domenica 21 Dicembre 2025
Home Blog Pagina 1346

Lo stato delle carceri italiane nel nuovo rapporto Antigone

0

Il quadro che emerge dall’ultimo rapporto Antigone, sulla situazione delle carceri italiane, non mostra segnali rassicuranti. I dati raccolti dall’associazione evidenziano prima di tutto che – dopo un iniziale calo dovuto alla pandemia – il problema del sovraffollamento è tornato a farsi sentire: si è passati infatti dalle 53.364 presenze della fine del 2020 alle 54.134 della fine del 2021, con un ulteriore aumento registrato a fine marzo del 2022. Nelle ultime settimane, infatti, i detenuti hanno toccato quota 54.609, dato che si traduce in un tasso di affollamento medio del 107,4% (anche se per Antigone il numero reale è certamente più alto).

Le situazioni più critiche si registrano in Puglia, dove il sovraffollamento medio raggiunge il 134,5% e in Lombardia che arriva a quota 129,9%. Qui, nello specifico, l’affollamento ha raggiunto l’apice in alcuni centri cittadini. Tra questi c’è Varese, con il 164%, Bergamo e Busto Arsizio con il 165% e a Brescia il 185%.

Significa che ci sono più persone che commettono reati?

No. Antigone riferisce che i numeri sopra elencati vanno contestualizzati e che se in realtà guardiamo agli ingressi degli ultimi anni, questi sono via via diminuiti. Quello del sopraffollamento, infatti, è un problema che si protrae nel tempo e che tende a peggiorare, ma che non va confuso con l’aumento dei reati. Che gli ingressi in carcere siano due, o dieci, ad oggi purtroppo il problema sussiste. Per fare un esempio più concreto, prendendo dati reali, si è passati dai 92.800 ingressi in carcere del 2008 ai 35.280 del 2020: cifra che nel 2021 si è stabilizzata attorno ai 36.539.

E, andando ancora di più nello specifico – escludendo il 2020 che ha visto una netta diminuzione dei reati a causa del lockdown – nonostante il 2021 abbia visto una leggera ripresa delle infrazioni commesse, la tendenza è comunque in calo rispetto al 2019: si è passati dai 2,1 milioni di reati agli 1,8 del 2021. Un calo cioè del 12,6%.

Ma c’è un elemento che invece ad oggi desta preoccupazione e che, rispetto al passato, mostra i continui peggioramenti del sistema carcerario: la recidività, cioè “la condizione di chi ricade nelle stesse colpe o è incline a ricadervi”. Tradotto in numeri, in media Antigone ha calcolato che per ogni detenuto vi è una percentuale pari a 2,37 reati. Numero che, se confrontato con il 2008, mostra chiaramente in che direzione sta andando l’attuale strategia governativa: all’epoca, infatti, il numero di reati per detenuto era di 1,97. “Diminuiscono i reati in generale, diminuiscono i detenuti in termini assoluti ma aumenta il numero medio di reati per persona”, ribadisce l’associazione.

Questi dati ci portano ad un’unica conclusione: il carcere non reinserisce, soprattutto se pensiamo che solo il 38% delle persone detenute, come riferisce Antigone, è alla sua prima carcerazione. Invece il restante 62% è già stato detenuto almeno una volta (il 18% anche più di 5 volte). Gli istituti penitenziari, infatti, dovrebbero promuove percorsi di reintegrazione in società ma per arrivare a questo obiettivo mancano le basi: non ci sono abbastanza percorsi scolastici, o lavoro o altro tipo di formazione. Nel più grave dei casi questo deficit si trasforma in un aumento del numero di suicidi, che nei primi mesi del 2022 sono già stati 21 (nel 2021 sono stati in tutto 57). E rispetto all’Europa? I detenuti italiani si tolgono la vita l’11,4% in più di volte rispetto alla media europea.

Di che reati stiamo parlando? Quelli più presenti sono quelli contro il patrimonio: sono 31mila e corrispondono a furti, rapine, estorsione, usura, truffa e molti altri. A seguire quelli contro la persona (come omicidio, percosse) che sono a quota 23mila. Tuttavia gli omicidi sono in diminuzione: erano 289 nel 2021 (metà dei quali in ambito affettivo, con il 40% di vittime donne), cioè +4 sul 2020 ma -25 rispetto al 2019. Numeri rimangono comunque alti ma drasticamente calati rispetto agli anni ’90: nel 1990, infatti gli omicidi erano 3.012.

“Abbiamo bisogno di dare un senso alla pena, perché lo abbiamo smarrito. Non possiamo trasformare il carcere nell’ultima frontiera di un welfare in stato di crisi”, dice Patrizio Gonnella, presidente nazionale di Antigone.

Quali potrebbero essere delle altre soluzioni alternative?

Al 31 dicembre 2021 quasi 20mila detenuti dovevano scontare una pena residua di 3 anni (o meno). Per Antigone la risposta è semplice: per diminuire il sovraffollamento bisogna permettere a molti più detenuti di scontare i residui di pena con misure alternative.

[di Gloria Ferrari]

Attacco hacker ad Associazione bancaria italiana, chiesto riscatto

0

Il sito web e la rete interna dell’Associazione bancaria italiana (Abi) è stato vittima di un attacco hacker per mezzo di ransomware. I dati trafugati contengono informazioni sensibili quali numeri di carte di credito, certificati medici, prospetti di budget dell’associazione e timbrature dei cartellini del personale. Gli hacker che hanno realizzato l’attacco hanno chiesto il pagamento di un riscatto. Al momento il portale Abi risulta rallentato e non del tutto visualizzabile. In una nota, Abi ha fatto sapere di essere nel mirino di attacchi informatici da febbraio di quest’anno.

Pasta Nera: una storia italiana

0

Questo preziosissimo documentario di Alessandro Piva premiato al Festival di Venezia nel 2011 con la menzione speciale della Federazione Italiana Cineclub (FEDIC), in appena 52 minuti ci racconta o ancor meglio ci ricorda come nell’immediato dopo guerra, tra il 1946 e il 1952, nel clima di collaborazione delle forze antifasciste, l’Unione Donne Italiane (UDI) associazione femminista legata al Partito Comunista Italiano, vera promotrice ed organizzatrice di una grande iniziativa di rara umanità, riuscì, tramite un appello di adesione alle famiglie del centro-nord d’Italia, a far ospitare temporaneamente più di 100.000 bambini delle zone più colpite del meridione per toglierli dalla fame, dall’ assoluta povertà e salvaguardarli da tutti quei pericoli, compreso lo sfruttamento sessuale, che si creano nelle zone devastate dalla guerra, segnando cosi uno dei migliori esempi di unità e solidarietà della storia del nostro paese che al giorno d’oggi dovrebbe farci riflettere.

Con grande fiducia e speranza da parte delle famiglie del sud e con grande generosità da parte di quelle del nord ci fu un’adesione di massa al progetto e i bambini, un po’ impauriti, presero per la prima volta il treno verso un mondo sconosciuto e si trasferirono dal sud al nord. Fu così che questi due mondi vicini ma molto diversi, invece di scontrarsi, si unirono fortemente, giovando e permettendo a entrambi di vivere un esperienza che non avrebbero mai dimenticato, non solo dal punto di vista sociale e sentimentale ma anche dal punto di vista culturale, creando una crescita reciproca e legami forti a tal punto che alcuni bambini decisero, in accordo con le proprie famiglie, di rimanere con quelle ospitanti.

Il documentario, con rari reperti cine-giornalistici e fotografici, ci restituisce vivida l’epoca dei fatti ma soprattutto, con le interviste agli ospitanti e ai “bambini” ormai adulti e quelle fatte alle organizzatrici, alcune di loro in età molto avanzata, ci salvaguarda dalla perdita di una importante memoria storica e culturale. I protagonisti della vicenda raccontano la propria storia con la sottile commozione di chi ha vissuto una straordinaria esperienza.

Il regista Alessandro Piva viene a conoscenza casualmente dei fatti, se ne appassiona e grazie all’accurata ricerca fatta con i suoi collaboratori e con l’archivio storico dell’Istituto Luce, ci consegna una memoria di cui purtroppo non c’era quasi alcuna consapevolezza.    Il titolo “pasta nera” simboleggia un estrema povertà e deriva dall’impasto scuro e di scadente qualità, ricavavo dai chicchi di grano che cadevano durante la trebbiatura e successivamente arsi insieme alle stoppie per fertilizzare il terreno. I chicchi raccolti, moliti e aggiunti alla poca farina bianca reperibile, creavano una macinatura color cenere dall’intenso odore di tostatura e impiegata per produrre pane e pasta.

[di Federico Mels Colloredo]

ISTAT, l’inflazione rallenta al 6,2% ad aprile

0

Dopo nove mesi di accelerazione, l’inflazione rallenta, segnando ad aprile +6,2% su base annua (rispetto al 6,5% del mese di marzo). A comunicare la decrescita del livello generale dei prezzi è l’ISTAT nell’ultimo rapporto pubblicato. Il rallentamento dell’inflazione su base tendenziale si deve prevalentemente ai prezzi dei beni energetici (la cui crescita passa da +50,9% di marzo a +42,4%). Decelerano anche i prezzi dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +3,3% a +2,4%), mentre aumentano quelli relativi ai trasporti, agli alimentari lavorati e non lavorati.

Il COPASIR autorizza il governo a mantenere segreta la lista delle armi inviate a Kiev

3

Il COPASIR (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) ha autorizzato nelle scorse ore il governo a mantenere segreta la lista del materiale bellico da inviare a Kiev. Come accaduto lo scorso marzo, in occasione del primo invio di armi all’Ucraina, i dettagli degli aiuti militari non saranno divulgati né ai cittadini né ai parlamentari. Dato il ricorso al decreto interministeriale, atto amministrativo e fonte secondaria del diritto, l’esecutivo non dovrà tener conto del voto del Parlamento per poter procedere, facendo esclusivo riferimento alla norma che ha prescritto il decreto: la legge 5 aprile 2022, n.28, nata non su iniziativa parlamentare ma governativa, essendo di conversione del decreto-legge 25 febbraio 2022, n.14, recante “Disposizioni urgenti sulla crisi in Ucraina” e caratterizzato dalla questione di fiducia posta dall’esecutivo.

La decisione del COPASIR è stata resa nota dal suo presidente, il senatore Adolfo Urso (FI), subito dopo l’audizione del ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, che nella giornata di ieri ha fatto il punto della situazione anche alla luce della riunione del “Gruppo di Consultazione per il supporto all’Ucraina” organizzato dal segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd James Austin, al quale hanno preso parte i rappresentanti di più di 40 Paesi, anche extra-europei, della Nato e dell’Ue. Nei giorni scorsi, Adolfo Urso aveva spiegato i motivi della non pubblicità delle prime armi inviate a Kiev, affermando che la lista venne secretata «per non mettere a rischio il nostro paese e per non informare colui che sta aggredendo il popolo ucraino su quello che gli stiamo fornendo». Il ricorso al decreto ministeriale e la successiva autorizzazione del COPASIR alimentano le tensioni in maggioranza. La capogruppo del M5S al Senato, Maria Domenica Castellone, aveva infatti chiesto al governo Draghi di informare il parlamento sulle armi da destinare all’Ucraina, oltre alle iniziative diplomatiche in atto, in accordo alla nuova linea dettata dal leader Giuseppe Conte. «Vogliamo che Draghi e il ministro della Difesa vengano in Parlamento e ci sia un chiarimento dell’indirizzo politico». Il nostro obiettivo è quello di «affermare nei contesti internazionali che non vogliamo un’escalation militare, quindi armamenti sempre più pesanti», ha dichiarato Conte durante un intervento alla trasmissione Piazzapulita.

[Di Salvatore Toscano]

Uk, 8000 soldati da inviare in Europa dell’est per esercitazioni

0

Circa 8.000 soldati dell’esercito britannico prenderanno parte a esercitazioni in programma in tutta l’Europa orientale, in un’azione “pianificata da tempo” ma accelerata dall’invasione russa di fine febbraio. A parlarne è il Guardian, citando il ministero della Difesa britannico. Uomini e mezzi (anche pesanti) saranno schierati da qui all’estate in Paesi dell’Europa orientale, dalla Finlandia alla Macedonia del Nord, in uno dei più grandi spiegamenti di forze dalla guerra fredda. Alle esercitazioni si uniranno decine di migliaia di soldati della Nato e dell’alleanza Joint Expeditionary Force, che include Finlandia e Svezia.

La California riscopre i fuochi rituali indigeni per la protezione del territorio

2

I fuochi controllati degli indigeni evitano incendi devastanti. I nativi americani della California, tradizionalmente, fanno ricorso al fuoco per svolgere cerimonie rituali e ritenuti capaci di fertilizzare il terreno. Pratiche giudicate dal governo di Washington primitive e pericolose, al punto da vietarle nel 1991, tramite il Weeks Act. Fu così che il servizio forestale statunitense iniziò a perseguire una politica di soppressione dei fuochi controllati. Ma, a mano a mano che i fuochi indigeni divenivano un ricordo ci si è resi conto di quanto servissero effettivamente, per custodire la salute delle foreste e circoscrivere le possibilità di espansione degli incendi veri e propri. Ora il governo della California ha deciso di fare marcia indietro, non solo depenalizzando, ma addirittura incentivando la pratica indigena, contando in questo modo di giocare d’anticipo in vista dell’estate, stagione che negli ultimi anni è stata sistematicamente accompagnata da incendi devastanti nel territorio dello stato.

Una decisione che conferma quanto pratiche generalmente considerate “primitive”, “ancestrali” e “selvagge”, siano molto più sicure e appropriate di quelle definite “moderne”. I nativi americani hanno sempre usato gli incendi controllati non solo per allestire aree dedicate a rituali, ma anche per ripulire il terreno da sterpaglia, detriti, piante e altri elementi che, con l’aumento della temperatura, sono spesso la causa scatenante di grossi incendi. Una pratica che giova agli ecosistemi e agli habitat, e che consente di produrre cibo e legna senza danneggiare l’ambiente. Come spiega uno studio dell’università di Berkeley, la combustione controllata ha lasciato il segno nelle foreste della California, preservandola per almeno un millennio prima della colonizzazione europea. Pare, infatti, che questi incendi abbiano avuto un ruolo importantissimo per il mantenimento della biodiversità e per il benessere degli animali.

Le agenzie statali sono quindi decise a collaborare con le tribù locali per reintrodurre l’usanza di bruciare piccole zone con fuochi contenuti e a bassa intensità, ed evitare così lo scoppio di incendi devastanti e incontrollabili. Più precisamente, il governatore della California Gavin Newsom, e il dipartimento di protezione ambientale Wildfire and Forest Resilience Task Force, hanno deciso di espandere questa pratica indigena in circa 160mila ettari di territorio nazionale entro il 2025, tramite l’iniziativa California’s Strategic Plan for Expanding the Use of Beneficial Fire. Un passo molto importante, non solo per la salvaguardia dell’ambiente, ma anche per il riconoscimento del ruolo delle tribù native nella gestione del territorio.

[di Eugenia Greco]

Giovedì 28 aprile

0

9.00 – L’UE prepara sesto pacchetto sanzioni verso Russia: probabile stop a importazioni petrolio (ma non gas).

11.30 – Uk manda a Kiev missili a lungo raggio, obiettivo è costringere Mosca a lasciare «tutta l’Ucraina».

12.30 – Segretario NATO: «Braccia aperte per ingresso di Finlandia e Svezia nell’alleanza».

12.40 – Rapporto Antigone su carceri italiane: 20mila detenuti potrebbero usufruire di misure alternative ma contribuiscono a sovraffollamento.

12.50 – Mosca ribadisce che l’invio di missili all’Ucraina minaccia la sicurezza europea.

15.30 – Ministro Speranza: obbligo mascherine al chiuso resterà fino al 15 giugno.

17.20 – Biden annuncia che chiederà al Congresso USA 33 miliardi per ulteriori aiuti all’Ucraina.

17.50 – Commissione Affari Sociali vota autorizzazione a somministrazione vaccinazioni anti-Covid in farmacia.

18.00 – Italia, Conferenza Stato-Regioni destina 800 mln contro dissesto idrogeologico.

18.40 – Il Copasir autorizza il governo italiano a mantenere segreta la lista degli aiuti militari all’Ucraina.

 

 

Deforestazione zero, le cifre del 2021 fanno apparire l’obiettivo un miraggio

0

L’obiettivo di deforestazione zero entro il 2030, che i governi e le aziende si sono impegnati a perseguire alla conferenza sul clima delle Nazioni Unite (Cop26), appare sempre più irraggiungibile: nel 2021, infatti, è andata persa un’area di foresta tropicale delle dimensioni di Cuba. Alti tassi di deforestazione sono stati registrati in Brasile e nella Repubblica Democratica del Congo, che ospitano le due più grandi distese di foresta tropicale del mondo. Inoltre, nelle foreste boreali dell’Eurasia e del Nord America vi è stato un vero e proprio record di deforestazione l’anno scorso, la cui causa va individuata principalmente nei grandi incendi verificatisi in Russia.

È questo sostanzialmente ciò che emerge dai nuovi dati dell’Università del Maryland e disponibili su Global Forest Watch, una piattaforma gestita dal World Resources Institute (WRI). Nello specifico, dagli stessi si evince che i paesi tropicali “hanno perso 11,1 milioni di ettari di copertura arborea nel 2021”, un’ area appunto grande quanto Cuba. A generare particolare preoccupazione, però, sono i “3,75 milioni di ettari persi all’interno delle foreste pluviali primarie tropicali”, trattandosi di “aree di importanza critica per lo stoccaggio del carbonio e per la biodiversità”. Quest’ultima a quanto pare non è stata per niente tutelata, dato che “la perdita di foreste primarie tropicali nel 2021 ha comportato 2,5 gigatonnellate (Gt) di emissioni di anidride carbonica, cifra equivalente alle emissioni annuali di combustibili fossili dell’India”.

Il tasso di deforestazione nel 2021, secondo gli analisti, è stato però minore di quello dell’anno precedente, ma ciò non è di certo una buona notizia. “Sebbene i tropici abbiano perso l’11% in meno di foresta primaria nel 2021 rispetto al 2020, ciò ha fatto seguito a un aumento del 12% dal 2019 al 2020”, affermano infatti a tal proposito, sottolineando poi – come anticipato precedentemente – che a preoccupare “non sono solo le foreste tropicali ma anche le foreste boreali” con “quelle in Russia hanno subito una perdita di copertura arborea senza precedenti nel 2021”.

Queste tendenze, dunque, rendono sempre più lontani gli obiettivi globali di deforestazione zero. Nell’ambito della Cop26, infatti, 141 paesi si sono impegnati a “fermare e invertire la perdita di foreste entro il 2030”, ma il raggiungimento di questo obiettivo – affermano gli analisti – “richiederà un consistente calo della perdita di foreste ogni anno per il resto del decennio, che non si sta ancora verificando nei paesi tropicali nel loro insieme”. Certo ci sono dei paesi – come Indonesia e Malesia – dove la perdita di foresta primaria è diminuita in modo significativo negli ultimi anni, ma si tratta di singole “eccezioni” che evidentemente incidono in maniera alquanto limitata.

[di Raffaele De Luca]

Ministro Speranza: mascherine obbligatorie fino al 15 giugno in alcuni luoghi al chiuso

0

Le mascherine resteranno obbligatorie fino al 15 giugno in alcuni luoghi al chiuso: è ciò che sostanzialmente avrebbe affermato – secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Ansa – il ministro della salute Roberto Speranza. Nello specifico il ministro, che secondo quanto dichiarato dovrebbe firmare a breve un’ordinanza relativa alla proroga in questione, avrebbe affermato che le mascherine rimarranno obbligatorie “nel trasporto pubblico locale e a lunga percorrenza, per gli spettacoli nei cinema, nei teatri e per tutti gli eventi e competizioni sportive che si svolgono al chiuso”.