lunedì 22 Settembre 2025
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Ravenna, Greenpeace occupa una piattaforma ENI: “Basta bugie”

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I militanti di Greenpeace si sono mossi su due fronti, nella giornata di ieri, per protestare in occasione del meeting delle multinazionali degli idrocarburi che ha avuto luogo a Ravenna. Una parte degli attivisti ha temporaneamente occupato la piattaforma “Porto Corsini”, al largo delle coste di Ravenna, mentre un secondo gruppo ha simbolicamente bloccato uno degli accessi al palasport che ospitava il Med Energy Conference Exhibition.

Alla conferenza, che si chiuderà il 30 settembre, hanno partecipato i giganti dell’industria dei combustibili fossili (Eni, Shell e Total), il sindaco di Ravenna e delegati di Libia, Egitto, Cipro e Italia. La protesta degli attivisti riguarda in particolare la scadenza della moratoria emessa nel 2019 dall’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che per più di due anni ha bloccato in Italia la ricerca di idrocarburi nelle zone marine e in terraferma. L’intenzione era fornire il tempo necessario ad un accurato esame del suolo, per valutare l’impatto delle estrazioni sulla fauna e studiare le caratteristiche geofisiche e vulcanologhe del terreno e dei fondali marini. Dopo due anni si è però a un nulla di fatto e, in assenza di un piano concreto, dal primo di ottobre le trivellazioni potrebbero riprendere indisturbate. Un Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiETSAI) è stato presentato a luglio, con grande ritardo, ma il contenuto presenta evidenti lacune e l’assenza di una mappatura accurata delle aree geologiche. Il Piano ignora inoltre il tema della transizione, centrale nella retorica di Governo ma di fatto marginale nella pratica.

Indossando maschere con i volti di Draghi, Cingolani e il cane a sei zampe di Eni, gli attivisti e le attiviste hanno firmato un simbolico “Patto della finzione ecologica” e hanno esposto striscioni con scritte come “Basta bugie di Eni: nascondere CO2 non salva il clima” e “CCS: ennesima bugia di Eni”. L’intenzione di Eni sarebbe infatti realizzare il CCS (ovvero un sistema di cattura, stoccaggio e riutilizzo della CO2) a Porto Corsini, progetto per il quale ha previsto di investire circa un miliardo di euro, possibilmente utilizzando fondi pubblici. Il CCS porrebbe rimedio alle emissioni industriali di CO2, secondo Eni non risolvibili mediante la transizione a tecnologie elettriche o sostenibili. I giacimenti adriatici esauriti, in particolare quelli al largo di Ravenna, sarebbero riconvertiti in punti di stoccaggio dell’anidride carbonica. La produzione industriale di CO2 sarebbe quindi stoccata sottoterra, dopo essere stata compressa sino ad essere trasformata in stato liquido. Oltre alla difficoltà di prevederne le conseguenze ambientali, un tale sistema sembra essere costruito ad hoc per favorire gli interessi economici di Eni.

Gli attivisti di Greenpeace denunciano la manovra di greenwashing del Governo, che da un lato promette soluzioni per affrontare il cambiamento climatico e dall’altra appoggia ipocritamente le iniziative dei giganti degli idrocarburi. La moratoria sulle trivelle scadrà nelle prossime ore e, senza un adeguato aggiornamento del PiETSAI, il Governo potrebbe dare il via libera a nuove trivellazioni.

[di Valeria Casolaro]

Francia: Nicolas Sarkozy condannato per finanziamento elettorale illecito

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Nella giornata di oggi, l’ex presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy, è stato condannato ad un anno di carcere senza condizionale per finanziamento elettorale illecito. Si tratta del cosiddetto caso “Bygmalion”, chiamato così a causa del nome di una società che secondo i giudici emise fatture false per finanziare la campagna elettorale di Sarkozy nel 2012. Il tribunale ha però sottolineato che «la pena sarà applicata ed eseguita in base al regime della sorveglianza elettronica», motivo per cui l’ex presidente non andrà quindi in carcere. Ad ogni modo, come ha annunciato Thierry Herzog, il legale di Sarkozy, quest’ultimo ricorrerà in appello.

The selection: ogni mattina la newsletter de L’Indipendente che racconta il mondo

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Mimmo Lucano, condanna a 13 anni e 2 mesi di carcere

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Condanna durissima per Mimmo Lucano, l’ex sindaco di Riace: 13 anni e 2 mesi di carcere, il doppio di quanto richiesto dalla pubblica accusa, 7 anni e 11 mesi. Lucano era stato travolto nel 2018 dall’inchiesta del tribunale di Locri, che aveva ritenuto che dietro al modello di accoglienza messo in atto dal primo cittadino vi fosse in realtà un’associazione a delinquere. Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e illeciti di vario genere nei progetti di accoglienza hanno portato alla condanna di primo grado, seppure le indagini non siano riuscite a produrre negli anni prove di soldi intascati illecitamente.

Come se la passano le mafie in Italia al tempo della pandemia

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Un universo di galassie criminali in continua evoluzione, plurisfaccettato, contraddistinto da una spiccata capacità (e necessità) di adattamento alle trasformazioni sociali e tecnologiche: è questa la fisionomia delle mafie autoctone e straniere operanti sul territorio italiano tracciata dalla Direzione Investigativa Antimafia all’interno dell’ultima relazione riferita al periodo compreso tra luglio e dicembre dello scorso anno. Oltre 500 pagine di documenti che abbiamo analizzato per fornirne i tratti salienti, alla scoperta dei mutamenti in mafia, camorra e "ndrangheta, ma anche all'interno...

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Pre-Cop Milano: scontri tra polizia e attivisti

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L’apertura della Pre-Cop a Milano ha visto qualche decina di attivisti del movimento Rise up for climate justice bloccare uno degli accessi del MiCo. Le forze dell’ordine sono subito intervenute non esitando a utilizzare i manganelli per disperdere i manifestanti. Altri due blocchi di attivisti appartenenti a vari gruppi stanno intanto cercando di bloccare altri due ingressi, con l’intenzione di resistere a oltranza. Nel corso del Pre-Cop, che si chiuderà il 2 ottobre, saranno discusse le decisioni strategiche da prendere nella conferenza di Glasgow di novembre, tra le quali l’impegno alla decarbonizzazione degli stati.

Trieste, i lavoratori annunciano il blocco del porto contro il green pass

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Dopo essersi riuniti in assemblea i lavoratori del porto di Trieste hanno deciso all’unanimità di opporre «contrarietà assoluta alla norma che dal 15 di ottobre obbliga i lavoratori al green pass o al tampone». Stabilendo un piano di lotta che partirà sin da subito e non si interromperà fino a quando non saranno accettate le loro richieste. A comunicarlo è il “Coordinamento Lavoratori Portuali Trieste” che elenca le mosse che verranno attuate: partecipazione «in massa» di tutti i portuali alla manifestazione contro il green pass in programma domani (venerdì 1 ottobre) a Trieste, «rallentare da subito le operazioni lavorative per segnalare concretamente il malcontento», fino a «bloccarle nel caso il 15 ottobre entrasse effettivamente in vigore l’obbligo di green pass per lavorare».

Il comunicato che è stato approvato all’unanimità dall’assemblea dei lavoratori del porto, definisce il lasciapassare sanitario «non una misura sanitaria, ma di discriminazione e di ricatto che impone a una parte notevole dei lavoratori di pagare per poter lavorare» e chiede «a tutti i portuali la massima unità per respingere una misura gravissima, che vorrebbe dividere i lavoratori discriminando pesantemente una loro parte e che se passasse aprirebbe la strada a altre e peggiori misure». Quello di Trieste è il maggior porto italiano per flusso di merci trasportate, pari a quasi 62 milioni di tonnellate nel 2020, superiore a quelli registrati presso gli scali di Genova e Livorno.

Russia: aereo da ricognizione USA intercettato nei pressi del confine

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La Federazione Russa ha annunciato, il 28 settembre, di aver intercettato un aereo da ricognizione statunitense nei pressi del proprio confine, sul Mar Nero. Il mezzo è stato scortato lontano dai confini da un velivolo russo, per evitare violazioni dello spazio aereo. La crescente capacità militare della Russia preoccupa gli Stati Uniti, che ha incrementato negli ultimi mesi le esercitazioni militari NATO nei pressi del confine russo. Secondo Mosca, queste azioni sono il segno di una minaccia alla propria sicurezza interna.

Afghanistan, Draghi annuncia: “G20 straordinario il 12 ottobre”

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Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, nella giornata di oggi ha tenuto una conferenza stampa a Palazzo Chigi durante la quale sono stati toccati vari temi, tra cui anche quello del vertice G20 straordinario sull’Afghanistan. A tal proposito, il premier ha annunciato: «Ci sarà il 12 ottobre».

Ancora gas: il governo approva una nuova centrale a Gorizia, vicino alle case

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Ci risiamo. Nonostante le belle parole, la transizione energetica italiana non ne vuole sapere di lasciarsi il gas naturale alle spalle. Il Ministro Roberto Cingolani, di concerto con il Ministro della Cultura, ha infatti approvato un progetto di modifica della centrale termoelettrica A2A-Energie future di Monfalcone (GO). Nel documento si esprime parere positivo di compatibilità ambientale, ma le associazioni ambientaliste già da tempo evidenziano le criticità di tale progetto. Dagli attuali 330 MW si passerà a una potenza complessiva di 860 MW, articolata in un impianto base a turbogas a cui si affianca un generatore di vapore a recupero che alimenta una turbina. Per la centrale friulana, quantomeno si potrebbe trattare di un passo avanti rispetto al carbone finora utilizzato come fonte energetica principale. Tuttavia, valutazioni indipendenti da parte dell’Associazione “Eugenio Rosmann” sottolineano come le cose non cambiarebbero affatto.

«La CO2 – scrivono in un comunicato – si ridurrà dalle attuali 2.400.738 tonnellate annue (t/a) a 2.362.726 t/a, con ben poco beneficio ambientale complessivo, pur tenendo conto dell’aumento di produzione energetica». Inoltre, considerando l’estrema vicinanza della centrale al centro abitato, il dato più preoccupante riguarda l’emissione di ammoniaca (NH3): «45 t/a che saliranno a 108 t/a nel ciclo combinato e a 95 t/a nel mix ciclo aperto/combinato». L’ammoniaca che è un cosiddetto inquinante primario, già di per sé tossico, si fa poi da precursore nella formazione di particolato fine con dirette conseguenze sulla salute pubblica. Eppure, nel testo ministeriale si legge che «le azioni di rigenerazione ecologica porteranno forti benefici alla popolazione nonché – in relazione ai limitrofi siti protetti Natura 2000 – alle altre specie». Ma anche in quest’ultimo caso gli ambientalisti fanno notare carenze e possibili rischi. «Riguardo al metanodotto di collegamento, per quanto riguarda l’attraversamento del canneto in cui è nota una stazione del grillo endemico in pericolo di estinzione Zeuneriana marmorata, preoccupa l’incidenza sulla specie e sugli habitat di interesse sia nella fase di cantiere e sia per la possibilità di alterazione del reticolo idrografico sotterraneo superficiale dato dalla messa in posa delle tubazioni».

Inutile dire che – riguardo a tutti questi dubbi espressi dall’Associazione – le risposte della multinazionale A2A fanno invece sembrare il progetto rose e fiori. Ma anche fosse – come dicono – che in realtà le emissioni di carbonio si ridurranno, così come l’impatto ambientale e paesaggistico, il gas, comunque, non è la soluzione alla crisi climatica, nemmeno in un’ottica di transizione. Presto o tardi anche questo andrà abbandonato, quindi, perché perdere del tempo che – come ci ricordano fino alla nausea gli esperti climatici – non abbiamo più?

[di Simone Valeri]