Giovedì 3 marzo la Georgia e la Moldavia hanno presentato ufficialmente la richiesta di adesione all’Unione europea, a una settimana dall’invasione russa dell’Ucraina. “Vogliamo vivere in pace, in prosperità, entrando a far parte di un mondo libero” ha affermato Maia Sandu, Presidente moldava, in linea con quanto detto qualche ora prima dal primo ministro Irakli Kobakhidze, leader del Georgian Dream: “Questa decisione, basata sul complessivo contesto politico attuale, aumenterebbe la sicurezza dei nostri cittadini”.
Il mare è in pericolo: l’impegno dei volontari di Sea Shepherd Italia
Il Mediterraneo è il mare più sovrasfruttato al mondo. L’allarme arriva dal rapporto biennale “Sofia” sullo stato di salute della pesca e dell’acquacoltura nel mondo, pubblicato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, la FAO : lo sfruttamento degli oceani è superiore alla possibilità biologica di rinnovamento, fenomeno che nella regione del Mediterraneo arriva al 75%. Nel corso degli ultimi cinquant’anni, il Mediterraneo ha perso il 41% di mammiferi marini e il 34% della quantità totale di pesce. Come se non bastasse il Mediterraneo ha una concentrazione di microplastiche tra le più alte al mondo: secondo i dati diffusi dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) sono 1,2 milioni le microplastiche per chilometro quadrato presenti in questo mare nel 2020.
In contrasto a questo triste scenario ecco i volontari della Fondazione Sea Shepherd Italia, impegnati su più fronti per dare una speranza e un futuro agli Oceani. Ma chi è Sea Shepherd? Costituita nel 1977, Sea Shepherd è un’organizzazione internazionale senza fini di lucro la cui missione è quella di fermare la distruzione dell’habitat naturale e il massacro delle specie selvatiche negli oceani nel mondo interno, al fine di conservare e proteggere l’ecosistema e le differenti specie. Quando si pensa a Sea Shepherd le immagini che salgono alla mente sono le navi che contrastano le baleniere Giapponesi nel lontano oceano Antartico, ma la realtà è che questa Organizzazione opera in tutti i mari, anche nel Mediterraneo. Sea Shepherd Italia infatti agisce dal 2010 a fianco delle Istituzioni – Guardia Costiera, Guardia di Finanza in primis – per vigilare, segnalare e contrastare le attività illegali che deturpano e depredano il nostro mare con delle missioni specifiche per il Mediterraneo: Operazione SISO, Operazione Siracusa, Anguilla Campaign, Jairo Med. Vediamole una ad una.
Operazione SISO: due navi, un gommone, un drone; tutti impegnati nella protezione del delicato ecosistema del Mar Tirreno dalla pesca illegale non documentata e non dichiarata. In contrasto particolarmente contro l’uso delle reti “spadare”, note per aver ucciso capidogli, tartarughe, tonni, pesci spada, squali e mammiferi marini fino alla loro messa al bando e verso l’uso indiscriminato dei FAD. I Fishing Aggregative Devices sono metodi di pesca illegali perché formati da un filo di plastica ancorato in fondo al mare – anche a profondità di 3000 metri – che tiene a galla in superficie degli ombreggianti in plastica, a volte ancora uniti alle tradizionali foglie di palma, dove si radunano i pesci, pescati poi dalle reti a circuizione. Solo nel 2021 in 7 mesi di Operazione, i volontari hanno liberato il Mediterraneo da 300 FAD corrispondenti a oltre 500 kilometri in meno di plastica in fondo al nostro mare e permesso di confiscare dalla Guardia Costiera oltre 15,8 km di reti derivanti illegali di tipo “Ferrettara”. «Siamo particolarmente orgogliosi della riuscita di Operazione SISO 2021» dichiara Andrea Morello, Presidente di Sea Shepherd Italia «poiché oltre ai risultati raggiunti, per il primo anno – a differenza degli scorsi anni – nessun Capodoglio è morto nel Tirreno a causa di queste reti.»
Operazione Siracusa: dal 2013 i volontari di Sea Shepherd pattugliano di notte e di giorno le coste dell’area marina protetta del Plemmiro, con l’intento di individuare, documentare e avvisare le forza dell’ordine preposte, al fine di cogliere sul fatto i pescatori di frodo. Inoltre i volontari ripuliscono l’area in cui agiscono, raccogliendo tutti i rifiuti che le persone abbandonano in mare e che, durante i temporali, questo riversa sulle coste. Giorno e notte, 30 volontari pattugliano 14 km di costa per avvisare tempestivamente le forze dell’ordine circa le azioni illegali che violano l’area protetta. «Nei primi anni ogni giorno c’era una segnalazione, una violazione, che sfociava o in una multa o nel sequestro delle attrezzature illegali, ad oggi grazie alla nostra presenza le violazioni sono diventate talmente rare da parlare addirittura di Effetto Sea Shepherd» commenta orgoglioso Morello. Un riassunto di quanto fatto nel 2021 lo si può vedere al video:
Anguilla Campaign: questa campagna punta i riflettori sulle anguille e sulle condizioni che minacciano l’esistenza di questa importante specie, inserita dal 2009 nella Lista Rossa della IUCN e classificata come a rischio critico. L’obiettivo è di proteggere la specie e far rispettare la legalità. Nasce dopo 7 anni di azione diretta, durante i quali i volontari Sea Shepherd sotto copertura, in collaborazione con Carabinieri Forestali e Capitanerie di Porto, hanno portato avanti attività di investigazione, documentazione e contrasto al bracconaggio di novellame. «La campagna è delicata poiché il consumo di piccoli di anguilla è fortemente radicato nella tradizione culinaria italiana e spesso i pescatori di novellame agiscono indisturbati da decenni». commenta Morello «molto spesso il contrasto deve andare di pari passo con la sensibilizzazione. E’ fondamentale che le persone capiscano quale immenso danno stanno causando con le loro azioni illegali».
Jairo Med è finalizzata a protegger la popolazione di tartarughe marine in via di estinzione nel Mar Mediterraneo. All’alba i volontari pattugliano le spiagge italiane – da giugno fino a fine periodo di nidificazione – per individuare eventuali tracce di tartarughe risalite a terra per deporre le uova. Avvisata la Guardia Costiera, i volontari si occupano quotidianamente del monitoraggio delle temperature del nido fino al momento della schiusa e dell’emersione dei piccoli di tartaruga dalla sabbia. I volontari quindi sorvegliano la discesa dei piccoli verso il mare evitando che questi vengano disturbati da fattori esterni, quali inquinamento ambientale o disturbo da parte dell’uomo. «Svegliarsi all’alba tutte le mattine per anticipare i trattori che spianano la sabbia è stata una bella sfida» dichiara una volontaria impegnata nel progetto Jairo 2021 «ma ti regala albe dai colori impagabili e la consapevolezza che stai facendo qualcosa di veramente importante. Se poi si ha anche la fortuna di essere presenti al momento dell’emersione dei piccoli, il sacrificio svanisce in un sussulto dinnanzi alla vita che si manifesta in tutta la sua grandezza». Progetto Jairo si occupa anche di aiutare le tartarughe in difficoltà, coadiuvando le autorità nel recupero e nel trasporto degli animali feriti fino ai centri di assistenza.
«Non bisogna però pensare che le attività di Sea Shepherd si svolgano soltanto in mare» -continua Morello – «i nostri volontari sono impegnati a diffondere il messaggio di Sea Shepherd nelle scuole, con progetti ed incontri specifici destinati alle classi per sensibilizzare le generazioni future verso il necessario rispetto per l’ecosistema marino». Partecipiamo inoltre a numerose giornate per la pulizia delle spiagge e dei fondali marini, senza dimenticare l’attività che ci ha visti impegnatissimi fino al 1 Febbraio 2022: «Stop finning – Stop the trade». Un’iniziativa dei cittadini europei che ha chiesto a gran voce di vietare l’importazione, l’esportazione ed il transito di pinne di squalo nell’Unione Europea, con più di 1 milione di firme raccolte in tutta Europa anche grazie al costate impegno profuso dai volontari di Sea Shepherd.
«Sea Shepherd quindi non si arrende dinnanzi a dati allarmanti o davanti alla prepotenza dei bracconieri, ma agisce in modo attivo per contrastare l’illegalità che deturpa il mare. E’ giunto il tempo di cambiare la rotta che ci sta portando verso l’estinzione, ognuno di noi deve essere parte attiva nel cambiare la propria vita, rendendola realmente sostenibile nel pianeta dove abitiamo e da cui dipendiamo» conclude Morello.
[di Sea Shepherd Italia]
Ucraina-Russia: concordato terzo round di negoziati
L’Ucraina e la Russia avrebbero concordato di tenere presto un terzo round di negoziati: a riportarlo è l’agenzia di stampa Tass, la quale comunica che ad affermarlo sarebbe stato Mikhail Podolyak, consigliere del presidente ucraino Vladimir Zelensky nonché membro della delegazione ucraina. “Abbiamo deciso di continuare il nostro lavoro nel terzo round che si terrà nel prossimo futuro”, avrebbe infatti dichiarato Podolyak oggi dopo la conclusione del secondo round di negoziati tra Mosca e Kiev, aggiungendo altresì che sarebbe stata raggiunta un’intesa sulla questione della creazione congiunta di corridoi umanitari per l’evacuazione dei civili.
Cos’è la riforma del catasto su cui il governo sta rischiando la crisi
Il governo rischia di cadere sulla riforma del catasto. Fino a pochi giorni fa sarebbe sembrata fantapolitica, invece il messaggio è passato molto chiaramente tra le file dell’esecutivo. Lo ha dichiarato Draghi e lo ha ribadito la sottosegretaria al ministero dell’Economia e delle Finanze, Maria Cecilia Guerra. Queste le sue parole: «Se l’articolo 6 non viene approvato si ritiene conclusa l’esperienza di governo». Si parla appunto dell’articolo 6 delle legge delega sulla riforma fiscale e riguarda la revisione del catasto. Per quanto si tratti di disposizioni ancora poco specifiche, l’intento è la “modernizzazione” dei criteri di rilevazione, una nuova mappatura degli immobili (identificando gli abusivi e i terreni agricoli edificabili) e l’adeguamento dei valori catastali agli attuali prezzi di mercato, così come della rendita patrimoniale, prevedendo meccanismi di adeguamento periodico. L’intervento sarà effettivo a decorrere dal 1° gennaio 2026. Oggi è in programma la riunione della Commissione Finanze alla Camera in cui si affronterà il punto. La Lega è ancora intenzionata a sopprimere l’articolo 6 del progetto di riforma coadiuvata da Fratelli d’Italia, Il Partito Democratico e Italia Viva sono favorevoli, mentre Forza Italia si accolla l’onere di tentare una mediazione dopo aver pensato anche lei inizialmente a un emendamento che eliminasse la parte del catasto. In mezzo al guado, come ormai da copione, il Movimento 5 Stelle.
Cosa prevede la riforma
L’articolo in discussione prevede un nuovo sistema di mappatura degli immobili con nuovi strumenti per Comuni e Agenzia delle Entrate: i dati raccolti dovranno essere disponibili dal primo gennaio 2026. Lo scopo è fare emergere immobili e terreni non accatastati correttamente o “fantasma” (non registrati) e per i quali i proprietari non pagano tasse. Si prevede poi di rideterminare i valori di mercato delle abitazioni tenendo conto anche delle aree in cui sono costruiti, preparando inoltre una nuova mappa con l’aumento delle zone catastali nelle città. Secondo i fautori, insomma, il fine è semplicemente quello di “riattualizzare” le mappe catastali rendendole adeguata alla realtà dei fatti.
Lo zampino del Recovery Plan
Ma perché per il governo è così fondamentale? La questione va legata al Pnrr. I prestiti inizieranno ad essere ripagati nel 2027. La nuova disciplina catastale entrerebbe in vigore l’anno prima. Il documento che illustra il Piano di Ripresa e Resilienza comprende anche, tra le vaste e vincolanti misure di accompagnamento, una riforma fiscale, vista come elemento prioritario per combattere le “debolezze strutturali del paese”. Cosa vuol dire nel concreto? Vuol dire che bisogna assicurarsi entrate fiscali sufficienti a far fronte ai debiti da ripagare. E la ricchezza principale degli italiani risiede nel loro patrimonio immobiliare. Se ce ne sarà bisogno, quindi, le tasse sugli immobili possono salire.
La protesta è dunque in ragione del pericolo di aumenti fiscali sulla casa e il potenziale ritorno dell’Imu sulla prima casa, elemento che da sempre per le destre rappresenta un punto su cui battersi. Discorso che vale più per l’area settentrionale dell’Italia che quella meridionale. Ma il proposito della riforma è anche far emergere gli immobili non censiti, circa 1,2 milioni. Più quelli accatastati ma che non figurano nelle dichiarazioni dei contribuenti, circa 2,1 milioni.
I numeri in ballo
Basandosi sull’ultimo rapporto curato dal Mef e dall’Agenzia delle Entrate, vediamo che gli immobili in Italia sono 64,4 milioni. 34,9 milioni le abitazioni comunemente intese. La somma delle rendite catastali (cioè la somma imponibile dal fisco) degli edifici di gruppo A, esclusi gli uffici, è di 16,9 miliardi di euro, corrispondente a una media di 500 euro annui. Secondo le stime, è il 10-15% in meno in rapporto ai potenziali guadagni di un affitto. C’è poi un’anomalia che il governo vuole sanare, ovvero quel caso in cui due coniugi vivono concretamente nella stessa casa ma sono formalmente residenti in altre. Di fatto, la loro reale abitazione agli occhi del fisco non rappresenta una “prima casa”. Mancherebbero così all’appello circa 1,5-2 milioni di effettive prime case, come abbiamo detto all’inizio, con i benefici fiscali che ciò comporta. Infatti, da qualche anno l’Imu sulla prima casa non è più obbligatorio per tutti ma solo per alcune specificità.
Le prospettive
Bisogna comunque ponderare bene gli effetti di una riforma del genere. Il governo assicura che non influirà sul gettito totale legato agli immobili (40 miliardi, di cui circa 20 l’Imu e gli altri derivanti da altre tasse), ma questo non vuol dire che singolarmente un cittadino non possa pagare di più. In quanto aumenterebbero i parametri Isee, facendo perdere il diritto ad alcune agevolazioni. Si presume anche una revisione delle aliquote, dunque una redistribuzione del carico. Redistribuzione ragionevole per certi versi (pensiamo alle fasce proprietarie di seconde case, su cui l’Imu si paga) ma insidiosa per coloro che potrebbero vedersi dimezzato il valore delle proprietà. Per questo è da scongiurare la conseguenza indiretta degli aumenti dei prezzi degli affitti.
[di Giampiero Cinelli]
Francia: il super green pass sarà sospeso dal 14 marzo
In Francia il pass vaccinale, ossia l’equivalente del nostro super green pass, sarà sospeso a partire dal 14 marzo: lo ha annunciato oggi il primo ministro del Paese, Jean Castex. Quest’ultimo, ha altresì dichiarato che dal medesimo giorno non sarà più obbligatorio indossare la mascherina al chiuso, precisando però che il dispositivo di protezione individuale dovrà ancora essere utilizzato nei mezzi pubblici. Per poter accedere poi agli ospedali, alle case di riposo o alle strutture per gli adulti con disabilità, Castex ha comunicato che «salvo emergenze» alle persone basterà possedere il pass sanitario, ossia l’equivalente del nostro green pass.
Mentre il mondo guarda all’Ucraina, Israele intensifica le violenze sui palestinesi
Anche se negli ultimi giorni l’attenzione mediatica è concentrata sulla guerra tra Ucraina e Russia, le altre guerra non vanno in vacanza. Anzi, in alcune parti del mondo sembra ci si voglia approfittare della scomparsa dei riflettori per intensificare le azioni violente. È il caso della Palestina, un conflitto di cui spesso l’Occidente perde memoria. Negli ultimi giorni tre ragazzi palestinesi sono stati uccisi dall’esercito israeliano a colpi di arma da fuoco. Non sono numeri, anche se i morti a certe latitudini rischiano spesso di diventarlo, quindi meritano di essere citati per nome: Abdullah al-Hosari, 22 anni, e Shadi Khaled Najm, 18 anni, e Ammar Shafiq Abu Afifa, 21 anni.
Non solo: nella notte tra l’1 e il 2 marzo nella parte settentrionale della Cisgiordania, le forze israeliane hanno arrestato 37 palestinesi. Tra loro anche un padre e suo figlio, la cui casa è stata più volte perquisita. E ancora. Il 28 febbraio, 7 palestinesi, tra cui anche bambini e donne, sono rimasti feriti dopo che la polizia è intervenuta per attaccare la zona di Bab al-Amud e quella della Città Vecchia di Gerusalemme. Oltre a loro sono state arrestate altre 24 persone.
A 12 year old blind Palestinian girl was brutally attckd today by Israeli occupation forces in front of
Damascus Gate,occupied Jerusalem. Thr are no sanctions for these crimes,never was. 74 years and counting. #PalestineUnderAttack #Ukraine#UkraineRussiaWar #Jerusalem #Russian pic.twitter.com/cJFDauUCtb— xuenain 🚫🚸⚠ (@meer_xuenain) March 1, 2022
Queste aggressioni avvengono il più delle volte senza un mandato di perquisizione, e sotto il libero arbitrio delle autorità israeliane. Seppur in territorio palestinese, spesso gli agenti si muovono con disinvoltura, ogni qual volta decidano di fare una rappresaglia.
La lista dei reati, uccisioni, violenza e arresti ai danni dei palestinesi potrebbe continuare all’infinito. Secondo la legge militare israeliana, i comandanti dell’esercito detengono la massima autorità sui palestinesi. In particolare, le forze militari possono apporre decisioni legislative e giudiziarie, che ricadono su oltre 3 milioni di cittadini che vivono in Cisgiordania.
The chemical water used by the occupation to disperse the Palestinians, causes many diseases, they do not differentiate between children and adults.
🇵🇸🇵🇸🇵🇸🇵🇸🇵🇸🇵🇸🇵🇸🇵🇸🇵🇸🇵🇸🇵🇸🇵🇸🇵🇸#PalestineUnderAttack #Ukraine #Russian #UkraineRussia #الحرب_الروسية_الاوكرانية #اوكرانيا_روسيا #القدس pic.twitter.com/ZfxcW2L3O1— mahmoud adameh (@mahmoudadameh) February 28, 2022
Andando a ritroso nel tempo, gli abusi israeliani si fanno sempre più evidenti. Il 5 gennaio, ad esempio, la polizia ha investito un anziano attivista palestinese che tentava di evitare il sequestro di alcune auto del villaggio. Qualche giorno dopo i soldati hanno aggredito un altro uomo, lasciandolo bendato e legato. Questo è morto qualche ora dopo, colpito da un infarto.
Per questo motivo e molti altri, lo scorso martedì i prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane hanno indetto uno sciopero della fame come segno di rifiuto delle punizioni imposte dal Servizio carcerario israeliano. Ad oggi sono detenuti ingiustamente più di 4.500 palestinesi.
Karim Khan, Procuratore capo della Corte penale internazionale, nelle scorse ore ha aperto un’indagine su possibili crimini di guerra e crimini contro l’umanità in Ucraina. Una risoluzione simile è stata applicata l’anno scorso anche per i crimini commessi da Israele ai danni dei palestinesi. Il primo ministro israeliano aveva commentato dicendo che si trattava di «puro antisemitismo». La decisione della Corte potrebbe non essere abbastanza, e arrivare tardi, soprattutto perché, come dicevamo, gli abusi contro i palestinesi vanno avanti da moltissimi anni.
Quanta terra sarà ancora strappata aspettando una sentenza definitiva? Quante case distrutte? E quanti palestinesi uccisi, torturati o ingiustamente imprigionati? Quanta storia sarà ancora cancellata o rimossa dalla memoria delle persone?
[di Gloria Ferrari]
L’Europa avvia la censura di guerra: al bando i media russi RT e Sputnik
Confronto e comparazione delle fonti sono due pilastri di una lettura obiettiva, di un’analisi critica o di uno studio oggettivo. Porre un filtro alle notizie, decidendo a priori chi possa o non possa svolgere il proprio lavoro, è una scelta che merita particolare attenzione. Ursula Von Der Leyen, Presidente della Commissione europea, ha annunciato di aver compiuto un passo senza precedenti, «sospendendo le licenze per la macchina di propaganda del Cremlino». «Russia Today e Sputnik, di proprietà statale, così come le loro sussidiarie, non saranno più in grado di diffondere le loro bugie per giustificare la guerra di Putin e per dividere la nostra Unione», ha poi aggiunto. Viene così inibito da tutta Europa l’accesso a due media che evidentemente non hanno contravvenuto a nessuna legge, se non quella – non scritta – di non essere allineati alla narrazione dominante. L’accesso a Russia Today (Rt.com) funziona già a singhiozzo e da questa mattina si alternano momenti in cui risulta irraggiungibile ad altri dove funziona correttamente (segno probabile di come il tentativo di messa al bando sia in corso), mentre Spuntnik (Sputnik.com) risulta ancora raggiungibile, almeno nel momento in cui scriviamo.
Partiamo da alcune considerazioni: in un’ipotetica realtà in cui si tenesse conto del parametro “diffusione di bugie” per la creazione e il funzionamento di una testata o di un’emittente, con ogni probabilità le redazioni che resterebbero in vita si conterebbero sulle dita di una mano. La presenza di un gran numero di notizie non verificate, fake news e propaganda mal celata sono ampiamente verificate anche sui media europei ed italiani in merito alla questione ucraina. Credere che questi problemi possano affliggere soltanto le testate al di là del Danubio è quindi decisione puramente politica, soprattutto se non si testa con mano la validità di queste redazioni, attendendosi esclusivamente a ciò che afferma un organo sovranazionale. Dal punto di vista della linea editoriale, infatti, Sputnik e RT (Russia Today) non si discostano molto dai temi affrontati dai media italiani ed europei, fatta eccezione per gli argomenti “sensibili” al governo russo, vista la sua sovvenzione. Ma qui si entra già in un altro discorso, in cui noi crediamo fermamente, legato all’indipendenza degli organi di stampa che soltanto allontanandosi dai rapporti istituzionali e commerciali possono svolgere a pieno il proprio lavoro.
Così, nella terra della democrazia e della libertà, ai cittadini viene negata la possibilità di giudicare da soli cosa sia vero e cosa no, di confrontare versioni e fonti, non fornendo un’alternativa a questo vuoto d’informazione, soprattutto per quello rappresentato da RT, che soltanto in Germania avrebbe raccolto nel 2021 circa 20 milioni di visualizzazioni mensili sul proprio canale YouTube, prima di essere chiuso dalla piattaforma a settembre dello stesso anno. Quindi, come spesso accade, la decisione finale nasconde dei precedenti: la messa al bando di RT e Sputnik da parte dell’Unione europea sembrerebbe parte di una vera e propria guerra mediatica che da anni si combatte fra l’occidente e la Russia, a suon di chiusure, limitazioni e censure. Al 2020 risale, infatti, la decisione del ramo degli affari esteri dell’Ue di avviare un monitoraggio circa le “tattiche di disinformazione presumibilmente utilizzate dallo Stato russo attraverso piattaforme di comunicazione come Telegram e media, tra cui RT e Sputnik”, sul presunto avvelenamento di Alexei Navalny e le continue proteste in Bielorussia. Andando indietro nel tempo, nel 2017, si trovano diverse denunce da parte Google circa la presunta disinformazione delle due emittenti, mentre nello stesso periodo Twitter decideva di bloccare loro la possibilità di pubblicare post sponsorizzati, con l’obiettivo di ostacolare l’allargamento della propria base di utenti.
È interessante, dunque, riflettere su quanto sia in linea la decisione di oscurare dei canali di informazione con i valori occidentali, la cui difesa, accompagnata da una certa fobia anti-russa, è stata tanto propugnata nei giorni scorsi. In democrazia le informazioni false vengono smentite con l’argomentazione e con i dati, non con la censura. Perché così facendo ci si pone sullo stesso livello di chi si dice di voler contrastare, e a questo punto – comunque possa terminare la guerra – di sicuro ci avrà perso ancora una volta la libertà d’informazione dei cittadini.
[Di Salvatore Toscano]
Ucraina: Mosca annuncia pause per evacuare civili
Mosca ha appena annunciato delle pause nei combattimenti in Ucraina, con l’obiettivo di evacuare i civili residenti nel Paese attraverso dei corridoi umanitari. A diffondere la notizia è stato il ministero della Difesa russo, che si è definito “pronto a creare corridoi umanitari ovunque e in qualsiasi momento”. La notizia arriva in una giornata particolarmente importante per i risvolti futuri del conflitto, visto che a breve si terrà il secondo round di negoziati fra Mosca e Kiev nella città di Brest, al confine bielorusso con la Polonia.
TAV, i cantieri potrebbero causare immenso spreco di acqua
I lavori delle trivelle per la realizzazione della linea dell’Alta Velocità in Val di Susa potrebbero causare fuoriuscite di acqua pari al fabbisogno di 600 mila persone ogni anno, secondo quanto riportato da Altreconomia. Gli studi sono stari effettuati dal Comitato acqua pubblica di Torino e dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua, che hanno elaborato i dati i dati messi a disposizione da TELT (la ditta italo-francese che si occupa della sezione transfrontaliera del progetto). Se queste proiezioni risultassero veritiere si tratterebbe di un immenso spreco di acqua aggravato dal fatto che il Piemonte sta attraversando uno dei 15 periodi più secchi degli ultimi 63 anni, che ha portato a restrizioni sull’uso dell’acqua in alcuni comuni della Valsesia.









