domenica 9 Novembre 2025
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In Sardegna è riesplosa la protesta dei pastori

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A tre anni dalla guerra del latte, ricomincia la mobilitazione dei pastori sardi che ieri sono scesi in strada per chiedere l’intervento statale e protestare contro l’aumento del costo di mangimi e concimi, gasolio ed energia elettrica. La mobilitazione è ripartita da dov’era iniziata nel 2019, dal ponte sulla strada Bitti Sologo, in cui avvennero i primi sversamenti di latte sull’asfalto.

Nell’inverno del 2019 gli allevatori sardi decisero di unirsi in protesta per rivendicare prezzi più giusti rispetto ai 55 centesimi al litro per il latte di pecora e 44 centesimi per quello di capra pagati dalle aziende. “Meglio gettarlo via che accettare prezzi così bassi” era uno degli slogan della protesta che, nel febbraio 2019, rischiò di diventare sommossa, con la promessa da parte dei pastori sardi di bloccare le elezioni regionali del 24 febbraio in caso di mancato accordo con le istituzioni: “Non entrerà nessuno a votare: non è che non andiamo a votare, non voterà nessuno, blocchiamo la democrazia” annunciò allora il coordinamento dei pastori. Prima dell’intervento delle istituzioni, tutta l’Isola mostrò solidarietà: dai calciatori del Cagliari Calcio che a San Siro indossarono una maglietta con su scritto “solidarietà ai pastori sardi”, fino ai commercianti di Nuoro che annunciarono una mezza giornata di chiusura collettiva. Le proteste si conclusero con un aumento dei prezzi pagati ai pastori, centinaia di denunce e diversi processi. Due di questi si terranno proprio nelle prossime settimane, quando gli imputati saranno chiamati a rispondere del reato di blocco stradale. “Entrambi i processi appaiono gli unici in Sardegna per i quali si procede per il reato di blocco stradale” scrive a riguardo l’associazione indipendentista Libertade.

«A tre anni di distanza dalla guerra del latte abbiamo avuto il risultato del prezzo che si è alzato, con conguagli che hanno superato abbondantemente l’euro, ma oggi la situazione è anche più grave di quella che si viveva allora» dice Gianuario Falchi, uno dei portavoce dei pastori. L’aumento dei prezzi di tutte le materie prime nelle scorse settimane è solo l’ultimo tassello di un domino problematico che ha avuto inizio in estate, con caldo anomalo, incendi e siccità. Il risultato è una riserva di fieno insufficiente ad alimentare le greggi, che quindi «dev’essere importato dalla Penisola con prezzi per il trasporto che oggi lievitano anche a 25.600 euro per un solo carico. Per evitare il fallimento è necessaria la dichiarazione dello stato di calamità». Nel frattempo le campagne continuano a spopolarsi e l’agricoltura in Sardegna rischia di scomparire nel silenzio più totale. Si parla di un settore che conta oggi 12 mila aziende e circa 50 mila impiegati, con più di 3 milioni di pecore e capre che ogni anno garantiscono una produzione media di 300 milioni di litri di latte. «Dalla guerra del latte sono cambiate poche cose e l’umore delle campagne è nero: temo che succederà qualcosa di nuovo» conclude Gianuario Falchi.

Intanto la Coldiretti Sardegna ha annunciato per giovedì 17 febbraio una manifestazione a Cagliari, e contemporaneamente in altri capoluoghi di Regione, davanti all’Ufficio Territoriale del Governo con l’obiettivo di sensibilizzare le istituzioni e avanzare loro le proprie richieste.

[di Salvatore Toscano]

Nuovo processo contro Navalnyj, Amnesty: “è una farsa”

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Il Cremlino ha avviato oggi un nuovo processo contro Aleksej Navalnyj dopo averlo accusato di aver rubato 4,8 milioni di dollari dalle organizzazioni che lui stesso ha fondato. Il processo si tiene in una colonia penale fuori Mosca ed è stato definito da Amnesty come “una farsa” funzionale alle autorità russe ad “assicurarsi che Navalnyj non lasci presto la prigione”. Il dissidente, principale oppositore di Putin, si trova attualmente in carcere per scontare due anni e mezzo in seguito a vecchie accuse di frode. Se a conclusione del processo iniziato oggi Navalnyj fosse identificato come colpevole, rischierebbe una pena detentiva di ulteriori 10 anni.

MoviePass: l’app che si assicura che guardi gli annunci pubblicitari

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Dopo una prima esperienza del tutto fallimentare, questa estate tornerà MoviePass: Stacy Spikes ha resuscitato l’azienda fallita nel gennaio 2020, da lui stesso fondata nel 2011 insieme a Hamet Watt, promettendo che questa volta sarà quella buona. Il servizio di bigliettistica è stato pensato in maniera differente rispetto alla prima volta ed aggiunge un dettaglio inquietante: l’applicazione controllerà il livello di attenzione dei bulbi oculari. Infatti, oltre ad una specie di “moneta virtuale”, la nuova applicazione permetterà di ottenere crediti aggiuntivi guardando pubblicità che gli occhi devono effettivamente seguire (altrimenti, niente crediti).

La prima esperienza di MoviePass inizia nel 2011 ma è nel 2017 che sembra avere successo, quando la quota di maggioranza dell’azienda viene acquistata dalla società di analisi dati Helios and Matheson. In quell’anno, MoviePass inizia ad offrire, al costo mensile di 9,95 dollari, biglietti per vedere film al cinema. Nel giro di un anno la società registra un incremento enorme degli abbonamenti ma, al contempo, non riusce a trovare un modello di sostenibilità economica del servizio offerto (un solo biglietto può costare più del canone mensile). Nel giro di poco tempo si crea un buco da 100 milioni di dollari nei bilanci aziendali e tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 MoviePass dichiara fallimento.

Stacy Spikes viene licenziato nel 2018 dopo mesi di totale disaccordo con la nuova proprietà circa l’insostenibilità dell’operazione messa in atto: il prezzo dell’abbonamento a 9.95 dollari. In precedenza il costo variava a seconda di diverse fasce di prezzo, dai 15 ai 50 dollari, ma Ted Farnsworth, CEO di Helios e Matheson (maggior azionista di MoviePass dal 2017), aveva in mente altri piani. Il costo irrisorio dell’abbonamento mensile doveva servire a moltiplicare in maniera enorme la base dei clienti e il reale business dell’azienda doveva essere la vendita dei dati dei clienti per pubblicità mirate, a questo serviva l’esperienza della Helios and Matheson. Secondo Farnsworth, quindi, il business di MoviePass avrebbe dovuto basarsi sull’estrapolazione di valore dai dati dei propri clienti, più che dalla vendita degli abbonamenti. I conti comunque non tornarono.

Adesso però, Spikes sembra voler replicare la cosa. Sebbene non sia noto quanto costerà l’abbonamento all’applicazione, è certo che vi saranno varie fasce di prezzo. Le novità sono due: una “moneta virtuale” e il “PreShow”. Sarà possibile acquistare i biglietti per le proiezioni cinematografiche attraverso crediti che possono anche, di mese in mese, essere scambiati o condivisi con amici o altri utenti. Il PreShow punta invece a realizzare quanto in precedenza tentato da Farnsworth circa la remunerazione ottenuta tramite pubblicità mirate per i clienti, ottenute grazie all’elaborazione dei dati degli stessi. Non solo. Per bocca dello stesso Spikes, l’applicazione utilizzerà sistemi di riconoscimento facciale per accertarsi che gli occhi dell’utente siano effettivamente concentrati sull’annuncio pubblicitario costruitogli su misura. Dunque, invogliando gli utenti ad ottenere crediti aggiuntivi gratuiti, l’applicazione ti mostra pubblicità di prodotti che l’algoritmo ha calcolato possano interessarti e, per ottenere i crediti, devono essere guardate per intero: l’applicazione controllerà che lo sguardo sia fisso sullo schermo. Spikes ha spiegato che questo intende sovvertire il modello di product placement.

Anche noto come “pubblicità indiretta” o “embedded marketing”, il product placement è una tecnica pubblicitaria che consente alle aziende di dare visibilità ai propri prodotti: i marchi vengono inseriti all’interno di contesti non strettamente pubblicitari come film, serie tv, programmi televisivi, eventi sportivi etc., al fine di inserirli nella narrazione generale e nell’immaginario dello spettatore. Grazie a MoviePass, ha spiegato Spikes, il modello di product placement creerà «una transazione tra te e il marchio». Dunque, grazie alla “premialità” che va tanto di moda nel nuovo modello sociale generale, si manipolano gli utenti invogliandoli a guardare pubblicità mirate alle quali effettivamente dovranno prestare attenzione perché un sistema di riconoscimento facciale ne monitorerà i bulbi oculari.

Questa tecnologia è parte del corollario del capitalismo della sorveglianza e che ha già fatto breccia nel mondo del lavoro, come da noi spiegato nel novembre scorso, con software che permettono di controllare il livello di attenzione dei lavoratori che operano da remoto. Dalle piccole cose ai fatti più importanti della vita di una persona, il controllo – che sia governativo o corporativo privato – è sempre più pressante nel quotidiano umano.

[di Michele Manfrin]

Da oggi i lavoratori over 50 non vaccinati saranno a casa senza stipendio

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Sarà effettiva da oggi la misura voluta dal Governo in base alla quale tutti i lavoratori sopra i 50 anni che non abbiano ricevuto le tre dosi di vaccino rimarranno a casa dal lavoro senza stipendio. Non si dispone di numeri esatti, ma si stima che il provvedimento vada a toccare all’incirca un milione e mezzo di persone tra i 50 e i 70 anni, dalle quali vanno sottratte esenti e pensionati. Esenti dalla misura sono i lavoratori che presentino certificato medico di esenzione dalla vaccinazione, mentre per i lavoratori sotto i 50 anni (appartenenti alle categorie per le quali non era già previsto un obbligo, come sanità e istruzione) rimarrà la possibilità di presentarsi a lavoro con il green pass di base, ottenibile con il tampone rapido o molecolare da effettuare ogni 48 o 72 ore. Nonostante la pandemia sembri in fase di ritiro e in molti Paesi si vada verso l’allentamento delle restrizioni, dunque, il Governo non rivede le proprie politiche e tira dritto per la sua strada, diversificando sempre di più l’accesso ai diritti in base a criteri opachi e contestabili.

Nonostante si intraveda all’orizzonte la fase calante della pandemia e nonostante si stia procedendo un po’ ovunque al progressivo rilassamento delle restrizioni, con misure quali la riapertura delle discoteche e l’abolizione dell’obbligo di mascherine all’aperto, il Governo non sembra avere intenzione di fare marcia indietro sui propri provvedimenti. Così, a partire da oggi i lavoratori over 50 che non abbiano ricevuto le vaccinazioni rimarranno a casa senza stipendio. Per chi decidesse di violare la norma sono previste sanzioni da 600 a 1500 euro, raddoppiate in caso di ripetuta violazione. Inoltre, per gli over 50, lavoratori o meno, che al 1° febbraio non abbiano regolarizzato la propria posizione vaccinale è prevista una multa una tantum di 100 euro.

La misura, tuttavia, non si applica a chi sia stato contagiato dal Covid da meno di sei mesi: in quel caso, verrà rilasciata la certificazione verde per avvenuta guarigione e il lavoratore sarà libero di andare sul posto di lavoro. Una discriminazione da non poco conto, che subordina il godimento di un diritto in base al fatto che il soggetto abbia o meno contratto una determinata malattia.

Inoltre, il decreto riguardante l’obbligo vaccinale non si esprime in materia di smartworking: a questo proposito, come reso evidente da un articolo pubblicato dal quotidiano la Verità in data odierna, si apre un vuoto legislativo di non poco conto. In caso il lavoratore svolga le proprie mansioni da casa, infatti, il datore di lavoro non è tenuto a sapere se il dipendente disponga o meno del green pass, nonostante, secondo il decreto ministeriale di ottobre, il lavoro agile non costituisca esenzione dalla vaccinazione. Nel caso in cui il dipendente si ammali e il datore di lavoro ne dia comunicazione all’Inps, tuttavia, emergerebbe immediatamente lo stato vaccinale del lavoratore il quale, in caso non avesse ricevuto le inoculazioni necessarie, non avrebbe diritto di lavorare. Ma è possibile sospendere il lavoratore da stipendio e contributi se nessun green pass è stato scansionato, come prevede la norma per la sospensione del lavoro? Inoltre non sono previsti contratti che permettano la sostituzione del lavoratore che si opponga al green pass: questi resta a casa, ma il datore di lavoro non ha modo di sostituirlo.

I dubbi sono tanti, le discriminazioni evidenti e le crepe profonde. La misura dell’obbligo vaccinale sembra inoltre dettata da puri criteri politici, dal momento che si tratta di un provvedimento drastico e dalle drammatiche conseguenze per i cittadini non supportato a sufficienza da criteri scientifici.

[di Valeria Casolaro]

 

Ucraina: la Russia inizia a ritirare le truppe dal confine

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Alcune unità militari russe impegnate in un’esercitazione nei pressi del confine ucraino hanno iniziato il ritiro verso le proprie basi permanenti. “Le unità dei distretti militari meridionali e occidentali, dopo aver concluso le loro attività e completato i loro compiti, cominceranno a rientrare oggi e a trasferirsi nelle loro postazioni militari abituali” ha detto il portavoce del Ministero della difesa russo Igor Konashenkov ai giornalisti.
Nel corso della giornata avverrà inoltre l’incontro a Mosca fra il Cancelliere tedesco Olaf Scholz e il Presidente russo Vladimir Putin.

 

Canada, Trudeau dichiara l’emergenza pubblica nazionale

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Per riuscire a mettere fine alle proteste contro le restrizioni dovute al Covid che hanno causato il blocco della capitale e del traffico commerciale con gli USA, il premier canadese Justin Trudeau ha dichiarato lo stato di emergenza pubblica nazionale. La misura, che viene applicata per la prima volta dopo mezzo secolo, permette al premier di sospendere le libertà civili per ristabilire l’ordine pubblico, tramite, ad esempio, il divieto raduni pubblici o le limitazioni ai viaggi da o per zone specifiche del Paese. Affinché diventi effettiva, la misura deve essere approvata dal Parlamento entro una settimana.

Italia: è entrato in vigore il piano per la protezione delle foreste nazionali

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E’ stata pubblicata su Gazzetta Ufficiale la Strategia Forestale Nazionale (SFN), documento strategico primo nel suo genere a livello italiano. Questo ha l’obiettivo di portare le foreste nazionali a essere estese, resilienti, ricche di biodiversità e capaci sia di contribuire alle azioni di mitigazione e adattamento alla crisi climatica, sia di offrire benefici ecologici, sociali ed economici alle comunità rurali e montane, ai cittadini di oggi e alle prossime generazioni.

La validità della Strategia sarà ventennale – arco temporale minimo per pianificare nel settore forestale politiche ecologiche a difesa della biodiversità – ma verrà controllata e, se necessario, aggiornata ogni cinque anni, anche su eventuali richieste istituzionali specifiche o applicazioni di nuovi impegni internazionali. Oltre alla generale preservazione delle foreste, il piano si pone l’importante fine di coinvolgere tutti i cittadini a collaborare in azioni orientate alla sostenibilità, incentivando la tutela e l’uso consapevole e responsabile delle risorse naturali. Importantissima dal punto di vista economico, la SFN garantirà le risorse finanziarie necessarie a intraprendere una capillare pianificazione forestale.

La Strategia si articola in quanto macro-argomenti: obiettivi, azioni, strumenti finanziari, e modalità di monitoraggio e valutazione. Gli obiettivi fanno particolare riferimento al clima, alla biodiversità e allo sviluppo sostenibile; le azioni traducono sul piano operativo gli obiettivi generali e vengono distinte in azioni operative caratterizzate da un’applicazione ampia su scala nazionale, azioni specifiche riguardanti tematiche di importanza strategica ma di rilevanza territoriale specifica, e azioni strumentali, le quali si riferiscono all’organizzazione delle istituzioni e dei relativi strumenti di politica e governance a livello nazionale e locale.

La SFN, la cui realizzazione risale al 2017 in concomitanza della nascita della Direzione generale delle Foreste del Mipaaf (Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali), si pone come strumento essenziale per la delineazione delle politiche forestali nazionali nel contesto di quelle europee e degli accordi internazionali. Il documento, infatti, sarà l’input anche per il perseguimento degli obiettivi definiti da altri accordi, quali Agenda 2030, Accordo di Parigi e Green Deal. In questo modo, tutti gli stakeholders saranno riuniti e potranno impegnarsi, sotto la guida del Mipaaf, nella preservazione di interi ecosistemi.

[di Eugenia Greco]

18 anni senza Pantani: tutti i dubbi sull’ultima salita del Pirata

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Il mare d’inverno non è mai stato così triste, sulla riviera romagnola, come in quel giorno di San Valentino lontano ormai 18 anni. Diciott’anni nel ricordo di Marco Pantani, un buco nero nella memoria collettiva, cercando ancora di decifrare ed esorcizzare  i demoni che se lo portarono via in quei giorni cupi come una lastra di piombo, fino a quel cadavere trovato dentro una stanza buttata all’aria, molti più dubbi che certezze. La meravigliosa e triste storia del Pirata, o di Pantadattilo nella fortunata definizione di Gianni Mura, l’epopea di una bandana gialla che è diventata un po’ come i...

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Canada: Ontario abolisce pass sanitario dopo proteste dei camionisti

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Il primo ministro dell’Ontario, Doug Ford, ha annunciato nella giornata di oggi che il Covid pass verrà revocato nella provincia canadese a partire dal primo marzo. Si tratta di una vittoria per i camionisti canadesi, che da tre settimane stanno protestando contro le restrizioni legate al Covid. A tal proposito bisogna ricordare che, mentre sta lentamente riprendendo il traffico sul principale ponte di collegamento tra Usa e Canada, l’Ambassador Bridge, bloccato dai camionisti negli scorsi giorni e riaperto nella tarda serata di ieri, la capitale Ottawa è ancora paralizzata a causa delle proteste contro le misure anti-Covid.

Oltre 100 nazioni si sono impegnate a proteggere gli oceani

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I rappresentanti di oltre 100 nazioni si sono impegnati ad adottare misure volte a preservare gli oceani, tra cui la lotta contro la pesca illegale e la riduzione dell’inquinamento da plastica: è quanto emerge dalla dichiarazione “Brest commitments for the oceans” adottata nell’ambito del “One Ocean”, un summit tenutosi dal 9 all’11 febbraio scorso a Brest, in Francia, a cui hanno partecipato i capi di governo di 41 paesi. Il vertice ha segnato il punto di partenza di una serie di importanti incontri internazionali relativi agli oceani, tra cui la Conferenza sull’Oceano dell’Onu (Organizzazione della Nazioni Unite), che si terrà a giugno a Lisbona, e la COP27 prevista in autunno a Sharm el-Sheikh, in Egitto.

“Consapevoli che la posizione degli oceani nell’agenda politica internazionale non è attualmente commisurata al suo ruolo negli equilibri climatici, ambientali e sociali o al grado di minaccia per la vita marina – si legge nella dichiarazione – i leader di Brest si sono impegnati a lavorare insieme in modo rapido e tangibile per mettere a punto un stop al degrado degli oceani, scegliendo di agire per preservare la biodiversità, fermare lo sfruttamento eccessivo delle risorse marine, combattere l’inquinamento e mitigare il cambiamento climatico“.

Nello specifico, per quanto riguarda i 27 stati appartenenti all’Ue, essi hanno lanciato con altre 16 nazioni la “High Ambition Coalition on Biodiversity Beyond National Jurisdiction”, atta a stabilire entro la fine dell’anno un accordo globale avente ad oggetto la regolamentazione dell’uso sostenibile dell’altro mare – ossia delle acque al di fuori della giurisdizione di qualsiasi paese – tutelando così la loro biodiversità. Per quanto concerne invece la pesca illegale, che “rappresenta quasi un quinto delle catture mondiali, mina gli sforzi per gestire gli stock ittici in modo sostenibile e spesso comporta condizioni di sicurezza e di lavoro pessime per i pescatori”, 14 Paesi si sono impegnati ad intensificare la lotta contro di essa su più fronti. In tal senso, l’accordo della FAO sulle misure dello Stato di approdo ad esempio, atto a controllare meglio le attività di pesca nei porti in cui vengono sbarcate le catture, sarà ratificato da altri 2 Paesi, mentre diversi Stati dell’UE si sono “impegnati a schierare le loro flotte in operazioni all’estero così da intensificare la sorveglianza della pesca illegale”.

Oltre a tutto ciò, dato che “alcuni ecosistemi marini e costieri possono assorbire e immagazzinare grandi quantità di carbonio” e siccome bisogna dunque “accelerare i progetti di protezione e ripristino di tali ecosistemi, Francia e Colombia hanno lanciato una “coalizione globale per il carbonio blu” che riunirà tutti coloro che, a livello nazionale e internazionale, vorranno contribuire al “finanziamento del ripristino degli ecosistemi costieri utilizzando metodologie condivise e rigorose“.

Inoltre, un altro obiettivo da citare è senza dubbio quello della “fine dell’inquinamento plastico negli oceani”. Nove milioni di tonnellate di plastica finiscono nel oceano ogni anno”, si ricorda infatti all’interno della dichiarazione, motivo per cui la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (EBRD) si è unita alla Banca europea per gli investimenti (BEI) e alle banche di sviluppo di Francia (AFD), Germania (KfW), Italia (CDP) e Spagna (ICO), per portare avanti la “Clean Oceans Initiative” – una iniziativa atta a ridurre l’inquinamento da plastica in mare – ed hanno raddoppiato i loro sforzi in questo settore, impegnandosi a fornire 4 miliardi di euro di finanziamenti entro il 2025. Infine, un’altra mezza dozzina di Paesi si è unita invece al “New Plastics Economy Global Commitment”, un programma ambientale delle Nazioni Unite per aiutare i governi e le imprese a passare a un’economia circolare mirata al riciclaggio o al riutilizzo del 100% di tutta la plastica.

[di Raffaele De Luca]