giovedì 15 Maggio 2025
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Italia, presentata una nuova proposta di legge per la legalizzazione della cannabis

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Alla Commissione Giustizia della Camera dei deputati è stata depositata una proposta di legge che mira a rendere legale la coltivazione di cannabis a uso personale. La proposta punta quindi non a realizzare anche in Italia i coffee shop sul modello olandese e di alcuni stati americani, ma più semplicemente ad evitare che semplici consumatori possano rischiare il carcere, come avviene oggi, solo per aver coltivato alcune piante in casa per il proprio fabbisogno. Una pratica, quella dell’autoproduzione di cannabis, che sempre più italiani praticano, non solo per essere certi di non consumare cannabis piena di additivi chimici nocivi come può essere quella acquistata in strada, ma anche per non essere complici delle mafie che ne detengono buona parte della produzione.

La proposta di legge, secondo quanto spiegato dalla campagna di supporto “Meglio Legale”, prevede le seguenti modifiche alla legge:

  1. Per il reato di produzione detenzione e spaccio (art 73) verrebbe introdotta la fattispecie di lieve entità, per punire meno severamente i casi meno gravi;
  2. Sarebbe consentita la coltivazione di 4 piante per uso personale;
  3. Cadrebbe anche la sanzione amministrativa (art 75);
  4. Se a commettere il reato di spaccio è persona tossicodipendente non è punita con il carcere ma con i lavori socialmente utili;
  5. Le pene sarebbero aumentate nei casi di associazione a delinquere, nei casi in cui il reato sia commesso nei confronti dei minori, e nel caso di reato commesso da chi è in possesso di un’autorizzazione a produrre per fini medici e di ricerca.

Negli ultimi anni sono state numerose le proposte di legge per la legalizzazione della cannabis depositate in Parlamento e neppure mai approdate in aula per essere votate. Ma questa volta trapela maggiore ottimismo. La scelta di produrre un testo che mira non alla legalizzazione vera e propria, ma ad una depenalizzazione della coltivazione punta a superare le resistenze di alcuni partiti del centro, mentre rimane scontata la contrarietà di Lega e Fratelli d’Italia. Inoltre nel suo discorso programmatico la ministra della Giustizia Marta Cartabria ha elencato tra i punti quello di ampliare la non punibilità per i fatti di lieve entità, tra i quali ricade anche la coltivazione di cannabis per consumo personale.

Rapporto Invalsi: gli studenti sono peggiorati durante la pandemia

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Le prove INVALSI del 2021 hanno avuto luogo in condizioni molto particolari: è la prima volta che si misurano le competenze degli studenti dopo più di un anno di sospensione delle attività didattiche. INVALSI, ovvero l’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e Formazione, è l’ente che si occupa di misurare quantitativamente la qualità dell’istruzione italiana, e quest’anno mostra risultati poco rassicuranti. La pandemia ha avuto un effetto negativo sull’apprendimento degli studenti italiani.

Le prove sono state svolte da più di 2 milioni di studenti distribuiti su tutto il territorio nazionale e hanno riguardato tre materie: la matematica, l’italiano e l’inglese. Dal rapporto elaborato al termine delle prove si traggono una serie di conclusioni. Prima di tutto il fatto che con la pandemia (e la conseguente sospensione o modifica di molte attività didattiche) le performance scolastiche sono, in media, peggiorate rispetto al 2019. Il peggioramento, poi, riguarda soprattutto la matematica e l’italiano, ma non l’inglese. Le difficoltà, infine, riguardano soprattutto le scuole secondarie, mentre le scuole elementari non hanno registrato risultati peggiori rispetto all’ultima rilevazione.

A livello regionale, la provincia autonoma di Trento (parte del non più esistente Trentino Alto Adige) è l’unica regione che ha riportato risultati migliori nel 2020 rispetto al 2019, e in tutte e tre le materie esaminate. Si conferma un sospetto precedentemente espresso e fondato, ovvero che la pandemia ha inasprito disuguaglianze già esistenti: nel panorama generale di peggioramento, il Sud e le isole sono peggiorate più del Nord, e le scuole professionali più dei licei. Anche i ragazzi stranieri hanno ottenuto risultati peggiori rispetto ai loro compagni italiani, ma la forbice è più ampia in matematica che non in italiano. Si conferma poi la differenza di genere tra i ragazzi, più bravi in matematica, e le ragazze, che ottengono risultati migliori in italiano.

grafico tratto dal rapporto INVALSI

Insomma, le difficoltà legate alla pandemia si sono fatte sentire di più presso gli strati più vulnerabili: il rapporto dà prova di un divario territoriale ancora esistente e di una forte disparità tra i ragazzi di condizioni socio-culturali favorevoli rispetto ai più svantaggiati. Gli alunni delle scuole professionali, ancora di più se meridionali, sono quelli che più hanno sofferto, da un punto di vista didattico, del Covid.

La pandemia, inoltre, ha aumentato la frequenza della cosiddetta “dispersione scolastica”, ovvero il fenomeno di studenti che formalmente terminano gli studi ma senza di fatto avere le competenze necessarie ad un normale inserimento nella società e nel mondo del lavoro. Questo dato, che si attestava al 7% nel 2019, è salito nel 2020 al 9,5%, arrivando fino al 22,4% in Calabria.

[di Anita Ishaq]

 

Maltempo: 153 morti in Europa

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È salito ancora il numero delle vittime causate dal maltempo che in questi giorni si sta verificando in Germania, Olanda, Belgio, Lussemburgo e Svizzera. In totale, secondo quanto riferiscono fonti ufficiali tedesche, le persone che hanno perso la vita in Europa sono 153. Nello specifico, 20 di loro sono morte in Belgio, mentre le restanti 133 sono decedute in Germania. La polizia di Coblenza ha inoltre comunicato che, in base alle ultime informazioni disponibili, 90 individui hanno perso la vita nella regione della Renania-Palatinato. Ad essi si aggiungono altre 43 persone morte nella Renania Settentrionale-Westfalia.

Cuba, Biden conferma le sanzioni approvate da Trump

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In campagna elettorale Joe Biden aveva promesso che avrebbe rimosso le misure contro Cuba che vennero approvate da Donald Trump. Ora il presidente Usa si rimangia la parola ed anzi annuncia nuovi provvedimenti atti a cercare di limitare la sovranità cubana. Tra queste annuncia che “gli Stati Uniti sono pronti ad inviare una quantità significativa di vaccini anti-Covid a Cuba”, ponendo come condizione che “un’organizzazione internazionale amministri la distribuzione dei vaccini” e non il governo cubano. Cuba in verità è l’unico paese non del G20 che è stato in grado di produrre propri vaccini, già approvati e con efficacia dimostrata oltre il 90%, tuttavia a rallentare la campagna vaccinale è il fatto che l’embargo rende difficile al Paese acquistare sul mercato le siringhe, oltre a molti altri beni di prima necessità.

Amazzonia, Bolsonaro elimina l’ultima agenzia indipendente che verifica il disboscamento

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Amazzonia

Monitorare l’Amazzonia da satellite, specie per quel che riguarda gli incendi, non sarà più compito dell’Agenzia brasiliana per la ricerca spaziale (Inpe). A farlo, su ordine dell’amministrazione Bolsonaro sarà invece l’Istituto Nazionale di Meteorologia subordinato agli interessi del Ministero dell’Agricoltura. E nonostante il governo affermi che la decisione non influenzerà il lavoro dell’Inpe, l’allarme di specialisti e ricercatori non si è fatto attendere. Di fatto, anche l’ultima Agenzia ambientale indipendente sopravvissuta è stata depotenziata.

Non dovrebbe sorprendere, d’altronde il presidente Bolsonaro è da sempre esplicitamente schierato a favore degli interessi del business agricolo. Così come lo è contro i diritti dei popoli indigeni e la salvaguardia dell’ambiente naturale col solo fine di conservarlo. Non a caso, è dal 2019 che il governo sta cercando di cambiare il sistema di diffusione dei dati sugli incendi e la deforestazione nel Paese. A quale scopo? Se i risultati delle analisi satellitari non fossero drammatici come lo sono in realtà non ci sarebbe motivo di limitare le attività di grandi aziende o quelle minerarie, ad esempio. Ma questa è solo un’ipotesi. È lecito chiedersi, tuttavia, che motivo abbia avuto Bolsonaro a esonerare il fisico Ricardo Galvão dalla carica di direttore dell’Inpe solo per aver difeso la veridicità dei dati diffusi dall’Agenzia. Due settimane prima del fatto, il presidente aveva affermato che le informazioni sulle azioni dei criminali in Amazzonia pubblicate dalla stessa erano false.

«La modifica della modalità di diffusione dei dati sugli incendi – ha dichiarato martedì scorso Galvão – è un altro modo per cercare di controllare le informazioni. L’Inpe, invece, è sempre stato un organo della scienza il cui unico scopo è quello di divulgare informazioni esatte». Pianificare azioni conservative e di ripristino, nonché agire direttamente sulle cause di incendio o deforestazione, non può infatti prescindere dalla disponibilità di informazioni precise e soprattutto fedeli alla realtà. Che l’Amazzonia sia sotto pressione non è però cosa nuova. L’ultimo rapporto del Science Panel for the Amazon, un ente Onu nato col fine di proteggere la foresta sudamericana, ha evidenziato come le specie amazzoniche a rischio estinzione siano oltre 10 mila e che più di un terzo della foresta pluviale è disboscato o degradato. Dati scoraggianti, confermati recentemente proprio dall’Inpe. Un loro articolo pubblicato su Nature ha dimostrato, avvalendo l’evidenza avanzata da una ricerca simile, che l’Amazzonia in alcuni settori emette più anidride carbonica di quanta ne assorba. Ogni anno – secondo lo studio – si stima che la foresta produca 1 miliardo di tonnellate nette di CO2.

Insomma, il quadro delineato dall’Agenzia sullo stato di salute dell’Amazzonia brasiliana è tutt’altro che roseo. Ma l’unico modo per agire e cambiare rotta è disporre di dati esatti. Solo un monitoraggio attento e non strumentalizzato potrà, infatti, tutelare la foresta tropicale più grande al mondo dal crescente rischio di incendi e disboscamento. Per fortuna, l’interesse nei confronti del ‘polmone verde’ del Pianeta è internazionale, non resta che confidare che eventuali manipolazioni vengano prontamente svelate.

[di Simone Valeri]

Scoperti microbi presenti nelle mucche che possono scomporre la plastica

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Uno dei mali del nostro pianeta è l’enorme quantità di plastica monouso gettata quotidianamente. I cittadini europei ne producono 25milioni di tonnellate, ma solo meno del 30% viene raccolto per il riciclaggio. Il resto dei rifiuti viene soprattutto incenerito. Per questo motivo, molti studiosi sono alla ricerca di processi di smaltimento più rispettosi dell’ambiente. Un passo in avanti in questo senso è stato di recente compiuto da un gruppo di ricercatori austriaci, il quale ha scoperto come alcuni microbi che vivono negli stomaci delle mucche, siano in grado di digerire alcuni tipi di plastica, compresi quelli utilizzati per la realizzazione di imballaggi monouso. 

Il tutto ha preso avvio da un’intuizione derivante dal fatto che la dieta di un bovino contiene poliesteri vegetali naturali: se questi microrganismi riescono a digerire materiali analoghi, perché non provare con la plastica? Così, gli scienziati hanno iniziato l’esperimento, esaminando i microbi in alcuni campioni di fluido proveniente dal rumine raccolto presso un macello austriaco. Dopodiché, hanno incubato il liquido con tre tipi di plastica – polietilene tereftalato, usato per la fabbricazione di bottiglie; polibutilene adipato tereftalato e polietilene furanoato, entrambi materiali biodegradabili e utilizzati per la realizzazione di sacchetti – sia sotto forma di polvere che di pellicola. Così facendo,  hanno appurato come i microbi presenti nello stomaco delle mucche siano riusciti a scomporre tutti e tre i materiali (la plastica in polvere è stata scomposta più velocemente della pellicola). Dati gli ottimi risultati, le ricerche stanno quindi proseguendo e, il prossimo obiettivo, vede l’identificazione dei microrganismi responsabili del processo, al fine di riuscire a coltivarli in laboratorio.

[di Eugenia Greco]

L’Università di Milano escluderà gli studenti non vaccinati dal diritto all’alloggio

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Come ogni anno le università stanno pubblicando i bandi attraverso i quali gli studenti che ne abbiano i requisiti di reddito possono richiedere di alloggiare negli studentati ad affitto calmierato. Tra queste anche l’Università di Milano “La Statale”, che ha però aggiunto un nuovo requisito: gli alloggi saranno disponibili solo per gli studenti che si siano vaccinati. Non chiede il possesso del passaporto vaccinale, ma esclusivamente l’avvenuta vaccinazione, facendolo diventare di fatto un obbligo da assolvere per tutti gli studenti che desiderino accedere al diritto della richiesta di alloggio.

A pagina tre del “Bando di concorso per il servizio alloggi per il diritto allo studio” si specifica infatti che è previsto «quale requisito di accesso al posto alloggio di essere muniti della certificazione di avvenuta vaccinazione Covid-19″. Un requisito ribadito laddove si elencano i requisiti di ammissione, specificando che «alla domanda deve essere allegata la certificazione di avvenuta vaccinazione Covid–19 per chi ne è già in possesso». E chi non ne fosse ancora in possesso? Potrà comunque accedere al bando, ma con l’impegno a presentare il certificato di avvenuta vaccinazione entro il 31/12, pena l’esclusione. Si specifica infatti all’art. 6.3 del bando che «Gli studenti sprovvisti della certificazione di avvenuta vaccinazione Covid–19 sono ammessi con riserva fino al 31/12 /2021. In caso di mancanza del requisito saranno esclusi dalla graduatoria e i posti rimasti vacanti saranno riassegnati mediante scorrimento».

Non è tutto, in assenza di vaccinazione verranno anche requisite le abitazioni a chi ne avesse ottenuto il diritto negli anni scorsi. Al punto 6.2 intitolato “Assegnazione per le riconferme” si ribadisce infatti che anche per la riconferma dell’alloggio la domanda debba essere completa di certificato di avvenuta vaccinazione e che «gli studenti che non compileranno l’accettazione saranno dimessi al 30 settembre 2021».

Quella dell’Università Statale appare non solo una decisione discutibile. Probabile infatti che possa prestare il fianco a ricorsi dal punto di vista della legittimità. Nei confronti della legge italiana, visto che si lega l’ottenimento del diritto alla somministrazione di un vaccino che non è obbligatorio per legge, ma anche nei confronti della normativa europea che all’art. 36 del regolamento sul cosiddetto “Green Pass” specifica che «È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate» specificando che la norma anti-discriminazioni vada intesa anche per coloro che «hanno scelto di non essere vaccinate».

Sulle coste italiane ci sono sempre meno spiagge libere

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In Italia trovare una spiaggia libera dove potersi mettere senza pagare ingresso, ombrellone e lettino a stabilimenti privati è sempre più difficile. Oltre il 50% delle coste è ormai sottratto alla libera e gratuita fruizione. Una tendenza che continua a rafforzarsi tramite l’aumento esponenziali delle concessioni balneari in tutte le regioni: nel 2021 sono state 12.166, contro le 10.812 degli ultimi dati del Demanio, relativi al 2018. Significa un’aumento del 12,5% in appena tre anni. Lo rivela il rapporto “Spiagge 2021” realizzato la Legambiente.

Una situazione che tocca vette di privatizzazione quasi totale in diverse località. Secondo il rapporto Liguria, Emilia-Romagna e Campania hanno quasi il 70% dei lidi occupati da stabilimenti balneari. Altri decisi incrementi si registrano in Abruzzo con un salto degli stabilimenti da 647 nel 2018 a 891 nel 2021 e nelle regioni del sud a partire dalla Sicilia dove le concessioni per stabilimenti balneari sono passati da 438 nel 2018 a 620 nel 2021, con un aumento del +41,5%; seguita da Campania che registra un aumento del +22,8% e dalla Basilicata (+15%). Tra i comuni costieri, il record spetta a Gatteo (FC) che ha tutte le spiagge in concessione, ma si toccano numeri incredibili anche a Pietrasanta (LU) con il 98,8% dei lidi in concessione, Camaiore (LU) 98,4%, Montignoso (MS) 97%, Laigueglia (SV) 92,5%, Rimini 90% e Cattolica 87%, Pescara 84%, Diano Marina (IM) con il 92,2% dove disponibili sono rimasti solo pochi metri in aree spesso degradate.

Una privatizzazione che oltretutto porta anche benefici economici irrisori rispetto al valore delle concessioni stesse. «I canoni che si pagano per le concessioni – prosegue il rapporto – sono ovunque bassi e in alcune località di turismo di lusso risultano vergognosi a fronte di guadagni milionari. Ad esempio per le 59 concessioni del Comune di Arzachena, in Sardegna, lo Stato nel 2020 ha incassato di 19mila euro l’anno. Una media di circa 322 euro ciascuna l’anno». A pesare sulle poche spiagge libere italiane – conclude il rapporto di Legambiente – è anche il problema dell’erosione costiera che riguarda circa il 46% delle coste sabbiose e che si sta accentuando a causa della crisi climatica. E poi c’è la questione legata alle coste non balneabili: complessivamente lungo la Penisola il 7,7% dei tratti di coste sabbiose è di fatto interdetto alla balneazione per ragioni di inquinamento. Sicilia e Campania contano in totale circa 55 km su 87 km interdetti a livello nazionale.

 

 

È morto l’attore Libero De Rienzo, aveva 44 anni

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È morto all’età di 44 anni, a causa di un infarto, l’attore napoletano Libero De Rienzo, che è stato ritrovato privo di vita all’interno della sua casa a Roma. Oltre ad aver vinto il David di Donatello nel 2002, l’attore è ricordato per la sua interpretazione, nel film “Fortapàsc” di Marco Risi,  del giornalista napoletano Giancarlo Siani, assassinato dalla camorra nel 1985. Tra i suoi lavori più recenti, inoltre, i film “Smetto quando voglio” (2014) e “A Tor Bella Monaca non piove mai” (2019).

Grecia: in migliaia assediano il Parlamento contro l’obbligo vaccinale

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In Grecia, migliaia di manifestanti hanno protestato nella giornata di mercoledì contro le nuove misure anti covid annunciate negli scorsi giorni dal Primo ministro Kyriakos Mitsotakis. In particolare, quest’ultimo ha parlato dell’obbligo di sottoporsi al siero per determinate categorie e di usufruire del pass sanitario per accedere ai luoghi chiusi. Per questo, si sono tenute manifestazioni a Salonicco e, soprattutto, ad Atene, dove si è svolta la protesta più corposa. Più di 5000 persone hanno infatti espresso il loro dissenso davanti al Parlamento, invitando Mitsotakis a dimettersi al grido di «prendi i tuoi vaccini e vattene di qui». I manifestanti hanno anche esposto uno striscione con la scritta «Diciamo no al veleno del vaccino» ed hanno cantato «giù le mani dai nostri figli», schierandosi contro la somministrazione del siero nei confronti dei più giovani.

«Ogni persona ha il diritto di scegliere. Stiamo manifestando affinché il governo non scelga per noi», ha affermato Faidon Vovolis, un cardiologo a capo del movimento “Free Again”, che ha organizzato la protesta. Quest’ultimo ha infatti sottolineato come ognuno debba essere libero di fare ciò che vuole «con il proprio corpo».

Detto questo, le proteste in Grecia si aggiungono a quelle verificatesi sempre nella giornata di mercoledì in Francia, dove decine di migliaia di cittadini si sono riversati nelle strade contro l’obbligo preannunciato dal presidente Emmanuel Macron di munirsi del green pass per accedere a diversi locali pubblici nonché di vaccinarsi per il personale sanitario. Si tratta di misure praticamente uguali a quelle di cui ha parlato il Primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis. Andando nello specifico, quest’ultimo nel discorso tenuto nella giornata di lunedì ha annunciato non solo l’introduzione della vaccinazione obbligatoria per il personale sanitario e delle case di cura ma ha anche parlato della misura per cui, a partire da oggi, e fino alla fine di agosto, si dovrà mostrare il pass sanitario per poter accedere ai luoghi chiusi come centri di intrattenimento, bar, cinema e teatri.

Era inevitabile, dunque, una reazione della parte di popolazione che non vuole sottoporsi al vaccino, a maggior ragione se si tiene conto del fatto che in Grecia i componenti del personale delle case di riposo che non saranno vaccinati almeno con la prima dose entro il 16 agosto, verranno sospesi dal lavoro, mentre i sanitari di ospedali, cliniche e centri diagnostici (sia privati che pubblici) dovranno effettuare la vaccinazione entro il primo settembre.

[di Raffaele De Luca]