«Quando gli Stati membri introducono misure aggiuntive per rendere le condizioni più stringenti», devono «giustificarlo sulla base della situazione reale»: è quanto affermato ieri al termine del Consiglio Affari generali a Bruxelles dalla vicepresidente della Commissione europea Vera Jourova, che ha risposto così ad una domanda sulla decisione del nostro Paese di imporre l’obbligo di tampone a chi arriva in Italia da altri Paesi Ue, anche se vaccinato. Per i non vaccinati, inoltre, oltre al test negativo è prevista la quarantena di 5 giorni. «Immagino verrà discussa al Consiglio europeo perché queste decisioni individuali degli Stati membri riducono la fiducia delle persone sulla presenza di condizioni uguali ovunque in Europa», ha aggiunto.
Earth’s Black Box: la scatola nera che monitora lo stato della Terra
Earth’s Black Box è una scatola nera appositamente creata per raccogliere tutti i dati possibili di questo momento storico, in cui la Terra rischia di andare verso la distruzione. La “scatola nera della Terra” sorgerà entro l’inizio del 2022 in Tasmania e sarà realizzata in acciaio spesso 7,5 centimetri, a sbalzo in granito. Un monolite di 10 metri progettato per “sopravvivere” anche quando – e se – tutto il resto dovesse scomparire: nel momento in cui il catastrofico cambiamento climatico dovesse causare l’estinzione dell’umanità, rimarrà la gigantesca installazione in acciaio come testimonianza per le generazioni future. Ecco perché la scelta di un territorio ad alta stabilità geopolitica e geologica come la costa occidentale della Tasmania, dove la scatola nera sarà posizionata e riempita con dischi rigidi alimentati da pannelli solari (collocati in cima alla costruzione). Ogni disco rigido è progettato per documentare e preservare un flusso di aggiornamenti scientifici e analisi in tempo reale sui principali problemi del mondo, scaricati direttamente da Internet grazie a una continua connessione resa possibile dall’energia generata dai pannelli solari.
Nonostante la costruzione debba ancora essere finalizzata, i dischi rigidi hanno iniziato il loro lavoro, registrando dati a partire da novembre 2021 (mese della conferenza sul clima a Glasgow, COP26). Secondo le previsioni degli sviluppatori, la capacità di archiviazione è per ora sufficiente per i prossimi 50 anni e l’obiettivo a breve termine è ampliarla ulteriormente. Anche se il progetto deve ancora passare l’approvazione ufficiale della pianificazione e la consultazione della comunità, in più sembrano appoggiare l’idea. Se alcuni credono che una tale raccolta dati pre apocalittica possa diffondere un inutile panico generalizzato, il fatto che ci sia una registrazione completa delle azioni dei leader politici e aziendali sul cambiamento climatico, potrebbe davvero avere un impatto significativo.
Tra l’altro, quando la scatola nera sarà funzionante, la banca dati – costantemente in crescita – sarà accessibile tramite una piattaforma digitale. Un’ulteriore maniera per informare i più su una catastrofe già iniziata da anni e, magari, svegliare alcune coscienze. “Come finisce la storia dipende solo da noi. Solo una cosa è certa: le tue azioni, inazioni e interazioni vengono ora registrate“, viene specificato sul sito ufficiale del progetto non commerciale Earth’s Black Box, gestito dall’agenzia di marketing Clemenger BBDO e dall’agenzia creativa Glue Society. Ma quali dati verranno raccolti? Tutto quel che riguarda le misurazioni della temperatura della terra e del mare, fino all’acidificazione degli oceani, la quantità di CO2 nell’atmosfera. Dati sull’estinzione delle diverse specie, sull’uso del suolo, ma anche movimenti specifici della popolazione umana, dalle spese militari al consumo di energia. Contestualmente, la scatola nera si occuperà di raccogliere scambi e movimenti relativi al mondo della comunicazione, dai giornali ai post sui social media, riunioni sui cambiamenti climatici (come le diverse COP). Il progetto vuole essere un modo per creare un oggetto indistruttibile, in grado di portare il sapere e la storia a chi sopravviverà o a qualunque altra forma di vita che voglia evitare gli errori dell’attuale specie umana.
[di Francesca Naima]
Covid: ok Cdm a proroga stato di emergenza al 31 marzo 2022
È arrivato – secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Ansa – l’ok da parte del Consiglio dei ministri al decreto avente ad oggetto la proroga dello stato di emergenza al 31 marzo 2022. Il decreto legge, formato da 11 articoli, proroga tutte le misure legate all’emergenza.
Yemen, le minacce dell’Arabia Saudita bloccano i rapporti ONU sulle violenze
In Yemen l’Onu non avrà più il suo programma volto a testimoniare le violazioni dei diritti umani commesse da tutte le parti coinvolte nel conflitto. Lo ha deciso un voto del 7 ottobre che, secondo molte fonti (tra cui numerose associazioni), sarebbe stato pilotato dall’Arabia Saudita. La votazione, infatti, avvenuta durante il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (HRC) con lo scopo di prolungare l’indagine indipendente sui crimini di guerra per ulteriori due anni, ha avuto esito fallimentare, con 21 no contro 18 sì e l’astensione di sette Paesi. Nel 2020 i no erano stati solo 12. Un grosso balzo, che sembra molto poco casuale.
È la prima sconfitta di una risoluzione dell’Onu, nei 15 anni di storia, sopraggiunta nonostante l’Arabia Saudita non faccia parte dell’HRC. Il paese sarebbe riuscito nel suo intento grazie all’uso di incentivi economici, minacce e pressioni su alcuni Stati. John Fisher, portavoce dell’Ong Human Rights Watch, ha detto che la bocciatura ottenuta è “una macchia sul Consiglio per i diritti umani. Votando contro questo mandato estremamente necessario, molti Stati hanno voltato le spalle alle vittime, si sono piegati alle pressioni della coalizione guidata dai sauditi e hanno messo la politica al di sopra dei principi”.
Alcuni funzionari, politici, attivisti e fonti diplomatiche, venuti in contatto in qualche modo con le trattative segrete attuate dall’Arabia Saudita hanno confermato, come riporta il Guardian, le pressioni fatte per ottenere la bocciatura definitiva della risoluzione. In particolare il Paese del Golfo avrebbe minacciato l’Indonesia, uno dei paesi musulmani più popolosi al mondo, di non permettere ai fedeli di recarsi alla Mecca se la sua votazione fosse stata a favore del rinnovo. Se l’Indonesia non avesse ceduto al ricatto, probabilmente milioni di musulmani si sarebbero riversati in protesta nelle piazze, generando un grosso caos: quello a La Mecca è considerato il pellegrinaggio più importante della religione islamica.
Per questo 64 organizzazioni (numero destinato a crescere nei prossimi giorni) tra cui figura anche Amnesty International, chiedono all’Assemblea generale delle Nazioni Unite di agire in fretta per creare un nuovo meccanismo, un organismo indipendente e imparziale che “indaghi e riferisca pubblicamente sulle più gravi violazioni e abusi del diritto internazionale commessi nello Yemen, raccogliendo e preservando le prove e preparando i file per eventuali futuri procedimenti penali”.
Secondo il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP), il numero di vittime provocate dal conflitto potrebbe arrivare a quota 377.000 prima che il 2021 finisca. Il 40% delle persone muore per via diretta: attacchi, missili, sparatorie, mentre il restante 60% subisce effetti collaterali, tra cui fame e malattie prevenibili.
Il conflitto in Yemen è cominciato con la primavera araba del 2011, quando Ali Abdullah Saleh, lo storico presidente, ha dovuto cedere il potere al suo vice, Abdrabbuh Mansour Hadi, in seguito a delle forti pressioni. In molti pensavano che il passaggio di testimone avrebbe dovuto portare stabilità nel paese, ma così non è stato. Da allora lo Yemen è diventato sempre più povero e il presidente Hadi ha dovuto affrontare vari attacchi da parte delle forze militari fedeli a Saleh con l’exploit del 2014. In quell’anno il movimento ribelle musulmano sciita Houthi ha occupato la provincia settentrionale di Saada e le aree limitrofe. La loro avanzata è stata così rapida da costringere Hadi all’esilio all’estero, dopo aver occupato la capitale del paese. Con l’arrivo nel 2015 dell’Arabia Saudita e di altri otto stati sostenuti dalla comunità internazionale, scesi in campo contro gli Houthi, il conflitto ha assunto una portata molto più grande e disastrosa.
[di Gloria Ferrari]
I “no vax” hanno rivelato l’indirizzo di Draghi? È una bufala totale
In questi giorni tutti i media mainstream hanno pubblicato la medesima notizia: quella secondo cui i cosiddetti “no vax” avrebbero rivelato, tramite il servizio di messaggistica Telegram, l’indirizzo di casa del premier Mario Draghi. Il Corriere della Sera, la Repubblica e Fanpage sono sono alcuni dei giornali che hanno condannato tale diffusione, parlando di un Mario Draghi «finito nel mirino dei no vax» e riportando anche la volontà di questi ultimi di recarsi «ogni sera alle 21 sotto il suo appartamento». Tuttavia, il modo in cui i giornali hanno dato la notizia – sottintendendo che l’indirizzo del premier fosse stato pubblicato per la prima volta – fa sì che essa sia una vera e propria fake news. Ciò in quanto l’indirizzo di casa di Draghi era già in precedenza facilmente reperibile: facendo una rapida ricerca su Google chiunque avrebbe potuto venirne a conoscenza.
Nel periodo in cui Draghi divenne Presidente del Consiglio, infatti, su internet circolarono diversi articoli riguardanti la sua casa. Il 3 febbraio 2021, ad esempio, il quotidiano RomaToday rese noto che Draghi viveva a Roma, pubblicando altresì l’indirizzo di casa nonché specificando le caratteristiche dell’appartamento. Ma non si tratta di certo dell’unico testo del genere: anche Casa Magazine scrisse un articolo intitolato «La casa di Mario Draghi a Roma, quartiere Parioli», in cui non solo venne diffuso l’indirizzo di casa del premier, ma anche allegata una foto della stessa. Infine, il 25 febbraio 2021, proprio il Corriere della Sera condivise un video dell’Agenzia Vista avente ad oggetto un’intervista ai «commercianti dei Parioli dove abita Draghi a Roma» ed in cui, tra l’altro, venne ripresa la casa del Presidente del Consiglio. Alla luce di tutto ciò gli articoli pubblicati in questi giorni dai noti giornali, in cui tale diffusione viene indicata come opera dei “no vax”, sono totalmente inesatti.
[di Raffaele De Luca]
Clima: ONU conferma temperatura record di 38 gradi Celsius nell’Artide
Nella giornata di oggi l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), un’agenzia dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), ha certificato una nuova temperatura massima raggiunta nell’Artide: si tratta di 38 gradi Celsius, record registrato l’anno scorso in Siberia. A tal proposito il capo dell’agenzia delle Nazioni Unite, Petteri Taalas, ha dichiarato tramite un comunicato che tale record «fa parte di una serie di osservazioni comunicate all’Archivio WMO delle Condizioni Meteorologiche e Climatiche Estreme che costituiscono un campanello d’allarme per il nostro clima che cambia».
Proteste studentesche a Roma, poliziotti trascinano via con la forza due studenti
Nella mattinata di lunedì 13 dicembre alcuni studenti del liceo Plauto di Roma sono stati portati via con la forza da poliziotti in borghese mentre si trovavano di fronte alla propria scuola per richiedere un’assemblea straordinaria. Come loro, da due mesi decine di migliaia di studenti protestano chiedendo alle istituzioni un tavolo di discussione dove portare le proprie rivendicazioni. Mentre il Miur e gli altri organi governativi tacciono, la polizia mette in atto una violenta repressione che tenta di silenziare le loro voci.
Lunedì 13 dicembre, intorno alle 9 del mattino, un gruppo di studenti si è radunato di fronte al liceo Plauto di Roma per chiedere un’assemblea straordinaria. Nel corso del sit in di fronte al liceo alcuni poliziotti in borghese si sono insinuati tra la folla, trascinando via con la forza due studenti. Dal video pubblicato sui social dall’OSA, Opposizione Studentesca d’Alternativa, si vede chiaramente una ragazza trascinata via, mentre un ragazzo aggrappato alla cancellata continua a dire al poliziotto «Mi spezzi il braccio, fermati». Ad un certo punto si vede chiaramente il poliziotto cercare anche di afferrarlo per il collo.
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Non si tratta delle prime immagini che riportano la violenza messa in atto dalla polizia nei confronti dei giovani: basti ricordare quanto successo al liceo Ripetta di Roma poche settimane fa. Un clima che sembra suggerire come nelle istituzioni manchi la volontà di instaurare un dialogo con chi esprime dissenso, preferendo optare per una tattica repressiva.
Il collettivo OSA, del quale abbiamo pubblicato un comunicato, comprende studenti provenienti da diversi licei del contesto italiano che chiedono una sostanziale riforma della scuola. “Pensiamo che non ci sia più nulla da recuperare o difendere in un modello scolastico che ha perso la sua funzione emancipatrice” scrivono.
Tommaso, rappresentante dell’OSA intervistato dall’Indipendente, racconta dei diversi tentativi di mettersi in contatto con il Miur e con la Città Metropolitana di Roma, caduti tutti nel vuoto. «Abbiamo mandato l’altra settimana le PEC alle istituzioni, in particolare la Città Metropolitana, per la questione dei riscaldamenti», ma non è mai giunta alcuna risposta. «Nemmeno il Miur ci ha mai ricevuti, nonostante le continue richieste. In questi due mesi sono state occupate cinquanta scuole, si sono mossi studenti in tutta Italia e nonostante ciò il Ministro non solo non si è degnato di riceverci, ma non ha detto neanche una parola, non c’è neanche una dichiarazione su quanto è avvenuto». Marcon prosegue: «Stanno arrivando 19,5 miliardi di euro per la scuola nel Pnrr? Vogliamo metterci bocca anche noi. Sul problema degli scaglionamenti per esempio [gli ingressi a orari scaglionati nelle classi, nda] nessuno ci ha mai sentiti, ma per molti studenti costituiscono un problema».
L’istituzione scolastica è stata duramente provata da quasi due anni di pandemia, e gli studenti più giovani ne hanno pagato caro il prezzo, non solo in termine di preparazione ma anche di disagio psicologico. Sono coloro che hanno vissuto sulla propria pelle la continua sperimentazione di tattiche più o meno efficaci da parte del Governo per controllare i contagi all’interno delle scuole, eppure apparentemente non vi è modo di instaurare un dialogo diretto tra questi due poli.
«Finchè come studenti non vedremo soddisfatte le nostre esigenze noi continueremo a lottare, dalle scuole occupate alle manifestazioni noi continueremo a farci sentire» afferma Simone, lo studente fermato nel corso delle proteste di lunedì e poi rilasciato.
Resta da auspicarsi che la loro voce venga prima o poi ascoltata.
[di Valeria Casolaro]
UE, sanzionati mercenari russi del gruppo Wagner
L’UE ha sanzionato il gruppo di mercenari Wagner, otto dei suoi comandanti e tre società legate al loro finanziamento. Il gruppo, entità privata non registrata fondata nel 2014 in Russia, è “responsabile di gravi violazioni dei diritti umani in Ucraina, Siria, Libia, Repubblica Centrafricana, Sudan e Mozambico, che includono tortura ed esecuzioni ed uccisioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie”, ha comunicato l’UE. Il gruppo sarebbe a comando di migliaia di combattenti in Europa e Africa, che lavorerebbero a stretto contatto con il governo Russo. Le sanzioni imposte dovrebbero fungere da deterrente per le future attività del gruppo, del quale i diplomatici russi negano di essere a conoscenza.









