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La resistenza dei popoli indigeni contribuisce anche a salvare il Pianeta

I moti di resistenza guidati dalle popolazioni indigene sono salvifici per l’ambiente. Lo si specifica nel recente rapporto [1] Indigenous Resistance Against Carbon di Indigenous Environmental Network (IEN [2]) e Oil Change International (OCI [3]): basti pensare che negli ultimi dieci anni, le lotte da parte degli indigeni contro ventuno diversi progetti di combustibili fossili negli Stai Uniti e in Canada, hanno fatto la differenza. La quantità di emissioni di gas serra ritardata o del tutto fermata grazie alla resistenza voluta e portata avanti dagli indigeni è infatti equivalente ad almeno un quarto delle emissioni totali annue degli Stati Uniti e del Canada.

Una lotta che riguarda il bene di tutti

Nonostante i violenti tentativi volti a contrastare l’azione degli indigeni – dall’incarcerazioni di manifestanti pacifici a ingenti multe, alla promulgazione di leggi anti-protesta fino all’uccisione di attivisti – questi ultimi hanno portato avanti la loro battaglia anche e soprattutto impedendo fisicamente alcuni lavori per progetti già approvati e avviati. Progetti, ovviamente, molto redditizi – motivo per cui spesso le compagnie petrolifere sono arrivate a ingaggiare dei vigilantes privati, i quali hanno compiuto svariate violenze – che avrebbero portato fino a 780 milioni di tonnellate di gas serra all’anno.

Il rapporto sopracitato vuole evidenziare quanto realmente positivo e particolarmente tangibile sia il risultato che deriva dall’impegno continuo dei popoli indigeni contro i devastanti progetti di combustibili fossili, e non solo. Quello delle popolazioni indigene – e di chi appoggia queste ultime – è un impegno quotidiano da parte di chi dedica la propria vita a difendere il Pianeta. Contro coloro intenti a distruggere il mondo con l’estrazione, la risposta degli attivisti è sempre molto decisa [4] ma non violenta; c’è stata, però, una vera e propria demonizzazione degli attivisti, senza che ci siano basi reali. Come dimostra il rapporto redatto da Dallas Goldtooth e Alberto Saldamando (leader, rispettivamente, di IEN e OCI), le diverse battaglie avvenute non hanno fatto altro che del bene al mondo e rappresentano un reale contrasto alla devastazione ambientale in atto: con i dati raccolti analizzando nove diversi gruppi di regolamentazione ambientale e petrolifera, sono state fermate 1.587 miliardi di tonnellate di emissioni annuali di gas serra, nonché l’equivalente delle emissioni di circa 400 nuove centrali elettriche a carbone (un dato che dovrebbe far riflettere, considerando che recentemente il buco dell’ozono ha raggiunto una delle estensioni più grandi [5] e profonde degli ultimi anni, pari per dimensione al territorio dell’Antartide).

“Difensori della Madre terra”

Non solo, l’importante resistenza indigena sta avendo – e ha avuto – un essenziale impatto sociale e politico. Oltre al fatto di quanto le proteste abbiano seriamente contribuito all’intensificazione del dibattito sui combustibili fossili, la battaglia per contrastare la crisi climatica è di matrice polisemica: è anche un flusso naturale volto a contrastare l’attuale società dei consumi schiava dell’avere e combattere i sistemi coloniali e neocoloniali.

Anche se continuano le razzie e le ingiustizie [6] nei confronti degli indigeni, il ruolo che essi riescono ad avere come “difensori della Madre Terra” è reale e di grande importanza: lo dimostra anche un recente rapporto [7] della Fao, dal quale si evince quanto le popolazioni indigene lasciate vivere liberamente abbiano letteralmente salvato [8] le sorti delle foreste. Dove sono presenti le popolazioni indigene, le foreste si sono conservate in maniera eccellente rispetto al resto dei territori in cui gli indigeni non riescono a condurre la propria esistenza liberamente. Ovviamente, le grandi multinazionali e le aziende in generale sono ben coscienti di come le popolazioni indigene siano un vero e proprio “antidoto” per la devastazione ambientale. Non è dunque un caso se si continua a contrastare in più modi e a più livelli un modo di vivere naturale che – come dimostrato – aiuta a salvare il Pianeta. Come il caso del parlamento indonesiano, il quale non ha approvato un importante disegno di legge [9] sui diritti degli indigeni, già ritardato da tempo. Il motivo è sempre relativo a interessi commerciali – dove gli stessi legislatori svolgono attività legate alle industrie estrattive – che verrebbero compromessi se ci fosse il riconoscimento dei diritti alla terra degli indigeni.

[di Francesca Naima]