Il Coordinameto 15 Ottobre, guidato da Stefano Puzzer, ha annullato la manifestazione contro il Green Pass prevista per oggi a Trieste, nonché quella prevista per domani. Secondo quanto affermato dagli organizzatori, il rischio è che vi possano essere infiltrazioni violente atte a screditare la protesta. Il Coordinamento conferma, invece, l’incontro con il governo che si terrà nella giornata di domani.
Roma, la polizia carica studenti del liceo: manganellate sui minorenni
Un gruppo di giovanissimi studenti caricato e preso a manganellate dalla polizia in assetto antisommossa, un diciassettenne ferito, una ragazza che ha denunciato di essere stata palpeggiata da un agente. È quanto accaduto stamane fuori dal liceo artistico Ripetta di Roma, dove gli studenti volevano raggiungere all’interno della scuola un gruppo di loro compagni che da ieri hanno occupato l’edificio scolastico per protestare contro le regole post-pandemiche introdotte nel mondo scolastico, poter riottenere un pieno diritto alla socializzazione e contro le riforme liberiste al mondo scolastico.
I fatti: Sono almeno un cinquantina gli studenti e le studentesse del liceo che arrivano in gruppo davanti al liceo, vogliono entrare nella loro scuola occupata per protesta. Ma davanti ai cancelli è presente la polizia in assetto antisommossa. Gli studenti si mettono davanti agli agenti: mani alzate e cori per chiedere di essere lasciati entrare. Qualche momento di concitazione e gli agenti, senza che vi fosse stato alcun atto di violenza da parte dei ragazzi, partono con una carica. Alcuni ragazzi vengono colpiti e – secondo quanto raccontato dagli studenti – uno rimane ferito al volto a causa di un colpo con lo scudo inferto da un agente.
Sui profilo social del collettivo degli studenti inoltre una ragazza denuncia: «Ero in prima linea quando è iniziata l’agitazione tra le due parti. Ero davanti a questo poliziotto che ha iniziato a toccarmi i fianchi, a stringerli, a salire sul corpo, a dirmi “piccolina non ti fare male, ci penso io”. Ha iniziato a salire con la mano e a mettermela sul seno. Sono riuscita a prendergli la mano e a levarla. Dopo un poliziotto gli ha detto “forse è meglio che te ne vai” e l’hanno portato via».
Il liceo Ripetta è in occupazione da ieri alle 13. Si tratta della terza scuola superiore romana occupata negli ultimi giorni (dopo il Rossellini e l’Albertelli). Questo il comunicato del collettivo “Opposizione Studentesca d’Alternativa” che spiega le ragioni della protesta: “Dopo quasi 2 anni di pandemia e l’ennesimo rientro fallimentare, in cui siamo condannati ad una scuola invivibile, il governo Draghi si prepara a compiere delle importanti riforme della scuola, con il fine di accelerare i processi di aziendalizzazione che hanno reso le nostre scuole una vera e propria gabbia e asservito l’istruzione ai privati, contestualmente al quadro di trasformazione del paese con il PNRR volto a soddisfare le nuove esigenze dei privati. Non possiamo restare con le mani in mano: è il momento di avviare il contrattacco della nostra generazione e degli studenti contro questo modello di scuola invivibile, contrario alle necessità di noi studenti, e contro un governo che è nostro nemico”.
Il Messico è il primo Paese del Nord America a vietare i test cosmetici sugli animali
Il Senato del Messico ha approvato il disegno di legge federale per porre fine alla sperimentazione cosmetica sugli animali (pratica che ogni anno causa la morte di circa 500.000 esseri viventi) facendo del Messico il primo Paese del Nord America, e il quarantunesimo al mondo, in cui non saranno più effettuati test sugli animali per prodotti cosmetici. La nuova legge non si limita al solo perimetro messicano, ma intende vietare la produzione, l’importazione e la commercializzazione di cosmetici testati su animali in altre parti del mondo. Inoltre, arriva dal Senato l’approvazione da due a sette anni di carcere per chiunque possa essere coinvolto in esperimenti sugli animali.
Un passo avanti importante, reso possibile dall’azione di – tra gli altri – Humane Society International/Messico (HSI), l’ONG Te Protejo e dal voto unanime dei senatori. Come specificato nella campagna di Humane Society International, Be Cruelty Free, i test cosmetici sugli animali sono perlopiù esperimenti arcaici (ideati infatti più di mezzo secolo fa) di avvelenamento chimico, mentre esistono metodi moderni efficaci per la sicurezza cosmetica e, allo stesso tempo, salvifici per gli animali. Esistono dunque modi per evitare di acquistare prodotti che non rispettino il mondo animale, ma saperlo non è abbastanza. Sempre seguendo gli ultimi aggiornamenti HSI, i divieti sono un inizio fondamentale, ma è imperativo che quanti più Paesi possibili passino al più presto dalla sperimentazione animale a metodi non animali all’avanguardia. Fortunatamente, dal 2013 in tutti i Paesi dell’Unione Europea è entrato in vigore il divieto assoluto di vendere o importare prodotti e ingredienti cosmetici testati sugli animali (Regolamento Europeo 1223/2009) e a seguire la stessa strada sono stati – progressivamente – anche Brasile, India, e Corea del Sud. E se il Messico è il quarantunesimo Paese al mondo e solo il primo nel Nord America, vuol dire che in alcune parti del mondo si è ancora indietro.
Negli Stati Uniti, solo dal 2019 esiste a legge federale Humane Cosmetics Act legislazione che proibisce i test sugli animali e la vendita di cosmetici testati sugli animali. L’anno successivo, le leggi relative al divieto sono entrate in vigore in California, Illinois e Nevada e a seguire in altri Stati, in tutto sei, di cui l’ultimo è stato il Maine a giugno di quest’anno. Dei traguardi che fanno sperare al raggiungimento, in tutti gli Stati, di tale cambiamento solo che positivo. C’è invece ancora lavoro da fare in Cina, in cui da sempre si richiedono test sugli animali per qualsivoglia prodotto cosmetico. Poi, la Cina ha iniziato a muoversi per cambiare un’usanza tanto obsoleta e crudele, ma storicamente imponente nel Paese. Solo per alcuni prodotti cosiddetti “ordinari”, come shampoo o mascara, i test sugli animali non sono più obbligatori. Nel 2021, un’altra conquista, visto che la Cina ora permette anche l’importazione di cosmetici ordinari senza la necessità di test sugli animali. Rimane comunque il problema dei cosmetici per “usi speciali”, ancora obbligatoriamente da testare sulle cavie in laboratorio.
[di Francesca Naima]
Total ha nascosto gli effetti devastanti del petrolio su ambiente e clima per 50 anni
Uno studio recentemente pubblicato ha mostrato come il colosso francese Total fosse a conoscenza dell’impatto catastrofico delle proprie attività sull’ambiente già all’inizio degli anni ’70, ma abbia deciso di ignorare gli avvertimenti degli scienziati e proseguire nello sfruttamento dei combustibili fossili. Il tutto mascherato da abili manovre di retorica e false promesse.
L’impatto del diossido di carbonio sull’effetto serra è stato discusso sin dall’800. I primi studi scientifici vennero pubblicati negli anni ’50 del ‘900, con lo scopo di rendere note alle industrie petrolifere le conseguenze delle proprie attività. Tra gli anni ’60 e ’70 tali studi si intensificarono, portando all’attenzione del mondo il problema del cambiamento climatico. In particolare nel 1971, sulla rivista Total Information, è stato pubblicato un articolo dal titolo Inquinamento atmosferico e clima. In esso viene riportato come l’aumento di CO2 nell’atmosfera sia “preoccupante”, in quanto “l’aria ricca di CO2 assorbe più radiazioni e si surriscalda”, fattore che può causare “un aumento nella temperatura media”. L’aumento è “piccolo (1-1.5 °C)” ma con possibili “enormi conseguenze”, come “un parziale scioglimento delle calotte polari”, le cui “conseguenze catastrofiche sono facili da immaginare”.
In seguito a questo studio, Total non ha più menzionato la crisi climatica, riconoscendone l’esistenza solamente a metà degli anni 2000. Tra gli anni ’70 e ’80, in risposta alla crescente preoccupazione mondiale per le questioni ambientali, le maggiori compagnie petrolifere reagirono organizzando meeting internazionali (come il CONCAWE e l’IPIECA) per discutere delle problematiche ambientali, con l’obiettivo di far perdere di credibilità gli studi sull’ambiente. Nel frattempo Total e tutte le principali compagnie continuavano a investire pesantemente nell’industria del carbone. La costruzione di una facciata pubblica di impegno e ricerca è stata fondamentale per mantenere credibilità e lo è ancora: proprio quest’anno Total ha dichiarato il proprio rebranding in TotalEnergies.
Ancora negli anni ’90 il direttore ambientale di Total scriveva sulla rivista dell’azienda (curiosamente rinominata Energies) che la relazione tra CO2 e atmosfera non autorizzava la previsione di “scenari catastrofici”. Solamente nel 2006 Total cambierà la propria strategia, ammettendo l’esistenza dei cambiamenti climatici, appoggiando l’IPCC e ospitando anche una conferenza sul cambiamento climatico. Tuttavia, come scrive il report, questa era “teoricamente diagnosticata dalla scienza ma praticamente risolta dal business, senza che queste due sfere si incrociassero mai”. La compagnia investì infatti 60 miliardi nell’estrazione del gas e del petrolio tra il 2005 e il 2009, senza che vi sia mai stato un parallelo, soddisfacente investimento in fonti di energia sostenibili.
Ancora oggi tali investimenti sono molto bassi. Tra il 2010 e il 2018 la compagnia ha investito appena il 4% del suo capitale in fonti di energia sostenibili, come quella solare o eolica. Inoltre il programma dell’azienda è di aumentare la vendita dei propri gas fossili entro il 2030, quando prevede costituiranno il 50% delle proprie vendite. L’azienda non ha insomma alcuna intenzione di raggiungere gli obiettivi di zero emissioni né a breve, né a medio, né a lungo termine. Come mostrano gli studi, le scelte dell’azienda sono in conflitto con gli obiettivi degli Accordi di Parigi. La narrativa della “transizione energetica”, mantra ormai proprio della maggior parte delle industrie dei combustibili fossili, permette alla Total di mostrarsi come azienda responsabile, pubblicamente sensibile alle questioni climatiche, distogliendo l’attenzione dalle proprie politiche reali.
[di Valeria Casolaro]
India e Nepal, più di 150 vittime per le alluvioni
Più di 150 persone sono morte per le intense alluvioni che stanno colpendo India e Nepal. Si contano anche diverse decine di dispersi e i numeri sono destinati a salire, secondo le autorità. In India, lo stato più colpito è l’Uttarakhand, con almeno 48 vittime accertate. In Nepal, le autorità hanno affermato che il governo fornirà alle famiglie di ciascuna vittima 1700 dollari e cure gratuite per i feriti. Si tratta di fenomeni insoliti in questo periodo, in quanto la stagione dei monsoni dura da giugno a settembre. Le autorità hanno previsto precipitazioni intense anche per i prossimi giorni.
OMS avverte: iniqua distribuzione vaccini prolungherà i tempi della pandemia
L’OMS ha avvertito che la pandemia potrebbe protrarsi per tutto il 2022 per l’insufficiente distribuzione di vaccini tra gli stati più poveri. Secondo quanto riportato dalla BBC, l’idea alla base della piattaforma Covax era di consentire un accesso equo ai vaccini, ma questo è stato impossibile quando gli stati più ricchi hanno iniziato a firmare i propri accordi privati con le compagnie farmaceutiche, accaparrandosi la stragrande maggioranza dei vaccini disponibili. Bruce Aylward, senior leader all’OMS, ha lanciato un’appello affinché i Paesi più ricchi permettano alle aziende farmaceutiche di priorizzare la distribuzione tra gli stati più poveri.
Ecuador: con il pretesto della droga il governo impone lo stato di eccezione
L’Ecuador vivrà in stato di eccezione per i prossimi 60 giorni. Due mesi in cui la polizia pattuglierà le strade, verrà limitato il diritto a manifestare e vi sarà un indulto per i militari invischiati in fatti di violenza sui cittadini. A decretarlo è stato il presidente Guillermo Lasso, fervente liberista e amico degli Usa (curiosamente definito da Biden un «sostenitore degli ideali della democrazia»). Il pretesto utilizzato è un aumento giudicato fuori controllo dei crimini legati allo spaccio e al consumo di droga, ma è d’obbligo notare come la decisione arrivi in un momento di evidenti tensioni sociali nel paese, con le proteste che crescono contro le politiche economiche di Lasso.
L’operazione messa in atto dal Governo per far fronte all’emergenza poggia su un impiego massiccio delle Forze dell’Ordine, le quali potranno effettuare controlli sulle armi, ispezioni, pattugliamenti 24 ore al giorno. Verrà creata la Unità di Difesa Legale della Forza Pubblica, entità che si dedicherà ad impedire che i membri delle Forze dell’Ordine siano “citati in giudizio solo per aver compiuto il loro dovere”. «La legge deve intimidire il delinquente, non la polizia» ha affermato Lasso. Inoltre, è previsto l’indulto per coloro tra le Forze Armate “che siano stati ingiustamente condannati per aver eseguito il loro lavoro”: formulazione che lascia presagire nei fatti un’impunita per i militari che si macchiano di violenze. L’esecutivo di Lasso si dedicherà inoltre, nei prossimi giorni, a realizzare un progetto di legge che aumenterà la protezione legale nei confronti delle forze dell’ordine che si chiamerà “Legge di Difesa del Dovere della Forza Pubblica“.
Secondo quanto affermato dal Presidente Lasso durante una diretta nazionale, l’Ecuador è recentemente passato dall’essere un Paese di traffico di droga a uno di consumo, fattore che avrebbe portato a un’impennata nel numero di furti, omicidi e rapine. I provvedimenti previsti da Lasso, che rientrano nel Piano Nazionale di Sicurezza 2019-2030, vengono attuati nell’ottica di una logica securitaria che militarizza le strade ma tralascia l’elaborazione di programmi di sostegno alla cittadinanza. Durante il suo discorso Lasso fa infatti riferimento solo vagamente a un Comitato Interistituzionale formato dai Ministeri del fronte sociale, che introdurrà azioni concrete di contenimento, prevenzione e reinserimento sociale.
L’annuncio di Lasso è arrivato in un momento critico per l’Ecuador. Il 29 settembre il Presidente aveva dichiarato lo stato di emergenza del sistema carcerario, anche questo protratto per 60 giorni, all’indomani della rivolta che è stata definita dal Al-Jazeera “il caso più mortale di violenza in prigione dell’Ecuador”. Il nome di Guillermo Lasso è poi emerso nell’ambito dell’inchiesta dei Pandora Papers, per il quale l’Assemblea Nazionale ha disposto che siano effettuate ulteriori investigazioni sui presunti illeciti fiscali del Presidente ecuadoriano.
Come fa notare il quotidiano ecuadoriano La Hora, lo stato d’eccezione può favorire in vari modi il governo di Lasso. Tra questi vi è la possibilità per il Presidente di ricorrere alla cosiddetta muerte cruzada, soluzione che gli permetterebbe di sciogliere l’Assemblea Nazionale, istituto con funzione legislativa il quale ha respinto le proposte di legge per le riforme tributarie e del lavoro volute da Lasso e classificate come “urgenti”. Ricorrere alla muerte cruzada è possibile solo nel contesto di gravi crisi interne, come quelle che hanno portato alla applicazione dello stato di emergenza. In secondo luogo, lo stato d’eccezione limita il diritto a manifestare in un momento dove sono in programma diverse mobilitazioni contro le politiche economiche e sociali del governo. A tal proposito, il quotidiano El Comercio precisa che lo stato d’emergenza non impedisce la libertà di circolazione dei cittadini, ma mette in campo un grande contingente di Forze Armate in un momento in cui si preparano proteste contro l’azione del Governo. “Dirigenti dei movimenti sociali e sindacali rifiutano il decreto, per il timore che le Forze Armate siano utilizzate durante le manifestazioni”.
[di Valeria Casolaro]
La Corte di Cassazione conferma: Fininvest ha finanziato la mafia
Scrivere che “La Fininvest ha finanziato Cosa Nostra ed è stata in rapporti con la mafia” è assolutamente legittimo: così ha stabilito la Corte di Cassazione, che dopo sette anni è andata a chiudere il processo intentato dalla Fininvest, holding fondata nel 1975 da Silvio Berlusconi, contro il magistrato Luca Tescaroli, il giornalista Ferruccio Pinotti ed RCS, la Casa Editrice che ha pubblicato il loro libro dal titolo “Colletti Sporchi”. All’interno dell’opera, uscita nel 2008, gli autori avevano approfondito l’annoso tema dei rapporti tra il gotha della mafia siciliana e la società di Berlusconi, i cui vertici avrebbero versato periodicamente 200 milioni di lire “a titolo di contributo a Cosa Nostra”.
In particolare, nel libro trovavano spazio le dichiarazioni del pentito Salvatore Cancemi, che, nella cornice del processo sulle stragi di Capaci e di via D’Amelio, rivelò che il capo di Cosa Nostra Totò Riina si sarebbe attivato dall’inizio degli anni ’90 al fine di “coltivare direttamente […] i rapporti con i vertici della Fininvest tramite Craxi” e che lo stesso Riina, nel 1991, gli riferì che “Berlusconi e […] Marcello Dell’Utri erano interessati ad acquistare la zona vecchia di Palermo e che lui stesso (Riina, ndr) si sarebbe occupato dell’affare, avendo i due personaggi ‘nelle mani’”. Lo spaccato delineato da Cancemi rispetto all’asse Fininvest-Cosa Nostra è stato confermato dalle testimonianze di altri importanti esponenti della mafia palermitana divenuti collaboratori di giustizia, tra cui Giovanni Brusca, che inquadrò “come regalo, come contributo, come estorsione” il denaro versato da Berlusconi a Cosa Nostra, e Gaetano Grado, che affermò che una parte degli ingenti guadagni del traffico di droga furono investiti dalla mafia, tramite l’azione di Dell’Utri, nelle società di Silvio Berlusconi.
Essendo stato riconosciuto come mediatore tra Cosa Nostra e l’allora imprenditore Berlusconi, nel 2014 Marcello Dell’Utri è stato condannato per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. La sentenza definitiva che gli ha impartito sette anni di carcere afferma che “grazie all’opera di intermediazione svolta da Dell’Utri veniva raggiunto un accordo che prevedeva la corresponsione da parte di Silvio Berlusconi di rilevanti somme di denaro in cambio della protezione da lui accordata da Cosa Nostra palermitana. Tale accordo era fonte di reciproco vantaggio per le parti che a esso avevano aderito grazie all’impegno profuso da Dell’Utri: per Silvio Berlusconi esso consisteva nella protezione complessiva sia sul versante personale che su quello economico; per la consorteria mafiosa si traduceva invece nel conseguimento di rilevanti profitti di natura patrimoniale. Tale patto non era stato preceduto da azioni intimidatorie di Cosa Nostra palermitana in danno di Silvio Berlusconi e costituiva piuttosto l’espressione di una certa espressa propensione a monetizzare per quanto possibile il rischio cui era esposto”. Secondo i magistrati, tale patto sarebbe stato stipulato nel 1974, in occasione di un incontro tenutosi a Milano tra Silvio Berlusconi, il suo braccio destro Marcello Dell’Utri, l’allora capo della mafia palermitana Stefano Bontate e il mafioso Francesco di Carlo. Esso sarebbe rimasto effettivo fino all’anno 1992. “Il sopravvento di Riina e dei corleonesi [che sconfissero i palermitani nella seconda guerra di mafia e conquistarono il comando dell’organizzazione, ndr] – prosegue la Cassazione – non aveva mutato gli equilibri che avevano garantito l’accordo nel 1974 tra Berlusconi e Cosa Nostra grazie all’intermediazione di Dell’Utri, che aveva assicurato da un lato la generale protezione dell’imprenditore, e dall’altro profitti e guadagni illeciti utili al rafforzamento dell’organizzazione mafiosa, che per circa un ventennio aveva mantenuto contatti con il facoltoso imprenditore. L’avvento dei corleonesi di Totò Riina non aveva inciso sulla causa illecita del patto. Berlusconi aveva infatti costantemente manifestato la sua personale propensione a non ricorrere a forme istituzionali di tutela, ma avvalendosi piuttosto dell’opera di mediazione con Cosa Nostra svolta da Dell’Utri. A sua volta Dell’Utri aveva provveduto con continuità a effettuare per conto di Berlusconi il versamento delle somme concordate a Cosa Nostra e non aveva in alcun modo contestato le nuove richieste avanzate da Totò Riina”.
La via era, insomma, segnata dalle precedenti risultanze processuali. Seguendo la linea dei giudici di primo e secondo grado e respingendo l’ennesimo ricorso della Fininvest, la Cassazione ha effettuato la “verifica dell’avvenuto esame, da parte del giudice del merito, della sussistenza dei requisiti della continenza, della veridicità dei fatti narrati e dell’interesse pubblico alla diffusione delle notizie” e “della congruità e logicità della motivazione”. La Fininvest sarà ora chiamata a pagare le spese processuali.
[di Stefano Baudino]
Brasile, Bolsonaro accusato di crimini contro l’umanità per la gestione dell’emergenza Covid
Un rapporto del Senato brasiliano chiede che Bolsonaro sia perseguito per crimini contro l’umanità per la gestione della pandemia in Brasile, che ha portato a 600mila morti. In 1200 pagine il documento chiede che siano indagati anche membri della sua amministrazione e i tre figli, tutti impegnati politicamente. Se il comitato senatoriale voterà l’approvazione del documento, il 26 ottobre, questo passerà all’ufficio del procuratore generale Aras, incaricato da Bolsonaro e suo alleato. Bolsonaro continua ad affermare di aver agito nel miglior modo possibile per gestire la pandemia, e accusa il Senato di manovre politiche.