Il sindaco di Ottawa, Jim Watson, ha proclamato lo stato di emergenza per cercare di far fronte al ‘Freedom Convoy’, la protesta contro l’obbligo vaccinale iniziata dai camionisti e poi abbracciata da decine di migliaia di persone che da ormai una settimana paralizza la capitale canadese. «La situazione ora è completamente fuori controllo perché sono i manifestanti a fare la legge» ha ammesso il sindaco. Secondo quanto riportato dai media canadesi, in una riunione di emergenza il capo della polizia di Ottawa ha denunciato di non avere mezzi sufficienti per mettere fine a quello che ha definito uno stato d’assedio.
Ucraina: rischio dell’invasione russa spinge i prezzi del grano
La crisi Ucraina, con il rischio dell’invasione russa, spinge i prezzi internazionali dei cereali. Lo afferma la Coldiretti, sottolineando che le tensioni in atto, non sconvolgono solo il mercato energetico ma anche quello delle materie prime agricole con effetti su prezzi, rischio concreto di carestie e tensioni sociali.
In particolare, la Russia è il principale esportatore di grano a livello mondiale mentre l’Ucraina, oltre ad una riserva energetica per il gas, vanta la produzione di circa 36 milioni di tonnellate di mais per l’alimentazione animale (5° al mondo) e 25 milioni di tonnellate di grano tenero per la produzione del pane (7° posto al mondo).
Un conflitto, secondo Coldiretti, potrebbe danneggiare le infrastrutture e bloccare le spedizioni. Per questo motivo, a gennaio, i prezzi dei cereali sono cresciuti del 12,5% rispetto all’anno precedente.
Israele: nuovo record di pazienti gravi nonostante la quarta dose
Israele con la quarta dose vaccinale già in stato avanzato di somministrazione, ha registrato ieri 37.985 nuovi contagi da Covid, con un tasso di positività del 29,79%, il più alto in assoluto.
Le autorità sanitarie israeliane hanno registrato anche il record di casi gravi dall’inizio della pandemia: sono 1.263 i pazienti ricoverati in condizioni critiche. I numeri sono in aumento rispetto ai 1229 di ieri. Con 1193 ricoveri gravi, il precedente record era stato registrato a gennaio 2021.
Canada, la protesta contro l’obbligo vaccinale è ormai una rivolta
È passata una settimana da quando il Freedom Convoy, in protesta contro le misure e le politiche del governo di Justin Trudeau, è arrivato ad Ottawa. Sono almeno “500 i veicoli pesanti associati alla manifestazione che si trovano nella zona rossa” secondo la polizia, oltre alle migliaia di persone si sono unite alla protesta. I manifestanti hanno promesso che rimarranno in strada fino a quando tutti i mandati e le restrizioni Covid-19 non saranno scomparsi; anche se, su insistenza delle autorità governative e della polizia di Ottawa, è stata interrotta una delle principali fonti di supporto finanziario per la manifestazione; per una presunta “violazione delle norme” a seguito di non meglio specificati “atti violenti” compiuti dai dimostranti che stanno manifestando dallo scorso 23 gennaio.
#TruckersConvoy2022 in Ottawa, Canada last night, despite snowfall and cold temperatures: families dancing to the Conga, hot chocolate, and just warm Canadian hospitality🇨🇦#HonkHonk @JustinTrudeau @fordnationpic.twitter.com/uHTXABwQfi
— Kulvinder Kaur MD (@dockaurG) February 4, 2022
La piattaforma di crowdfunding GoFundMe ha quindi bloccato la raccolta fondi che stava cercando donazioni per aiutare i camionisti con il costo di carburante, cibo e alloggio. La campagna aveva ricevuto più di 10 milioni di dollari canadesi (oltre 6 milioni di euro) che ora dovranno essere rimborsati e non donati ad altre associazioni benefiche certificate da GoFundMe, come invece avrebbe voluto procedere la piattaforma. La campagna era diventata la seconda più grande in Canada, dopo quella creata a seguito dell’incidente con l’autobus di Humboldt Broncos nel 2018.
Ieri, il consiglio dei servizi di polizia di Ottawa ha tenuto una riunione d’emergenza, ma non è riuscito ad escogitare un piano d’azione chiaro. Le autorità hanno bollato la protesta come un’occupazione dirompente ben organizzata, definendola “sempre più instabile e pericolosa”. Per questo motivo, il capo della polizia ha affermato che verranno utilizzate tutte le risorse di Ottawa per far terminare la protesta ed ha persino avvertito i suoi colleghi che chiunque fosse stato visto dare “cibo, acqua, carburante, logistica o finanziamenti” ad un manifestante, sarebbe stato perseguito nella misura massima consentita dalla legge.
Clips coming out of Quebec City on social media this afternoon. Large crowd assembled in front of the National Assembly to oppose COVID-19 mandates. High spirits and chanting.
I have never seen anything like this. This is happening across Canada. pic.twitter.com/X3mvLy8MTS
— Cosmin Dzsurdzsa (@cosminDZS) February 5, 2022
Nel frattempo il movimento anti-mandato si è diffuso ben oltre la capitale della nazione. Un’importante protesta, in solidarietà con il Freedom Convoy, si è tenuta anche a Toronto e nella provincia del Quebec.
[di Iris Paganessi]
Guernica: l’arazzo torna all’Onu un anno dopo
A un anno dalla la sua improvvisa scomparsa, l’arazzo raffigurante Guernica di Pablo Picasso, è tornato al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. La famiglia Rockefeller, che ne è proprietaria, ha annunciato la reinstallazione dell’opera per questa mattina ed ha ammesso un errore di comunicazione: l’arazzo era stato rimosso solo per essere pulito. La famiglia avrà comunque la possibilità di riprenderlo temporaneamente per mostre negli Stati Uniti e nel mondo.
Nel febbraio 2021, dopo quasi 37 anni, mentre il campus delle Nazioni Unite era deserto nel mezzo dell’acuta crisi da Covid-19, il vasto affresco era scomparso, senza spiegazioni, dall’ingresso del Consiglio di Sicurezza, per volere della famiglia Rockefeller che ne è proprietaria.
L’arazzo, tratto dall’opera di Pablo Picasso e che rappresenta il bombardamento della città di Guernica il 26 aprile 1937 dalla Germania nazista e dall’Italia fascista, venne Commissionato nel 1955 da Nelson Rockefeller e tessuto dalla bottega francese Jacqueline de La Baume-Dürrbach.
Etiopia, allarme Unicef: servirà assistenza umanitaria per 6,8 milioni di persone
In Etiopia oltre 6,8 milioni di persone necessiteranno di assistenza umanitaria entro metà marzo 2022 a causa della siccità. A lanciare l’allarme è il fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef), che tramite un comunicato ha fatto sapere che tre stagioni di piogge consecutive mancate abbiano generato una situazione di grave siccità in 4 regioni dell’Etiopia: Afar, Oromia, la regione delle Nazioni, Nazionalità e Popoli del Sud (SNNPR) e quella dei Somali. «Si prevede che nel 2022 circa 850.000 bambini soffriranno di malnutrizione grave nelle 4 regioni», ha inoltre aggiunto l’Unicef, specificando che ciò sarà causato non solo da fattori come la recessione economica ma anche dalla siccità.
Ora anche i virologi da TV raccontano che le morti Covid in Italia sono sovrastimate
«Non è possibile che un malato che è risultato positivo al tampone ma che soffre di una patologia differente venga catalogato come Covid»: è quanto affermato dal primario del reparto di malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, Matteo Bassetti, durante una puntata del programma “L’Aria che Tira”, andata in onda sul La7. Bassetti ha infatti messo sotto accusa il modulo per la refertazione dei decessi causati dal Covid affermando che «ci sono delle cause primarie e delle cause accessorie, ma se il medico che compila il modulo scrive positivo al tampone, il decesso viene automaticamente classificato come decesso avvenuto per Covid». Dunque secondo Bassetti si dovrebbe cercare di capire «quanti dei decessi sono realmente legati alla polmonite da Covid e quanti ad altre problematiche».
Tali affermazioni hanno sostanzialmente lasciato di stucco l’altro ospite del programma, il giornalista e divulgatore scientifico Alessandro Cecchi Paone, il quale ha dichiarato che «ci metteremmo in un guaio, perché dovremmo rivedere tutte le statistiche degli ultimi due anni». Una obiezione a cui Bassetti ha risposto dicendo che sarebbe «proprio questo quello che si dovrebbe fare»: potrebbe infatti essere questo il motivo per cui vi sono alcune anomalie rispetto a paesi come la Spagna, dove il numero di decessi da Covid registrati nell’ultimo periodo è più basso di quello riportato in Italia nonostante non vi siano le restrizioni presenti nel nostro paese.
Insomma Bassetti, spesso presente nei salotti dei talk show televisivi a tema Covid, ha di fatto affermato che probabilmente sono stati sovrastimati i morti causati dal virus. Eppure, tutto ciò fino a poco tempo fa non era stato preso assolutamente in considerazione da parte dei media mainstream, che anzi hanno spesso screditato i sostenitori di tale tesi.
La possibilità che si tratti di una ipotesi concreta, inoltre, è emersa anche da un recente servizio del programma Rai “Re Start”, il quale ha raccolto le testimonianze di alcuni sanitari secondo cui dietro al modo di contare pazienti e morti covid ci sarebbero ragioni utilitaristiche per gli ospedali. «È frequente che venga scritto sulla cartella – ha spiegato a volto coperto un medico di un ospedale romano – che un paziente è morto di Covid quando in realtà non lo è in modo che salga il numero dei positivi, e la stessa cosa accade con i ricoveri: se un malato oncologico entra in ospedale e poco dopo si rivela positivo, anche se non ha sintomi diventa immediatamente un paziente Covid». Il tutto servirebbe a «fare soldi», dato che «l’ospedale prende dei rimborsi in proporzione al numero di ricoveri». Come spiegato da Restart, un decreto ministeriale prevede infatti oltre 3.000 euro per i ricoveri in area medica e oltre 9.000 euro per ogni paziente in terapia intensiva per Covid, con l’intera degenza a venire contabilizzata come Covid. Tuttavia non si può non notare che, nonostante l’importanza fondamentale di tale ipotesi, il servizio non è stato ripreso dai media mainstream.
[di Raffaele De Luca]
Copie col trucco: i mirabolanti numeri sulle vendite dei giornali italiani
Il velo sul dorato mondo delle copie digitali dei quotidiani è stato squarciato con una certa dose di brutalità, diciamo così, ormai sei anni fa. Quando venne a galla, dagli scantinati e dai sotterranei del Gruppo 24 Ore, l’affare sporco dei numeri gonfiati e dei conti taroccati. Una vera e propria tempesta si è abbattuta in poco tempo sul Sole 24 Ore, travolgendo la prima testata economico-finanziaria del paese.
L’inchiesta della procura di Milano, impegnata insieme alla Consob per fare luce su una truffa che era iniziata almeno nel 2013, stando alle carte degli inquirenti, ha portato alla luce un collaudato sistema per truccare i dati di diffusione e di vendita del giornale. Un robusto e sistematico maquillage ai numeri per fare apparire quello che non era, uno stato di salute strepitoso del giornale diretto all’epoca da Roberto Napolitano, finito poi sotto processo insieme al management dell’azienda (gli altri due imputati hanno patteggiato) e destinatario con gli altri imputati di richieste di risarcimento di decine di milioni.
Il trucco svelato nel 2016 riguardava soprattutto le copie digitali del quotidiano (quelle cartacee finivano al macero), in particolare i cosiddetti abbonamenti multipli che le testate sottoscrivono con aziende o enti che poi provvedono a smistarli a utenti e clienti. Nel marzo 2016 gli “abbonamenti digitali multipli” del Sole erano 109.500, rispetto ai seimila scarsi dichiarati dalle altre corazzate Corriere della Sera e Repubblica un’enormità che non poteva non attirare l’attenzione e porre qualche domanda.
Diverse erano le tecniche per gonfiare i numeri, alcune delle quali assomigliano molto a quelle utilizzate da altre testate per accalappiare clienti e lettori, e poi non mollarli più. Insieme a robuste dosi di doping che il marketing faceva ai dati di diffusione, per sintetizzare, c’era il sistematico ricorso a database di utenti che in gran parte erano solo virtuali, con download di copie creato ad hoc. Oppure c’erano società che sottoscrivevano abbonamenti che non venivano mai attivati, fino al 93% dei casi.
Lo scandalo del Sole, parafrasando un celeberrimo titolo di pellicola, concluso con un buco da circa 50 milioni di euro nei conti del gruppo, è stato appunto un meteorite piovuto sul mondo dell’editoria digitale, la strada maestra che gli editori hanno scelto in coro quando è stato decretato il funerale della carta e dell’editoria tradizionale. Da lì in poi sono iniziati dubbi e perplessità su un sistema di diffusione e vendita delle copie “virtuali” che spesso sfugge anche ai propri fruitori, ossia i lettori.
Vittime più o meno inconsapevoli di politiche aggressive e di marketing selvaggio da parte delle testate, disposte (quasi) a tutto pur di far lievitare i dati di vendita e diffusione e pur di fidelizzare anche clienti quasi inconsapevoli, se non renitenti. Abbonamenti a prezzi stracciati e promozioni gratuite si sprecano, al simbolico prezzo di un caffè pare si possa comprare e leggere praticamente tutto. Ma non è così.
Spesso gli utenti, come vengono chiamati i lettori dei giornali nel terzo millennio, restano imprigionati dietro ad “offerte” sottoscritte ma solo in parte consapevolmente. Come nel caso del Corriere, che per tenersi stretti i sottoscrittori di abbonamenti mette una serie di “intralci” alla disdetta o sfrutta le loro dimenticanze, puntando a formule ambigue tipo “in qualsiasi momento/entro 24 ore”. In modo che basta un nulla per trovarsi ancora vincolati alla testata e rientrare nel numero dei fedeli lettori delle copie digitali.
Oppure, ancora nel caso del Corriere (ma anche altre importanti testate praticano queste politiche di ribasso selvaggio), con un’offerta super scontata a 12 euro all’anno – per 2 anni – invece che 99,99: praticamente un regalo per gli ex abbonati che hanno deciso di abbandonare la scelta, o anche solo sono riusciti a uscire da questo dedalo di offerte, proposte e fluide clausole. Un mondo molto liquido in cui gli abbonamenti multipli, come dimostra il caso del Sole 24 Ore, sono un’incognita che pesa parecchio, sulla realtà vera dei dati e dei numeri.
Gli sconti e i ribassi con cui vengono proposte le copie digitali delle testate autorizzano a pensare che quello che doveva essere il traino delle aziende editoriali italiane, sia in realtà un refugium peccatorum. Copie digitali proposte al 30% del prezzo delle copie cartacee (da sempre, comunque, gonfiate col meccanismo dei resi e delle copie omaggio). Nonostante questo, le copie digitali incidono in modo marginale rispetto alle vendita in edicola che pure sono in crollo costante da almeno 10 anni: secondo il rapporto PWC “Entertainment & Media Outlook in Italy 2021-2025”, il cartaceo pesa (e peserà almeno fino al 2025) per l’87% dei ricavi delle aziende editoriali. Solo 5 delle 56 testate rilevate nei rapporti di ADS vendono più di 10mila copie digitali al giorno, ma quattro di loro hanno comunque vendite in calo. Per vincere la guerra dei numeri e sopravvivere, i giornali avranno bisogno di ben altro che di qualche maestro del bianchetto.
[di Salvatore Maria Righi]
Ambiente: mozziconi sigarette sono i rifiuti più scartati, ogni anno 766mila tonnellate
Sono i mozziconi di sigarette i rifiuti più scartati al mondo, rappresentando più di 766mila tonnellate di rifiuti tossici ogni anno: un dato allarmante dato che, se smaltiti in modo improprio, i mozziconi di sigaretta rilasciano microplastiche, metalli pesanti e molte altre sostanze chimiche ed impattano in maniera importante sulla salute umana e dell’ambiente. A denunciarlo è il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), che insieme al Segretariato della Convenzione quadro dell’Oms sul controllo del tabacco (FCTC) ha lanciato una campagna per sensibilizzare e incoraggiare il contrasto alle microplastiche contenute all’interno dei filtri delle sigarette.
Putin e Xi Jinping hanno sancito un’alleanza tra Russia e Cina
Venerdì 4 febbraio, il presidente russo Vladimir Putin e quello cinese Xi Jingpin si sono incontrati a Pechino, in vista della cerimonia di apertura delle Olimpiadi Invernali che si terranno nella capitale cinese e che sono state boicottate dalle delegazioni occidentali. Il confronto aveva come scopo principale quello di portare i due paesi a fare fronte comune contro gli Stati Uniti a causa delle recenti tensioni relative all’Ucraina e non solo, e pare essere decisamente riuscito, almeno in base al documento rilasciato al termine del vertice dai due leader.
Russia signed 30-year contract to supply gas to China via new pipeline boosting 🇨🇳-🇷🇺 energy alliance amid strained ties with the West. Chinese President Xi Jinping and Russian President Putin called on west to abandon ‘cold war ideology’ in talks ahead of #Beijing2022 pic.twitter.com/TJUQ4EuJBb
— Sana Jamal (@Sana_Jamal) February 4, 2022
I due presidenti si sono infatti promessi sostegno reciproco per quanto concerne la politica estera. I russi, appoggiando le posizioni di Pechino su Taiwan e i cinesi condannando le mire espansionistiche della NATO (Organizzazione del Trattato Atlantico del Nord) in Europa. Fronte comune Mosca e Pechino, l’hanno dimostrato anche nel condannare l’alleanza militare AKUS (tra Stati Uniti, Australia e Regno Unito) volta a incrementare l’influenza occidentale nell’Oceano Pacifico. Il vertice di Pechino, ha inoltre portato al rafforzamento dei legami economici tra i due. Xi Jinping ha assicurato che supporterà economicamente Mosca nel caso di eventuali nuove sanzioni economiche in relazione alla questione Ucraina, mentre Putin ha espresso la volontà di siglare un nuovo accordo commerciale volto ad incrementare le esportazioni di gas russo verso il gigante asiatico.
La politica estera degli Stati Uniti, considerata come una “minaccia” da parte di Mosca e Pechino ha portato queste due potenze ad avvicinarsi sempre di più‘ anche a discapito dei loro reali interessi di lungo termine. Al momento, questa alleanza appare molto più’ solida di quella tra Washington e i suoi alleati. Anche tra Russia e Cina esistono divergenze di vedute e interessi, sulla questione Ucraina ad esempio, Pechino avrebbe lasciato intendere la sua contrarietà ad un invasione russa. Allo stesso modo, Mosca ha “chiuso almeno un occhio”, davanti ai progetti d’espansione economica di Pechino nelle ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale, tradizionalmente sotto l’influenza del Cremlino. La capacità di mettere da parte le divergenze d’interessi per un obiettivo comune pare invece al momento mancare tra gli alleati di Washington. Il peso economico di Pechino, non può non essere una fonte di preoccupazione per i paesi europei e Medio orientali alleati degli americani. Cosi per i paesi dell’Europa occidentale non sarebbe una scelta facile andare allo scontro frontale con la Russia, principale fornitore d’energia del “vecchio” continente.
[di Enrico Phelipon]







