione del virus, ma abitare su un’isola non deve significare essere al confino, perciò ritengo che sia inaccettabile per un residente dover avere il super green pass per prendere il traghetto”.

Il 3 gennaio il presidente dell’Ancim (Associazione Nazionale Comuni Isole Minori) Francesco Del Leo ha inviato una lettera al del Presidente del Consiglio Mario Draghi, al Ministro della Salute Speranza e al Commissario Straordinario per l’emergenza Covid 19 Figliuolo per portare all’attenzione del Governo la problematica. Come sottolineato nel testo, i cittadini delle isole “non dispongono di mezzi alternativi” come le auto private per transitare da una regione all’altra. “È opinione condivisa da tutti noi Sindaci dei 35 Comuni presenti su 87 Isole e con 240 mila abitanti, che questa disposizione contenuta nell’ultimo Decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale rappresenta una netta disparità di trattamento per noi cittadini delle isole minori” ha aggiunto Del Leo.

Il problema è stato fino ad ora ampiamente sottovalutato sia dai mezzi di informazione che dal Governo, che si dimostra ancora una volta ben distante dalle necessità quotidiane dei cittadini, nè sembra interessarsi alle problematiche sfaccettate esistenti sul territorio, preferendo adottare un approccio muscolare e unidirezionale. Resta da vedere, ora, se le richieste degli abitanti delle isole minori verranno ascoltate.

[di Valeria Casolaro]

Foggia, ordigno esplode di fronte a negozio: è il terzo in due giorni

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A Foggia un ordigno è stato fatto esplodere nella notte di fronte al negozio di un fioraio. Non vi sono vittime, ma sono stati causati danni ingenti all’ingresso del negozio e alle finestre del primo piano. I vigili del fuoco hanno messo in sicurezza la zona, mentre i carabinieri hanno aperto un’indagine e acquisito i filmati delle telecamere di sicurezza della zona per identificare i responsabili. Ieri, altri due ordigni erano stati fatti esplodere di fronte ad altrettanti esercizi commerciali a San Severo, a una trentina di km da Foggia.

Nel vicentino è nata l’agricoltura certificata “libera da Pfas”

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A Vicenza inizierà la vendita di prodotti ortofrutticoli certificati “privi di Pfas”. Un’iniziativa risultato dell’ormai allarme globale che sta interessando il Veneto e di cui si sono fatte portavoce associazioni No Pfas, come Mamme No Pfsas e Cillsa. Si tratta della profonda contaminazione delle falde acquifere nei campi coltivati situati nell’area comprendente Vicenza, Verona e Padova; una situazione gravissima e confermata anche dai risultati di una ricerca sperimentale, effettuata nei principali bacini fluviali italiani dal Consiglio Nazionale delle Ricerche e dal Ministero dell’Ambiente, i quali indicano la presenza di PFAS in acque sotterranee, superficiali e acque potabili.

Ma cosa significa PFAS? La sigla indica Sostanze Perfluoro Alchiliche (acidi perfluoroacrilici), famiglia di composti chimici utilizzata prevalentemente in campo industriale. Nello specifico, si tratta di acidi molto forti usati in forma liquida, caratterizzati da una struttura chimica la quale conferisce loro una particolare abilità termica che li rende resistenti ai principali processi naturali di degradazione. Fin dagli Cinquanta, i PFAS vengono utilizzati nel trattamento di pelli e tappeti, nella produzione di carta e cartone, nei rivestimenti delle padelle antiaderenti, nella schiuma antincendio e nella produzione di particolari capi di abbigliamento, per via delle loro caratteristiche idrorepellenti (impermeabilizzazione).

Se smaltite non correttamente o illegalmente nell’ambiente, queste sostanze penetrano nelle falde acquifere e, tramite l’acqua, raggiungono i campi agricoli, contaminandoli. Tali composti sono nocivi per la salute dell’uomo e degli animali, e possono causare diverse patologie. Ad esempio, possono compromettere gravemente il sistema endocrino e influire nella crescita e nella fertilità, ed essendo considerate anche sostanze cancerogene, si ritiene che una lunga esposizione a esse possa causare l’insorgenza di tumori ai reni e ai testicoli, lo sviluppo di malattie tiroidee, ipertensione gravidica e coliti ulcerose.

Il comune di Arzignano – nel vicentino – ha quindi deciso di dare il via alla vendita ortofrutticola certificata “libera da Pfas”, con la destinazione di dieci nuovi posteggi al mercato contadino del giovedì. I venditori di tali prodotti dovranno presentare una certificazione rilasciata da un laboratorio di analisi accreditato, relativa alla qualità dell’acqua dei pozzi utilizzata dall’azienda e attestante l’assenza di PFAS e altre sostanze nocive. Dovranno, inoltre, indicare la filiera di produzione dei propri prodotti, dichiarando il nome del produttore, l’indirizzo dei campi o degli allevamenti, la data del raccolto, l’origine specifica dei mangimi con informazioni sugli stessi attestanti l’assenza di PFAS, l’ubicazione dei pozzi, l’assenza di concimi chimici e l’eventuale utilizzo di pesticidi con l’indicazione di nome e tipologia.

Le stesse regole varranno per i prodotti trasformati – come pane e formaggi -, e saranno esclusi i prodotti provenienti da campi trattati con il pericoloso erbicida glifosato. Infine, i venditori sono caldamente invitati a evitare l’utilizzo della plastica per le confezioni e dovranno esporre chiaramente tutte le informazioni richieste, affinché i consumatori che si avvicineranno al banco per l’acquisto, possano leggerli con facilità.

[di Eugenia Greco]

A Roma il convegno del CTS indipendente: da quello governativo nessuna risposta

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A Roma, precisamente presso l’Hotel Nazionale situato a Piazza Monte Citorio, si sta tenendo un convegno denominato “Pandemia, invito al Confronto”: si tratta di due giorni di dibattito scientifico a cui stanno partecipando decine di ricercatori e medici che nutrono dubbi sulla gestione governativa della pandemia e su molte tesi sostenute dal Comitato tecnico scientifico (CTS), il gruppo di esperti del governo che fornisce consulenza in ottica emergenza Covid. Proprio i membri del CTS e quelli del governo sono stati invitati al convegno degli organizzatori – il “Coordinamento 15 ottobre” e l’associazione “ContiamoCi!” – con l’intento di dare vita ad un dibattito franco basato sui dati scientifici e privo delle limitazioni dei talk show, ma a tale proposta non ha fatto seguito alcuna risposta.

Tra i medici presenti al convegno vi sono quelli della CMS (Commissione Medico Scientifica), una sorta di CTS indipendente nato proprio grazie alla volontà delle associazioni organizzatrici e composto da ricercatori e professori universitari. Tali esperti nutrono alcuni dubbi sulla campagna vaccinale ed in generale sulle linee politico-scientifiche adottate durante l’emergenza pandemica, e da tempo chiedono a Governo e CTS una riunione scientifica e istituzionale, pensata per porre domande ed ottenere risposte basate sui dati. Gli organizzatori, convocando il convegno a pochi passi dai palazzi istituzionali, avevano cercato di porre un ulteriore assist per la partecipazione dei tecnici di governo, ma questo non è servito. Da annotare è ad ogni modo il significativo successo di pubblico che il convegno ha fatto registrare, con 258 mila spettatori che hanno assistito solo alla prima parte del dibattito su YouTube.

Già in passato la CMS aveva chiesto un incontro istituzionale agli esperti del governo con il fine di porre domande ed ottenere risposte basate sui dati scientifici, tuttavia anche in quel caso ai membri della CMS non era arrivata alcuna risposta. Un silenzio al quale i membri del comitato “alternativo” chiedono di porre fine, fosse solo per smentire – studi alla mano – i dubbi che una parte della comunità scientifica nutre sulla gestione pandemica e sulla campagna vaccinale.

Le tematiche sulle quali la Commissione alternativa continua a chiedere un dibattito scientifico franco sono principalmente le seguenti: andamenti della mortalità totale 2021 contro quella 2020 e precedenti; mortalità totale negli studi di controllo randomizzato con vaccini a mRNA; dati precisi sulla prevenzione dell’infezione da parte dei vaccini anti-Sars-CoV-2; opportunità della vaccinazione in età pediatrica; rischi relativi di infezione per la comunità causati da bambini e adulti non vaccinati; sorveglianza attiva vs sorveglianza passiva e nesso di causalità nella stima degli eventi e delle reazioni avverse e relative implicazioni.

[di Raffaele De Luca]

Draghi al Quirinale, il semi-presidenzialismo e l’Italia a democrazia limitata

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Dopo l’approvazione della Legge di Bilancio, il Parlamento si prepara ad un grande appuntamento: l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Il Parlamento è già stato convocato per il 24 gennaio, ore 15, quando si aprirà il “conclave” per l’elezione del successore di Sergio Mattarella. In ballo, neanche a dirlo, c’è la sopravvivenza del Governo guidato da Mario Draghi, il grande favorito per salire al Colle.

Tra le righe di una delicata e complessa battaglia politica, si staglia però un evidente pericolo, nutrito giorno dopo giorno da segnali preoccupanti, che riguarda specificamente lo stato di salute della democrazia italiana.

“Mario Draghi potrebbe guidare il convoglio anche dal Quirinale – ha dichiarato il Ministro leghista dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti a Bruno Vespa nel suo ultimo libro, uscito lo scorso Novembre – Sarebbe un semipresidenzialismo de facto, in cui il Presidente della Repubblica allarga le sue funzioni approfittando di una politica debole”. Secondo Giorgetti, sarebbe dunque cosa buona e giusta bypassare il dettato costituzionale, consegnando lo scettro di un Paese in ginocchio ad un uomo che, una volta ‘impacchettato’ ed inviato al Colle da una politica subordinata alle sue ambizioni, andrebbe a rivestire non il ruolo di garante della Costituzione, ma di grande dominus. In qualsiasi altro Paese democratico, dichiarazioni di questo tipo avrebbero probabilmente scatenato una sacrosanta e durissima reazione da parte del mondo dell’informazione che conta. Invece, il “quarto potere” preferisce tacere e ancora più frequentemente acconsentire.

L’uomo della provvidenza, il grande manager che non si cura delle quisquilie della politica per dettare le sue regole e ottenerne la ratifica, sembra potersi permettere proprio tutto. Basti pensare al primato raggiunto dall’attuale Esecutivo guidato da Draghi: aver allineato una mole di 35 voti di fiducia in nemmeno un anno di vita, con una media di 3,2 al mese, battendo addirittura il Governo di un altro ex banchiere divenuto Premier, Mario Monti. L’ultima è arrivata proprio in occasione del via libera alla nuova Legge di Bilancio, approvata dalla Camera il 30 Dicembre con margini di discussione sostanzialmente azzerati. Addirittura, tre giorni prima la Commissione Finanze si era rifiutata di esprimere un parere sul provvedimento: le erano state concesse solo 3 ore per il suo esame. 

Intanto, in occasione della conferenza di fine anno del 22 Dicembre, Draghi ha fatto chiaramente intendere di ambire al Colle. Sommerso dagli scroscianti applausi dei giornalisti in sala, per farlo ha sfruttato i più elementari escamotage della comunicazione archetipica, definendosi “un nonno al servizio delle istituzioni”, cercando di offrire di sé un’immagine di attempato e sapiente servitore dello Stato, di uomo dolce e riflessivo che sceglie di piegare le sue prospettive carrieristiche al bene collettivo. Proprio quando la narrazione costruita ad arte dal potere fa a botte con la realtà, sarebbe compito dei corpi intermedi, in primis dei partiti e degli organi di informazione, quello di risvegliare un’opinione pubblica sopita e pretendere il rispetto del buon senso e della verità. 

Se guardiamo alle opzioni in campo nella corsa al Colle, la sfida appare complicata. Difficile prendere in considerazione la possibilità che, dopo un’eventuale mancata elezione di Draghi a PDR, l’attuale Esecutivo possa proseguire serenamente la sua azione: la figura del Premier risulterebbe ‘azzoppata’ dallo stesso Parlamento che sta reggendo le sorti della compagine governativa; l’ipotesi della rielezione di Mattarella, caldeggiata da parte di un Pd in forte difficoltà sulle strategie da praticare, è stata più volte smentita dal diretto interessato; le elezioni anticipate, anche in caso di mancata elezione di Draghi al Colle, sono il grande obiettivo di Fratelli d’Italia, l’unica forza politica che ha moltiplicato i suoi consensi, mentre tutti gli altri partiti sono contrari: a causa della legge sul taglio dei parlamentari, che diventerà effettiva in occasione della formazione del prossimo Parlamento, essi subirebbero un forte ridimensionamento numerico, non potendo garantire la rielezione a tantissimi dei loro parlamentari. 

Ecco che lo scenario al momento più probabile e, allo stesso tempo, più preoccupante, è proprio l’elezione di Draghi a nuovo PDR e la parallela salita a Palazzo Chigi di una sua pedina. L’obiettivo sotteso? Quello di instaurare proprio quel “semipresidenzialismo de facto” ventilato da Giorgetti, quella “democrazia limitata” che, con la scusa della crisi (economica prima, pandemica poi), il trasversale partito degli affari si è continuamente e subdolamente dato come bussola. In seguito alla sonora bocciatura da parte del popolo italiano della riforma costituzionale renziana del 2016, che delineava uno spaccato istituzionale ‘governo-centrico’, e ai risultati delle elezioni del 2018, che inflissero un durissimo colpo all’establishment finanziario e politico italiano, tutto sembrava essere cambiato. Invece, il vento caldo e rassicurante della restaurazione è tornato a soffiare più forte di prima.

[di Stefano Baudino]