sabato 20 Settembre 2025
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Sudan, 7 morti e 140 feriti durante le proteste

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In Sudan le proteste contro il colpo di Stato militare avvenuto ieri sono proseguite per tutta la notte: sono già state registrate 7 vittime e oltre 140 feriti. I cittadini hanno barricato le strade nella capitale e nella città di Omdurman, con il rischio che si verifichino anche qui scontri violenti. Nella giornata di ieri il generale dell’esercito Abdel Fattah al-Burhan ha annunciato lo stato di emergenza e sciolto il governo di transizione del Paese. L’accesso a Internet è bloccato e anche tutte le strade di accesso a Khartoum. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite terrà oggi una riunione straordinaria per discutere dello sviluppo dei fatti.

Myanmar escluso dal summit annuale ASEAN

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L’Associazione delle Nazioni del Sudest Asiatico (ASEAN) ha cominciato oggi il summit annuale senza il Myanmar, escluso il 15 ottobre dopo che il capo militare Min Aung Hlaing ha fallito nell’attuazione di un processo di pace. Si tratta di una decisione storica in quanto l’ASEAN è nota per non interferire nelle questioni interne dei singoli Stati. Il più alto diplomatico veterano del Myanmar è stato invitato come rappresentante non politico, ma non ha partecipato. Inoltre i militari hanno impedito a un rappresentante dell’ASEAN di incontrare Aung San Suu Kyi e altri leader detenuti dopo il golpe. Dal colpo di stato, i militari hanno ucciso più di 1000 persone e ne hanno detenute a migliaia.

Cortina d’Ampezzo: cittadini e associazioni protestano contro le olimpiadi del 2026

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Tutela del territorio e delle montagne, contrasto di ogni nuova struttura che causi consumo di suolo, una Valutazione di Impatto Strategico (Vas) a norma di legge dei progetti approvati. Sono queste le richieste principali ribadite con forza, a Cortina d’Ampezzo da oltre 50 comitati e centinaia di singoli cittadini durante una manifestazione svoltasi per denunciare le criticità legate alle prossime Olimpiadi invernali Milano-Cortina del 2026. Il comunicato delle associazioni ribadisce che «i grandi eventi sportivi internazionali sono incompatibili con una corretta gestione del territorio tanto fragile di tutte le Alpi» e che «le Olimpiadi sono l’occasione per imporre ai territori altre infrastrutture incompatibili con i cambiamenti climatici in atto e con la necessità di salvaguardare ogni lembo di territorio rimasto libero».

Hanno giudicato poi «inconcepibile che un evento come quello di Milano Cortina 2026, dichiarato a costo zero e sostenibile, ad oggi non abbia portato a conoscenza dei cittadini l’entità dei progetti in corso, la loro qualità, i loro costi e il loro impatto e gestione sui territori interessati», denunciando la mancanza di una VAS (Valutazione di impatto strategico) con il fine di determinare «l’incidenza complessiva di tutte le opere sui territori, sul sociale e sulla economia». Essa tra l’altro era stata negli scorsi mesi anche richiesta ufficialmente da diverse associazioni ambientaliste, ma ad oggi non è stata presa in considerazione dalle amministrazioni.

In armonia con i tempi, le olimpiadi di Cortina ’26 sono un trionfo della comunicazione green. Dal logo alle dichiarazioni di organizzatori e politici, ogni narrazione sull’evento è infarcita di concetti come “sostenibilità”, “economia circolare”, “impatto zero”. Una retorica che appare ben lontana dalla realtà dei fatti e causa le proteste della popolazione locale, che vede con i propri occhi gli effetti dei cantieri sulle montagne. È stato il caso, nelle scorse settimane, del progetto di ristrutturazione della pista da bob “Eugenio Monti”, a Cortina, che causerà ulteriore consumo di suolo in un’area già molto antropizzata. Quando, se si avesse avuto a cuore la preservazione ambientale, secondo le associazioni sarebbe bastato spostare le gare nella vicina Innsbruck, già dotata di strutture adeguate.

[di Raffaele De Luca]

Usa: nuovo cyber attacco da agenzia intelligence russa

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Secondo quanto riportato dal New York Times, che cita funzionari Microsoft ed esperti di sicurezza informatica, un nuovo cyber attacco è stato lanciato dalla principale agenzia di intelligence russa nei confronti delle reti informatiche del governo, delle aziende e dei think-tank degli Usa. Sul quotidiano statunitense si legge che funzionari del governo hanno confermato che l’attacco, apparentemente finalizzato all’acquisizione di dati archiviati nel cloud, sembra provenire dalla SVR, i servizi segreti russi per l’estero che entrarono nelle reti del Comitato nazionale democratico durante le elezioni del 2016. Esso arriva a pochi mesi dalle sanzioni americane contro Mosca per una serie di operazioni di spionaggio condotte in tutto il mondo.

Europa: come le lobby agroalimentari ostacolano le riforme per l’ambiente

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Con 452 voti a favore, 170 contrari e 76 astenuti, nei giorni scorsi il Parlamento europeo ha approvato il testo della strategia chiamata “Farm to Fork” (letteralmente dal produttore al consumatore), ritenuta il fulcro del Green Deal che mira a fare dell’Europa il primo continente a zero emissioni entro il 2050. Ciò significa che da ora in poi si potrà concretamente lavorare sugli obiettivi previsti, presentando proposte di legge, nonostante la forte opposizione di decine di lobby agroalimentari.

Per capire il motivo della loro disapprovazione è necessario fare un passo indietro e spiegare in cosa consiste la Farm to Fork. Si tratta di un piano che ruota principalmente attorno a sei macro-obiettivi, elencati nell’inchiesta condotta di Irpimedia. Fra questi: riduzione del 50% dell’uso di pesticidi chimici; il dimezzamento della perdita di nutrienti e quindi la riduzione di almeno il 20% dell’uso di fertilizzanti; la riduzione del 50% di antimicrobici per gli animali d’allevamento e di antibiotici per l’acquacoltura; un aumento del 25% dei terreni agricoli destinati all’agricoltura biologica e infine la riduzione del 10% del suolo utilizzato per gli allevamenti intensivi. E ancora: una nuova etichettatura nutrizionale, un miglioramento del benessere degli animali e l’inversione della perdita di biodiversità.

È più facile, adesso, intuire le preoccupazioni delle lobby. Diminuire l’uso di pesticidi, ad esempio, e ridurre la quantità di fertilizzanti significherebbe perdere una grossa fetta di produzione. Motivo per cui le lobby stesse hanno chiesto a gran voce alla Commissione europea una valutazione sull’impatto che il piano avrebbe su di loro, in particolar modo sulla perdita di competitività delle aziende europee sul mercato agroalimentare. Insomma, tentano, di fatto, di giocare al ribasso, schierando coalizioni formate da grossi agricoltori e produttori di carne, a cui si sono aggiunti i colossi dell’industria dei pesticidi.

In particolare, le lobby lamentano un ipotetico aumento dei costi di produzione e dei prezzi del prodotto finale, che spingerebbe il consumatore a rivolgersi altrove, per risparmiare. A sostegno della loro tesi hanno anche commissionato diversi studi (giudicati da molte associazioni imparziali e di parte) e finanziato diverse campagne informativa online. Negli studi si parla quasi sempre dell’aumento dei prezzi, tema centrale e di vitale importanza per i grandi produttori. Di fatto, niente a che vedere con la salvaguardia dell’ambiente e nessun aspetto positivo citato. E ce ne sarebbero molti, oltre a quelli strettamente legati alla riduzione di anidride carbonica, ad esempio. Diminuire la produzione delle grandi “catene” significa fare spazio alle piccole aziende che già producono e vendono a prezzi più alti.

Infatti la gran parte degli agricoltori e degli allevatori intervistati da Irpi ha detto di non conoscere la F2F, perché “Per noi piccole aziende con poca manodopera è difficile essere informati su cosa accade in Europa e su tutti gli incentivi”. Ma in ogni caso, per loro non sarebbe un problema adeguarsi a nuove e più rigide normative, visto che la maggior parte di loro lo fa già. «Se fanno costare il pomodoro due euro al chilo io sono felice perché tanto comunque a cinque li vendo. Il piccolo produttore non ha nessun problema con questa iniziativa»

Eppure un’azione urgente è necessaria, proprio da parte di quelle lobby che tanto lottano per tenersi strette i loro pesticidi. La sola industria agroalimentare è responsabile di un terzo delle emissioni globali di gas serra. Nello specifico, 17 miliardi di tonnellate di CO2 l’anno, di cui il 29% deriva dalla produzione di alimenti di origine vegetale e il 57% dai cibi di origine animale.

[di Gloria Ferrari]

Hong Kong: Amnesty International chiuderà uffici per legge su sicurezza nazionale

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Amnesty International, l’organizzazione non governativa internazionale impegnata nella difesa dei diritti umani, ha comunicato che chiuderà i suoi uffici ad Hong Kong: tale scelta è stata presa a causa della minaccia posta al personale dalla legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino a Hong Kong lo scorso anno. Nello specifico, essa «ha reso impossibile alle organizzazioni per i diritti umani nella città di lavorare liberamente e senza timore di gravi rappresaglie da parte del governo», ha fatto sapere tramite una nota Anjhula Mya Singh Bais, la presidente del board di Amnesty.

Londra scende in strada per la libertà di Julian Assange

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Centinaia di persone si sono riunite in un corteo di protesta giunto fin sotto il palazzo dell’Alta Corte di Londra, dove i giudici il prossimo 27 e 28 ottobre si riuniranno per valutare la nuova richiesta di estradizione formulata dagli Stati Uniti nei confronti del giornalista d’inchiesta Julian Assange. È l’ultimo atto di una persecuzione che priva il fondatore di WikiLeaks della libertà da ormai dieci anni. Un processo che, oramai è provato oltre ogni dubbio, si basa in gran parte su prove fornite da un testimone non attendibile.

Se il tribunale di Londra concedesse l’estradizione, Assange rischierebbe una condanna a 175 anni per “spionaggio”. Ovvero per aver svelato al mondo oltre 10 milioni di documenti riservati attraverso i quali abbiamo conosciuto la verità su molte malefatte dei governi occidentali. Innanzitutto quelle degli Usa in Iraq e Afghanistan, costate nel complesso centinaia di migliaia di morti. Rivelazioni talmente scomode che la CIA in passato non esitò a mettere in campo un piano per ucciderlo.

Dall’11 aprile 2019 Assange è incarcerato in Inghilterra con accuse giudicate pretestuose dalle organizzazioni per i diritti umani. Prima per violazione dei termini della libertà su cauzione (conseguente a controverse accuse di stupro dalla Svezia) e poi per le accuse di cospirazione e spionaggio da parte degli Stati Uniti. Ad oggi, Julian Assange si trova nella prigione di massima sicurezza britannica di Belmarsh.

‘Ndrangheta: 15 misure cautelari per usura ed estorsione con metodo mafioso

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Questa mattina, gli uomini della Polizia, dei carabinieri e della Guardia di Finanza di Brescia, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Brescia, hanno dato esecuzione a 15 misure cautelari nei confronti di persone ritenute legate alla ‘Ndrangheta. Nello specifico i 15 individui sono gravemente indiziati, a vario titolo, di usura ed estorsione di stampo mafioso a danno di diversi imprenditori. Le misure inoltre sono state eseguite nell’ambito dell’operazione denominata “Atto finale” ed esse interessano 5 province italiane: Brescia, Milano, Cremona, Ascoli e Reggio Calabria.

Amnesty: in Italia sanitari silenziati per aver denunciato la malagestione Covid

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sanitario

Amnesty International ha pubblicato un rapporto sulle condizioni degli operatori sociosanitari dipendenti delle RSA durante la prima ondata della pandemia, dal titolo Messi a tacere e inascoltati in piena pandemiaLe numerose testimonianze raccolte descrivono inadatte condizioni di sicurezza e lavoro nelle strutture, con turni massacranti e veti sull’uso delle protezioni. Coloro tra i dipendenti che hanno denunciato gli abusi subiti e la totale assenza di sicurezza sono stati sottoposti a pressioni e ritorsioni, fino alla perdita dell’impiego. Le inadeguatezze preesistenti hanno esacerbato gli effetti della pandemia: il 65,6% dei lavoratori che hanno contratto il Covid sul posto di lavoro sono operatori e operatrici sanitari e sociosanitari.

Secondo quanto riportato, denunciare irregolarità nella gestione dell’emergenza ha infatti comportato il licenziamento di diversi tra gli operatori. Una di loro afferma: “Ci avevano detto di non usare le mascherine per non creare panico a utenti e famiglie, ma eravamo già in pieno Covid, verso fine febbraio o inizio marzo [2020]. Ci siamo ribellati e abbiamo fatto denuncia contro la persona che ci ha ammonito di non usare le mascherine. Io sono stata messa in quarantena preventiva per motivi politici e al rientro ho dovuto fare il tampone […] Le ripercussioni sono iniziate subito dopo le denunce”. Alcune strutture hanno minacciato di denunciare persino i delegati sindacali per diffamazione, per via “del loro impegno nella tutela dei diritti dei/le lavoratori/trici”. Un intervistato riporta una condizione di “perenne ricatto” possibile anche a causa del bassissimo livello di sindacalizzazione tra i dipendenti del settore: “se vengono a sapere che sei iscritto al sindacato ti fanno fuori professionalmente”.

Questo avviene perché mentre nel settore pubblico è un ente indipendente centralizzato a raccogliere le segnalazioni di irregolarità sul posto di lavoro (l’Autorità nazionale anticorruzione), nel settore privato sono le singole imprese a istituire sistemi interni di segnalazione. Da questo il rapporto di Amnesty deduce che “La possibilità che gli/le operatori/trici sanitari/e e sociosanitari/e delle strutture private abbiano avuto accesso a procedure adeguate a denunciare irregolarità durante la pandemia è oggetto di forti dubbi”. Le differenze tra i due settori riguardano anche fattori come il salario, nel pubblico superiore anche del 20 o 30 percento a parità di ruolo.

Tali fattori discriminanti portano le strutture private a disporre di personale insufficiente, che a sua volta comporta orari lavorativi più lunghi ed estenuanti per gli operatori. Un dipendente riporta che “Durante l’emergenza varie persone dello staff hanno lasciato […] A volte lavoravo anche 16 ore al giorno, oppure facevo il turno di notte e poi lavoravo di nuovo il giorno dopo senza riposo, o facevo tre o quattro notti consecutive, che è anche illegale. È stato veramente stressante e stancante. Anche i turni venivano riadattati quotidianamente e non c’era modo per negoziare o pianificare la tua vita personale”. Molte altre testimonianze raccolte descrivono la medesima situazione. Ad aggravare il tutto vi è il fatto che durante la prima ondata il personale delle RSA non abbia avuto accesso al test diagnostico sino ad aprile 2020, moltiplicando così il numero dei contagi. Complice di tutto ciò è la limitata capacità dell’Ispettorato del lavoro di compiere le necessarie verifiche, nonostante le ripetute segnalazioni dell’Usb (l’Unione sindacale di base).

Dopo l’allarme dei lavoratori e dei sindacati, Amnesty ha lanciato un appello al Parlamento, chiedendo che sia istituita “una commissione d’inchiesta indipendente che indaghi sulla risposta delle autorità alla pandemia da Covid-19, con un focus specifico sulle strutture residenziali sociosanitarie e socioassistenziali”.

[di Valeria Casolaro]

Polonia, Morawiecki: “difesa dei nostri diritti con tutte le armi disponibili”

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“Se la Commissione europea inizierà la terza guerra mondiale” trattenendo i soldi che sono stati promessi a Varsavia, “difenderemo i nostri diritti con tutte le armi a nostra disposizione”: è quanto affermato dal primo ministro polacco Morawiecki al Financial Times, alla domanda su possibili veti da parte della Polonia riguardo a decisioni critiche quali il pacchetto clima dell’UE. Secondo Morawiecki l’UE avrebbe avanzato a Varsavia delle richieste “puntandole una pistola alla testa” e ha sostenuto che per risolvere la crisi dello stato di diritto del Paese Bruxelles deve prima ritirare le minacce di sanzioni legali e finanziarie. Per Morawiecki l’intera operazione è un “processo politico che può essere fermato dai politici”.