Un C130 sbarca a Fiumicino con 85 afghani a bordo. Altri due con ulteriori 150 persone decolleranno da Kabul in giornata. Si tratta dei primi arrivi tramite il piano di evacuazione preparato dal governo italiano per cercare di evacuare, e presumibilmente salvare la vita, ai cittadini afghani che avevano collaborato con le forze militari italiani e ai loro familiari. Persone che rimanendo in Afghanistan rischierebbero le rappresaglie dei talebani.
Nei Caraibi gli sversamenti di petrolio stanno devastando le comunità locali
Continue fuoriuscite di petrolio danneggiano da tempo i Caraibi; basti pensare che ci sono state 498 fuoriuscite di petrolio segnalate a terra e in mare dall’inizio del 2018. In una delle aree più importanti per la biodiversità di Trinidad e Tobago, il Golfo di Paria – che rappresenta più del 60% di tutta l’attività di pesca – le fuoriuscite di petrolio stanno compromettendo la pesca, in un paesaggio segnato da macchie di “oro nero”. Il più recente sversamento di petrolio è avvenuto proprio nel Golfo di Paria e questa è solo l’ultima delle svariate fuoriuscite che da tempo minacciano di devastare tanto le forme di vita quanto le attività umane legata ai luoghi. Responsabile dell’ennesimo – e più recente – sversamento di petrolio è la compagnia petrolifera Paria Fuel Trading Company Limited, dalla quale pervengono le seguenti informazioni: la Paria fa sapere di avere notato la fuoriuscita di petrolio intorno alle 19.30 di sabato 7 agosto. La causa, spiega la compagnia, è riconducibile alla perdita lungo una conduttura di greggio, lunga 30,48 cm.
La Fishermen and Friends of the Sea (FFOS) ha poi mosso delle accuse contro la compagnia petrolifera Paria Fuel, che secondo la FFOS avrebbe omesso e nascosto informazioni sulla fuoriuscita di petrolio nel Golfo di Paria, denunciata solo in data 9 agosto. Le Autorità di Gestione Ambientale di T&T hanno riconosciuto le fuoriuscite così come ha poi fatto la Paria Fuel. Quest’ultima, ha precisato di essere subito entrata in azione per limitare il più possibile il danno. Dall’azienda viene spiegato il posizionamento strategico dei bracci assorbenti così da prevenire l’ulteriore propagarsi del petrolio in mare, precisando poi come i camion di aspirazione stessero rimuovendo il petrolio raccolto sulla terraferma. Per quanto riguarda le strisce di petrolio in mare, invece, la soluzione è stata quella di “romperle meccanicamente”. Dichiarazioni, queste ultime, che vengono però contrastate dall’opinione di Lisa Premchand – direttrice del programma FFOS – la quale specifica l’assenza di prove che possano dimostrare l’effettivo uso dei bracci col fine di contenere la rischiosa fuoriuscita.
Secondo alcune testimonianze, invece, la Fuel starebbe usando dei prodotti chimici così da disperdere il petrolio, ma è vietato l’utilizzo delle suddette sostanze vicino la costa e, inoltre, prima che il petrolio possa degradarsi dovranno passare anni. Mentre la Paria Fuel non ha ancora reso noto il volume di petrolio fuoriuscito, dai video condivisi dal segretario aziendale della FFOS, Gary Aboud, si palesano le conseguenze della dispersione del petrolio. Le comunità della zona, poi, come la comunità costiera di Claxton Bay, sono composte prevalentemente da pescatori. Sono anni che eventi simili accadono e il non riuscire a controllare le fuoriuscite, potrebbe portare a un vero disastro per l’ambiente e per l’economia, per la fornitura di cibo e per lo stile di vita delle comunità. Infatti, un rapporto del Ministero dell’Agricoltura del 1992, ha dimostrato che circa 40.000 persone dipendono direttamente o indirettamente dall’industria della pesca come principale fonte di reddito che, però, diviene sempre più difficile – e rischiosa – da effettuare con il crescente inquinamento.
[di Francesca Naima]
Arrestati in Crimea cinque terroristi
Mercoledì 18 agosto in Crimea, cinque membri dell’organizzazione terroristica Hizb al-Tahrir (che in Russia è bandita dal 2003) sono stati arrestati. È stata la TASS, agenzia stampa russa, a riportare la dichiarazione del Servizio Federale per la Sicurezza (FSB) della Federazione Russa; nello specifico, la FSB ha comunicato di avere arrestato due capi e tre membri del gruppo terroristico Hizb al-Tahrir, visto il materiale di propaganda sequestrato agli accusati e le diverse prove che dimostrano l’impegno degli ultimi in attività di propaganda dello Stato Islamico, per la creazione del “Califfato mondiale”.
Siria: Israele attacca Quneitra
Un altro attacco in Siria da parte di Israele; la sera del 17 agosto, Israele ha infatti colpito un avamposto militare in Siria: tre missili sono caduti a Qurs al-Nafl, vicino municipalità di Huder, nella periferia settentrionale di Quneitra. Una fonte delle Alture del Golan ha fatto sapere al quotidiano al-Araby al-Jaded che i siti militari colpiti sono stati due: Hezbollah, del gruppo sciita e l’ufficio del brigadiere generale Hussein Hamoush, comandante della novantesima Brigata della Prima divisione siriana. Per il momento, dopo l’attacco, non sono state riportate vittime.
L’AIFA ha approvato le terapie monoclonali contro il Covid
Gli anticorpi monoclonali sono ancora in fase di approvazione da parte dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA), ma in Italia è stato deciso di autorizzarne l’utilizzo in via temporanea con Decreto del Minstero della salute 6 febbraio 202 e con Decreto del 12 luglio 2021. L’AIFA ha approvato le terapie monoclonali con mesi di anticipo rispetto ai protocolli europei; l’autorizzazione delle suddette terapie era infatti prevista per il mese di ottobre 2021, ma l’AIFA ha deciso di aggiornare in maniera anticipata le modalità di utilizzo degli anticorpi monoclonali anti Covid-19, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale del 6 agosto 2021 ed efficaci dal giorno successivo alla pubblicazione. Nello specifico, il focus è sull’uso del medicinale sotrovimab, da somministrare per infusione in vena (flebo). L’uso del medicinale è possibile per i pazienti adulti e gli adolescenti, a partire dai 12 anni di età e con un peso pari ad almeno 40 kg. Dall’Agenzia Italiana del Farmaco si precisa che l’utilizzo di sotrovimab è possibile per il trattamento di pazienti a rischio di «Progredire verso la forma severa della malattia» ma che, comunque, non necessitano di ossigenoterapia supplementare. È inoltre stato dimostrato che l’anticorpo sotrovimab abbia un favorevole rapporto beneficio/rischio anche nei confronti delle principali varianti circolanti di Sars-CoV-2. L’anticorpo sotrovimab va ad aggiungersi agli altri anticorpi già resi disponibili: l’anticorpo monoclonale bamlanivamb, l’associazione di anticorpi monoclonali bamlanivimab-etesevimab e l’associazione di anticorpi monoclonali casirivimab-imdevimab.
L’efficacia degli anticorpi monoclonali è già provata, sono farmaci che si conosco molto bene e già utilizzati sia per scopi diagnostici, sia per scopi terapeutici ma sono anche impiegati per potenziare le difese naturali del corpo. Gli anticorpi (immunoglobuline) sono molecole prodotte da cellule (linfociti B) che fanno parte del sistema immunitario del corpo umano, quando i il corpo umano avverte la presenza di una molecola estranea (antigene). Gli anticorpi vanno ad attaccare l’antigene così da neutralizzarne l’effetto. Gli anticorpi monoclonali (MAB) sono molecole prodotte in laboratorio, progettati appositamente per riconoscere un unico, specifico antigene così da legarsi a quest’ultimo e neutralizzarlo in maniera definitiva. I MAB sono cellule fuse (ibridoma), coltivate singolarmente per poi divenire immortali e dividersi. In questo modo, si forma un clone di cellule identiche capaci di produrre quantità illimitate dello stesso anticorpo: l’anticorpo, appunto, monoclonale.
Guido Silvestri, virologo italiano con sede ad Atlanta, ha intrapreso degli studi durante la seconda ondata di Coronavirus, sperimentando l’efficacia degli anticorpi monoclonali bamlanivimab-etesevimab per poi contattare la multinazionale che li ha sviluppati: l’azienda farmaceutica Eli Lilly. Quindi, Guido Silvestri si è ingaggiato per chiedere di mandare all’Italia le dosi utili a titolo gratuito (circa diecimila), richiesta alla quale Eli Lilly ha risposto positivamente. Però, sono sorte delle complicazioni nel momento in cui l’AIFA ha sostenuto che senza l’autorizzazione dell’EMA, sarebbe stato impossibile proseguire. L’operazione è quindi rimasta in stallo, nonostante il 29 ottobre 2020 l’AIFA avesse avuto le prove scientifiche dell’efficacia e della sicurezza del farmaco. A febbraio l’AIFA ha quindi approvato l’uso del farmaco, al contrario di ciò che aveva dichiarato due mesi prima, quando a dicembre c’era stato il rifiuto dell’approvazione da parte della stessa AIFA, visto che la terapia mancava di un’approvazione europea. Nonostante, poi, l’approvazione non fosse ancora arrivata, è iniziata a febbraio la sperimentazione gratuita che era stata proposta fin dalla seconda ondata. La tardiva approvazione ha però rallentato un processo che sarebbe stato salvifico per i più (anche Donald Trump, per esempio, era stato guarito nel 2020 dal Coronavirus grazie agli anticorpi monoclonali) e le dosi in Italia sono state davvero diffuse solo a partire da fine marzo 2021.
[di Francesca Naima]
Sospese in Nicaragua sei tra le ONG europee e statunitensi
Nicaragua, lunedì 16 agosto: dopo l’accusa, contro diverse organizzazioni senza scopo di lucro, di ostacolare i controlli interni del Paese da parte del Governo di Daniel Ortega, sei delle suddette associazioni – con origine dagli Stati Uniti e dall’Europa – sono state sospese.
Bandite dunque dal Governo Ortega sei tra le ONG europee e americane, con la seguente liquidazione di tutti i beni seguendo gli statuti costitutivi di ciascuna organizzazione; oppure, i beni diventeranno proprietà dello Stato del Nicaragua. Da anni le ONG forniscono assistenza in Nicaragua su più fronti, ma Ortega ha scelto di interrompere l’azione delle ONG da quando Stati Uniti e Unione Europea hanno aumentato le pressioni sul suo Governo.
Caos Green Pass: per i vaccinati positivi al Covid rimane comunque attivo
Il cosiddetto Green Pass, più propriamente noto come certificato COVID digitale dell’UE, sta passando un brutto periodo: alle perplessità di natura etico-giuridica relative alla sua implementazione capillare si sta aggiungendo anche quella di natura prettamente tecnica, soprattutto ora che alcuni ricercatori hanno svelato come il sistema non sia in grado di rimuovere la certificazione a coloro che, nonostante la vaccinazione, risultano positivi al coronavirus.
Il docente Matteo Flora, l’avvocato Carlo Piana e il professore di cybersicurezza al politecnico di Milano Stefano Zanero hanno infatti analizzato a fondo l’applicazione del Ministero della Salute “VerificaC19”, lo strumento che gestisce i Green Pass, scoprendo che non sia in alcun modo previsto alcun meccanismo di revoca.
Paradossalmente, dunque, una persona positiva al virus potrebbe tranquillamente accedere a spazi e servizi riservati a coloro che si sono “immunizzati”, vanificando il senso stesso del limitare l’accesso ai locali pubblici alle sole persone dotate di certificazione. Questione tanto più paradossale considerando il fatto che il vaccinato positivo può comunque trasmettere il virus.
Sarebbe facile classificare questa importante mancanza come mera cialtroneria informatica, tuttavia la situazione è più complessa e sfaccettata, con i programmatori che si sono limitati ad attuare scelte consapevoli e puntuali, in linea con le linee guida europee che preservano la privacy dei cittadini.
Le meccaniche del Digital Green Certificate europeo sono state sviluppate infatti nell’ottica di evitare il più possibile che si verifichino abusi nella gestione dei dati e la creazione di un’eventuale “lista degli infetti” imporrebbe una rivisitazione profonda dei principi logici e morali che guidano l’iniziativa. In senso stretto, il Green Pass non è altro che un documento che attesta l’avvenuta vaccinazione, il risultato negativo di un tampone o la guarigione da Covid-19. In altre parole, il “Green Pass” non è affatto un “pass” e utilizzarlo come tale risulta improprio.
Diversi Governi europei, tra cui quello italiano, sembrano dunque essersi allontanati dal progetto iniziale per trasformare ufficiosamente l’attestato in un lasciapassare in tutto e per tutto affine a quello adottato da Israele, lasciapassare che guarda caso si chiama proprio Green Pass. In altre parole, il certificato COVID digitale dell’UE, non prevede la alcuna sospensione del vaccinato positivo in quanto non era nel progetto iniziale che fungesse da lasciapassare, cosa nella quale è stato poi trasformato dai governi.
A complicare ulteriormente il panorama è il fatto che l’idea alla base del Digital Green Certificate era quella di agevolare i viaggi internazionali, non quella di gestire una cernita quotidiana e locale della salute pubblica. Per quello avremmo semmai dovuto confidare sul contact tracing promesso dalla app Immuni, progetto rapidamente naufragato.
[di Walter Ferri]