Nelle Marche, questa mattina alle ore 12:53 si è verificata una scossa di terremoto di magnitudo 4.3, a 38 km di profondità. L’epicentro è stato registrato in provincia di Pesaro e Urbino, a 3 km a nord di Montefelcino, e la scossa è stata avvertita in tutto il Pesarese nonché in provincia di Ancona. Fortunatamente, però, attualmente non sembrano esservi danni o feriti.
I magnati Soros e Hoffman creano una società per favorire “la buona informazione”
Il 26 ottobre 2021, la stratega politica e giornalista Tara McGowan ha annunciato che guiderà la neonata Good Information Inc., una public benefit corporation che ambisce a foraggiare e sostenere un selezionatissimo gruppo di agenzie di stampa, così da combattere la minaccia della disinformazione. A finanziarla, tra gli altri, Reid Hoffman, miliardario cofondatore di LinkedIn, e il sempre presente George Soros. Un nuovo tassello nei movimenti delle grandi corporation nel sempre più affollato mondo del “fact-checking” e del contrasto delle “fake news”.
Come abbiamo già fatto notare in passato, la gestione del cosiddetto “fact-checking” è frequentemente influenzata da pregiudizi di matrice economico-politica, tuttavia la creazione di Good Information Inc. è un esempio eclatante di come l’intento virtuoso del combattere le bufale possa essere deformato per asservirsi agli interessi di quei pochi che vantano già un potere immenso.
Nello specifico, l’azienda in questione è apertamente pensata ai fini di lucro, contesto che rende difficile il pensare che le sue funzioni possano essere ancorate a un alto ideale disinteressato e accademico. Il comunicato stampa che ha annunciato la nascita dell’impresa ha dipinto la nuova realtà al pari di una guardiana della fiducia sociale e delle buone informazioni online. A febbraio, Vox aveva già notato i movimenti dai facoltosi mecenati e si era spinta a ipotizzare che questa manovra fosse alimentata da circa $65 milioni. McGowan si è rifiutata di commentare l’illazione e non ha fornito alcuna cifra alternativa, omettendo qualsiasi forma di comunicazione finanziaria del gruppo.
Superando le eventuali opinioni che si possono avere nei confronti di Hoffman e di Soros, è importante comprendere l’incorniciatura della situazione: dei privati miliardari hanno istituito un’azienda che mira di fatto a ricoprire quel ruolo che un tempo toccava ai contributi pubblici ai giornali, ovvero garantire con le proprie finanze la pluralità dell’informazione. Il tutto attraverso un’azienda, importante ribadirlo, il cui scopo finale è accumulare soldi, con McGowan che si è affrettata a negare le voci di corridoio che suggerivano che il progetto avrebbe avuto una costola non-profit.
Sarebbe ovviamente ingenuo sostenere che i partiti non abbiano avuto un ascendente importante nel dettare la notiziabilità delle informazioni, così come sarebbe ingenuo affermare che imprenditori quali Silvio Berlusconi, Rupert Murdoch o Vincent Bolloré si siano avvicinati al mondo dell’informazione con spirito di volontariato: che il mondo del giornalismo sia caratterizzato da problemi sistemici è evidente, tuttavia privatizzare la definizione di “buona informazione” non pone rimedio alle numerose criticità, anzi le eleva alle loro estreme conseguenze.
Senza linee guida filosofiche, senza una valorizzazione elementare della deontologia, quel che resta a dettare il senso dell’informazione è la mera monetizzazione della stessa, diretta o indiretta che sia. Stiamo progressivamente passando da una logica di “verità” dominata dal Governo a una che invece viene gestita da multinazionali e corporazioni, evitando di risolvere le fragilità del sistema giornalistico in favore di un semplice cambio di padrone.
[di Walter Ferri]
Roma: protesta studenti contro il G20
A Roma migliaia di studenti hanno preso parte ad un corteo in occasione del G20, che si terrà nella capitale il 30 e 31 ottobre, per chiedere ai Grandi della Terra «rispetto e attenzione». Gli studenti, che si sono radunati davanti al Circo Massimo e si sono poi diretti in corteo al ministero dell’Istruzione, hanno protestato contro le modalità di rientro a scuola ed hanno gridato: «Siamo il futuro senza futuro».
Città blindata, Russia e Cina defilate: il G20 di Roma nasce sotto pessimi auspici
Prenderanno il via oggi i primi incontri preliminari del summit G20 presieduto da Mario Draghi, che si terrà a Roma, presso il Roma Convention Center – La Nuvola dell’Eur, sabato 30 e domenica 31 ottobre. I 20 Paesi che fanno parte del summit rappresentano l’80% del PIL mondiale, il 75% del commercio globale e il 60% della popolazione del pianeta. Un vertice che trasforma Roma in una città blindata, ma che nasce sotto pessimi auspici con importanti leader che presenzieranno in remoto e nessun piano concreto sui temi principali in agenda.
Dei venti leader dei Paesi membri, mancheranno il cinese Xi Jinping e il russo Vladimir Putin, che sembra parteciperanno via video. Ufficialmente a causa pandemia, molto più realisticamente per rimarcare la distanza sempre più grande che li separa da Usa e Unione Europea. Saranno inoltre assenti il primo ministro giapponese Fumio Kishida, il re saudita Salman e il presidente messicano Andres Manuel Lopez Obrador. Parteciperà invece il presidente brasiliano Bolsonaro, assente alla Cop-26. Il summit rappresenta il momento finale di una lunga serie di incontri tenutisi nel corso dell’anno, la cui agenda si è concentrata sulle questioni riguardanti le “3P”: Persone, Pianeta, Prosperità. Tuttavia non sono pochi coloro che sollevano dubbi riguardo la capacità del G20 di raggiungere risultati concreti e di non ridursi a quella che l’analista Paolo Magri ha definito “poco più di una photo opportunity“.
Su alcuni punti infatti la presa di coscienza dell’esistenza di problematiche reali non sembra aver portato i leader del G20 a farsi carico di soluzioni concrete. Per quanto riguarda la crisi climatica, per esempio, sono stati imposti obiettivi precisi, come investire 100 miliardi di dollari all’anno fino al 2025 per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad adottare misure di contenimento, e ad ammettere che sarebbe meglio contenere l’aumento della temperatura globale a 1,5 °C invece che 2 °C. L’IFM ha poi approvato una misura straordinaria, per volere del G20: 650 miliardi di diritti speciali di prelievo per sostenere la transizione ecologica nei Paesi in via di sviluppo. Tuttavia un piano sostanziale e concreto sulla riduzione dell’utilizzo di combustibili fossili non è stato realizzato, quando si tratterebbe del passo più importante da fare per contrastare la crisi climatica. Tanto più che le multinazionali del gas programmano di espandere il proprio mercato nei prossimi decenni. Nel frattempo, il cambiamento climatico è una realtà drammatica per milioni di persone al mondo: basti guardare quanto sta accadendo in questi giorni in Sicilia.
La pandemia da Covid-19 ha esacerbato le preesistenti fratture nella società, aumentando il numero di nuovi poveri e disoccupati e impedendo il corretto accesso all’istruzione di milioni di studenti non in possesso di strumenti tecnologici. Per quanto i vaccini siano disponibili, la loro distribuzione è fortemente ineguale, con una netta maggioranza a disposizione dei Paesi più ricchi. Agli obiettivi dichiarati di distribuzione dei vaccini ai paesi poveri entro il 2021, rafforzamenti delle reti di sicurezza sociale e riduzione del divario tecnologico non sono seguiti strumenti precisi e tempestivi per il raggiungimento degli stessi.
Per quanto riguarda la prosperità, se è vero che l’economia sta tornando velocemente a dei livelli pre crisi, diverse insidie si nascondono dietro l’angolo: “l’aumento del debito pubblico – sia nelle economie avanzate che in quelle emergenti, con un picco del 100% del PIL mondiale – potrebbe innescare una nuova crisi finanziaria; uno stallo nei negoziati commerciali multilaterali potrebbe ostacolare i flussi commerciali liberi ed equi; mentre una transizione digitale non uniforme potrebbe aggravare, invece di ridurre, le disuguaglianze esistenti” riporta l’analisi dell’ISPI.
Intanto, la città di Roma si è appresta a vivere i consueti disagi che sempre accompagnano questi vertici-passerella. Ampie zone della capitale sono blindate. A supporto delle unità già presenti sul territorio vi sarà l’impiego aggiuntivo di oltre cinquemila agenti tra Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza e Forze Armate. Nell’area circostante il Centro congressi è stata istituita una zona di massima sicurezza, il cui ingresso è consentito solamente ai residenti o a coloro che vi lavorano. Vere e proprie zone rosse nel centro della città eterna per proteggere il sonno dei leader, che alloggeranno nei più prestigiosi hotel di lusso e si recheranno in visita ai principali monumenti della città. Anche le principali vie dello shopping saranno presidiate e chiuse alla circolazione, per permettere alle alte cariche e ai loro consorti una pausa shopping tranquilla e senza seccature, prima di rientrare in patria.
[di Valeria Casolaro]
Ssn, ok contratti a precari assunti durante la pandemia
Il Cdm ha dato il via libera al Servizio sanitario nazionale per l’assunzione del personale sanitario assunto con contratti a tempo determinato per far fronte all’emergenza della pandemia da Covid-19. Si tratta, secondo il presidente della Fiaso Giovanni Migliore, di 53 mila operatori tra medici, infermieri e operatori sanitari, che potranno così vedere stabilizzata la propria posizione lavorativa. La manovra prevede anche un aumento a 12mila euro all’anno per le borse di studio degli specializzandi in medicina.
USA, trattative per mezzo milione alle famiglie separate al confine
L’amministrazione Biden sarebbe in trattativa per offrire 450mila dollari a persona, come forma di compensazione, alle famiglie di immigrati separati al confine durante l’amministrazione Trump, secondo quanto riportato dal Wall Street Journal (molto probabilmente, le cifre finali saranno diverse). Agenzie dedite al risolvere le cause intentate per conto dei genitori affermano che la separazione abbia inferto ai bambini un “trauma psicologico duraturo”. Durante l’amministrazione Trump, migliaia di bambini sono stati separati dalle famiglie dopo aver attraversato illegalmente il confine tra Messico e USA nel 2018. Molti di questi hanno riportato traumi psicologici e disturbi fisici tra cui ipotermia e malnutrizione. Fino ad ora sono stati identificati 5500 bambini separati dalle famiglie.
L’Italia prova a lanciarsi nella ricerca sulle intelligenze artificiali
Stando alle indiscrezioni pubblicate sul sito Formiche.net, il Comitato interministeriale per la Transizione digitale sarebbe riuscito ad approvare la bozza finale che andrà a dettare la strategia italiana sulle Intelligenze Artificiali (IA). Un traguardo su cui si sta lavorando da almeno tre anni e che bisognava comunque risolvere in occasione del PNRR, ma che è anche stato accompagnato da dichiarazioni tanto barocche e vaghe da rendere difficoltoso il giudicare l’effettiva qualità del progetto.
Quello che ne emerge è un’Italia che pur avendo poco spazio di manovra si definisce trionfalmente come «una vibrante comunità di ricerca nell’IA», una definizione che si accattiva qualche brontolio da coloro che ogni giorno vivono le criticità proprie al mondo della ricerca nostrana: pochi mezzi, stipendi da fame e una strategia accademica non molto lungimirante. Tutte criticità che, a onor del vero, il Governo starebbe in qualche modo per affrontare, tuttavia i difetti sistemici sono tanto profondi e antichi che sarà difficile cambiare radicalmente rotta.
Se nei Paesi Membri si investe mediamente il 2,38% del Pil nella ricerca, in Italia siamo fermi al solo 1,45% con il risultato che, paradossalmente, ci siamo trovati a finanziare gli scienziati UE più dei nostri. Gli ottimi ricercatori del Bel Paese, poco sorprendentemente, si lanciano quindi nella controversa pratica della “fuga dei cervelli”, trovando poi lavoro all’estero. Come biasimarli: la paga oraria offerta dai tedeschi si aggira a €48, mentre da noi ci si arena a una media di €15, per di più con gender-gap di portate notevoli. Su 10 ricercatori, solo due sono donne.
Per appianare la situazione, il Governo vorrebbe impiegare 600 milioni di euro per finanziare i dottorati di ricerca nazionali, 600 milioni per sostenere i giovani ricercatori, 5 milioni all’anno per il programma “Rita Levi Montalcini” del Miur, 1,5 miliardi con cui foraggiare gli Istituti tecnici superiori, 430 milioni per creare nuove carriere nella Pubblica amministrazione e 3,2 miliardi di euro per realizzare corsi STEM, ovvero corsi che abbiano “ricadute applicative” nel campo scientifico-informatico.
Bastano queste risorse per sostenere le narrazioni del Governo Draghi che vogliono l’Italia come avanguardia dell’IA nell’Europa? Si e no, a seconda del come si interpretano le parole dell’establishment. La sfera pubblica ha – e probabilmente continuerà ad avere – un ruolo marginale nel settore delle Intelligenze Artificiali, tuttavia quello privato è discretamente attivo, soprattutto se coinvolgiamo nell’equazione anche il ramo della robotica. Non deve quindi sorprendere che 13,38 miliardi della Transizione 4.0 saranno destinati a sostenere le imprese che svilupperanno le dinamiche di machine learning e i sistemi predittivi.
Bisogna dunque capire se l’Italia abbia intenzione di gettonare sullo Stato, rendere felici le aziende private o se voglia fare fronte comune con l’UE “prestando” i propri laureati d’eccellenza per lavorare a una causa condivisa, una causa utile a contrastare le strapotenze digitali di Cina e USA, ma anche ad attingere a un mercato stimato nella sola Italia sui €300 milioni.
[di Walter Ferri]
Facebook opta per il rebranding e diventa Meta
Facebook avvia un’imponente operazione di rebranding e cambia il proprio nome in Meta. Anche il logo aziendale cambia, diventando un simbolo dell’infinito leggermente deformato. Zuckerberg intende così puntare il focus sulla frontiera digitale del metaverso, che offrirà nuove modalità di fruizione delle esperienze social. Il cambio di nome aiuterà di certo l’azienda ad allontanarsi dalle controversie e dalle accuse di diffusione di discorsi di odio e disinformazione. Il rebranding si applica solo alla società madre, non alle singole piattaforme, i cui nomi rimarranno Facebook, Instagram e Whatsapp.
Messico, i contadini battono la multinazionale Monsanto: no al mais OGM
Al termine di una lunga battaglia Davide ha battuto Golia: un piccolo gruppo di attivisti e contadini messicani ha avuto ragione del colosso degli OGM Bayer-Monsanto, ottenendo dalla Corte Suprema del Messico la proroga del divieto alla coltura di semi di mais transgenici in tutto il territorio dello stato. Dopo otto anni di battaglia legale e decine di impugnazioni da parte dei colossi del settore, la Corte Suprema di Giustizia del Messico si è pronunciata per la prima volta sul contenzioso, respingendo all’unanimità tutti i ricorsi presentati da Monsanto ed altre grandi aziende del settore come Syngenta, PHI e Dow.
Il gruppo di attivisti protagonisti della lunga battaglia si chiama Demanda Colectiva en Defensa del Maíz Nativo. Il tutto ha avuto inizio nel 2013, con la presentazione di una petizione al governo contro l’uso del mais geneticamente modificato, facendo appello alla Costituzione del paese, la quale garantisce il diritto a vivere in un ambiente sano. Il gruppo, costituito per la maggior parte da agricoltori, associazioni ambientaliste e scienziati, ha portato avanti la causa, sostenendo che il mais OGM provoca l’impollinazione incrociata e mette in pericolo quello autoctono, alimento alla base della cucina messicana.
La Corte Suprema ha quindi ordinato un’ingiunzione cautelare, al fine di impedire alle aziende di piantare mais da laboratorio fino a quando non sarebbe stata presa una decisione definitiva. In questi otto anni, durante cui l’ingiunzione è rimasta in vigore, alcune società – tra cui la Bayer-Monsanto – hanno presentato dozzine di ricorsi, ma invano. I legali degli attivisti, infatti, hanno tenuto duro fino a oggi uscendone vincenti, in quanto i Ministri della Corte hanno ratificato la misura cautelare per mantenere la sospensione della semina di mais OGM. Decisione conforme al decreto presidenziale risalente al dicembre 2020, il quale ha ordinato la revoca delle autorizzazioni per l’uso di granella di mais transgenico negli alimenti entro e non oltre il 31 gennaio 2024.
[di Eugenia Greco]