lunedì 14 Luglio 2025
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Insalata in busta: cosa sappiamo di questo alimento?

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È ormai abitudine comune per tante famiglie recarsi al sabato al centro commerciale per fare la spesa alimentare di tutta la settimana. Per queste famiglie è stata inventata la verdura tritata, lavata e confezionata in busta, l’insalata che in gergo merceologico è classificata “di quarta gamma”. La gamma è un tipo di conservazione che fa riferimento a prodotti freschi per cui, nel caso delle verdure, la prima gamma comprende quelle fresche, la seconda gamma le verdure conservate in barattolo e sotto aceto, la terza gamma le verdure surgelate, la quarta gamma quelle confezionate già pronte al consumo ed infine, la quinta gamma, verdure sempre pronte al consumo ma già cotte. Ora pensiamo subito ad un fatto molto concreto, che potete anche verificare a casa con un piccolo esperimento: provate a prendete una foglia di insalata fresca, rompetela, posatela su della carta assorbente bianca. Prima perderà l’acqua di vegetazione e con essa molti nutrienti (vitamine e minerali che stanno dentro i liquidi della verdura). Dopo un paio di ore avrà perso il suo volume e sembrerà invecchiata (è invecchiata, in effetti). Se ripetete l’esperimento con una foglia di insalata in busta tutto questo non succederà. Perché non succede la stessa cosa a quella in busta? Che trattamenti ha subito?

Beh, dipende dal fatto che quella in busta è stata trattata, ovvero ha subito dei processi industriali di lavorazione che ne hanno modificato la sua chimica. Durante la fase di lavaggio delle foglie, a livello industriale, l’acqua viene addizionata con cloro e anidride solforosa, due sostanze che eliminano i batteri dalla verdura sterilizzando il prodotto e . Accade infatti che i batteri presenti sul cespo di insalata si moltiplicano quando l’insalata viene raccolta e non consumata al momento. Pertanto le insalate in busta che devono essere conservate per giorni prima del consumo, viaggiare sui camion, sostare nei magazzini della frutta e poi essere trasportate nuovamente verso i supermercati, se non fossero trattate col cloro e anidride solforosa aumenterebbero la loro carica batterica a livelli eccessivi e pericolosi. Se andassimo invece ad acquistare l’insalata direttamente dai produttori o al mercato cittadino dove arriva in giornata dal campo di raccolta, questa insalata non avrebbe un carico pericoloso di batteri e potrebbe essere consumata entro poche ore senza alcun trattamento preventivo. Se ne deduce che sarebbe soltanto l’insalata a ciclo industriale quella pericolosa da un punto di vista batteriologico, se non venisse trattata. Cloro e anidride solforosa fungono quindi da conservanti per l’industria alimentare, oltre che da battericidi, in quanto consentono all’industria di far girare queste merci per giorni e settimane da un posto all’altro dell’Italia, aiutando l’insalata a rimanere verde e apparentemente intatta per diversi giorni. Dico apparentemente perché, sebbene le foglie appaiano turgide e brillanti, hanno perso circa la metà delle sostanze nutritive di origine.

Si tratta di un prodotto sicuro?

Sull’insalata in busta si sente dire tutto e il contrario di tutto. Certamente si tratta di una delle innovazioni del settore agroalimentare di maggiore successo degli ultimi anni, perché risponde all’esigenza forse più imperante della nostra società: risparmiare tempo. Anche il noto programma televisivo Le Iene si è interessato a questo prodotto concentrandosi sulla carica batterica contenuta nelle insalate pronte e scatenando moltissime reazioni e domande da parte dei consumatori, dopo che alcuni campioni fatti analizzare in laboratorio hanno presentato livelli di carica batterica elevatissima, molto più alta dell’insalata fresca raccolta in campo e non ancora lavata.

In generale possiamo dire che si tratta di un prodotto sicuro, secondo quanto dimostrato da recenti studi che ne hanno analizzato la qualità. Ma è bene precisare che questo avviene solo se a monte, quindi da parte dei produttori, sono state rispettate le regole di preparazione e di conservazione. In caso contrario l’insalata in busta può risultare un alimento dannoso e, in alcuni casi, pericoloso. Infatti, nonostante i trattamenti con cloro e anidride solforosa che vengono fatti a livello industriale il problema principale è rappresentato proprio dalla carica batterica. Se il prodotto non è ben preparato o conservato possono crearsi le condizioni ideali ad una proliferazione batterica, molto spesso ad opera di Escherichia coli e listeria, la cui ingestione può provocare un’intossicazione alimentare e seri disturbi gastrointestinali.

Qualunque sia il tipo poi, l’insalata in busta comporta sempre il rischio di imbattersi nella salmonellosi. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Applied and Environmental Microbiology, nelle buste che troviamo al supermercato il pericolo è particolarmente elevato. Quando parliamo di salmonella intendiamo quella grave infezione intestinale che può essere letale per gli anziani, i neonati e le persone con un sistema immunitario più vulnerabile. I ricercatori della University of Leicester hanno studiato il modo in cui il patogeno prolifica nelle insalate in busta attraverso quello che è stato definito un ‘fenomenale sviluppo del batterio”.

Tutta colpa del liquido rilasciato dalle foglie quando vengono tagliate, che si è dimostrato essere in grado di accelerare fino a 2400 volte la normale crescita del batterio della salmonella. Lo studio, spiega l’autrice principale Primrose Freestone, «sottolinea con forza la necessità per i produttori di insalata in busta di mantenere standard elevati di sicurezza alimentare, perché anche un paio di cellule di salmonella in un sacchetto di insalata al momento dell’acquisto potrebbero diventare molte migliaia nel momento in cui il prodotto raggiunge la sua data di scadenza, anche se conservato in luogo refrigerato».
«Evitare prodotti freschi – commenta Kimon Karatzas, assistente professore di microbiologia degli alimenti presso l’Università di Reading – non è una soluzione, ma, se possibile, sarebbe preferibile acquistare prodotti freschi non tagliati o tritati, e lavarli sempre prima di metterli nel piatto, anche se sono già lavati».

Il lavaggio prima del consumo è sempre consigliabile

Imparare come leggere le etichette dei prodotti è molto importante anche nel caso delle insalate in busta per capire se si tratta di un prodotto di quarta gamma oppure no, poiché in caso contrario si tratta di un prodotto che prima del consumo deve essere lavato d’obbligo. È il caso, per esempio, delle insalate confezionate contenenti rucola o germogli di fieno greco, una tipologia ormai molto diffusa. La superficie rugosa della rucola, infatti, facilita il deposito e la conseguente proliferazione batterica, per cui è bene lavarla accuratamente, strofinando con forza le foglie, ripetendo l’operazione più volte. In sostanza è sempre preferibile lavare l’insalata in busta, di ogni tipo, compresa quella che sulla confezione è definita come “prodotto lavato e pronto per il consumo”, data la problematica dell’aumento di carica batterica di cui abbiamo detto sopra.

Il prezzo dell’insalata in busta

A questi fattori possiamo poi aggiungere il costo, in quanto l’insalata in busta già pronta costa circa sei volte di più dell’insalata fresca in cespo. Altri costi sono a carico dell’ambiente e della nostra salute: la filiera si allunga, si consumano acqua e luce elettrica per i macchinari industriali di lavaggio e pulizia dell’acqua, aumentano i costi degli imballaggi in plastica o carta, i viaggi di trasporto delle merci, con conseguenti emissioni di anidride carbonica e fumi inquinanti nell’ambiente, che sappiamo bene quali effetti abbiano sull’inquinamento atmosferico e sulla nostra salute. A questo punto chiediamoci: abbiamo ancora voglia di risparmiare quei 5 minuti di tempo per affettare e lavare la nostra insalata fresca?

[di Gianpaolo Usai]

Cosa si nasconde dietro l’amore tra Mario Draghi e la Confindustria

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Per rifarsi a un famoso slogan di una tifoseria calcistica, si potrebbe dire: Mario Draghi non si discute, si ama. Troppo evidente come l’attuale premier goda di ottima stampa, con pochissime voci critiche. Ancor più netta è l’assoluta stima di cui gode da parte del mondo dei grandi industriali. Quando il presidente del Consiglio ha parlato all’assemblea nazionale di Confindustria ha ricevuta una lunga ovazione.
Il sindacato degli industriali non ha mai mostrato particolari remore nell'esprimere perplessità sul capo del governo di turno. E siccome stavolta si intuisce che le lodi manifestate n...

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Il nuovo presidente del Perù sfida le multinazionali: accordi giusti o ve ne andate

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Il governo guidato da Pedro Castillo, il maestro elementare figlio di contadini che vinse a sorpresa le elezioni peruviane del giugno scorso, inizia rispettando le promesse di cambiamento fatte in campagna elettorale, attaccando le posizioni delle multinazionali estrattive che lavorano nel Paese. Il governo del Perù ha infatti formalizzato la volontà di rinegoziare il contratto e gli accordi con il consorzio che sfrutta il giacimento di gas di Camisea, una delle più grandi riserve del Sudamerica, nella regione di Cusco. La posizione esposta dal governo è netta: o le aziende che sfruttano il gas naturale in Perù accetteranno la modifica dei contratti e l’imposizione di tasse più elevate, o dovranno affrontare l’espropriazione e la nazionalizzazione di giacimenti e impianti.

Lunedì 27 settembre il primo ministro Guido Bellido, e il ministro dell’Energia e delle Miniere, Iván Merino hanno consegnando una lettera ufficiale con le richieste del governo agli uffici di Lima di Pluspetrol (una delle aziende del consorzio). L’intento primario è quello di rinegoziare la distribuzione degli utili a favore dello Stato peruviano, ma nel caso la posizione delle aziende dovesse mostrarsi troppo rigida la minaccia della nazionalizzazione forzata è sul tavolo. Il primo ministro aveva già espresso ad agosto l’intenzione di voler rinforzare il ruolo dello stato in economia, in particolare nel campo del gas naturale e di progetti idroelettrici, annunciando l’intenzione di creare nuove compagnie statali.

Il presidente Castillo ha vinto le elezioni alla guida del partito di orientamento marxista Perù Libre, con un programma radicale che prometteva l’opposizione alla “dittatura del mercato” e un cambiamento profondo per invertire gli effetti che il Perù ha subito in decenni di liberismo sfrenato. In questa ottica da subito aveva posto nel mirino le multinazionali, denunciando che da quando le compagnie straniere avevano assunto il controllo dell’economia nazionale erano aumentati sfruttamento del lavoro e disuguaglianza sociale, facendo tornare il Perù a condizione di colonia. Con questa misura il suo governo cerca quindi di fare seguire i fatti alle promesse elettorali, ma la strada non sarà semplice: la maggioranza parlamentare è risicata e l’opposizione politica e le grandi aziende affilano le armi. Già prima di riuscire a insediarsi Castillo ha dovuto affrontare la minaccia del tentato colpo di stato della sua avversaria sconfitta alle elezioni, Keiko Fujimori, figlia dell’ex dittatore liberista e filo americano Alberto Fujimori.

Per ora Pablo de la Flor – direttore esecutivo della National Society of Mining, Oil and Energy (SNMPE), ha affermato che la proposta del governo “è un messaggio terribile che spaventerà gli investimenti”. Resta da vedere come i mercati “spaventati” e i loro alleati politici reagiranno, visto che il sud America – da Cuba, alla Bolivia passando per il Venezuela – deve fare i conti con una lunga storia di tentati colpi di stato contro governi che hanno cercato di cambiare l’ordine delle cose in economia, rimettendo lo Stato e i cittadini davanti agli interessi delle grandi aziende multinazionali.

In Sud America, come in molte altre parti del mondo, esiste un fenomeno delineato da un termine ben preciso: estrattivismo. Anche se In Italia e più in generale in Europa non ne sentiamo spesso parlare, nei territori ricchi di risorse minerarie l’estrattivismo è una pratica che si continua a verificare: accade quando vengono prelevate risorse da quel territorio (e spesso esaurite) a vantaggio di luoghi e persone diverse da quelle di origine. Solitamente queste persone sono gli azionisti delle multinazionali e i grandi fondi di investimento globale, che si arricchiscono a discapito dell’ambiente e delle popolazioni locali.

Questo fenomeno porta con sé conseguenze più o meno visibili. Si passa dalla sottrazione (con la forza) di spazio pubblico a vantaggio di interessi privati, al soffocamento del dissenso della popolazione. Una vera e propria repressione dei diritti democratici e costituzionali. Il Perù, nel 2019, ha registrato il maggior numero di omicidi (50 attivisti) proprio nel settore minerario. Di fatto con “estrattivismo” non si intende solo l’estrazione in sé delle risorse. Attorno al fenomeno si genera una bolla tanto grande da riuscire a contenere espropriazione, criminalizzazione, violenza istituzionale, lavoro precario, aumento della prostituzione, patologie da inquinamento, contaminazione del cibo e dell’acqua, mancanza di rispetto dei valori culturali del luogo. Gli interessi che il governo Castillo dovrà riuscire a vincere sono enormi.

[di Gloria Ferrari]

Canarie, eruzione del Cumbre Vieja di La Palma: nubi tossiche pericolose per la salute

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L’eruzione del Cumbre Vieja, iniziata il 19 settembre, prosegue con intensità crescente. Al momento sono quasi 600 gli edifici distrutti e 6000 gli evacuati. Le eruzioni proseguono in maniera discontinua e potrebbero protrarsi anche per alcuni mesi. La massa lavica è giunta al mare, causando emissioni di vapore e gas che possono essere per la salute di occhi, polmoni e pelle. Le autorità locali hanno per tale motivo intimato ad alcuni nuclei urbani sulla costa di rimanere chiusi in casa, e chiuso l’aeroporto di La Palma.

Ecuador, scontri tra detenuti: almeno 24 morti e 42 feriti

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Nella zona sud-ovest dell’Ecuador sono esplosi violenti scontri all’interno di una struttura penitenziaria. Lo annuncia con un tweet il governatore della provincia di Guayas: a causare gli scontri una disputa tra bande. Immagini televisive mostrano spari dalle finestre, insieme a fumo ed esplosioni. In seguito all’escalation di violenza nelle carceri dell’Ecuador, che ha portato alla morte di più di cento detenuti, il presidente Guillermo Lasso ha decretato a luglio lo stato di emergenza nel sistema penitenziario.

 

Tribunale di Padova: anche i sanitari non vaccinati hanno diritto ad essere assunti

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Le aziende ospedaliere non possono rifiutarsi di assumere i sanitari che non si sottopongono al vaccino anti Covid: è il principio che emerge da una recente ordinanza del Tribunale di Padova con la quale è stato stabilito che una donna, che era stata inserita «nella graduatoria per l’assunzione di 190 posti di collaboratore professionale sanitario (infermiere di cat. D)», dovesse essere appunto assunta dall’Azienda Ospedaliera di Padova, la quale le aveva invece negato tale diritto.

La donna, in realtà, aveva già precedentemente presentato ricorso al Tribunale di Padova contro la decisione dell’azienda, ma non era riuscita ad ottenere la vittoria: c’era stata infatti l’ordinanza del giudice del lavoro con cui, come si legge in quella attuale, era stata rigettata la sua «domanda cautelare diretta ad ottenere una pronuncia che ordinasse all’amministrazione convenuta di assumerla in servizio». Tuttavia l’infermiera, che non si è arresa, ha proposto reclamo contro l’ordinanza ed esso è stato appunto accolto.

Detto ciò, nello specifico la ricorrente, assistita dallo Studio legale associato Sinagra – Sabatini – Sanci, ha fatto presente che «l’amministrazione richiedeva che si sottoponesse alla vaccinazione anti Sars-Cov 2 per la sottoscrizione del contratto», una condotta ritenuta illegittima dalla reclamante in quanto in contrasto con il suo diritto ad essere assunta. Di contro, l’azienda convenuta si è costituita in giudizio, chiedendo la conferma dell’ordinanza reclamata. Così, si legge nell’ordinanza, per pronunciarsi in merito si è dovuta valutare l’applicabilità alla fattispecie di quanto previsto dall’art. 4 del decreto-legge 44/21, ossia quello con cui è stato imposto l’obbligo vaccinale per i sanitari.

In tal senso, dunque, è stato rilevato che: «Tale disposizione è diretta ad incidere non sul contratto, ma sul rapporto, prevedendo a carico dell’esercente la professione sanitaria (non vaccinato) la sospensione del diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportino il rischio di diffusione del contagio». Inoltre, la norma mostra di «voler operare sul momento esecutivo del rapporto e non su quello costitutivo o risolutivo» dato che, tra l’altro, l’inadempimento all’obbligo di vaccinarsi appunto «non incide sul contratto» e ciò è comprovato dal fatto che «tale condotta non è assunta dalla legge come giusta causa di risoluzione del rapporto in essere». Perciò, «fermo restando il potere discrezionale dell’amministrazione convenuta di sospendere la ricorrente una volta assunta», non vi è nessuna norma di legge che «facoltizza l’amministrazione a derogare alla graduatoria degli idonei nella fase di assunzione».

Inoltre nell’ordinanza si legge che non può nemmeno desumersi l’assenza di «periculum in mora» – ossia del danno che vi potrebbe essere nei confronti del diritto soggettivo se esso rimanesse privo di tutela giuridica fino alla pronuncia di merito – derivante dalla facoltà di sospensione. Ciò perché «il periculum è attestato dalla perdita attuale di prerogative che alla ricorrente spettano in qualità di dipendente», come ad esempio il carattere temporaneo della sospensione (che per legge non va oltre la data del 31 dicembre 2021): si tratta infatti di «una data significativamente anteriore rispetto a quella presumibile di accertamento del diritto nel giudizio di merito». In più, tra le prerogative venute meno vi è anche quella riguardante la «possibilità, seppur residuale ma comunque da verificare, di assegnare la ricorrente a una mansione che non comporti rischio di diffusione di contagio».

Alla luce di ciò, quindi, il Tribunale ha ordinato all’Azienda Ospedaliera di «assumere la ricorrente» e ha condannato la stessa al risarcimento delle spese di causa relative sia alla prima fase del giudizio che alla fase di reclamo, oltre che delle «spese generali, cp e iva».

Si tratta di un’ordinanza degna di nota dato che, nonostante la legge parlasse chiaro, l’azienda si era arrogata l’inesistente diritto di non assumere la lavoratrice ed inizialmente tale modus operandi non era stato condannato dal Tribunale. Ma adesso, con tale pronuncia, la situazione si è praticamente ribaltata ed è stata dunque posta la lente di ingrandimento sul fatto che tale potere in capo all’azienda non sia stato istituito da nessuna legge. A tal proposito però, è interessante notare che ora, con la situazione che si è di fatto ribaltata, i giornali mainstream non hanno dedicato nemmeno una riga alla questione. Si tratta degli stessi quotidiani che tuttavia, in occasione della prima ordinanza, non esitarono ad informare i cittadini della vicenda.

[di Raffaele De Luca]

L’UE continua a ignorare i massacri in Colombia firmando accordi con il suo presidente

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“La Colombia è un alleato chiave dell’Unione europea e un partner affine a livello bilaterale, regionale e multilaterale”. Sono le parole con cui Ursula Von der Leyen ha presentato il nuovo accordo con il presidente della Colombia, Ivan Duque, volto a rafforzare sempre di più il legame tra Europa e il paese latinoamericano. Oltre a loro, alla cerimonia, svoltasi a New York nel quadro dell’Assemblea generale Onu, hanno partecipato personalità di spicco quali l’Alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza Josep Borrell e la vicepresidente e ministra degli Esteri della Colombia Marta Lucía Ramírez.

Uno scenario molto promettente per il futuro dell’Ue, se non fosse che ci sono alcuni punti, però, da tenere a mente per avere più a fuoco la situazione globale che ruota attorno a una simile collaborazione.

Partiamo dal principio. Negli scorsi mesi il presidente Duque ha portato avanti una violenta repressione contro lo sciopero generale indetto dalla popolazione, cominciato il 28 aprile. Durante le manifestazioni 87 persone sono state uccise, di cui almeno 28 da parte delle forze dell’ordine, 1.905 quelle ferite, di cui 115 con armi da fuoco, oltre a 88 casi di lesioni oculari.

Perché i cittadini sono scesi in piazza? Per opporsi all’intenzione del governo di Iván Duque di mettere in campo una riforma fiscale svantaggiosa per le classi popolari, che avrebbe gravato su di esse per risanare le casse dello Stato svuotate dalla corruzione e dalla pandemia. Lo stesso iter che avrebbe seguito anche la riforma sanitaria proposta dal presidente, a cui i colombiani si sono fortemente opposti fino al 1° maggio, quando Duque ha stabilito la militarizzazione delle città. L’utilizzo della forza militare, delle armi e della violenza non è una novità nel paese. I cittadini assistono continuamente alle uccisioni di leader sociali, i cui assassini rimangono il più delle volte impuniti.

L’Unione Europea, firmando il nuovo accordo, accetta tacitamente comportamenti di questo tipo, facendo finta che niente sia accaduto o accadrà. «Un’altra pietra miliare nel cammino verso relazioni sempre più profonde e ampie tra l’Ue e la Colombia», che, ricordiamolo, è anche il primo paese latinoamericano a entrare nella Nato nel 2018, come «partner globale». Sono questi i termini con cui i diplomatici parlano “dell’alleanza”, senza mai far riferimento, nemmeno per un attimo, ai massacri che si registrano ogni anno fra leader sociali e difensori dei diritti umani. L’Istituto di studi per lo sviluppo e la pace ne ha contati 124 solo nel 2021, per un totale di 831 a partire dall’insediamento di Duque nel 2018 e di 1.239 dalla firma dell’Accordo di pace.

E i primati continuano. Per il secondo anno consecutivo la Colombia si trova in cima alla lista dei Paesi in cui vengono ammazzate più persone che difendono la Pacha Mama (Madre Terra). Nel paese per i leader comunitari e i popoli indigeni è una continua lotta alla sopravvivenza, una lotta che non fa abbastanza rumore da finire fra le notizie di cronaca europee.

Un nuovo capito che dimostra come la politica “in favore dei diritti umani” dell’Unione appaia sempre più piegata alle ragioni geopolitiche, al punto da apparire come mera arma retorica da brandire solo contro i governi ostili. Una politica analoga a quella statunitense, da sempre orientata alla logica due pesi e due misure in tema di diritti umani. Come inquadrare se no, ad esempio, la durissima risoluzione approvata di recente dal Parlamento Ue contro Cuba, dove nessuna violenze analoga è stata registrata, in confronto al silenzio del quale gode il governo colombiano?

[di Gloria Ferrari]

Patrick Zaki, nuovo rinvio del processo: prossima udienza il 7 dicembre

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È stato nuovamente aggiornato il processo che si svolge a Mansura nei confronti di Patrick Zaki, l’attivista per i diritti umani e studente dell’Università di Bologna detenuto in Egitto da più di un anno.  L’udienza a carico di quest’ultimo è stata infatti rinviata al 7 dicembre. Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Ansa, a chiedere il rinvio sarebbe stata la legale di Zaki, Hoda Nasrallah, così da avere più tempo per studiare gli atti. Ad ogni modo però, secondo Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International in Italia, si tratta di «un rinvio abnormemente lungo che sa di punizione» in quanto il giudice avrebbe potuto rimandare il processo ad una data più vicina.

Marion Nestle: una vita in opposizione alle multinazionali del cibo

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Marion Nestle

Abbiamo avuto occasione di confrontarci con Marion Nestle, 84 anni, esperta internazionale di sociologia e di studi enogastronomici. Vivace autrice, è molto attiva sul suo blog, Food Politics, ed è nota per la sua profonda capacità analitica attraverso cui analizza le manipolazioni dei mercati e dei costumi legati alla filiera della produzione e del consumo degli alimenti. Da sempre schierata in difesa della salute pubblica e ferma oppositrice delle pratiche delle grandi aziende alimentari. Non è naturalmente in alcun modo imparentata con la multinazionale svizzera del cibo, alla quale la lega solo uno sfortunato caso di omonimia.

Incalzata dai nostri quesiti relativi a rivoluzioni climatiche, potenziali carestie globali e cibi alternativi, Nestle ha condiviso uno spaccato delle sue esperienza, spiegandoci in maniera molto esplicita che molto del nostro futuro alimentare si lega a dinamiche puramente finanziarie.

Esistono nomi noti della filiera del cibo – nomi quali Bayer-Monsanto e Coca-Cola – che vengono considerati particolarmente potenti, ma qual è l’effettiva scala della loro influenza e c’è qualcosa che i consumatori possono fare per proteggersi dalle conseguenze delle loro pressioni?

Non so se esiste una scala in grado di misurare l’oggettiva portata del loro potere, tuttavia può essere utile considerare la concentrazione del settore industriale – estremamente alta per esempio nel caso combinato di Coca-Cola e Pepsi – e della difficoltà patite nel far approvare alcune misure sanitarie che vadano a scoraggiare il consumo e la promozione delle bibite gassate. O, nel caso della Monsanto, degli ostacoli che hanno dovuto superare i querelanti nel caso contro l’erbicida Roundup.
I piccoli coltivatori possono appellarsi alla legge, ma si tratta di un processo lungo, lento e costoso che non garantisce necessariamente un esito vittorioso. I Governi, locali e nazionali, tendono a essere legati profondamente alle aziende, il che rende ancora più potenti le aziende stesse.

Siamo all’alba di un’evoluzione tecnologica nella produzione di cibo, la cosiddetta agricoltura 4.0. Molti sperano che questa evoluzione possa migliorare il mondo, ma economisti quali Thomas Daum temono che l’automatizzazione agricola aumenterà le disparità sociali. In questo caso che potrebbero fare i Governi per assicurarsi che la situazione volga al meglio?

I Governi potrebbero fare moltissimo, se non fossero così influenzati dalle corporation e se avessero la volontà politica di servire l’interesse pubblico: approvare leggi antitrust, tutelare la sindacalizzazione, imporre alla ditte di far fronte ai costi sanitari e ambientali che generano con le loro attività e che solitamente vengono esternalizzati.

In Italia stiamo iniziando solo ora a vedere concretamente come l’influenza delle aziende si estenda anche alla proprietà intellettuale del settore delle sementi e lo abbiamo fatto scoprendo che una parte della nostra produzione di pomodori risulta fondamentalmente illegale. Come vengono viste le registrazioni dei semi negli Stati Uniti?

Non conosco la vicenda a cui fai riferimento, ma nel caso dei semi brevettati ai contadini non è permesso tenersi da parte sementi da utilizzare in un secondo momento. Si tratta di uno dei modi in cui le agenzie di biotecnica si assicurano di controllare le loro proprietà intellettuali. Anche in questo caso i Governi potrebbero lavorare leggi che impediscano la brevettabilità dei semi che sono parte del retaggio di una nazione, ma, anche in questo caso, bisognerebbe manifestare una forte volontà di cambiamento.

A proposito di Governi e di volontà: sentiamo sempre più messaggi d’allarme riguardanti al come la nostra produzione alimentare non sia in grado di sostenere i numeri crescenti degli abitanti che calcano il pianeta Terra, tuttavia l’Unione Europea sostiene sarà possibile sconfiggere la fame entro il 2030. Come siamo messi veramente? Siamo davvero rimasti senza cibo?

In verità, ora come ora, la produzione di cibo nelle nazioni industrializzate eccede grandemente i nostri bisogni – dunque sprechiamo cibo. Se i cambiamenti climatici dovessero proseguire nella direzione prevista, se le nazioni continueranno a incoraggiare la crescita demografica e se i metodi di agricoltura non riusciranno a dare massima priorità a comportamenti organici e rigenerativi, allora in quel caso potremmo essere effettivamente nei guai. Tuttavia, ora come ora abbiamo un sacco di cibo, semplicemente non è distribuito equamente.

Una delle soluzioni che si dice possa ottimizzare la produzione di cibo e ridurre le emissioni legate agli allevamenti intensivi è quella delle carni coltivate a livello cellulare, lei cosa ne pensa?

Penso che la carne coltivata sia una cosa da ragazzi – un giocattolino d’alta tecnologia. Si tratta di un ottimo modo per ottenere capitali di rischio. In generale sono scettica del fatto che questi prodotti possano fare la differenza nel risolvere i problemi alimentari del mondo.

Molti potrebbero trovare controversa questa sua posizione, così come in passato alcuni avrebbero potuto addirittura trovare complottistiche alcune sue rivelazioni stravolgenti. Perché una persona dovrebbe credere alle sue dichiarazioni o, in senso più ampio, come si fa a distinguere tra una buona fonte di informazioni e una che è poco affidabile?

Personalmente baso le mie opinioni sulla scienza e sui dati che leggo – e ne leggo un sacco. Non pretendo che ci sia un consenso universale; la scienza è sempre aperta a interpretazioni. Dico ciò che penso; non posso controllare se le persone mi credano o meno.
Il mio suggerimento per capire di che persone fidarsi è quello di porsi qualche semplice domanda: Il loro consiglio ha senso? È coerente con altri consigli sensati? Gli autori del suddetto consiglio hanno dei secondi fini che potrebbero renderne faziosa l’opinione? Queste persone ricevono finanziamenti o lavorano per aziende che hanno interessi economici nel vedere diffuse simili opinioni?
Per me, i consigli relativi all’alimentazione sono da soppesare con un metro di giudizio tanto semplice che il giornalista Michael Pollan è riuscito a riassumerne il concetto in sette parole: «Mangia cibo. Non troppo. Perlopiù verdure». I consigli che ti vengono forniti sono in linea con questa sintesi? Se non lo sono, sii scettico.

[di Walter Ferri]

Roma: protesta dei lavoratori Alitalia

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Alcune centinaia di lavoratori di Alitalia stanno manifestando per dire no alle decisioni sul futuro di Alitalia. I manifestanti hanno attraversato via dei Fori Imperiali dal Colosseo, per poi convergere in un presidio in piazza Santi Apostoli che dovrebbe continuare fino alle 14:00. I lavoratori hanno indossato le maschere della serie tv “La casa di carta” e durante il corteo hanno esposto uno striscione con su scritto: «L’aereo di carta. La nuova serie di A. Altavilla, Regia di M. Draghi, produzione di M. Vestager, in collaborazione con Mef, Mise e Mit».