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Colombia: la lotta prosegue, la repressione è brutale, il mondo continua a non vedere

Continuano incessantemente da venti giorni le proteste popolari in Colombia e prosegue, se possibile in modo sempre più brutale, la repressione. Le forze di polizia del governo Dunque continuano a “lavorare” godendo del silenzio complice [1] della comunità internazionale e dei media. I dati forniti [2] da Colombia Informa, riferiti al periodo 28 aprile-10 maggio, parlando di: 52 persone uccise; 489 feriti; 435 persone scomparse (anche minorenni); 1.365 persone detenute arbitrariamente; 15 abusi sessuali; 122 attacchi della polizia contro la stampa indipendente. Però, anche con l’intensificarsi della repressione, il Paro Nacional (così è stata denominata la protesta) non si ferma.

Mesa de Trabajo sobre Desaparición Forzada en Colombia ha invece registrato 471 [6] persone scomparse, di cui solo 92 sono state rintracciate presso centri detentivi come il Transfer for Protection Centers (CCC) oppure all’Immediate Care Commands (IAOs) e altri siti non autorizzati dalla legge e senza alcuna autorizzazione da parte della Procura. Di tutti gli altri “desaparecidos” non si è avuta alcuna notizia.

La rete per i diritti umani della Colombia sud-occidentale Francisco Isaías Cifuentes (REDFIC) ha pubblicato questo sabato un rapporto [7] che descrive in dettaglio i casi di violenza sessuale contro le donne nell’ambito delle continue accuse di repressione della forza pubblica contro i manifestanti in Colombia. Si aggiungono, ai 15 già registrati, altri 14 casi di stupro. Purtroppo, proprio come avvenuto in moltissimi teatri di guerra, lo stupro è utilizzato come strumento di terrorismo nei confronti delle attiviste donne.

Popolazioni indigene, comunità afro-colombiane, contadini, classe urbana e classe operaia, movimenti giovanili e studenteschi, hanno costruito un una campagna di protesta che oramai va oltre la semplice opposizione alla riforma fiscale che ne ha costituito la scintilla: l’ultima goccia che ha fatto traboccare un vaso colmo di ingiustizie sociali [8]. La monumentale iniziativa popolare ha portato nelle strade e nelle piazze la cultura, l’arte e la musica, mentre il governo ha risposto con violenta repressione.

La miccia delle proteste, iniziate il 28 aprile, è stata infatti la riforma fiscale voluta dal governo di destra di Iván Duque Márquez, poi ritirata, che avrebbe rincarato molto il costo della vita e il cui peso maggiore sarebbe gravato sulle classi medio-basse già al limite della sopportazione dopo un anno di pandemia. Il governo aveva intenzione di recuperare quasi 7 miliardi di dollari con una tassazione su beni di prima necessità come farina, uova e zucchero, oltre che da un rincaro di servizi di base come l’elettricità.

Intanto, lunedì scorso [17], la comunità colombiana che vive in Italia ha tenuto un presidio in Piazza del Popolo, a Roma, in solidarietà con i manifestanti oltreoceano.

[di Michele Manfrin]