mercoledì 12 Novembre 2025
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La città di Matatā, in Nuova Zelanda, è l’esempio di un futuro distopico

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Matatà

Nel piccolo centro abitato di Matatā, in Nuova Zelanda, sta avendo luogo il cosiddetto “ritiro gestito“. Ciò vuol dire che, in maniera organizzata e controllata, alcune aree della città vengono man mano evacuate perché a rischio, visto il cambiamento climatico e geologico. Da poco più di dieci anni, gli abitanti di Matatā vivono quel che potrebbe essere il futuro dei cittadini di tutto il mondo, perché il Governo della Nuova Zelanda non ha fatto altro che adattarsi – forzatamente – alle conseguenze del cambiamento climatico, ormai risaputo essere preponderante. Incendi, inondazioni, innalzamento del livello dei mari…piogge meno frequenti (visto il riscaldamento globale) ma più intense, che causano danni irreparabili, proprio come è accaduto nella città di Matatā.

Il cambiamento climatico interessa il mondo intero e la Nuova Zelanda è, nell’ultimo decennio, stata particolarmente sotto minaccia, motivo per cui rappresenta uno dei tristi – e tra i primi – esempi di quel che, potenzialmente, potrebbe accadere altrove. A Matatā nel 2005, delle insolite piogge hanno causato il diffondersi di fanghi liquidi con l’accumulo di ben 700.000 metri cubi di detriti. Ventisette case sono state rase al suolo e ottantasette sono state gravemente danneggiate. Per i successivi anni, più intemperie si sono abbattute nell’area neozelandese, così il Comune aveva inizialmente proposto di costruire una barriera per proteggere i residenti. Un piano che, poi, era risultato fallimentare, perché non sufficiente. Allora, si era passati alla “ritirata gestita”. Nonostante il fondo di 15 milioni di dollari stanziato nel 2016 dal Governo per aiutare i cittadini di Matatā, la parte economica non basta per colmare le conseguenze psicologiche di un forzato abbandono dei propri nidi.

Mentre il NIWA (il principale istituto di ricerca neozelandese sull’acqua e sull’atmosfera) monitora ciò che accade nel reale così da prevenire tragedie e mentre il Governo agisce per un’evacuazione il più “ordinata” possibile, i cittadini trovano ovviamente difficile e straziante dovere abbandonare i luoghi simbolo della loro esistenza. Se e quando posti davanti a una difficile scelta, gli abitanti cercano, il più delle volte, di adottare strategie di difesa (dighe più alte, nuovi argini…) invece di lasciare le proprie case e iniziare un’altra vita altrove. Ma le strategie di difesa, se portate avanti per troppo tempo, potrebbero non essere più efficaci. Così, tra le tante battaglie legali e politiche, gli ancora pochi residenti nella sempre più desolata Matatā, si oppongono a un tale “sfrattamento involontario” rimanendo a occupare – spesso abusivamente – quella che una volta era la loro terra. Uno scenario che, prima o poi, potrebbe verificarsi in altre parti del globo.

[di Francesca Naima]

Sudan: primo ministro Abdallah Hamdok si dimette

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Il primo ministro del Sudan Abdallah Hamdok, a capo del fronte civile della transizione nel Paese, nella serata di ieri ha annunciato le sue dimissioni. Il discorso, trasmesso dalla televisione di Stato, arriva due mesi dopo un colpo di Stato caratterizzato da una forte repressione, che ha determinato la morte di 56 persone. «Ho fatto del mio meglio per tentare di impedire al Paese di precipitare verso il disastro» ha affermato Hamdok, il quale ha altresì aggiunto che esso attualmente è «ad una svolta pericolosa, che mette a rischio la sua stessa sopravvivenza».

Il finanziamento pubblico ai giornali è raddoppiato durante la pandemia

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Da quando il covid è diventato la principale notizia, i finanziamenti pubblici a sostegno dei giornali sono raddoppiati. È questa la tendenza che ha accomunato tutta Europa e che emerge dal rapporto del Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria 2021. L’Italia non è un’eccezione: i finanziamenti pubblici sono passati da 175,6 milioni a 386,6, con un incremento del 120%. I “sostegni diretti”, sono rimasti su 88 milioni circa. Quelli indiretti 64,5 milioni e tra questi compaiono, ad esempio, i contributi alle scuole per l’acquisto di quotidiani (come per l’Opinione), oppure i contributi speciali per le risoluzioni delle crisi aziendali (come quella de Il Sole 24 ore).

Nel 2021, inoltre, lo Stato ha stanziato 232,9 milioni di euro supplementari (143 milioni nel 2020) sotto forma di crediti d’imposta. Particolarmente favorevole per i grandi editori è la “Forfettizzazione delle rese al 95%” per cui si ha Iva agevolata al 4% e che si applica solo al 5% delle copie. Questo ha significato per Cairo, Gedi e Mondadori (fatturato di 2 miliardi nel 2020), un risparmio di 360 milioni. Di cui 71 diretti a giornali diffusi in Italia e il resto suddiviso tra minoranze linguistiche, periodici diffusi all’estero, contributi a giornali per non vedenti e per varie associazioni.

Nella categoria sopracitata si trovano i finanziamenti a quotidiani come Il Foglio (933 mila euro l’anno, dati del 2020), Libero (2,7 milioni), l’Opinione (481 mila euro) o il Secolo d’Italia (467 mila euro), organi della stampa cattolica come l’Avvenire (2,5 milioni l’anno) o Famiglia Cristiana (3 milioni) fino a vere cooperative come il manifesto (1,5 milioni). Sostegni indiretti questi, che hanno come causale “covid”, anche se non è chiaro se siano sostegni per la crisi covid oppure per la sua campagna d’informazione.

In ogni caso, lo Stato spende molto più di quanto dichiara. Lo si evince da una nota molto vaga del rapporto, in cui si dichiara che tra il 2014 e il 2027 le varie misure di rifinanziamento del “Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all’editoria” hanno comportato uno stanziamento pubblico complessivo di 1 miliardo e 813 milioni: spalmandoli sui 14 anni presi in considerazione, si tratta di 130 milioni all’anno. Molto di più di quanto dichiarato.

Così, mentre il popolo arranca e la crisi energetica imperversa, lo Stato italiano continua a donare soldi ai giornali e nel frattempo, la qualità d’informazione appare tutt’altro che migliorata.

[di Iris Paganessi]

Austria: legalizzato il suicidio assistito

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Dal primo gennaio gli adulti affetti da una malattia incurabile mortale o da effetti permanenti e debilitanti, potranno scegliere la morte assistita anziché la sofferenza fisica. Il Parlamento aveva già approvato la nuova legge a dicembre, a seguito di una sentenza della Corte costituzionale sulla questione. La pratica sarà strettamente regolamentata: ogni caso sarà valutato da due medici, uno dei quali esperto di medicina palliativa.

Per poter porre fine alla propria vita, i pazienti devono fornire conferma della loro diagnosi e della loro capacità di prendere decisioni.  Inoltre, devono passare almeno tre mesi di tempo tra il momento della richiesta e la sua approvazione, per scoraggiare decisioni impulsive (mentre per i malati terminali la procedura d’urgenza ha tempi ridotti). I minori o le persone con problemi di salute mentale non sono soggetti alla legge e l’assistenza attiva al suicidio rimane illegale.

L’Austria è diventata così uno dei pochi paesi europei a permettere una qualche forma di eutanasia, che al momento è legale in Belgio, Paesi Bassi e Spagna. Una legge sul suicidio assistito è in discussione da qualche settimana anche al Parlamento italiano.

La realtà della differenziata in Italia, all’indomani dell’obbligo ufficiale

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La raccolta differenziata della frazione umida è ufficialmente obbligatoria in tutti i Comuni italiani da ieri, 1 gennaio 2022. Per frazione umida si intende l'insieme di tutti quei rifiuti cosiddetti organici (sostanze di origine vegetale o animale, come i residui di cucina, tra gusci di crostacei, uova, frutta secca... ma anche terra, terricci, scarti di potatura, residui di legno) e tutti gli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile (certificati a norma UNI EN 13432-2002). Ogni Comune dovrà attivare un efficiente servizio di raccolta differenziata dei rifiuti organici e per farl...

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Sudafrica: incendio nella sede del parlamento

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Questa mattina è scoppiato un incendio nella sede del Parlamento sudafricano a Città del Capo. Il tetto ha preso fuoco e anche l’edificio dell’Assemblea Nazionale era in fiamme, secondo quanto riferito da un portavoce dei servizi d’emergenza di Città del Capo. Le immagini, diventate virali sui social, mostrano il tetto di uno degli edifici del parlamento in fiamme e un’enorme colonna di fumo nero. I vigili del fuoco sono sul posto. Non sono ancora note le cause.

Anche lo scorso aprile, Città del Capo venne segnata da un grande incendio. Le fiamme devastarono una parte della biblioteca universitaria della città, che allora conteneva una collezione unica di archivi africani.

Per una festa dell’orizzonte, per i costruttori di futuro

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Le statistiche trasformano ogni fenomeno sociale in numero e gli fanno perdere la sua valenza ideale, emotiva, pulsionale, immaginativa, la varietà dei modi in cui viene vissuto, il senso delle prospettive che può preparare, la tensione dei valori che contiene.
I comportamenti vengono classificati, esaltate le somiglianze, sottovalutate le eccezioni.

Le statistiche, mentre descrivono, applicano schemi, insinuano interpretazioni, forzano  risposte, preparano attese, affiancano ai dati parziali spiegazioni più o meno fondate, alimentano la passività, l’indifferenza. Oppure producono ansia, spingono a comportamenti ritenuti virtuosi, creano dipendenza, fanno sentire gli individui mai unici ma sempre e soltanto minoranze o maggioranze, masse o parti di una massa da orientare. Mai soggetti, mai popolo.

Se poi le statistiche non si limitano a descrivere ma fanno esplicitamente proiezioni, se lavorano con logica inferenziale ipotecando il tempo che verrà, ecco affermarsi l’ideologia, il partito preso, il numero che nasconde una manipolazione, un dover essere, una cieca obbedienza, una conformità, un’appartenenza come affermazione di sé. La morte del possibile, l’esaltazione del probabile.

Sappiamo di questi tempi che cosa vuol dire tutto questo. Per di più, con la fine dell’anno, i bilanci, gli scenari futuribili dominano la scena.

Ecco perché mi permetto di augurare che il Capodanno sia anche la Festa dell’orizzonte, la visione che la luce sia cangiante, che soltanto la passività sia irreparabile. Festa dell’orizzonte, vuol dire prendersi il diritto di diventare creatori, artigiani di futuro, prendersi il diritto di credere o di non credere, senza passare né per sempliciotti né per scettici.

Lasciare che i numeri siano come le lancette dell’orologio, che fissano il tempo ma nello stesso momento lo superano. Orizzonte: ciò che indica il sorgere, il giorno nuovo che viene. ‘Fare un giro d’orizzonte’ significa ‘esaminare la situazione sotto ogni punto di vista’: così dice la Treccani. E allora: tanti mutevoli orizzonti, niente calcoli. Auguri!

[di Gian Paolo Caprettini – semiologo, critico televisivo, accademico]

2021 in Italia: l’anno dei disastri che chiamano in causa la politica

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In Italia nel 2021, gli eventi meteorologici estremi connessi ai cambiamenti climatici sono stati ben 133 secondo i dati dell'Osservatorio Città Clima di Legambiente, segnando un nuovo record. Contrastare le cause richiede piani certamente complessi e globali, ma gli effetti di tali eventi - che in Italia si traducono spesso in frane, tragedie, alluvioni e crolli - si potrebbero contrastare seguendo l'esempio di altre nazioni e soprattutto imparando il valore di alcune qualità: pianificazione, coordinamento, rispetto delle regole e dei territori. Parole che ancora suonano come una sciocca utop...

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Sudafrica, Corte blocca ricerca riserve petrolio e gas di Shell

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Un tribunale sudafricano ha temporaneamente vietato alla compagnia olandese Shell di proseguire con le indagini sismiche di sacche di petrolio e gas sotto i fondali marini al largo delle coste del Capo Orientale. La decisione è giunta in seguito alle accese proteste di gruppi ambientalisti e cittadini che hanno sottolineato come la tecnologia utilizzata, che sfrutta le onde sonore, sia potenzialmente nociva per la riproduzione di balene e megattere e per la pesca locale. Hanno anche sottolineato il valore spirituale e culturale del mare per le comunità locali, che detengono diritti tradizionali sulle aree interessate, compresi i diritti di pesca nelle acque. La decisione è tuttavia solo temporanea, e la battaglia legale proseguirà nei prossimi mesi.

 

Clima, la nuova Legge di bilancio conferma le incoerenze italiane

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Il 30 dicembre è stata appovata in via definitiva alla Camera la Legge di Bilancio 2022, con 355 voti favorevoli e 45 contrari. In materia di lotta al cambiamento climatico e iniziative a tutela dell’ambiente, il Governo sigla in via definitiva la scarsa volontà di apportare innovazioni concrete e risolutive. Il rinvio al ritaglio dei sussidi per le fonti fossili, il mancato sostegno alle comunità energetiche e le poche risorse previste per la mobilità sostenibile confermano l’agire di un esecutivo che, pur vestendo compiaciuto i panni dell’innovazione, lascia le proprie promesse perdersi nel vento.

In concomitanta con l’approvazione in via definitiva della Legge di Bilancio 2022 da 32 miliardi, il cui testo sarà disponibile nei prossimi giorni, è stato pubblicato un comunicato stampa di Legambiente che denuncia le principali criticità in materia di iniziative per il contrasto al cambiamento climatico e denuncia “le contraddizioni con cui il Governo Draghi sta affrontando la giusta transizione ecologica ed energetica”. Nulla di nuovo, se si guarda alle iniziative portate avanti dal Governo quest’anno. Basti ricordare il rinnovo delle autorizzazioni per progetti di trivellazione e concessioni minerarie in tutta Italia a firma del Ministro per la Transizione Ecologica Cingolani, un ossimoro stridente che lascia interdetti. O la manovra di greenwashing che ha trasformato i soldi per l’ambiente in fondi per la costruzione di armi green.

I punti critici individuati da Legambiente riguardano principalmente il rinvio dei tagli ai sussidi per le fonti fossili, il mancato sostegno alle comunità energetiche e l’inspiegabile scarsità di risorse destinate alla mobilità sostenibile. “Ad oggi” sostiene il presidente nazionale di Legambiente Ciafani “i sussidi ambientalmente dannosi sono stimabili in 34,6 miliardi di euro, risorse che potrebbero essere utilizzate per spingere le innovazioni e aiutare le famiglie più in difficoltà”. Di questa cifra, inoltre, “ben 18,3 miliardi di euro sarebbero eliminabili entro il 2025, cancellando i sussidi per le trivellazioni, i fondi per la ricerca su gas, carbone e petrolio, ma anche intervenendo sul diverso trattamento fiscale tra benzina gasolio, gpl e metano, sul meccanismo di Capacity Market per le centrali a gas e l’accesso al superbonus per le caldaie a gas”, sostiene Ciafani, che aggiunge come “Le mancate scelte in campo ambientale rappresentino anche risposte mancate alla crisi sociale che milioni di cittadini stanno vivendo”.

Anche le iniziative che sembrano muoversi nella direzione giusta si rivelano insufficienti senza un piano di modifica strutturale alle spalle. Nel caso dei rincari delle bollette, per esempio, vengono previsti dei tagli diretti, ma se non viene messa in moto la transizione verso le energie rinnovabili questa misura si traduce in una soluzione temporanea e non definitiva. In fatto di tutela degli animali, lo stop agli allevamenti di specie da pelliccia e l’istituzione di un Fondo contro il randagismo sono controbilanciati (negativamente) dalla deroga all’introduzione delle specie ittiche alloctone nei corsi d’acqua, che causano la perdita della biodiversità locale.

Il passo verso la transizione ecologica si conferma quindi ancora una volta esitante e ricco di contraddizioni. Dietro all’etichetta di tendenza in politica della “transizione ecologica” si conferma esservi un poco di fatto, insufficiente per apportare un vero cambiamento. In mancanza di iniziative concrete, la dicitura “lotta al cambiamento climatico” continua a dimostrare di essere uno specchietto per le allodole.

[di Valeria Casolaro]