sabato 12 Luglio 2025
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Il viaggio delle auto vecchie e pericolose che inquinano l’Africa (e il pianeta)

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Circa 14 milioni di auto vecchie e ad alto tasso inquinante continuano ad essere esportate dai paesi ricchi a quelli considerati in via di sviluppo. Tra il 2014 e il 2018 più della metà di questi veicoli è stata inviata in Africa. Sono dati riportati e analizzati da un report stilato dal Programma ambientale delle Nazioni Unite (UNEP), secondo cui nonostante lungo il continente africano non ci siano ancora strade e infrastrutture adeguate e organizzate come in altre zone del mondo, il traffico su gomma si sta sviluppando sempre di più.

Milioni di auto, furgoni e minibus usati, provenienti prevalentemente da Europa, Stati Uniti e Giappone, stanno di fatto ostacolando gli sforzi per combattere il cambiamento climatico. I mezzi esportati, infatti, contribuiscono all’inquinamento atmosferico perché spesso sono di scarsa qualità e per niente adatti a superare i test di idoneità alla circolazione (a cui, per questo, non vengono assolutamente sottoposti).

Si stima che, nel solo 2019, dal porto di Anversa abbiano preso il largo circa 320mila veicoli di seconda mano destinati a raggiungere l’Africa occidentale. Un numero in costante aumento, da anni.

Ad esempio la Guinea ha importato, nel 2018, un totale di 67.313 veicoli. Il 64% di questi proveniente dal Belgio e il 97% molto usato (e abbastanza mal messo). Cifre alte se si pensa alla mancanza di strade percorribili e alle poche persone istruite a guidare una vettura. Si tratta per lo più di auto che secondo gli standard europei non potrebbero essere vendute e nemmeno esportate: dovrebbero, insomma, finire dritte da un’autodemolizione.

Infatti gli esperti hanno rilevato che l’80% di queste auto non rispetta gli standard di sicurezza e ambiente nel paese da cui sono state esportate, finendo per avere un grosso impatto sulla salute degli individui e sull’ambiente circostante nei paesi di arrivo. I mezzi emettono particolato fine e ossidi di azoto, considerati fra le principali fonti di inquinamento atmosferico in molte città. Più in generale il settore trasporti è considerato fra quelli maggiormente inquinanti: quasi un quarto delle emissioni di gas serra proviene dagli spostamenti e dal traffico su strada.

Jane Akumu, esponente dell’UNEP, ha raccontato che alcuni paesi africani non hanno uno standard di classificazione solido e ben definito in materia di auto importate. “In circa 30 paesi africani non esistono limiti di età per le auto. Quindi, qualsiasi tipo di auto, di qualsiasi epoca può entrare”. Infatti nel 2017 l’età media di un veicolo diesel importato in Uganda era di oltre 20 anni. Auto che, oltre ad essere ormai vecchie e malandate, risultano mancanti di alcuni pezzi importanti. La maggior parte delle auto è stata manomessa prima di essere importata per rimuovere parti (potenzialmente) di valore, rivendibili, ad esempio, nel mercato europeo. Queste parti spesso vengono sostituite con alternative economiche, che rendono la vettura ancora più pericolosa da usare.

In Marocco e in Kenya la crescente consapevolezza della potenziale mortalità dei veicoli introdotti nei propri territori ha portato ad un cambio di rotta: un incremento di regolamenti e restrizioni a cui sottoporre i veicoli prima di introdurli nel paese. Hanno applicato, ad esempio, alcuni limiti di età accettando solo auto fra i 5 e gli 8 anni. Un passo importante ma non sufficiente, soprattutto perché, come sostiene UNEP, “Da un lato, non è etico che questi paesi sviluppati esportino veicoli che non sono idonei alla circolazione sulle proprie strade e dall’altra perché i paesi importatori hanno aspettato così tanto tempo per mettere in atto degli standard minimi?”. Per affrontare davvero il problema è necessario, in sintesi, agire da entrambe le parti.

Nel marzo 2020 la Commissione Europea, attraverso la sua rappresentante Ursula von der Leyen, ha presentato un piano di economia circolare e tutela ambientale, definito “uno dei pilastri del green deal europeo.” Nel documento si legge che uno degli obiettivi più importanti, a cui è finalizzato il piano, è raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Esportare mezzi altamente inquinanti al di là del mare di certo non contribuirà a rispettare le promesse prese.

[di Gloria Ferrari]

Afghanistan, primi colloqui con delegazione USA

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Si è tenuto domenica il primo incontro faccia a faccia tra ufficiali statunitensi e talebani. Ned Price, portavoce del Dipartimento di Stato, ha riportato che il focus dell’incontro sono stati il transito sicuro per cittadini americani, stranieri e afghani sul territorio, i diritti umani (inclusa la piena partecipazione delle donne alle attività in società) e il terrorismo. Il timore è infatti che l’Afghanistan diventi una zona d’appoggio per Al Quaeda o altri gruppi estremisti. È stato discusso anche l’ingente aiuto umanitario che gli Stati Uniti forniranno alla popolazione afghana. Il portavoce dichiara che sono stati presi impegni concreti, ma non è stata riconosciuta legittimità al governo talebano.

Corteo No Green Pass: 12 arresti, decapitati i vertici di Forza Nuova

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Nel corso della notte 12 persone sono state arrestate per aver preso parte agli scontri avvenuti ieri al corteo contro il green pass a Roma. Tra di essi ci sono Giuliano Castellino, responsabile nazionale di Forza Nuova, e Roberto Fiore, fondatore e leader storico del movimento neofascista. Il partito di estrema destra, come da abitudine, avrebbe infatti infiltrato il corteo cercando di prendere la testa della parte che si è staccata andando ad assediare la CGIL. Intanto il deputato del PD Emanuele Fiano ha annunciato: «Domani presenteremo una mozione urgente alla Camera per chiedere lo scioglimento di Forza Nuova e degli altri movimenti dichiaratamente fascisti».

Guerra alla droga: un fallimento lungo mezzo secolo

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Da quando, durante una conferenza stampa del 18 giugno del 1971, l'allora presidente Nixon inneggiò al proibizionismo, la droga non ha mai smesso di essere un "nemico pubblico" per gli Stati Uniti. E la cannabis non ha mai fatto eccezione. A seconda del momento storico, la "guerra alla droga" è stata usata per vari scopi. Come strumento di controllo sociale, quando negli anni '30 e '40 i poliziotti andavano a scovare i consumatori nei quartieri più poveri, abitati prevalentemente da afroamericani. Come strumento politico, durante la guerra fredda, quando veniva additata come mezzo usato dai co...

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Roma: decine di migliaia di persone manifestano contro Green Pass, scontri con polizia

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A Roma, precisamente in Piazza del Popolo, decine di migliaia di persone si sono radunate oggi pomeriggio per manifestare contro il Green Pass, che dal 15 ottobre diventerà obbligatorio nei luoghi di lavoro. Durante la protesta le persone hanno urlato slogan come «la gente come noi non molla mai». Il corteo si è successivamente spostato a piazzale Flaminio ed i manifestanti hanno bloccato il traffico. Vi sono anche stati momenti di tensione con le forze dell’ordine, con alcuni manifestanti che hanno preso di mira almeno due blindati della polizia spostandoli con la forza. Gli agenti, invece, hanno risposto con alcune manganellate.

Dopo 30 anni di tentativi è riuscito il primo raccolto di caffè in Sicilia

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In Sicilia, nelle terre nella periferia di Palermo, la famiglia Morettino è riuscita per la prima volta a produrre caffè dalle proprie coltivazioni. Si tratta di una notizia buona, ma non troppo.

È il Guardian a narrare la storia della famiglia Morettino, che da un secolo produce caffè artigianale a lavorazione lenta, secondo la tradizione siciliana. La coltivazione del caffè in Italia è stata fino ad oggi impensabile, per ragioni dovute al clima. All’inizio del ‘900 erano già stati fatti dei tentativi in questo senso, ma senza esito positivo. Il caffè commercializzato proviene per lo più dai Paesi a sud del mondo, principalmente da Africa e America Latina, dove le piantagioni si trovano ad un’altitudine di 1500 metri. Nelle terre vicino a Palermo l’altitudine è di appena 350 metri sopra il mare, ma questa primavera Andrea Morettino è riuscito nel suo intento: 66 piante hanno prodotto all’incirca 30kg di caffè.

Per molti versi si tratta di una buona notizia: si prefigura finalmente la possibilità di creare in Italia, la patria per antonomasia dei cultori del caffè, i primi prodotti a km 0. La produzione su larga scala potrebbe essere possibile nel giro di qualche anno. La cosa più incredibile, spiega Morettino al Guardian, è che “le piante crescono all’aria aperta, senza l’aiuto di serre pesticidi”. Fino ad ora a rendere impossibile la coltivazione di caffè in Sicilia erano le temperature fredde. “Stiamo già lavorando a una serie di serre” spiega Morettino, “l’idea è che le cosiddette figlie o nipoti saranno in grado di adattarsi gradualmente al clima siciliano fino al punto in cui riusciranno a crescere all’aria aperta, come già successo per la piantagione di Palermo”.

È chiaro come quella che suona come una buona notizia sia anche il frutto dei drastici cambiamenti climatici che hanno investito il pianeta e non hanno risparmiato la Sicilia. La temperatura media della regione si è innalzata di due gradi negli ultimi cinquant’anni, con un picco di 3.4 °C a Messina. Questo ha causato un progressivo cambiamento nel panorama delle coltivazioni: prodotti tropicali quali mango, papaya e avocado stanno lentamente prendendo il posto delle tradizionali coltivazioni di agrumi, le quali non sopravvivono ai lunghi periodi di siccità e alle temperature sempre più alte (l’estate passata si è registrata la temperatura record di 48.8 °C a Siracusa).

Il professor Mulder, dell’Università di Catania, ipotizza, nel peggiore degli scenari, la desertificazione dell’isola: nel lungo termine “l’intera zona sud-occidentale della Sicilia potrebbe essere climaticamente indistinguibile dalla Tunisia“. Adattarsi alle nuove coltivazioni è l’unico modo di far fronte alla situazione.

[di Valeria Casolaro]

Libano: blackout in tutto il Paese, centrali senza carburante

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Tutto il Libano è attualmente senza elettricità: si è infatti verificato un blackout totale dopo che le due centrali elettriche più grandi del Paese sono state chiuse a causa della carenza di carburante. A riportarlo è l’agenzia di stampa Reuters, che cita fonti governative. In tal senso, l’agenzia riporta le parole di un funzionario del governo, secondo il quale la rete elettrica libanese potrebbe non funzionare «per diversi giorni».

Afghanistan: oggi primo faccia a faccia tra Usa e talebani dopo ritiro

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In Qatar, a Doha, oggi vi sarà il primo faccia a faccia tra Usa e talebani da quando gli americani hanno lasciato l’Afghanistan: seppur infatti gli Stati Uniti abbiano mantenuto i contatti con i nuovi governanti dell’Afghanistan, si tratta del primo incontro di persona. Le discussioni tra una delegazione Usa ed i rappresentati dei talebani si terranno non solo oggi ma anche domani: lo ha comunicato il Dipartimento di Stato americano, che però ha precisato che l’incontro non simboleggia il fatto che gli Stati Uniti riconoscano il regime talebano. «Faremo pressione affinché i talebani rispettino i diritti di tutti gli afghani, comprese le donne e le ragazze, e formino un governo inclusivo», ha dichiarato un portavoce del Dipartimento.

Il sonno del profeta

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Che cosa c’entra il filosofo Epimenide di Creta, vissuto duemilaseicento anni fa, con i nostri fatti del 2021? Una testimonianza antica (vedi G. Colli, La sapienza greca, Adelphi 1992, vol. II, p. 67) ricorda che egli aveva una grande potenza divinatoria derivante dai suoi sogni profetici.

Un tempo era riuscito a salvare Atene che era tormentata, notate bene, dalla pestilenza e dalla discordia. E come? Caduto in uno dei suoi lunghissimi sonni (Epimenide soffriva di narcolessia), il filosofo profeta si era imbattuto in Aletheia e in Dike, cioè nelle dèe della Verità e della Giustizia che gli avevano dato un preciso responso. Quindi aveva consigliato agli Ateniesi, come medicina contro il contagio e come rimedio contro il disaccordo sociale, di praticarle tutte e due. Si ricorda poi che Epimenide volle come unica ricompensa un ramoscello d’ulivo.

[di Gian Paolo Caprettini – semiologo, critico televisivo, accademico]

Naufraga imbarcazione sul fiume Congo, almeno 100 vittime tra morti e dispersi

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Più di 50 persone sono morte e molte altre sono disperse a seguito del naufragio di un’imbarcazione di fortuna sul fiume Congo, secondo quanto riportato dall’autorità provinciale della RDC. L’incidente è avvenuto nella notte tra lunedì e martedì, ma i corpi sono stati recuperati solo nella notte di venerdì. Sono circa 70 i dispersi e 39 i sopravvissuti. L’incidente, dichiara un portavoce del governo, è dovuto probabilmente al sovraffollamento della nave e alle cattive condizioni del tempo. Tre giorni di lutto sono stati istituiti a partire da lunedì.