martedì 8 Ottobre 2024

Colombia: la lotta prosegue, la repressione è brutale, il mondo continua a non vedere

Continuano incessantemente da venti giorni le proteste popolari in Colombia e prosegue, se possibile in modo sempre più brutale, la repressione. Le forze di polizia del governo Dunque continuano a “lavorare” godendo del silenzio complice della comunità internazionale e dei media. I dati forniti da Colombia Informa, riferiti al periodo 28 aprile-10 maggio, parlando di: 52 persone uccise; 489 feriti; 435 persone scomparse (anche minorenni); 1.365 persone detenute arbitrariamente; 15 abusi sessuali; 122 attacchi della polizia contro la stampa indipendente. Però, anche con l’intensificarsi della repressione, il Paro Nacional (così è stata denominata la protesta) non si ferma.

Mesa de Trabajo sobre Desaparición Forzada en Colombia ha invece registrato 471 persone scomparse, di cui solo 92 sono state rintracciate presso centri detentivi come il Transfer for Protection Centers (CCC) oppure all’Immediate Care Commands (IAOs) e altri siti non autorizzati dalla legge e senza alcuna autorizzazione da parte della Procura. Di tutti gli altri “desaparecidos” non si è avuta alcuna notizia.

La rete per i diritti umani della Colombia sud-occidentale Francisco Isaías Cifuentes (REDFIC) ha pubblicato questo sabato un rapporto che descrive in dettaglio i casi di violenza sessuale contro le donne nell’ambito delle continue accuse di repressione della forza pubblica contro i manifestanti in Colombia. Si aggiungono, ai 15 già registrati, altri 14 casi di stupro. Purtroppo, proprio come avvenuto in moltissimi teatri di guerra, lo stupro è utilizzato come strumento di terrorismo nei confronti delle attiviste donne.

Popolazioni indigene, comunità afro-colombiane, contadini, classe urbana e classe operaia, movimenti giovanili e studenteschi, hanno costruito un una campagna di protesta che oramai va oltre la semplice opposizione alla riforma fiscale che ne ha costituito la scintilla: l’ultima goccia che ha fatto traboccare un vaso colmo di ingiustizie sociali. La monumentale iniziativa popolare ha portato nelle strade e nelle piazze la cultura, l’arte e la musica, mentre il governo ha risposto con violenta repressione.

La miccia delle proteste, iniziate il 28 aprile, è stata infatti la riforma fiscale voluta dal governo di destra di Iván Duque Márquez, poi ritirata, che avrebbe rincarato molto il costo della vita e il cui peso maggiore sarebbe gravato sulle classi medio-basse già al limite della sopportazione dopo un anno di pandemia. Il governo aveva intenzione di recuperare quasi 7 miliardi di dollari con una tassazione su beni di prima necessità come farina, uova e zucchero, oltre che da un rincaro di servizi di base come l’elettricità.

Intanto, lunedì scorso, la comunità colombiana che vive in Italia ha tenuto un presidio in Piazza del Popolo, a Roma, in solidarietà con i manifestanti oltreoceano.

[di Michele Manfrin]

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