giovedì 18 Settembre 2025
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2,4 milioni per 500mq di cyber spazio: il Metaverso e la corsa all’oro digitale

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Lontano dallo sguardo dei più, si sta tenendo una corsa all’oro in salsa digitale: da che Facebook – ormai Meta – ha annunciato di voler puntare tutto sul cosiddetto Metaverse, lo spazio virtuale è divenuto un vero e proprio Klondike in cui gli investitori accorrono per ottenere il possesso di risorse confidando che queste possano un giorno fruttare grandi ritorni economici.

Si tratta di un approccio al virtuale che è ormai consolidato da tempo, ma la cui portata si sta ingigantendo man mano che la febbre per il digitale si impossessa dell’immaginario pubblico. Lo dimostrano i dati pubblicati da DappRadar, portale che arriva a stimare che nella scorsa settimana il mercato dei terreni virtuali abbia smosso qualcosa come 100 milioni di dollari sui soli The Sandbox, Decentraland, CryptoVoxels e Somnium Space.

Non stiamo parlando necessariamente di piccoli investitori in ricerca di facili guadagni. Tra chi mette le mani sui terreni “meta” compaiono infatti vere e proprie agenzie immobiliari virtuali che acquistano lotti di dimensioni notevoli nell’ottica di scommettere su un loro aumento di valore nel prossimo futuro. Un esempio di questa tendenza ci viene fornito dal The Metaverse Group, una società che nell’ultimo periodo ha riscattato 500 metri quadrati digitali sulla già citata piattaforma virtuale Decentraland, una transazione che da sola ha mosso 2,43 milioni di dollari.

L’idea che uno spazio online – pertanto potenzialmente privo di confini – sia suddiviso e ceduto in sezioni geografiche la dice lunga sulla nostra scarsa capacità di adattamento informatico, tuttavia proprio questa iperbanalizzazione delle risorse internettiane riesce a fare facilmente breccia nella fantasia di coloro che confidano di diventare dei latifondisti 4.0, soprattutto in un’era in cui Meta, Microsoft e Nike hanno esplicitamente annunciato che il metaverse sia il futuro.

Sostenere che il fenomeno sia unicamente condizionato da fattori finanziari sarebbe tuttavia riduttivo. In molti casi l’assalto agli ettari digitali è condizionato da una forma di disillusione nei confronti delle possibilità offerte dal mondo fattuale, in altri ancora manifesta un più concreto desiderio di autoaffermazione, se non di autodeterminazione individualista. Earth 2, per esempio, cavalca la moda dei NFT suddividendo l’intero globo in lotti che acquisiscono un qualche valore monetario solamente quando processati nel mercato interno, cosa che a sua volta promuove uno schema piramidale in cui i primi investitori sono pronti a fare di tutto per promuovere il successo del progetto nell’ottica di preservare una posizione elitaria.

Ancora più eclatante è l’esempio di Chronicles of Elyria, videogame medievaleggiante online finanziato tramite crowdfunding che, considerando la piega che sta prendendo il suo sviluppo, probabilmente non verrà mai realizzato. In questo caso il ritorno economico offerto agli utenti era nullo sin da subito, tuttavia molteplici persone hanno offerto agli sviluppatori decine di migliaia di dollari per avere il privilegio di riscattare terreni e regni, nonché un titolo nobiliare da poter esibire nel loro dominio digitale. Un vezzo puramente ludico e sociale.

Se voleste ad ogni modo approcciarvi alla speculazione in salsa metaverse, non possiamo che girarvi la raccomandazione che riecheggia sul web: non investite più di quanto non siate disposti a perdere. Pur glissando sulle insidie proprie al mercato delle criptovalute, il metaverse è tutto meno che definito, diverse aziende stanno lottando per imporre la dominanza di un format che vada a plasmare una realtà che è correntemente ineffabile. Gli esorbitanti ritorni sono quindi condizionati dall’alto rischio dell’investimento e ci sono concrete possibilità che molti scommettitori finiscano con il vivere sulla propria pelle l’esperienza patita dai produttori di LaserDisc negli anni Ottanta, quando il formato VHS ha conquistato il mondo.

[di Walter Ferri]

Hacker attaccano funzionari Dipartimento di Stato USA con spyware israeliano

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Uno spyware sviluppato dal gruppo NSO, che ha sede in Israele, avrebbe violato gli iPhone di nove dipendenti del Dipartimento di Stato americano. Ne dà notizia Reuters. I funzionari si trovavano tutti a lavorare in Paesi dell’Africa Orientale. NSO ha comunicato che aprirà un’inchiesta, a seguito delle rivelazioni di Reuters, e che intraprenderà eventuali “azioni legali” nel caso in cui fosse confermato l’attacco da parte di uno dei propri clienti. NSO non è direttamente coinvolta in sistemi di sorveglianza, ma vende i propri prodotti alle forze dell’ordine e all’intelligence del governo israeliano.

Aria, acqua, terra, fuoco: per un’ecologia della mente

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I quattro elementi sono come i punti cardinali che insieme fissano le coordinate della vita, quella concreta e quella simbolica. Ognuno di essi riempie di sé il nostro habitat e veicola gesti, rituali, speciali energie, immaginari vertiginosi. La situazione attuale ci obbliga a pesanti timori per l’ambiente, a proiezioni sconsolanti: gli stessi inquinatori sono pronti a metterci in guardia e poi a rassicurarci, se faremo come dicono loro, cioè niente.

Ma è e sarà la forza simbolica ad avere la meglio, purché riesca a sopravvivere anche soltanto sotto traccia. Sarà la forza dell’acqua che scorre “humile e casta”, come diceva san Francesco, quella che percorre l’humus, la terra, e si mantiene pura.

Noi però pensiamo agli uragani e alle catastrofi ma non proteggiamo le sorgenti. Sarà l’energia dell’aria che muove le pale eoliche, che sradica le piante o quella che il poeta cantava con “Zefiro torna e il bel tempo rimena”? Quale terra sarà, quella che seppellisce gli inermi o quella che fa crescere le piante? Quella che cotta produce arte ceramica o quella che ospita cementificazioni? Quale fuoco vedremo, il fuoco della passione, dell’ardore delle lotte, dei fuochi delle cucine o il fuoco devastante delle bombe? E ancora tu, aria, farai ancora volare, respirare, addensare le nubi? E tu, acqua, toglierai la sete a chi patisce siccità secolari, sosterrai le barche nel loro andare, abiterai i nostri corpi?

Aria, acqua, terra, fuoco. La vostra è un’alleanza millenaria: evaporare, bagnare, spegnere, salpare, innalzare, alimentare, scorrere sono metafore di alcuni vostri incroci. Parole del nostro lessico familiare. Espressioni che regolano più gli affetti che gli interessi, più le emozioni che la ragione, più l’intuito che il calcolo.

“Verso un’ecologia della mente” ? Sognava e temeva Gregory Bateson nel suo importante lavoro. È la mente l’ambiente da salvaguardare: diminuire le emissioni dannose, va bene, ma emancipare le menti, lasciarle libere di progettare, di immaginare prodigiosi incontri, è indispensabile. Non reprimere gli errori, non militarizzare il consenso.

Le menti sono esseri viventi che puntano all’entropia, al disordine, frenate a mala pena dalle regole dell’economia e del diritto, vogliono arte, armonie nuove, amano i paradossi. Spengono i fuochi quando fa freddo, bevono vino anche se non hanno sete, sperimentano il vento per cercare la quiete, volano per rischiare nuovi atterraggi. Ecologia è allora inventare spazi, sfidare le Colonne d’Ercole del sapere acquisito, tendere la mano per primi, abbozzare un sorriso verso chi ti è nemico, inventare dialoghi con chi è sordo. Mantenere adattamento e apprendimento in un circolo virtuoso. Rendere problematiche le banalità e banalizzare i problemi. Organizzare, cioè misurare  quanto potere è davvero possibile. Andare fuori tema, essere sconcertanti con chi ti vuole convincere. Insegnare, cioè mandare segnali.

Aria: la testa tra le nuvole. Acqua: navigare a vista. Terra: andare in profondità. Fuoco: bruciare le tappe.

[di Gian Paolo Caprettini – semiologo, critico televisivo, accademico]

Sui migranti il democratico Biden ha deciso di riattivare le politiche di Trump

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Il presidente Joe Biden e la sua amministrazione hanno annunciato giovedì di aver riattivato il programma sull’immigrazione chiamato Migrant Protection Protocols, meglio noto come “Remain in Mexico”. La sua attuazione aveva già fatto discutere all’epoca di Trump, che l’aveva fortemente voluto. Il suo ripristino è scaturito dopo una sentenza emessa dalla Corte Suprema lo scorso agosto e che prevede, in sostanza, che i migranti rimangano lì dove sono. Cioè in Messico. Secondo l’organo di giudizio il presidente aveva deciso di interrompere il programma incautamente, agendo in maniera “arbitraria e ingiustificata”. Joe Biden, in un certo senso, ripropone su questo fronte le tracce del suo predecessore, pur avendo sottolineato più volte l’intento di scostarsene il più possibile. La differenza sostanziale è che nessuno ora a livello globale se ne preoccupa più di tanto, e pure dai salotti europei non si leva certo l’indignazione che circondava le politiche trumpiane. Sarà che anche il Vecchio Continente sta lasciando che vengano adottate politiche non molto diverse al confine tra Bielorussia e Polonia.

Cosa cambierà, quindi, per chi prova ad attraversare il confine e arrivare negli USA? L’amministrazione di Biden ha stipulato un accordo che prevede che i richiedenti asilo “rimangano in Messico”, come recita il nome del programma, in attesa che la loro domanda venga valutata dalle autorità competenti. Chi prova comunque a tentare la sorte, viene rimandato indietro.

All’inizio del 2021 e del suo insediamento Biden aveva immediatamente sospeso il programma, che Trump aveva invece introdotto nel 2019. A suo dire continuare a sostenere tale normativa significava appoggiare una politica fatta di maltrattamenti, pessime condizioni di vita e violenze ai danni di tutti quei migranti costretti nei campi profughi messicani. Il neo presidente aveva infatti definito il programma “inumano”.

L’amministrazione Biden ha comunque presentato un nuovo ricorso a una Corte d’Appello di New Orleans, ma in attesa di un nuovo responso ha dovuto necessariamente ripristinare il programma. La nuova attuazione comincerà da lunedì nelle città di confine di San Diego, Laredo, Brownsville ed El Paso.

Durante il suo insediamento e prima ancora, per tutta la campagna elettorale, Biden aveva assicurato di volersi immediatamente occupare della situazione della frontiera per risollevare la sorte di migliaia di migranti e garantire loro un futuro migliore. Ma a quasi un anno dall’insediamento il problema immigrazione resta ancora un grosso grattacapo a cui far fronte. Secondo alcune stime si direbbe addirittura che in numeri siano peggiorati, di molto, nonostante Biden abbia interrotto la costruzione del muro di protezione ai confini con il Messico, cominciata da Trump.

Secondo i dati riportati da Agi e provenienti dalla Border Patrol, sono 557 i migranti morti dall’inizio del 2021 al 30 settembre, al confine fra Stati Uniti e Messico. In sintesi, ci sono 254 decessi in più rispetto al 2020 e 300 rispetto al 2019. I migranti sono morti spesso proprio lungo il confine durante l’attraversamento, a volte a causa anche della criminalità che tenta di approfittare della situazione, abusando di loro. I trafficanti abbandonano le persone in aree molto pericolose, dove solitamente i soccorsi sono costretti ad intervenire per metter in salvo quante più vite possibili. Infatti nel 2021 gli interventi in questo senso sono praticamente raddoppiati: 12.854 persone salvate, contro le 5.335 del 2019.

[di Gloria Ferrari]

Facebook, scoperti account falsi creati da KGB bielorusso

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Il KGB (Comitato per la sicurezza di Stato) bielorusso avrebbe creato degli account Facebook e Instagram falsi, con l’obiettivo di mettere in atto una campagna di disinformazione e critica nei confronti della gestione polacca della crisi migratoria. Ad annunciarlo è Meta, l’impresa che raccoglie sotto di sè Facebook, Instagram, Whatsapp e Messenger. Tramite gli account erano diffusi post in polacco, curdo e inglese, con annesse foto e video, che accusavano le autorità polacche di perpetrare crimini contro i diritti umani nel contesto dell’attuale crisi migratoria. Secondo le testimonianze dei migranti raccolte dal Washington Post, tuttavia, sarebbero state proprio le forze militari bielorusse le prime ad usare la violenza nel momento in cui i richiedenti asilo non fossero riusciti a superare la frontiera.

Sudafrica, movimenti fanno causa alla Shell ma il giudice dà ragione all’azienda

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La multinazionale petrolifera Shell, in Sudafrica, ha intenzione di cercare petrolio mediante le cosiddette prospezioni geosismiche, ovvero, generare onde sismiche per analizzare i fondali. Una pratica comune che, dato il periodo programmato, rischia però di interferire con la riproduzione delle balene. Per questo motivo, mercoledì scorso, quattro Ong si sono appellate al tribunale per tentare di bloccare, all’ultimo minuto, l’avvio delle operazioni. Ma, oggi, una sentenza dell’Alta Corte sudafricana ha respinto l’appello degli ambientalisti e stabilito che la multinazionale potrà dare avvio alle prospezioni.

Identificare potenziali giacimenti petroliferi mediante la propagazione di onde sismiche, e la successiva registrazione dell’eco da queste generata, non è cosa nuova. Così come non lo è anche l’impatto sulla fauna marina che ne deriva. Da decenni ormai, diversi studi scientifici hanno infatti appurato severi danni a pesci e mammiferi come disorientamento, aumento dei livelli di stress e problemi all’udito. Per questo motivo sono stati adottati dei protocolli finalizzati a minimizzare gli effetti negativi sulla già ampiamente minacciata vita marina. Protocolli che la stessa Shell afferma di rispettare. Tuttavia, in questo caso, è il periodo a fare da aggravante. Proprio tra giugno e dicembre, infatti, le balene franche australi (Eubalaena australis) e le megattere (Megaptera novaeangliae) migrano verso il Sudafrica per riprodursi e tornare poi verso l’Antartide. Il timore quindi è che le operazioni della multinazionale possano interferire con questi delicati processi biologici, specie considerando – come è stato dimostratoche le prospezioni geosismiche sono in grado di alterare la fondamentale comunicazione acustica tra cetacei. Generare onde analoghe a quelle dei terremoti, difatti, comporta l’inevitabile propagazione di suoni, spesso anche molto intensi, che di rado sono esenti da ripercussioni sulla fauna. Senza contare il prezioso ecosistema su cui queste andranno ad agire: l’ambiente marino relativamente intatto della Wild Coast che, oltre a balene, ospita delfini, foche e, in generale, un’elevata biodiversità.

Frenare il riscaldamento globale significa interrompere già da subito l’uso di combustibili fossili, figuriamoci quanto sia opportuno cercarne di nuovi. Il progetto della Royal Dutch Shell, approvato nel 2014 dal governo sudafricano, conferma quindi la noncuranza ambientale delle grandi industrie, oltreché una certa negligenza politica. Gli avvocati dei movimenti ricorrenti hanno sostenuto che la campagna di esplorazione della Shell poggiasse su «un’azione amministrativa ingiusta, poiché approvata, 8 anni fa, sulla base di un processo obsoleto oggi sostituito da protezioni ambientali più forti». Tuttavia, la Corte ha ritenuto che i ricorrenti «non sono riusciti a dimostrare l’esistenza di un ragionevole rischio di danno irreparabile», pronunciandosi così a favore della società fossile anche a causa dei costi finanziari di un eventuale ritardo nelle operazioni. Sia mai che una multinazionale petrolifera, da un fatturato di oltre 180 miliardi di dollari, ci rimetta economicamente. Quindi: avanti tutta!

[di Simone Valeri]

 

Belgio: Tribunale dichiara illegittimo l’uso del Green pass

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Il Tribunale di primo grado di Namur ha accertato, in rito sommario, l’illegalità dell’uso del Covid Safe Ticket (CST) in Vallonia. Lo ha reso noto martedì l’associazione per la difesa dei diritti e delle libertà fondamentali “Le Notre Bon Droit”, all’origine dell’azione. La Regione belga, che non si è presentata all’udienza, è stata condannata a ritirare le disposizioni in vigore entro 7 giorni. Pena una multa da 5.000 euro per ogni giorno di ritardo dalla data di notifica dell’ordine. Tuttavia il certificato Covid non scomparirà. Il Governo vallone infatti, ha annunciato il ricorso e per questo motivo l’obbligo di esibirlo resterà fino a sentenza definitiva. 

Il tribunale ha constatato la presenza di problemi di legalità, tra cui la contrarietà del CTS al diritto europeo e al diritto alla protezione dei dati personali. I giudici hanno rilevato inoltre, che queste norme violano il principio di proporzionalità delle misure restrittive della libertà e degli obiettivi perseguiti; poiché non è stato dimostrato, che il Greenpass sia l’unica alternativa ad un nuovo Lockdown.

In Belgio e in particolare in Vallonia, il Covid Safe Ticket è necessario per andare al ristorante, al bar e nei luoghi al chiuso. Tuttavia le iniziative dei cittadini e delle associazioni si stanno moltiplicando nel Paese: un’azione analoga contro il Greenpass di Bruxelles è stata presentata al tribunale di primo grado della capitale e sarà discussa il prossimo 8 dicembre.

[di Iris Paganessi]

Allied Democratic Forces: il gruppo islamico che sta destabilizzando Congo e Uganda

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Si intensificano le operazioni militari iniziate il 30 novembre da parte dei governi di Uganda e Repubblica Democratica del Congo (RDC) nelle province di Ituri e Nord Kivu e nelle aree di confine. Queste operazioni nascono per porre un freno ai continui attacchi ai civili da parte dei miliziani delle Allied Democratic Forces (ADF). Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, ci sono circa un milione di sfollati nella RDC la meta dei quali ha richiesto asilo in Uganda. Anche se probabilmente la causa principale che ha dato il via a queste operazioni militari è riconducibile alla serie di recenti attacchi terroristici in territorio ugandese: l’ultimo occorso nella capitale Kampala il 16 novembre scorso, ha causato 7 morti e dozzine di feriti. 

Le ADF, considerate alleate dello Stato Islamico (IS) e inserite nella lista dei gruppi terroristici da parte degli Stati Uniti, sono il gruppo armato più attivo e letale che opera nelle provincie orientali della RDC. Negli anni hanno inoltre sviluppato significativi interessi economici, traffico di legname, agricoltura, l’estrazione dell’oro e di altri minerali comunemente utilizzati nella produzione di dispositivi elettronici come stagno, tungsteno e tantalio. Queste attività non solo hanno profondamente radicato l’ADF in più ampie dinamiche politiche ed economiche nell’area, come il controllo del mercato nero e i sistemi clientelari, ma hanno anche generato entrate e creato interessi economici che paiono separati dai suoi obiettivi politici in Uganda. Il gruppo nacque infatti in Uganda nel 1995 dall’unione di gruppi ribelli – tra cui l’Uganda Muslim Liberation Army e l’Esercito Nazionale per la Liberazione dell’Uganda (NALU) – per rovesciare il governo di Yoweri Museveni (in carica dal 1986). 

Le Allied Democratic Forces in oltre 20 anni di attività sono state responsabili di numerosi attacchi alle forze militari ugandesi e della RDC, nonché di svariati crimini ai danni della popolazione civile, numerose sono le segnalazioni di rapimento e reclutamento di bambini per farne dei soldati. Secondo la chiesa cattolica della RDC questo gruppo armato sarebbe responsabile di oltre 6.000 morti dal 2013 ad oggi. Mentre per il Kivu Security Tracker, progetto che monitora le attività dei gruppi armati nelle provincie orientali della RDC, dal 2017 sarebbero avvenuti più di 13.000 uccisioni e oltre 7000 rapimenti. Le regioni di Ituri e Nord Kivu, ricoperte per ampie parti da una folta giungla, sono diventate negli anni “terra di nessuno” in cui diversi gruppi armati e criminali hanno creato basi e rifugi, per arricchirsi grazie all’estrazione illegale di minerali e al contrabbando. 

Nel febbraio 2021, nel villaggio di Kibumba, Nord Kivu, mentre viaggiavano in un convoglio di due veicoli del Programma Alimentare Mondiale (World Food Programme) vennero rapiti e poi uccisi l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, il carabiniere che lo scortava Vittorio Iacovacci e il loro autista Mustapha Milambo. Un caso che ancora oggi rimane pieno di zone d’ombra irrisolte

[di Enrico Phelipon]

L’attivista No Tav Emilio Scalzo sarà estradato in Francia

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Emilio Scalzo, pensionato di 66 anni e attivista NoTav, è stato portato nel carcere Le Vallette di Torino e verrà estradato questa mattina in Francia. Contro di lui è stato emesso un mandato di cattura internazionale dopo la presunta aggressione ai danni di un gendarme francese nel contesto di una protesta No Border di solidarietà ai migranti che cercano di attraversare il confine italo-francese. Scalzo, inizialmente condannato ai domiciliari, è stato tradotto in carcere perchè il comportamento degli attivisti solidali potrebbe pregiudicare la possibilità di estradizione. Una decisione controversa, dal momento che non dipende da un comportamento tenuto da Scalzo, e che rende doverosa una riflessione sui modi di agire della giustizia, a pochi giorni dalla vicenda di Nicoletta Dosio.

Emilio Scalzo è un attivista NoTav molto conosciuto nella Val di Susa. Nato in Sicilia e trasferitosi in Piemonte molto giovane, è da sempre un fervente militante del movimento NoTav. Il 15 maggio 2021, nel contesto di una manifestazione pacifica No Border che esprimeva solidarietà nei confronti dei migranti che ogni anno muoiono o vengono arrestati mentre cercano di attraversare la frontiera tra Italia e Francia, Scalzo è stato arrestato con l’accusa di aver aggredito un gendarme. La Francia ha richiesto la consegna di Scalzo come misura cautelare: il processo non è infatti ancora iniziato e l’attivista non ha ancora avuto modo di esporre la propria versione dei fatti. Inizialmente detenuto presso il carcere Le Vallette di Torino, a Scalzo erano stati poi concessi gli arresti domiciliari il 23 settembre.

Nella mattinata del 1° dicembre, poco dopo la visita dell’artista Zerocalcare che da tempo sostiene la causa di Scalzo, le Forze dell’Ordine lo hanno prelevato dalla propria abitazione e tradotto nuovamente in carcere. Tra i motivi addotti dalla Procura generale del Piemonte vi sarebbe il fatto che il presidio di sostenitori NoTav presente all’esterno della casa di Scalzo avrebbe potuto complicare l’estradizione. Una soluzione che, se confermata, odora di iniquità, in quanto non determinata in prima istanza da un comportamento di Scalzo.

Emilio attendeva l’arresto «per una cosa della quale tutti si riempiono la bocca, la solidarietà dei migranti al confine: Emilio questa cosa l’ha praticata» ha affermato Zerocalcare, nel corso del loro incontro. Ma ancora una volta, la mano della giustizia colpisce forte chi ha il coraggio di lottare per un ideale.

[di Valeria Casolaro]

 

Le scuole italiane cadono a pezzi addosso agli studenti

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Crolli scuola

Ci sono molte cose su cui l’Italia deve ancora lavorare, ma ce n’è una, in particolare, su cui è talmente indietro che si fa fatica a intravedere qualche margine di miglioramento: la sicurezza nelle scuole. Intonaco che cede, finestre rotte, muri che non reggono: quello della scarsa sicurezza nelle scuole è un problema da affrontare con estrema urgenza e che riguarda tutto il Paese. Dal liceo Boggio Lera di Catania, dove il 10 novembre è crollato il tetto a causa delle abbondanti piogge, alla palestra della scuola media Staffetti di Massa, che ha subito la stessa sorte. Da Rodigo, in provincia...

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