sabato 20 Settembre 2025
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Amnesty: in Italia sanitari silenziati per aver denunciato la malagestione Covid

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sanitario

Amnesty International ha pubblicato un rapporto sulle condizioni degli operatori sociosanitari dipendenti delle RSA durante la prima ondata della pandemia, dal titolo Messi a tacere e inascoltati in piena pandemiaLe numerose testimonianze raccolte descrivono inadatte condizioni di sicurezza e lavoro nelle strutture, con turni massacranti e veti sull’uso delle protezioni. Coloro tra i dipendenti che hanno denunciato gli abusi subiti e la totale assenza di sicurezza sono stati sottoposti a pressioni e ritorsioni, fino alla perdita dell’impiego. Le inadeguatezze preesistenti hanno esacerbato gli effetti della pandemia: il 65,6% dei lavoratori che hanno contratto il Covid sul posto di lavoro sono operatori e operatrici sanitari e sociosanitari.

Secondo quanto riportato, denunciare irregolarità nella gestione dell’emergenza ha infatti comportato il licenziamento di diversi tra gli operatori. Una di loro afferma: “Ci avevano detto di non usare le mascherine per non creare panico a utenti e famiglie, ma eravamo già in pieno Covid, verso fine febbraio o inizio marzo [2020]. Ci siamo ribellati e abbiamo fatto denuncia contro la persona che ci ha ammonito di non usare le mascherine. Io sono stata messa in quarantena preventiva per motivi politici e al rientro ho dovuto fare il tampone […] Le ripercussioni sono iniziate subito dopo le denunce”. Alcune strutture hanno minacciato di denunciare persino i delegati sindacali per diffamazione, per via “del loro impegno nella tutela dei diritti dei/le lavoratori/trici”. Un intervistato riporta una condizione di “perenne ricatto” possibile anche a causa del bassissimo livello di sindacalizzazione tra i dipendenti del settore: “se vengono a sapere che sei iscritto al sindacato ti fanno fuori professionalmente”.

Questo avviene perché mentre nel settore pubblico è un ente indipendente centralizzato a raccogliere le segnalazioni di irregolarità sul posto di lavoro (l’Autorità nazionale anticorruzione), nel settore privato sono le singole imprese a istituire sistemi interni di segnalazione. Da questo il rapporto di Amnesty deduce che “La possibilità che gli/le operatori/trici sanitari/e e sociosanitari/e delle strutture private abbiano avuto accesso a procedure adeguate a denunciare irregolarità durante la pandemia è oggetto di forti dubbi”. Le differenze tra i due settori riguardano anche fattori come il salario, nel pubblico superiore anche del 20 o 30 percento a parità di ruolo.

Tali fattori discriminanti portano le strutture private a disporre di personale insufficiente, che a sua volta comporta orari lavorativi più lunghi ed estenuanti per gli operatori. Un dipendente riporta che “Durante l’emergenza varie persone dello staff hanno lasciato […] A volte lavoravo anche 16 ore al giorno, oppure facevo il turno di notte e poi lavoravo di nuovo il giorno dopo senza riposo, o facevo tre o quattro notti consecutive, che è anche illegale. È stato veramente stressante e stancante. Anche i turni venivano riadattati quotidianamente e non c’era modo per negoziare o pianificare la tua vita personale”. Molte altre testimonianze raccolte descrivono la medesima situazione. Ad aggravare il tutto vi è il fatto che durante la prima ondata il personale delle RSA non abbia avuto accesso al test diagnostico sino ad aprile 2020, moltiplicando così il numero dei contagi. Complice di tutto ciò è la limitata capacità dell’Ispettorato del lavoro di compiere le necessarie verifiche, nonostante le ripetute segnalazioni dell’Usb (l’Unione sindacale di base).

Dopo l’allarme dei lavoratori e dei sindacati, Amnesty ha lanciato un appello al Parlamento, chiedendo che sia istituita “una commissione d’inchiesta indipendente che indaghi sulla risposta delle autorità alla pandemia da Covid-19, con un focus specifico sulle strutture residenziali sociosanitarie e socioassistenziali”.

[di Valeria Casolaro]

Polonia, Morawiecki: “difesa dei nostri diritti con tutte le armi disponibili”

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“Se la Commissione europea inizierà la terza guerra mondiale” trattenendo i soldi che sono stati promessi a Varsavia, “difenderemo i nostri diritti con tutte le armi a nostra disposizione”: è quanto affermato dal primo ministro polacco Morawiecki al Financial Times, alla domanda su possibili veti da parte della Polonia riguardo a decisioni critiche quali il pacchetto clima dell’UE. Secondo Morawiecki l’UE avrebbe avanzato a Varsavia delle richieste “puntandole una pistola alla testa” e ha sostenuto che per risolvere la crisi dello stato di diritto del Paese Bruxelles deve prima ritirare le minacce di sanzioni legali e finanziarie. Per Morawiecki l’intera operazione è un “processo politico che può essere fermato dai politici”.

Per la prima volta un rene di maiale è stato trapiantato in un umano

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Il trapianto sperimentale di un rene non umano in un essere umano è avvenuto per la prima volta presso il NYU Langone Health di New York. L’organo, proveniente da un maiale geneticamente modificato, non è stato direttamente impiantato nel corpo del donatore (in stato di morte celebrare), ma attaccato ai vasi sanguigni nella parte superiore della gamba del paziente, all’esterno dell’addome. L’intervento fa parte di un ampio studio approvato da un comitato di supervisione etica della ricerca appositamente designato presso la NYU Langone e rappresenta l’ultimo passo di un protocollo che richiede l’esecuzione di simili procedure. Per quanto sia un evento spartiacque, si tratta di una procedura sperimentale e ci sono molti ostacoli prima che gli organi dei maiali geneticamente modificati possano essere utilizzati negli esseri umani viventi. L’operazione – avvenuta a settembre – è comunque una prima conferma delle possibilità dello xenotrapianto (trapianto eseguito utilizzando organi provenienti da una specie diversa da quella del ricevente), disciplina che vanta ormai una lunga ricerca alle spalle e considerata promettente per il trattamento di diverse patologie.

Sono già stati molti i tentativi di xenotrapianti, ma fino ad oggi tra specie animali non umane (come dai maiali alle scimmie). L’impianto su esseri umani fino ad oggi era stato evitato, e secondo quanto affermato dai ricercatori è stato reso possibile in seguito alla combinazione di due nuove tecnologie, l’editing genetico e la clonazione. Il rene, una volta connesso al donatore è stato coperto da uno scudo protettivo e tenuto sotto osservazione per 54 ore. L’organo ha immediatamente funzionato e non è stato rigettato, grazie alla modifica genetica avvenuta: l’alfa-gal, gene responsabile di un rapido rigetto degli organi suini mediato da anticorpi da parte dell’uomo, è stato eliminato nel maiale donatore. Inoltre, la ghiandola del timo del maiale (responsabile dell’ “educazione” del sistema immunitario) è stata trapiantata con il rene così da evitare nuove risposte immunitarie. Per più di due giorni, i ricercatori non hanno rilevato alcun segno di rigetto e anche i livelli di urina e creatinina erano normali. Il fatto che l’organo abbia funzionato al di fuori del corpo indica che potrebbe effettivamente funzionare nel corpo.

Al netto dei legittimi dubbi etici, un’operazione di questo tipo potrebbe cambiare le sorti di molti pazienti gravemente malati, vista la possibilità di una nuova e vasta fornitura non solo di reni, ma anche di altri organi di maiali geneticamente modificati (come cuori, polmoni e fegati). Solo in Italia sono oltre 6.200 i malati che sono in lista di attesa per poter ottenere un rene (il 72,5% totale di chi è in lista d’attesa per un trapianto) e molti di essi – dicono le statistiche – non riusciranno ad ottenerlo. Per molti di loro lo xenotrapianto rappresenta una speranza. Tuttavia prima che la procedura diventi standard, ammesso che succederà, dovrà passare ancora tempo e vi sono anche ostacoli normativi. Anche le opinioni degli esperti di trapianti sono contrastanti, specialmente per quanto riguarda i rischi a lungo termine dovuti dal tentativo di superare le barriere tra specie viventi. Oltre a ciò, sono sorti interrogativi sullo sfruttamento degli animali: sarebbero allevati ulteriori maiali – oltre ai cento milioni già uccisi ogni anno negli Stati Uniti – per prelevare organi e già alcune associazioni animaliste hanno puntato il dito, sostenendo che gli animali non possono essere considerati come meri “pezzi di ricambio” per gli esseri umani.

[di Francesca Naima]

Colombia, arrestato il trafficante di droga più pericoloso al mondo

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Dario Antonio Usuga, detto Otoniel, è stato catturato nella regione di Uraba, in Colombia, nel corso di un’operazione che ha coinvolto più di 500 agenti delle forze speciali colombiane e 22 elicotteri. Usuga è accusato di esportare centinaia di tonnellate di cocaina ogni anno, ma anche di omicidio, sfruttamento di minori e abuso sessuale su bambini. Il Governo colombiano ha presentato oggi una petizione alla Corte Suprema affinché Usuga sia estradato negli USA, dove è stato incriminato per la prima volta nel 2009. Perché ciò avvenga potrebbero volerci fino a quattro settimane.

L’Italia distribuirà licenze per produrre cannabis terapeutica

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Il Governo potrebbe dare la possibilità ad aziende pubbliche e private di produrre cannabis terapeutica. Lo ha affermato il sottosegretario alla Salute Andrea Costa, durante la trasmissione Mi manda Rai 3. I bandi potrebbero essere aperti già nelle prossime settimane  e daranno “la possibilità di coltivare anche ad aziende private e pubbliche per raggiungere l’obiettivo di essere autosufficienti dal punto di vista della produzione”, secondo quanto affermato da Costa. Al momento la produzione non è sufficiente a coprire la necessità: “Si stima che il fabbisogno nel 2021 sia di 1400 kg e l’Istituto Farmaceutico Militare di Firenze è in grado di produrne forse 300: dobbiamo superare questa problematica”. Il sottosegretario ha aggiunto di aver “istituito anche un tavolo specifico al ministero, dove ho coinvolto tutti gli attori che possono dare un contributo, anche le associazioni dei pazienti, per portare le proprie testimonianze e sensibilizzare la politica a un atto di responsabilità”.

L’Italia produce cannabis per scopi terapeutici dal 2016, ma sino ad ora l’unico ente autorizzato era lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, il quale si occupa anche della distribuzione presso le farmacie. Il quantitativo prodotto, tuttavia, deve essere necessariamente integrato con l’importazione. L’accesso alle cure è reso anche difficoltoso dalla diversa distribuzione regionale di tali sostanze, difficilmente reperibili in alcune zone, come ha ricordato lo stesso Costa. La decisione del Governo permetterebbe di risolvere l’impasse causata dalla legalità delle cure e dalla scarsità della loro diffusione e disponibilità.

[di Valeria Casolaro]

Colpo di Stato in Sudan, arrestato il primo ministro

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Un gruppo di militari ha arrestato nelle prime ore di questo lunedì mattina il primo ministro sudanese Abdalla Hamdok e lo ha trasferito in un luogo al momento sconosciuto. Numerosi altri ministri e membri del governo civile sono stati arrestati. Al-Jazeera riferisce che “l’accesso alle comunicazioni è stato limitato nel Paese” ed è perciò complesso capire lo sviluppo dei fatti. Le fonti riferiscono che l’esercito ha bloccato gli accessi alla capitale Khartoum, dove si trovano le istituzioni governative, il palazzo presidenziale e gli uffici del primo ministro. Il Sudan si trova in un delicatissimo momento di transizione, con i gruppi militari e civili che dovrebbero dividersi il potere dopo il rovesciamento del leader di lunga data al-Bashir.

Milano: manifestante No Green Pass colpito al collo, sviene e poi viene trascinato via

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Durante la manifestazione contro il green pass svoltasi a Milano ieri sera, 23 ottobre, c’è stato un fatto di cronaca grave, per ora non riportato da nessun media, sul quale si dovrà fare luce. Un manifestante viene circondato da quattro o cinque persone. Una di esse lo afferra per il collo fino a che il manifestante crolla privo di sensi. A quel punto le persone che lo circondavano lo prendono per mani e pieni e lo trascinano, svenuto, per decine di metri.

Chi sono le persone in questione? Dalle immagini pubblicate da Local Team si evincono con chiarezza alcuni dati incontrovertibili: le persone che lo circondano, in abiti borghesi, sono poste dietro lo sbarramento degli agenti di polizia in assetto antisommossa, di fianco a loro compare più volte un agente, anch’esso in borghese, con la radiolina: probabilmente un dirigente. Si tratta quindi di agenti in borghese? Non si può affermare con certezza che lo siano, ma dalle immagini l’ipotesi appare quantomeno concreta, quasi ovvia.

Ad alimentare la necessità di fare immediata chiarezza sull’accaduto (questione della quale si auspica che si occupi il ministero dell’Interno) si aggiunge un altro dettaglio. Analizzando il video a rallentatore – che pubblichiamo di seguito – si evince come la mossa (pressione sul collo in corrispondenza della giugulare) che causa lo svenimento del manifestante appaia con ogni probabilità di natura volontaria e intenzionale.

I fatti sono accaduti ieri sera (23/10/21) nel momento in cui uno spezzone del corteo No Green Pass, dopo lo sbarramento incontrato in piazza Cinque Giornate, ha deviato ed è riuscito a percorrere via Litta arrivando vicino alla sede della CGIL.

 

Il pesce d’allevamento non è buono: né per noi, né per l’ambiente

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Negli ultimi decenni si è affermato un nuovo metodo atto a sfamare la popolazione mondiale: l’acquacoltura. Si tratta dell'allevamento di pesci ed altri organismi acquatici in ambienti confinati e controllati dall'uomo, che comunemente è ritenuto meno impattante della pesca industriale. Tuttavia, analizzando tutto ciò che l’acquacoltura comporta, ci si rende conto che essa non rappresenta una buona alternativa alla pesca intensiva né dal punto di vista nutrizionale, né da quello ambientale.
I danni della pesca industriale
Partendo da quest’ultimo punto, basterà ricordare che da una ricerca pub...

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Turchia: Erdogan espelle 10 ambasciatori occidentali

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Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha annunciato di aver ordinato al ministro degli Esteri di dichiarare «persona non grata» i 10 ambasciatori occidentali in Turchia firmatari di un appello per il rilascio del filantropo Osman Kavala, detenuto da oltre 4 anni. Tra loro ci sono anche i rappresentanti di Stati Uniti, Francia e Germania. «Kavala è il rappresentante turco di George Soros», ha affermato Erdogan, il quale ha aggiunto che gli ambasciatori «impareranno a conoscere e capire la Turchia o dovranno andarsene».

Gli USA coprono coi soldi gli omicidi di innocenti provocati dai droni

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drone MQ-9 reaper

Il 29 agosto, nel pieno della fuga dall’Afghanistan, la situazione militare nell’aeroporto di Kabul era incandescente: un attentato di Daesh aveva causato una caotica carneficina e la tensione era alle stelle. In questo momento di panico, gli Stati Uniti non hanno saputo controllarsi e hanno applicato una strategia di attacco preventivo che li ha infine condotti a bombardare un dipendente di una no-profit pensando fosse un terrorista. Ora, col capo metaforicamente coperto di cenere, il Pentagono vuole compensare questa “svista” risarcendo le famiglie coinvolte con una cifra la cui entità non è stata rivelata, una risoluzione che però non risolve i problemi di fondo che sussistono nell’utilizzare i droni militari (UAV).

Nel caso specifico, il missile non ha mietuto il solo l’agente dell’ONG, ma anche tutta una serie di vittime collaterali, sterminando una famiglia di 10 persone che, comprensibilmente, ha premuto perché fosse portata avanti un’indagine e, soprattutto, che i responsabili venissero puniti. Ebbene, gli Stati Uniti sono disposti ad ammettere l’errore, ma non sono stati altrettanto aperti nel prendersi carico della colpa, ritenendo anzi che il loro attacco omicida fosse più che giustificato da una «ragionevole certezza» della pericolosità della situazione.

Non è colpa del comandante che ha dato l’ordine, dell’esecutore materiale e neppure dell’Intelligence che ha fornito i dati, semplicemente sono cose che capitano, sembra intendere il contesto. Un genere di incidenti in cui gli Stati Uniti incappano in maniera reiterata, se si considera che circa il 90% delle persone uccise dai droni siano vittime collaterali e non bersagli effettivi. La Difesa, d’altro canto, non nasconde il fatto di sentirsi innocente, anzi etichetta ufficialmente il risarcimento in questione come un «pagamento di condoglianza» effettuato «ex gratia», ovvero per mera benevolenza.

Si tratta di un modus operandi tipico degli Stati Uniti, i quali nel solo 2019 hanno coperto i loro errori pagando alle famiglie di 65 vittime innocenti cifre che si aggirano sui $6.000 a morto, un escamotage amministrativo che permette a Washington di rallentare i moti di sdegno che stanno crescendo attorno al controverso utilizzo dei droni bombardieri.

Non solo, nonostante la resa mediocre, l’uso letale degli UAV sta diventando velocemente un “must” per gli eserciti di tutto il mondo – anche l’Italia pare vi si stia conformando -, dettaglio che non può che venir fomentato dal fatto che ci si ostini a non considerare questi errori al pari di crimini di guerra e che anzi gli Stati escano dai loro massacri dipingendosi come generosi benefattori.

[di Walter Ferri]