mercoledì 24 Aprile 2024

Le porte girevoli che collegano politica e industria fossile

Essere dipendenti di una industria e poi passare a un incarico politico nazionale o europeo, oppure viceversa; sovente in ruoli che rendono la persona in merito responsabile di sorvegliare la condotta della medesima azienda della quale era dipendente. Sono settantuno gli episodi di revolving door tra industria e posizioni di governo registrati in Europa nel periodo che va dal 2015 al 2021. Tra questi, come vedremo, molti i casi che riguardano l’Italia, con passaggi spericolati tra incarichi politici e la multinazionale dell’energia Eni. A rivelarlo il Corporate Europe Observatory, gruppo di ricerca che si occupa di indagare l’influenza di cui godono le aziende e le lobby all’interno delle istituzioni politiche europee.

Negli anni presi in considerazione, svariate figure influenti nella politica europea (come funzionari ed eurodeputati) sono poi entrate a fare parte di una qualche lobby, oppure è accaduto il contrario. Ne consegue l’innegabile esistenza di un conflitto di interesse strisciante. Nel database RevolvingDoorWatch si trovano gli attori dello scambio descritto, casi testimoni di quanto le istituzioni europee non abbiano ancora agito per trovare un modo reale ed efficace di scongiurare un fenomeno evidentemente rischioso, vista l’interferenza che poi nasce nei processi decisionali democratici e di interesse pubblico. Il trasferimento di funzionari pubblici dal governo ad aziende all’interno dell’industria dei combustibili fossili o il contrario, è uno degli esempi più schiaccianti e preoccupanti di revolving door.

Viene da sé quanto le decisioni per combattere contro il cambiamento climatico siano ben poco conciliabili con interessi e volontà delle Big Oil, ecco perché i fin troppi casi di revolving door in Eni, per esempio, sono allarmanti. Nel 2011 Pasquale Salzano è diventato responsabile delle relazioni istituzionali e internazionali della multinazionale negli Stati Uniti, ma prima si trovava nel ministero degli Affari esteri. Dal 2014 al 2017 Pasquale Salzano ha ricoperto ruoli molto importanti all’interno di Eni, per poi ritornare agli incarichi pubblici come ambasciatore italiano in Qatar (2019). L’ambasciatore presso il comitato politico e di sicurezza dell’Ue a Bruxelles e Teheran, Luca Giansanti, ricopre oggi un ruolo di spicco in Eni, così come un altro politico italiano, mentre Lapo Pistelli, è stato viceministro agli Affari esteri e poi è stato nominato director public affairs per Eni. Tanti altri personaggi sono entrati e usciti più volte dalle istituzioni europee e sono ora all’interno dell’azienda multinazionale, come Alfredo Tombolini, Matilde Mattei e Nathalie Tocci, entrata a far parte del consiglio di amministrazione Eni nello stesso momento in cui è stata nominata come Consigliera speciale dall’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea. Un caso denunciato da Common e Ceo e Friends of the Earth Europe, ma senza risultati.

Ad oggi, all’interno dell’Ue non esiste un regolamento volto a controllare e evitare i casi di porte girevoli e i conflitti di interesse. Motivo per cui Fossil Free Politics (coalizione che ha commissionato la ricerca) ha proposto l’approvazione di una norma che preveda almeno cinque anni di stacco tra le mansioni politiche e aziendali per lo staff comune e di dieci anni per chi invece ricopre cariche di alto livello. Se ciò non avverrà, continueranno a esistere e saltare da un ruolo all’altro persone come Amber Rudd, Segretaria di Stato per l’energia e i cambiamenti climatici nel governo britannico dal 2015-2016, alla guida della delegazione britannica durante la Cop21 di Parigi. Amber Rudd fa parte dal 2020 della Equinor, compagnia energetica controllata dal governo norvegese, carica affidatole quando ancora faceva parte del parlamento britannico. La Rudd è stata una delle promotrici della tecnologia di cattura e stoccaggio (Ccs) della CO2 prima della Brexit e oggi Equinor sta progettando un impianto di idrogeno fossile nel Regno Unito, proprio con l’utilizzo della Ccs. Con il fine di raggiungere emissioni di CO2 pari a zero entro il 2050 diverse tecnologie vengono testate anche se ancora in fase di sperimentazione, approvate senza contrasti significativi all’interno della politica europea, vista la presenza di lobbisti. Fondi comuni dell’Unione europea e dei governi usati per testare costose tecnologie con la speranza (ma non la certezza) di limitare le emissioni, mentre però si continuano a bruciare i combustibili fossili.

[di Francesca Naima]

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