giovedì 28 Marzo 2024

La resistenza dei popoli indigeni contribuisce anche a salvare il Pianeta

I moti di resistenza guidati dalle popolazioni indigene sono salvifici per l’ambiente. Lo si specifica nel recente rapporto Indigenous Resistance Against Carbon di Indigenous Environmental Network (IEN) e Oil Change International (OCI): basti pensare che negli ultimi dieci anni, le lotte da parte degli indigeni contro ventuno diversi progetti di combustibili fossili negli Stai Uniti e in Canada, hanno fatto la differenza. La quantità di emissioni di gas serra ritardata o del tutto fermata grazie alla resistenza voluta e portata avanti dagli indigeni è infatti equivalente ad almeno un quarto delle emissioni totali annue degli Stati Uniti e del Canada.

Una lotta che riguarda il bene di tutti

Nonostante i violenti tentativi volti a contrastare l’azione degli indigeni – dall’incarcerazioni di manifestanti pacifici a ingenti multe, alla promulgazione di leggi anti-protesta fino all’uccisione di attivisti – questi ultimi hanno portato avanti la loro battaglia anche e soprattutto impedendo fisicamente alcuni lavori per progetti già approvati e avviati. Progetti, ovviamente, molto redditizi – motivo per cui spesso le compagnie petrolifere sono arrivate a ingaggiare dei vigilantes privati, i quali hanno compiuto svariate violenze – che avrebbero portato fino a 780 milioni di tonnellate di gas serra all’anno.

Il rapporto sopracitato vuole evidenziare quanto realmente positivo e particolarmente tangibile sia il risultato che deriva dall’impegno continuo dei popoli indigeni contro i devastanti progetti di combustibili fossili, e non solo. Quello delle popolazioni indigene – e di chi appoggia queste ultime – è un impegno quotidiano da parte di chi dedica la propria vita a difendere il Pianeta. Contro coloro intenti a distruggere il mondo con l’estrazione, la risposta degli attivisti è sempre molto decisa ma non violenta; c’è stata, però, una vera e propria demonizzazione degli attivisti, senza che ci siano basi reali. Come dimostra il rapporto redatto da Dallas Goldtooth e Alberto Saldamando (leader, rispettivamente, di IEN e OCI), le diverse battaglie avvenute non hanno fatto altro che del bene al mondo e rappresentano un reale contrasto alla devastazione ambientale in atto: con i dati raccolti analizzando nove diversi gruppi di regolamentazione ambientale e petrolifera, sono state fermate 1.587 miliardi di tonnellate di emissioni annuali di gas serra, nonché l’equivalente delle emissioni di circa 400 nuove centrali elettriche a carbone (un dato che dovrebbe far riflettere, considerando che recentemente il buco dell’ozono ha raggiunto una delle estensioni più grandi e profonde degli ultimi anni, pari per dimensione al territorio dell’Antartide).

“Difensori della Madre terra”

Non solo, l’importante resistenza indigena sta avendo – e ha avuto – un essenziale impatto sociale e politico. Oltre al fatto di quanto le proteste abbiano seriamente contribuito all’intensificazione del dibattito sui combustibili fossili, la battaglia per contrastare la crisi climatica è di matrice polisemica: è anche un flusso naturale volto a contrastare l’attuale società dei consumi schiava dell’avere e combattere i sistemi coloniali e neocoloniali.

Anche se continuano le razzie e le ingiustizie nei confronti degli indigeni, il ruolo che essi riescono ad avere come “difensori della Madre Terra” è reale e di grande importanza: lo dimostra anche un recente rapporto della Fao, dal quale si evince quanto le popolazioni indigene lasciate vivere liberamente abbiano letteralmente salvato le sorti delle foreste. Dove sono presenti le popolazioni indigene, le foreste si sono conservate in maniera eccellente rispetto al resto dei territori in cui gli indigeni non riescono a condurre la propria esistenza liberamente. Ovviamente, le grandi multinazionali e le aziende in generale sono ben coscienti di come le popolazioni indigene siano un vero e proprio “antidoto” per la devastazione ambientale. Non è dunque un caso se si continua a contrastare in più modi e a più livelli un modo di vivere naturale che – come dimostrato – aiuta a salvare il Pianeta. Come il caso del parlamento indonesiano, il quale non ha approvato un importante disegno di legge sui diritti degli indigeni, già ritardato da tempo. Il motivo è sempre relativo a interessi commerciali – dove gli stessi legislatori svolgono attività legate alle industrie estrattive – che verrebbero compromessi se ci fosse il riconoscimento dei diritti alla terra degli indigeni.

[di Francesca Naima]

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