venerdì 18 Luglio 2025
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Afghanistan: Talebani tengono prima riunione di governo

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Nella giornata di oggi in Afghanistan, precisamente presso il Palazzo presidenziale di Kabul, si è svolta la prima riunione di gabinetto del governo dei Talebani. Lo si apprende dall’agenzia di stampa locale Afghan Islamic Press, la quale sottolinea che la riunione è stata presieduta dal primo ministro dell’Emirato islamico, Mullah Mohammad Hasan Akhund, e che al centro della stessa c’è stata una discussione sul tema della sicurezza politica ed economica del Paese.

Migranti, la Corte dei conti europea vuole più rimpatri

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Lunedì 13 settembre, la Corte dei conti europea (ECA) ha pubblicato un report che è passato relativamente in sordina, ma che ci offre uno spaccato trasparente sulla direzione verso cui si sta muovendo la politica migratoria europea.

In “EU readmission cooperation with third countries: relevant actions yielded limited results”, gli analisti di Lussemburgo si sono detti insoddisfatti dal come le nazioni europee si stiano interfacciando con i canali di transito dei clandestini, argomento quanto mai attuale se si tiene conto che lo “straniero” sia al centro delle retoriche dei Governi di ogni fazione.

Vista la natura dell’indagine, gli autori non hanno preso in analisi come l’Europa, realtà geopolitica che si fa portavoce dei diritti umani, spenda risorse ed energie per respingere lavoratori e rifugiati non dotati della corretta documentazione, piuttosto si sono concentrati sul fatto che non faccia abbastanza per rimpatriarli una volta che questi riescono a superare abusivamente il confine.

Ogni anno, i tribunali europei decretano infatti che debbano essere rimpatriati circa mezzo milione di immigrati non autorizzati, tuttavia solamente il 29% di questi sottostà effettivamente all’ingiunzione ricevuta. La statistica cala poi al 20% se si prendono in considerazione esclusivamente le nazioni extraeuropee.

In pratica, un solo migrante illegale su cinque viene effettivamente espulso dall’area UE, dettaglio che, stando al report, non farebbe che istigare il traffico di persone e le speranze dei disperati. Il responsabile dell’indagine, Leo Brincat, sottolinea che una simile inefficienza sia scaturita perlopiù da una gestione inadeguata dei negoziati tra UE e Paesi terzi, soprattutto quelli nordafricani, i quali sembrano trarre più profitto dall’interfacciarsi con le singole nazioni piuttosto che con l’Associazione Europea di Ricollocamento (EuRA). I Governi dell’Unione Europea, in altre parole, si dimostrano incapaci di coordinarsi, di parlare con una sola voce e di collaborare anche in questo frangente emergenziale.

La gestione dei rimpatri è peraltro un’operazione già complicata di suo, resa ardua dal fatto che non sempre sia facile risalire con certezza alla nazionalità degli immigrati, nonché dalla consapevolezza che i Paesi di origine facciano spesso il possibile per complicare l’iter burocratico. Gli ispettori, riconoscendo queste difficoltà, sollevano dunque l’attenzione anche su una soluzione che ha ancora ampio margine di crescita: la clausola sui cittadini di Paesi terzi (TCN).

Secondo questa opzione, gli immigrati di difficile rimpatrio potrebbero essere spediti nell’ultima nazione extra-UE che hanno visitato, piuttosto che essere rimandati nelle loro terre d’origine. L’approccio del reinsediamento comporta però a sua volta una serie di insidie, prima fra tutte la percezione che l’Europa stia cercando di esternalizzare la gestione migratoria, ovvero che si stia lanciando in un poderoso scaricabarile su Amministrazioni che sono spesso restie a sottoscrivere una clausola tanto complessa.

Le conclusioni del report danno a intendere che, spalleggiata dai «Paesi Membri chiave», l’EuRa debba farsi progressivamente unica portavoce dei negoziati e che i dati debbano essere raccolti e condivisi sinergicamente, in modo che ogni migrante da rimpatriare sia immediatamente individuabile e identificabile. Un corpo unico che gestirà un controflusso migratorio anche grazie alla collaborazione di Paesi extraeuropei, collaborazione che verrà resa fertile da una mole crescente di incentivi e finanziamenti.

[di Walter Ferri]

Whirlpool conferma licenziamenti, operai di Napoli manifestano davanti al Mise

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Un gruppo nutrito di lavoratori della Whirlpool, precisamente del sito di via Argine, si è recato a Roma presso la sede del Ministero dello Sviluppo economico per protestare contro il loro imminente licenziamento. Gli operai, oltre ad esporre striscioni, accendere fumogeni ed intonare slogan quali «Napoli non molla», hanno montato alcune tende in quanto stanno organizzando un presidio fisso davanti al Mise. Proprio lì è in corso l’incontro con l’azienda, Invitalia ed i sindacati, sulla procedura di licenziamento collettivo dei circa 300 lavoratori campani (che dovrebbe chiudersi il 29 settembre) avviata dalla Whirlpool. Quest’ultima, secondo quanto riportato dall’ANSA, ha confermato che le motivazioni alla base della stessa non sono cambiate.

In Italia il Green Pass più restrittivo d’Europa: come funziona negli altri paesi

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Ieri in Italia è stata ufficialmente approvata l’estensione generalizzata della Certificazione verde COVID-19 con il sì alla fiducia da parte del Senato sul decreto-legge varato dal Consiglio dei ministri il 23 luglio. Con 189 voti a favore, 32 contrari e 2 astensioni c’è stato il via libera definitivo al decreto che, quindi, diventa legge. Le scelte prese in Italia sono, per il momento, tra le più severe d’Europa e oggi si sta svolgendo a palazzo Chigi la cabina di regia per ampliare, da metà ottobre, l’obbligo di Green Pass per tutti i dipendenti pubblici e privati. Nel dibattito pubblico si omette spesso però di fornire una informazione di base, degna di nota: l’Italia sarà il primo e per ora unico Paese in Europa a imporre il possesso del passaporto sanitario per accedere al posto di lavoro.

I lavoratori che non rispetteranno la nuova disposizione, non rischieranno il licenziamento ma severe sanzioni tanto economiche (che potrebbero andare dai 400 ai 1000 euro) quanto disciplinari, come sarà riportato nel decreto che avrà il via libera oggi alle 16:00 durante il Consiglio dei ministri. Secondo le indiscrezioni, la data ufficiale sarà scaglionata tra le varie misure tra l’1 e il 15 ottobre. Col fine di non rischiare un calo delle vaccinazioni, il Governo rimane contrario alle richieste – di Cgil, Cisl e Uil e di alcuni ministri – di rendere gratuiti i tamponi. Mentre l’Italia si muove in una direzione sempre più severa, nel resto d’Europa le scelte adottate dai governi prendono strade differenti. Vediamo nel dettaglio.

Inghilterra: stop al Green Pass

Cambio di rotta totale in Inghilterra dove il governo di Boris Johnson ha scelto di non introdurre l’obbligo dell’NHS Covid Pass (l’equivalente britannico della certificazione europea) per accedere a locali notturni e luoghi affollati, una decisione che sarebbe dovuta entrare in vigore entro la fine di settembre.

Scozia: certificazione dal primo ottobre

A differenza del vicino inglese, l’obbligo del Green Pass in Scozia partirà dal primo ottobre. Se ne parla però esclusivamente per i locali notturni e per gli eventi che prevedono partecipazioni di massa (spettacoli, concerti, festival, eventi sportivi).

Danimarca: una ritrovata “normalità”

La Danimarca ha completamente abolito tutte le misure legate al Covid-19 grazie all’andamento molto positivo della campagna vaccinale. Il Green Pass nel Paese non è utilizzato.

Svezia: restrizioni solo per chi entra nel Paese

La Certificazione Digitale Covid UE è da mostrare per chiunque voglia accedere in Svezia, la quale però opta per tornare alla “vita normale”; a partire dal 29 settembre, saranno infatti abolite gran parte delle misure anti-contagio.

Nessun obbligo in Spagna, nemmeno per i sanitari

La Spagna ha optato per dare libertà alle singole regioni di scegliere se introdurre o meno il Green Pass obbligatorio per accedere a determinati luoghi, ma non esiste alcun obbligo stabilito dal Governo. L’unica imposizione è quella dell’uso delle mascherine quando si entra in luoghi al chiuso. Anche qui nessuna traccia di necessità del certificato per accedere al posto di lavoro.

Nessuna imposizione in Germania, ma…

Soltanto esibendo la certificazione è possibile restare all’interno di locali pubblici o privati, incluse le discoteche. Qui però finiscono gli obblighi. A differenza dell’Italia non vi è alcun obbligo per accedere a mezzi pubblici, treni, aerei né – tantomeno – è in vigore l’obbligo per accedere al luogo di lavoro. Misure differenti solo per i sanitari.

Austria: obbligo delle mascherine FFP2

In Austria il governo ha scelto di imporre l’uso delle mascherine FFP2 (invece delle normali maschere per il viso) per l’accesso ad attività essenziali e per utilizzare i mezzi pubblici. Le mascherine FFP2 sono poi obbligatorie per l’accesso ai musei e ai negozi per chi non è vaccinato o si è ripreso recentemente dal COVID.

Le nuove misure in Francia

Delle “severe” regole francesi si è parlato a lungo, soprattutto grazie alle ampie e ripetute proteste che ancora interessano il Paese. Eppure quanto è imposto ai cittadini d’Oltralpe non è paragonabile a quanto avviene in Italia. L’esibizione del Green Pass è necessario per l’accesso a cinema, ristoranti, grandi centri commerciali, musei, biblioteche, impianti sportivi, festival, fiere, trasporti a lungo raggio. Da ieri è entrato in vigore l’obbligo di vaccinazione per il personale sanitario: se questo non sarà rispettato, i dipendenti potrebbero essere sospesi (provvedimento che ha generato numerose proteste in tutto il Paese). Nessun obbligo per scuole e università, né per tutti gli altri posti di lavoro pubblici o privati. È stato rimosso, inoltre, l’obbligo della mascherina chirurgica.

Il Belgio in stand-by

Il vicino Belgio, al contrario, non ha previsto alcun obbligo, almeno fino al 17 settembre, data in cui il Governo si dovrà esprimere a riguardo.

Svizzera: solo luoghi chiusi e grandi eventi

Dal 13 settembre, in Svizzera, c’è stata l’estensione dell’obbligo del certificato vaccinale dai 16 anni per accedere a luoghi chiusi ma anche per eventi all’aperto in cui si prevedono affollamenti. Le università e le scuole possono invece decidere in modo autonomo. Anche qui nessun obbligo all’esibizione del certificato per i lavoratori.

Estonia, Lettonia, Lituania

Nei tre paesi è stato scelto che solo chi potrà attestare di essere stato vaccinato potrà  accedere a ristoranti, palestre, cinema e teatri al chiuso. Fine delle limitazioni.

La Grecia è più “vicina” all’Italia

Per trovare una situazione analoga a quella italiana occorre andare in Grecia, unico Paese con norme circa sovrapponibili. In terra ellenica il lasciapassare sanitario è necessario per le attività al chiuso dal 13 settembre e per viaggiare sui treni a lunga percorrenza. I lavoratori invece possono scegliere di vaccinarsi o, in alternativa alla vaccinazione, questi devono effettuare due tamponi a settimana, a proprie spese. Anche nelle scuole e nelle università e in settori turistici è sempre obbligatorio il test negativo. L’obbligo vaccinale è in vigore per operatori sanitari e dipendenti della Rsa.

[di Francesca Naima]

Yemen, scontri armati: almeno 50 morti

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Si contano almeno cinquanta vittime tra i ribelli e i soldati filo-governativi dopo gli scontri avvenuti nelle ultime ore nello Yemen centrale. I violenti scontri armati hanno coinvolto le forze governative lealiste filo-saudite e i ribelli Houthi; questi ultimi – che già controllano la capitale dello Yemen, Sana’a, da ben sette anni – hanno il sostegno dell’Iran e dopo le vittorie delle ultime settimane si stanno muovendo per prendere il controllo della città strategica di Ma’rib, nel Nord del Paese.

Singapore: laboratorio mondiale di controllo e sorveglianza

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singapore

Alla fine del Settecento, il giurista britannico Jeremy Bentham si era ritagliato del tempo per progettare un'architettura di sorveglianza carceraria che fosse pienamente in linea con la vena utilitarista di cui si è successivamente fatto portavoce: il panopticon. L’idea era fondamentalmente quella di erigere una torre di monitoraggio al centro di una cerchia di celle; avendo l’accortezza di nascondere alla vista i punti di osservazione messi a disposizione dei secondini, i galeotti sarebbero sprofondati nel dubbio di essere perennemente sorvegliati.
La città-stato di Singapore non è costruita...

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La ricerca sulla carne sintetica avanza: creato il primo filetto di Kobe in laboratorio

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L’innovativo mondo della carne coltivata in laboratorio – carne non ottenuta con la macellazione – sta continuando a muovere i propri passi: un gruppo di studiosi dell’Università di Osaka è riuscito a ottenere il primo filetto di manzo Kobe sintetico. Grazie alla tecnologia della stampa 3D, gli scienziati sono riusciti a riprodurre un taglio pregiato e costoso con tanto di muscoli, grasso e vasi sanguigni. Un esperimento andato a buon fine e, secondo i ricercatori, un ulteriore passo verso il superamento della macellazione come metodo per ottenere carne.

Gli scienziati hanno prelevato delle cellule staminali dalla carne di manzo Wagyu, una razza bovina allevata solo in Giappone – da cui si ottiene anche il filetto Kobe – molto apprezzata  per la marezzatura, ovvero la distribuzione del grasso all’interno del tessuto muscolare. Un particolare che ha reso l’esperimento giapponese ancora più complicato in quanto, nella carne sintetica, le fibre muscolari non riproducono la complessa struttura di quella naturale. Il team di esperti, però, ha superato l’ostacolo prelevando delle cellule staminali e incubandole. Successivamente, dopo averle trasformate in cellule muscolari e grasse, le ha disposte seguendo la struttura del famoso taglio di carne per poi stamparle attraverso la tecnologia 3D.

La carne sintetica sta ormai prendendo piede per via della forte sensibilizzazione all’ambiente e alla salute umana. Si può dire che il 2020 sia stato l’anno dell’ascesa di questo alimento grazie a Singapore, il primo paese al mondo ad aver dato il via alla sua vendita. Oggi, con il continuo miglioramento della tecnologia, soprattutto il perfezionamento della biostampa, sarà possibile non solo riprodurre complesse strutture di carne, ma anche personalizzare i tagli, creando bistecche sintetiche più o meno grasse per adattarle al gusto e allo stato di salute del consumatore. Per ora i prezzi di ogni singolo pezzo sono irragionevoli e per imporla sul mercato, una volta che la tecnologia sarà perfezionata e la produzione di scala renderà i prezzi concorrenziali, ci sarà da vincere la prevedibile ritrosia dei consumatori. Ostacoli che molti prevedono possano essere superati, come testimonia la crescita di investimenti sul settore.

[di Eugenia Greco]

Macron: le forze francesi uccidono capo jihadista

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Le forze francesi hanno ucciso il leader dell’organizzazione dello Stato Islamico nel Grande Sahara (Eigs), Adnan Abou Walid al-Sahrawi. È stato il presidente Emmanuel Macron ad annunciare la morte del capo del gruppo jihadista, considerato responsabile della maggior parte degli attentati che hanno avuto luogo tra Mali, Niger e Burkina Faso, zona delle “tre frontiere”. Dopo decine di assalti da parte del leader jihadista, gli Stati Uniti, nel 2019, avevano offerto una taglia di 5 milioni di dollari per chiunque avesse informazioni su Adnan Abou Walid al-Sahrawi.

Green Pass: ok del Senato, il dl diventa legge

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Il cosiddetto dl Green Pass, con il quale ad agosto è stato introdotto l’obbligo di munirsi del lasciapassare sanitario per accedere, tra l’altro, ai ristoranti al chiuso, alle competizioni sportive, alle mostre, ai musei, alle piscine e alle palestre, ha ricevuto l’ok anche da parte del Senato. La fiducia posta dal governo ha infatti ottenuto 189 voti favorevoli, 32 contrari e 2 astensioni. Il decreto, che prevede anche la proroga dello stato di emergenza nazionale al 31 dicembre 2021, diventa dunque legge.

Usa, terremoto alla FDA: dirigenti lasciano contro l’approvazione della terza dose vaccinale

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La FDA, l’organo statunitense che regola i prodotti farmaceutici, si era vista recapitare il mese scorso le dimissioni di due dei suoi legislatori, la dottoressa Marion Gruber e il dottor Philip Krause. Da subito un articolo del New York Times aveva ipotizzato che alla base della decisione ci fosse la contrarietà all’approvazione della dose di richiamo del vaccino anti-Covid, giudicata senza basi scientifiche. Una ipotesi che oggi diventa certezza, dato che il duo ha partecipato alla scrittura di un articolo, firmato anche da altri 16 ricercatori internazionali e pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet, che spiega come il rapporto rischi-benefici relativo al richiamo vaccinale per il Covid sia troppo ambiguo per giustificarne la somministrazione nella popolazione generale.

In tal senso, bisogna ricordare la posizione da parte dell’amministrazione del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, riguardo l’iniezione dei cosiddetti “booster”: in pratica, la volontà è quella di far sì che questi ultimi siano messi a disposizione degli americani a partire dal 20 settembre. Si tratta di un obiettivo fissato però prima che gli scienziati federali potessero esaminare i dati ed esprimersi in merito, motivo per cui, nonostante i funzionari abbiano ribadito che la somministrazione non sarebbe comunque iniziata senza l’autorizzazione delle agenzie sanitarie statunitensi, l’ipotesi che i due legislatori si siano dimessi a causa dei condizionamenti, o come affermato dal New York Times delle “pressioni” nei loro confronti, non sembra priva di fondamento.

Seppur i due dirigenti non abbiano partecipato alla stesura dell’articolo con l’intento ufficiale di motivare le loro dimissioni, il fatto che esso sia stato pubblicato a distanza di poche settimane dal “terremoto” generato all’interno della FDA e che sia incentrato sulle criticità relative ad una eventuale terza dose vaccinale, induce a pensare che quanto sostenuto dal New York Times possa corrispondere al vero. Al suo interno, infatti, si legge che i booster potrebbero essere utili esclusivamente per gli individui che con la vaccinazione primaria potrebbero non essere stati protetti adeguatamente, ad esempio gli immunocompromessi. Tuttavia, «le persone che non hanno risposto correttamente alla vaccinazione primaria potrebbero farlo anche in seguito ad un richiamo» e inoltre al momento «non è noto se tali individui immunocompromessi riceverebbero maggiori benefici da una dose aggiuntiva dello stesso vaccino o di un vaccino diverso».

Venendo poi alla popolazione generale, i ricercatori sottolineano come nessuno dei dati sui vaccini anti Covid per ora fornisca prove credibili a sostegno di una terza dose per essa. A tal proposito, riguardo la sua necessità, questi ultimi ricordano che vi sono «studi osservazionali che hanno tentato di valutare gli effetti del vaccino su particolari varianti o la durata della sua efficacia» ma che una parte degli stessi non è stata sottoposta a revisione paritaria ed è perciò «probabile che alcuni dettagli siano errati in modo importante». Ad ogni modo, però, mettendo insieme le diverse ricerche sull’efficacia del vaccino, esso «sembra essere sostanzialmente protettivo nei confronti delle malattie gravi provocate da tutte le principali varianti virali».

I ricercatori, poi, precisano che «i benefici della vaccinazione primaria contro il COVID-19 superano chiaramente i rischi», tuttavia ciò non toglie che «potrebbero esserci dei rischi con i richiami, nello specifico se essi dovessero essere introdotti troppo presto o troppo frequentemente». Ciò in quanto si parla comunque di «vaccini che possono avere effetti collaterali come la miocardite o la sindrome di Guillain-Barre».

Dunque per tutti questi motivi – e qui sembra esservi un riferimento alla posizione dell’amministrazione Biden – «il messaggio che il potenziamento potrebbe presto essere necessario, se non giustificato da dati e analisi robusti, potrebbe influire negativamente sulla fiducia nei confronti dei vaccini». Inoltre, concludono gli scienziati, la scelta di dare il via libera ad una terza dose è sicuramente una di quelle «decisioni ad alto rischio che dovrebbero essere basate su dati sottoposti a revisione paritaria e disponibili al pubblico, nonché su solide discussioni scientifiche internazionali».

E tornando ad essa, infine, va ricordato che nonostante tutto ciò una commissione di consulenti della Fda si riunirà nella giornata di venerdì per esaminare i dati a disposizione relativi alla terza dose del vaccino Pfizer in tutti gli individui di età pari o superiore a 16 anni. Nel caso in cui, però, il booster dovesse ricevere il via libera, non potranno che sorgere dubbi essendo, come affermato nell’articolo pubblicato su The Lancet, svariate le ragioni per cui sarebbe preferibile non prendere decisioni affrettate in merito.

[di Raffaele De Luca]