Dal primo gennaio di quest’anno 50 persone senza dimora hanno perso la vita in Italia, il che significa che vi è stato un decesso al giorno: a lanciare l’allarme è la Federazione italiana organismi per le persone senza dimora (fio.PSD), che oggi ha pubblicato un rapporto a riguardo intitolato “La strage invisibile”. Quella dei tanti morti tra i senza tetto non è però una eccezione delle ultime settimane: sono oltre 450, infatti, coloro che tra il 2020 e il 2021 hanno perso la vita. “I senza dimora muoiono tutti i mesi, non solo d’inverno”, sottolinea inoltre fio.PSD, precisando in tal senso che “nelle ultime quattro stagioni 79 sono deceduti d’inverno, 53 in primavera, altri 53 in estate e 60 in autunno” e che “il 60% dei decessi è per incidente/violenza/suicidio e il 40% per motivi di salute”.
Le Mauritius hanno “dichiarato guerra” al Regno Unito invadendo le Isole Chagos
Mentre il mondo trema sotto le vicende ucraine, dall’altra parte del globo un’altra “invasione” è passata pressoché inosservata, seppur la notizia in sé desti un certo scalpore: le Mauritius hanno invaso le Isole Chagos, un territorio appartenente al Regno Unito, dichiarando di fatto guerra alla regina. I dettagli raccontano di una operazione grottesca: la forza di sbarco mauriziana era composta da 10 individui di mezza età, armati solo di una bandiera delle Mauritius, che hanno poi provveduto ad innalzare sull’atollo di Peros Banhos in segno di sfida verso la corona inglese. Al comando di questa “armata” l’ambasciatore mauriziano alle Nazioni Unite, tal Jagdish Koonjul.
Chiaramente l’invasione mauriziana altro non era che una provocazione, che pero lascia riflettere su quelli che sono stati gli effetti del colonialismo, e sulle ripercussioni che questo fenomeno ancora ha ai giorni nostri. Le parole di Koonjul fanno capire lo spirito con cui i mauriziani abbiano compiuto questo gesto. Il funzionario delle Mauritius ha infatti dichiarato ai media: «Stiamo compiendo l’atto simbolico di alzare la bandiera, come hanno fatto tante volte gli inglesi per stabilire colonie. Noi, però, reclamiamo ciò che è sempre stato nostro». Mentre il Primo Ministro delle Mauritius, Pravind Jugnaut, ha commentato: «Questa è la prima volta che Mauritius guida una spedizione in questa parte del suo territorio», aggiungendo: «Sono lieto che i nostri fratelli e sorelle chagossiani possano viaggiare nel loro luogo di nascita senza alcuna scorta straniera (cioè britannica). Il messaggio che desidero trasmettere al mondo, in quanto Stato sovrano sull’arcipelago di Chagos, è che garantiremo una saggia gestione del suo territorio – sulla sicurezza marittima, la conservazione dell’ambiente marino e i diritti umani».
Nonostante l’invasione altro non fosse che una provocazione, per le Mauritius questa vicenda è una cosa seria. La comunità internazionale infatti, tramite un voto alle Nazioni Unite, non ha riconosciuto la sovranità del Regno Unito sopra l’arcipelago. Ma non solo, anche la Corte Internazionale di Giustizia ha deciso in favore della Mauritius, invitando Londra a riconsegnare l’arcipelago il prima possibile. Anche se da Downing Street continuano a fare spallucce, adducendo che: «il Regno Unito non ha dubbi sulla propria sovranità sopra le Chagos, che sono state continuamente sotto il suo possesso dal 1814». In realtà i britannici avrebbero anche promesso di riconsegnarle alle Mauritius, ma solo quando le isole non saranno più Nazioni necessarie per scopi difensivi. Il che potrebbe non accadere essere mai, dato che nell’arcipelago è presente anche una base strategica dell’aviazione militare statunitense.

Londra ha dimostrato in passato di non tirarsi indietro, anche militarmente, nel caso di dispute per quelli che ritiene i suoi territori oltre mare. Anche se si tratta di piccole isole distanti dal Regno Unito più di 10.000 chilometri. Nel 1982, ci fu infatti una guerra per le isole Falkland tra Inghilterra e Argentina. Le isole (Malvinas per gli argentini), che si trovano a largo delle coste del paese sudamericano, vennero invase dalla giunta militare che in quegli anni governava Buenos Aires. Guerra che si concluse in pochi mesi con una netta vittoria inglese e che causò circa un migliaio di vittime. A dire il vero, esistono anche esempi in cui il Regno Unito scelse di riconsegnare territori che controllava oltremare: è il caso di Honk Kong. Questa ex colonia inglese venne infatti riconsegnata a Pechino nel 1997, come inizialmente previsto da una convenzione siglata dai due paesi nel 1898. Probabilmente però, quella decisione fu presa anche considerando il fatto che, una possibile forza di sbarco cinese, di certo, non sarebbe stata composta esclusivamente da 10 persone di mezza età armati di una bandiera.
Per venire a capo della disputa riguardante le isole Chagos, sarebbe stato utile capire il pensiero di chi ci vive. Tuttavia, ad abitare Peros Banhos sono rimasti solo degli asini. Gli esseri umani che ci vivevano infatti, furono deportati, su volere di Londra, nel 1972.
[di Enrico Phelipon]
Burkina Faso: esplosione provoca 59 morti
Un’esplosione nei pressi di una miniera d’oro situata nel sud-ovest del Burkina Faso ha causato la morte di almeno 59 persone, ferendone più di cento. Secondo una prima ricostruzione, l’esplosione sarebbe avvenuta lunedì 21 febbraio a Gbomblora a causa dei prodotti chimici usati per trattare l’oro, depositati in quantità considerevole all’interno del sito. I dati, forniti dalle autorità regionali, sono in continuo aggiornamento.
Italia, la maggioranza di Governo si è spaccata sul Green Pass
Nella mattinata di ieri la Lega ha presentato un emendamento per eliminare il Green Pass a partire dal 1° aprile, dal momento che ad ora la data prevista per il termine dell’emergenza sanitaria è il 31 marzo e il Governo sembra deciso a non volerne prorogare oltre i termini. Il Movimento 5 Stelle si era inizialmente mostrato favorevole ad appoggiare l’emendamento, ma dopo la sospensione del voto e il suo rinvio al pomeriggio ha rivisto le sue posizioni e la proposta è stata bocciata. A votare a favore dell’abolizione del Green Pass sono stati, oltre la Lega, Alternativa e Fratelli d’Italia, mentre Forza Italia si è astenuto. Tra le file dei 5 Stelle permane tuttavia un certo scontento, che mostra come la maggioranza sia tutt’altro che unita sulla questione della certificazione verde.
È la prima volta che tra le fila della maggioranza si intravede una spaccatura netta sulla questione del Green Pass. Nella giornata di ieri, infatti, la Lega ha scatenato una bufera in commissione Affari Sociali alla Camera con la proposta di emendamento che avrebbe voluto l’abolizione della certificazione sanitaria a partire dal 1° aprile, ovvero all’indomani del termine dello stato di emergenza. Le discussioni sono state rinviate al pomeriggio, ma sembrava che l’emendamento potesse far tremare la tenuta della maggioranza, dopo l’apparente intenzione del Movimento 5 Stelle di appoggiare la proposta della Lega. Tuttavia nel pomeriggio le posizioni sono cambiate e, dopo la votazione, l’emendamento è stato bocciato. In questo modo la maggioranza ha tenuto per un pelo, anche se il collante che la tiene insieme minaccia di cedere da un momento all’altro.
Forza Italia si è astenuto dalla votazione, seppure Berlusconi abbia ammesso di ritenere che sia ormai ora di superare le restrizioni e seguire l’esempio degli altri Paesi europei. Le modalità, tuttavia, dovrebbero essere differenti: a tal proposito il presidente di FI ha dichiarato che il proprio partito sta lavorando a un piano graduale di dismissione del Green Pass a partire dai contesti meno a rischio, che verrà consegnato al Governo nei prossimi giorni. Dal canto suo, il PD si schiera contro la proposta della Lega, che Letta commenta come «fuori da una logica di maggioranza». Affermazione che appare quantomeno dubbia, visto il caos che si è venuto a creare ieri in aula.
«Non si vede perché complicare la vita a chi lavora» ha dichiarato Salvini. Per il leader della Lega la situazione è ora sotto controllo e, se nei prossimi giorni fosse confermata l’attuale tendenza al miglioramento, non si vede la necessità di mantenere in essere restrizioni come il Green Pass obbligatorio per i lavoratori over 50. Di tutt’altro parere sembrano essere Draghi e Speranza, che si muovono su una linea assai più prudente. Il ministro della Salute ha infatti dichiarato di non riuscire nemmeno a prevedere un momento nel quale il virus non esisterà più e le restrizioni cesseranno di esistere tutte insieme. Curioso che proprio il ministro della Salute ignori una realtà scientifica data per assodata nel resto d’Europa, ovvero che il virus non cesserà di esistere, motivo per il quale sarà necessario adattarsi ad una futura convivenza.
L’insofferenza di una certa parte del M5S è evidente dopo che in un primo momento alcuni deputati si erano mostrati favorevoli ad appoggiare l’emendamento della Lega, per poi decidere di cambiare idea prima della votazione nel pomeriggio. Di fatto, le posizioni contrastanti all’interno del Movimento potrebbero creare non pochi problemi alla tenuta della maggioranza.
[di Valeria Casolaro]
Nord Stream 2: Berlino sospende l’autorizzazione
La Germania ha appena sospeso l’autorizzazione del Nord Stream 2, gasdotto che trasporterebbe il gas naturale dai giacimenti russi alle coste tedesche raddoppiando il tracciato dell’attuale Nord Stream.
Ad annunciarlo, a poche ore dall’entrata delle truppe russe in Donbass, è il cancelliere Olaf Scholz che ha chiesto di interrompere il processo di revisione dell’infrastruttura da parte dell’autorità di regolamentazione tedesca. In questo modo non può essere rilasciata alcuna certificazione del gasdotto e «Nord Stream 2 non può entrare in funzione», ha infine aggiunto.
Iran, restituiti 820 mila vaccini perché prodotti negli USA
L’Iran avrebbe restituito 820 mila dosi di vaccino AstraZeneca donate dalla Polonia, in quanto prodotte negli Stati Uniti, considerati “fonte non autorizzata”. Lo scrive Al Jazeera, che riporta come l’Iran al momento accetti vaccini occidentali solo se non provenienti da Stati Uniti o Gran Bretagna. Nel Paese, alla sesta ondata del virus, il 90% della popolazione sopra i 18 anni avrebbe ricevuto due dosi di vaccino, il 37% la terza. La Polonia ha comunicato che le dosi verranno ritirate e sostituite con altre provenienti “da fonti autorizzate”.
Non c’è nessuna trasparenza sui dati dei vaccini: ora lo scrive anche il New York Times
Il CDC (Centers for Disease Control and Prevention), ovvero l’organismo di controllo sulla sanità pubblica degli Stati Uniti, non sta pubblicando molti dei dati relativi al Covid in suo possesso: a sostenerlo è il quotidiano statunitense New York Times, secondo cui a mancare sarebbero in maniera particolare quelli sull’efficacia della dose booster dei vaccini. “Per più di un anno, il CDC ha raccolto dati sui ricoveri per Covid-19 negli Stati Uniti suddividendoli per età, razza e stato di vaccinazione, ma non ha reso pubbliche la maggior parte delle informazioni”, si legge all’interno dell’articolo del quotidiano, il quale ritiene che “quando il CDC ha pubblicato i primi dati significativi sull’efficacia dei booster negli adulti di età inferiore ai 65 anni due settimane fa, ha omesso quelli relativi ai soggetti dai 18 ai 49 anni”. Dunque, a non essere stati diffusi sarebbero i dati di una “enorme fetta” della popolazione in questione, che tra l’altro avrebbe “meno probabilità di beneficiare di dosi extra”.
Mancando i dati relativi al richiamo vaccinale negli individui sopracitati, quindi, gli “esperti esterni a cui le agenzie sanitarie federali si rivolgono per ottenere un parere hanno dovuto fare affidamento sui dati di Israele per formulare le loro raccomandazioni sulle iniezioni”. Di conseguenza, ci si chiede per quale motivo sarebbero stati omessi dati che avrebbero permesso di comprendere in maniera migliore se soggetti sani avessero effettivamente bisogno di sottoporsi al booster, e la risposta a tale domanda sarebbe arrivata direttamente da Kristen Nordlund, portavoce del CDC, la quale avrebbe spiegato al New York Times che il motivo risiederebbe, tra l’altro, nel fatto che le informazioni potrebbero essere interpretate erroneamente. In tal modo, Nordlund avrebbe così confermato quanto comunicato al quotidiano da un non meglio specificato “funzionario federale”, secondo cui l’agenzia sarebbe stata appunto riluttante a rendere pubblici i dati proprio perché sarebbero potuti essere interpretati erroneamente come dati a favore dell’inefficacia dei vaccini. Oltre a ciò, Nordlund avrebbe altresì dichiarato che i dati rappresenterebbero solo il 10% della popolazione degli Stati Uniti: eppure il CDC – ricorda il New York Times – “ha fatto affidamento per anni sullo stesso livello di campionamento per monitorare l’influenza”.
A tutto ciò si aggiunga il fatto che l’anno scorso l’agenzia è stata “ripetutamente criticata” poiché non avrebbe tracciato le “cosiddette infezioni rivoluzionarie negli americani vaccinati” (ossia i casi di individui contagiatisi nonostante fossero vaccinati) e si sarebbe invece concentrata solo sui soggetti ammalatisi gravemente e dunque ricoverati in ospedale o morti. Il problema, fondamentalmente, è che l’agenzia avrebbe infatti “presentato queste informazioni per effettuare un confronto del rischio con gli adulti non vaccinati, piuttosto che fornire istantanee tempestive di pazienti ospedalizzati stratificati per età, sesso, razza e stato vaccinale”. Eppure il CDC, secondo il funzionario federale sopracitato, avrebbe raccolto regolarmente informazioni a riguardo da quando i vaccini Covid sono stati lanciati.
Un’altra questione sollevata dal New York Times, poi, è quella relativa all’analisi delle acque reflue, con cui è possibile capire se sia imminente una nuova ondata di casi Covid. Il CDC, infatti, ha recentemente lanciato sul suo sito Web una dashboard sui dati delle acque reflue da aggiornare quotidianamente, tuttavia ciò sarebbe stato fatto con ritardo dato che alcuni Stati “avevano condiviso le informazioni sulle acque reflue dall’inizio della pandemia”. Va detto però che la lentezza del CDC nel rendere pubblici i dati sembrerebbe essere comprensibile in quanto, come affermato dalla Nordlund, il CDC avrebbe dato la possibilità di “presentare i dati negli ultimi mesi”. Tuttavia, secondo il New York Times il CDC avrebbe comunque rilasciato i dati una settimana dopo il previsto, mentre il tracciatore dei livelli di Covid nelle acque reflue statunitensi verrebbe “aggiornato solo il giovedì e il giorno prima della data di rilascio originale”.
Detto questo, bisogna infine ricordare che la preoccupazione per l’interpretazione errata dei dati non riguarda solo le agenzie statunitensi ma anche quelle scozzesi. Public Health Scotland, l’ente nazionale che si occupa della sanità pubblica in Scozia, ha infatti scritto all’interno del suo recente rapporto statistico sul Covid che “a causa del crescente rischio di interpretazioni errate, non segnalerà più i casi di Covid-19, ricoveri e decessi per stato vaccinale su base settimanale”.
[di Raffaele De Luca]
Trento, vietata la plastica negli eventi pubblici
La Provincia Autonoma di Trento ha disposto il divieto, a partire da luglio 2022, di utilizzare la plastica monouso in tutti gli eventi pubblici che siano patrocinati, organizzati o finanziati dalla Provincia o dagli Enti ad essa collegati. Da gennaio 2023 il divieto sarà esteso a tutti i servizi di somministrazione e vendita di cibo all’interno degli enti pubblici. La decisione, innovativa e coraggiosa, ha subito scatenato le proteste delle principali aziende e associazioni del settore, tra le quali Unionfood, Mineracqua e Sanpellegrino, le quali hanno immediatamente fatto ricorso al Tar.











