martedì 16 Settembre 2025
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Quello approvato dal Governo è realmente un obbligo vaccinale?

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Il Consiglio dei Ministri ha approvato, nella serata di mercoledì 5 gennaio, un nuovo decreto legge che imporrebbe “l’obbligo vaccinale per i cittadini italiani che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età”. Tuttavia, andando a leggere la bozza del decreto nel dettaglio, se ne può evincere che le misure contenute siano alquanto diverse. Le restrizioni, infatti, riguarderebbero solamente i lavoratori, per i quali è previsto l’obbligo di certificazione vaccinale o di guarigione per l’accesso al posto di lavoro, mentre non sono previste modalità di verifica dell’avvenuto vaccino al di fuori di tale contesto.

Si fa presto a parlare di obbligo vaccinale, ma di cosa si sta parlando in realtà? La bozza del decreto legge votato ieri dal Consiglio dei Ministri lascerebbe intendere, a prima vista, la decisione di introdurre l’obbligo vaccinale per la popolazione italiana a partire dal cinquantesimo anno di età. In realtà, andando a leggere la bozza, le cose stanno in maniera leggermente diversa.

Per quanto riguarda i lavoratori con 50 anni o più, a partire dal 15 febbraio 2022 sarà obbligatorio presentare la certificazione di vaccinazione o avvenuta guarigione (il super green pass) per accedere al luogo di lavoro. In particolare, l’obbligo riguarderebbe i dipendenti pubblici, alcune categorie di dipendenti di uffici giudiziari tra i quali i magistrati e i dipendenti del settore privato (nello specifico le categorie definite dagli articoli 9-ter, 9-quinquies, 9-sexies e 9-septies del dl 52/2021). Per quanto riguarda il personale scolastico e universitario, l’obbligo vaccinale sarebbe esteso a tutto il personale senza limiti di età.

Spetterà ai datori di lavoro o ai responsabili della sicurezza delle relative strutture verificare il possesso della certificazione: in caso di mancato controllo sarebbero previste sanzioni amministrative. Nel caso dei lavoratori, coloro che non siano in possesso del super green pass verrebbero considerati assenti ingiustificati e sarebbero quindi soggetti ad una decurtazione della retribuzione in base al numero di giorni in cui si risulta assenti. In ogni caso non verrebbero applicate conseguenze disciplinari e si manterrebbe il diritto alla conservazione del rapporto di lavoro fino a che non si decida di presentare la certificazione e comunque non oltre il 15 giugno 2022.

Le modalità di applicazione di tale provvedimento potrebbero variare a seconda del settore di appartenenza: nel caso di dipendenti di imprese private, per esempio, il datore di lavoro potrebbe decidere di sospendere il dipendente per 10 giorni, rinnovabili fino al 31 marzo 2022, data attualmente prevista per la fine dell’emergenza.

I lavoratori che accedano al posto di lavoro senza super green pass potrebbero incorrere in pene amministrative che vanno da 600 a 1500 euro.

La bozza prevede poi l’estensione dell’uso del super green pass per i servizi alla persona e l’accesso ai pubblici uffici, poste, banche e attività commerciali fatta eccezione per quelle necessarie al soddisfacimento delle esigenze primarie, ma stando al comunicato stampa rilasciato dal Consiglio dei Ministri si sarebbe optato per l’utilizzo del green pass “di base” (ovvero ottenibile con tampone negativo).

Le certezze riguardo alle misure che verranno effettivamente messe in atto si avranno solamente dopo che il testo verrà pubblicato in Gazzetta Ufficiale, non prima di qualche giorno. Tuttavia, stando a quanto riportato dalla bozza, non vi è alcun obbligo effettivo di vaccinazione: di fatto, non sono specificate azioni di controllo e sanzione per disoccupati o pensionati. Le misure colpiscono, nello specifico, solamente la popolazione di lavoratori. L’introduzione di un effettivo obbligo vaccinale porterebbe con sè delle conseguenze non indifferenti sul piano della gestione della campagna vaccinale, in primo luogo con l’eliminazione del foglio di consenso informato, dal momento che dovrebbe essere lo Stato a farsi carico delle compensazioni pecuniarie o di altro genere per coloro che siano vittime di effetti collaterali. Inoltre, se per le normali vaccinazioni obbligatorie sono le Asl ad essere incaricate di attivare “un percorso di recupero della vaccinazione”, nulla del genere è specificato nell’attuale bozza del decreto.

Se si confermasse essere questo lo stato delle cose si tratterebbe insomma dell’ennesima mistificazione messa in piedi dal Governo, che sembra voler indurre la popolazione alla vaccinazione con metodi sempre più coercitivi ma senza farsi carico di un’effettivo obbligo. Sarà chiaro nei prossimi giorni e con la pubblicazione del testo definitivo quali saranno le misure messe in atto.

[di Valeria Casolaro]

Kazakistan, la Russia invia truppe a sostegno del governo

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La Russia ha inviato truppe di paracadutisti in Kazakistan per aiutare il governo a contenere le rivolte violente, esplose nel Paese dopo la brusca impennata dei prezzi del GPL. Lo riporta Reuters. Secondo l’agenzia TASS, gli alti diplomatici russi e turchi sosterrebbero gli sforzi del governo kazako per ristabilire l’ordine nell’ex repubblica sovietica. Mosca ha inoltre dichiarato che la rivolta sia da attribuire alla volontà di “forze esterne” al Paese, che hanno fomentato lo scoppio delle proteste. Al momento la conta delle vittime risulta difficile, perchè non vengono forniti dati ufficiali sulle vittime civili, ma è certo che si tratti della peggior rivolta da quando il Paese ha ottenuto l’indipendenza, 30 anni fa.

La politica europea sui migranti: un fallimento totale

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Nel 2021 le migrazioni irregolari dal Mediterraneo verso l’Europa sono tornate a crescere. Hanno superato quota 184mila, più della metà rispetto al 2020 e del 45% rispetto al 2019. Nel solo mese di novembre ne sono state registrate circa 22.450. L’85% dei migranti è arrivato dall’Africa. In particolare, Frontex segnala che "gli egiziani sono diventati la seconda nazionalità" di provenienza dei migranti registrata in Italia nel 2021. La prima è quella libica. Negli ultimi mesi, ma in realtà già da almeno sei anni, l'Unione europea ha investito i suoi soldi in maniera differente. Sembrano lontan...

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No Tav, incendio doloso al presidio di San Didero

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Intorno alle 23.30 di martedì 4 gennaio nel presidio No Tav di San Didero si è sviluppato un incendio che ha coinvolto parte delle strutture. Quella sera al presidio si era tenuto uno dei consueti eventi, conclusosi alle 22 con la chiusura dei locali. A dare l’allarme è stato un gruppo di attivisti No Tav di passaggio: il tempestivo intervento dei vigili del fuoco ha impedito che l’incendio si estendesse alle zone limitrofe. Dalle prime ricostruzioni, le fiamme sembrano essersi sviluppate in maniera dolosa dall’interno della roulotte, ma non vi sono ancora indizi su chi possa aver compiuto il gesto.

Ufficiale: introdotto l’obbligo vaccinale per gli over 50

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Il Consiglio dei Ministri ha approvato all’unanimità l’obbligo vaccinale per tutti i residenti in Italia di età superiore ai 50 anni. Dall’entrata in vigore e fino al 15 giugno l’obbligo riguarderà solo gli inoccupati (pensionati e disoccupati), mentre dal prossimo 15 febbraio per tutti gli over 50 servirà il super green pass (quindi vaccinazione o contagio da meno di sei mesi) per tutti i lavoratori dei settori pubblici e privati. Gli over 50 senza super green pass, dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata, potranno essere sospesi «per un periodo non superiore a dieci giorni lavorativi», rinnovabili fino al 31 marzo 2022, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del posto di lavoro. Ad essere esentati, secondo la bozza presentata al Cdm, saranno solo i lavoratori di alimentari e farmacie.

Ancora non è chiaro come il Governo intenda far rispettare l’obbligo. Innanzitutto: quale pena sarà comminata a chi non si vaccina per avendo più di 50 anni? Sanzioni pecuniarie? Carcere? Inoltre, come verrà fatto rispettare l’obbligo? Difficile pensare si scelga di inviare la forza pubblica a prelevare i renitenti all’inoculazione. Per comprendere a fondo la strategia governativa occorrerà attendere la pubblicazione del testo. Ancora una volta una misura di tale rilevanza viene approvata tramite decreto legge, nei confronti di un Parlamento ormai esautorato di ogni prerogativa costituzionale. Con l’iniziativa del tutto in mano ad un presidente del Consiglio che in tema Covid è stato ripetutamente propagatore di fake news.

A quanto si apprende, l’obbligo vaccinale prevede eccezioni per casi di «accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale o dal medico vaccinatore».

AGGIORNAMENTO:  Questo articolo è stato pubblicato in corsa, a pochi minuti di distanza dall’approvazione del cosiddetto “obbligo vaccinale” da parte del Consiglio dei Ministri. In data 06/01 abbiamo approfondito la questione andando a fondo della normativa di riferimento. Una versione più aggiornata dei contenuti del decreto approvato, con importanti specifiche, è disponibile in questo articolo: “Quello approvato dal Governo è realmente un obbligo vaccinale?“.

 

La censura di Facebook in Italia colpisce ancora: è la volta de L’AntiDiplomatico

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La censura di Facebook è tornata ad abbattersi in Italia: negli scorsi giorni infatti la pagina social de L’AntiDiplomatico – una testata regolarmente registrata al tribunale di Roma – è stata bloccata rendendo impossibile pubblicare articoli e contenuti all’interno della stessa, che conta oltre 140mila follower. Il blocco è scattato dopo che il social network ha censurato, nell’arco di una settimana, due post de L’AntiDiplomatico: il primo è stato rimosso in seguito ad un fact-check di Open – il giornale online fondato da Enrico Mentana che negli scorsi mesi si è affiancato alla testata Pagella Politica con il fine di monitorare i post in lingua italiana – ed aveva ad oggetto un video in cui un farmacista mostrava i risultati delle persone positive al Covid della giornata mettendoli in relazione con il loro status vaccinale. Il secondo post invece, che ha determinato il successivo blocco della pagina, è stato censurato poiché giudicato in violazione con gli standard della Community in materia di disinformazione ed in quanto tale avrebbe potuto causare violenza fisica.

Si trattava tuttavia – come sottolineato da l’AntiDiplomatico che ha commentato la vicenda tramite un articolodi un un post ironico che prendeva in giro le fake news diffuse dal mainstream nell’ultimo anno e che infatti su Instagram (di proprietà dell’impresa statunitense Meta, a capo anche di Facebook) non è stato censurato. In realtà però anche il primo post censurato non è stato bloccato sulla pagina Instagram de L’AntiDiplomatico, che sottolinea altresì come i due post siano presenti su altre decine e decine di pagine Facebook.

Detto questo, sempre L’AntiDiplomatico ha poi ieri comunicato che la propria pagina Facebook è tornata attiva ma che il via libera datogli dal social network sia «fittizio» in quanto la stessa rischia comunque di essere nascosta e presenta una «distribuzione ridotta e altre restrizioni” a causa delle “continue violazioni degli standard della Community». Un modus operandi che la redazione de L’AntiDiplomatico non condivide, motivo per cui essi chiedono «la fine dello “shadowbanning” fino ad oggi basato su argomentazioni ridicole». Si tratta però di un danno importante per la testata, in quanto «Facebook rappresenta da sempre per l’AntiDiplomatico il primo canale di ingresso di visite». Ad ogni modo, non essendo più disposto ad «accettare ricatti», l’AntiDiplomatico sta cercando una via alternativa, invitando i lettori ad iscriversi al proprio canale Telegram.

Inoltre, la testata annuncia che intraprenderà una causa legale contro NewsGuard, definito un «autoproclamato ministero della verità che, in collaborazione con la Commissione europea e fact-checkers dei giganti Usa di internet, dà il green pass su quale informazione possa o non possa essere filtrata all’opinione pubblica italiana». In tal senso, L’AntiDiplomatico critica anche il fatto che i fact-checkers non sono intervenuti quando il Presidente del Consiglio Mario Draghi diffuse la «fake news dell’anno», ossia quella secondo cui con il Green Pass gli italiani avrebbero avuto la «garanzia di trovarsi tra persone non contagiose». Insomma, il problema è rappresentato dal fatto che questo tipo di censura va a colpire sempre in un’unica direzione.

Non si tratta certo della prima volta che Facebook censura contenuti senza basarsi su fondamenta solide: anche L’Indipendente infatti è stato in passato censurato, con Facebook che ha giudicato un’informazione da noi data come falsa nonostante essa fosse vera. È evidente dunque che tale modus operandi ci ponga davanti ad un questione di rilevanza fondamentale, ossia: chi controlla che vengano rispettati i dettami costituzionali, se la censura è affidata a multinazionali private?

[di Raffaele De Luca]

Australia: Djokovic bloccato in aeroporto, problemi con il visto

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Problemi relativi al visto stanno creando difficoltà all’ingresso in Australia di Novak Djokovic, il tennista giunto in aereo a Melbourne per partecipare agli Open d’Australia dopo l’annuncio dell’esenzione dal vaccino e le relative polemiche annesse. Secondo quanto riportano alcuni quotidiani australiani, tra cui il Sydney Morning Herald e The Age, le autorità dello Stato di Victoria hanno infatti negato la richiesta di visto dopo che il giocatore ed il team hanno presentato un modello errato, il quale non consentirebbe esenzioni mediche per la non avvenuta vaccinazione. Al momento dunque la situazione è in fase di stallo, con il tennista ed il suo staff attualmente fermi in aeroporto.

Caro energia: primi fallimenti tra le piccole e medie imprese italiane

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Il caro energia è un problema che sta impattando già in modo concreto e preoccupante. Lontano dai riflettori le prime aziende dichiarano bancarotta, annunciando un possibile tsunami che potrebbe abbattersi sul tessuto produttivo italiano nelle prossime settimane, a meno che non vi sia un intervento deciso da parte del Governo. A farne le spese è anche Saxa Gres, importante realtà dell’economia circolare presente nel frusinate con due stabilimenti, a Anagni e Roccasecca, e nel perugino (Gualdo Tadino). L’azienda produce principalmente piastrelle e altri tipi di ceramiche da materiali di riuso. A dicembre ha annunciato il blocco della produzione dal primo al 31 gennaio. Coinvolti in totale 475 lavoratori, i quali verranno posti in cassa integrazione.

La notizia mette in apprensione i sindacati. L’Ugl della provincia di Frosinone, rappresentata da Enzo Valente, in questa occasione sgombra il campo da critiche specifiche alla gestione societaria, osservando che il problema è ben più ampio e che il governo dovrebbe prenderlo maggiormente in considerazione. «Saxa Gres – sottolinea Valente – ha messo in campo 60 milioni di euro di investimenti su Roccasecca per realizzare uno dei più grandi forni d’Europa. Parliamo di economia circolare, modello produttivo importante, e di una fondamentale occasione in termini occupazionali per il territorio. L’azienda si sta infatti impegnando nella reindustrializzazione di siti già esistenti in Ciociaria. Non capisco infatti – prosegue il segretario – per quale motivo sulla finanziaria il governo abbia introdotto misure insufficienti e timide. Mi aspetto altri provvedimenti al di fuori della legge di bilancio. Anche perché il boomerang è destinato ad espandersi. Dalle ceramiche al settore della carta, al vetro e al siderurgico. Insomma tutti quei comparti che fanno utilizzo di forni e altiforni a elevato consumo energetico».

Il settore ceramica ha in tutto 279 industrie, per 2.7500 dipendenti e 6,5 miliardi di fatturato. Su cui però ora gravano 1,4 miliardi di aumento dei costi. Fino ad ora ha in parte ritardato l’esplosione della situazione l’esistenza di contratti di fornitura con accordi bloccati, ma l’aumento vertiginoso del prezzo del gas e il passaggio al mercato libero, già in atto per le Pmi e definitivo anche per clienti domestici e microimprese nel 2024, genera tensione e preannuncia il possibile disastro. Giovanni Savorani, presidente di Confindustria Ceramica, auspica la creazione di un acquirente unico europeo dell’energia e ricorda che, se le aziende italiane perderanno competitività, se ne avvantaggeranno quelle del resto d’Europa. Specialmente le tedesche e francesi che hanno una produzione energetica propria.

Come risolvere la questione? Tutti i principali attori sembrano avere una soluzione, che va nella direzione di maggiori investimenti nei loro settori. Ad esempio, il direttore generale di Enel Italia, Nicola Lanzetta su questo afferma: «Per una soluzione di lungo termine e strutturale la strada è proprio investire nelle rinnovabili. Gli impianti costruiti dal 2009 – prosegue – hanno consentito una riduzione del prezzo dell’energia del 10% e se fossimo stati più avanti nei target al 2030 i prezzi attuali sarebbero stati di oltre il 35% più bassi». Non parole senza senza senso, ma è chiaro che si tratta di soluzioni di medio-lungo periodo. Il ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha invece proposto di riprendere le trivellazioni. La cosa sorprende poco (visto che il ministro si sta dimostrando particolarmente attivo sul tema), ma è razionalmente insostenibile: anche volendo ignorare i gravi danni ambientali provocati dalle estrazioni, la verità è che le riserve petrolifere italiane sono assolutamente esigue perché possano costituire una strategia seria per l’approvvigionamento energetico nazionale. Secondo i dati pubblicati dall’Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse (Unmig) le riserve certe presenti nel territorio – sia sulla terraferma che in mare – si attestano a 84,8 milioni di tonnellate, equivalenti a poco meno di 606 milioni di barili: in base ai consumi italiani basterebbero per un paio d’anni scarsi.

Il fatto è che senza inquadrare la questione gas dal punto di vista geopolitico non si va lontano. La difficoltà energetica inizia dai problemi di approvvigionamento e dello squilibrio tra domanda-offerta dovuti alla pandemia, ma culmina nella riduzione di forniture da parte della Russia, per fare pressione in merito all’autorizzazione del gasdotto Nord Stream 2, che byepassa l’Ucraina e arriva fino in Germania. Le tensioni con l’Ucraina e le sanzioni per il conflitto in Crimea sono infatti un ulteriore problema, ma Putin ha più volte detto che lo sblocco del gasdotto consentirebbe l’aumento delle forniture e la riduzione dei prezzi. Sull’immediato, la risoluzione del problema non può che passare da un accordo con la Russia, le altre soluzioni possibili richiedono tempi misurabili in anni, e niente potranno per impedire che l’inverno in corso si trasformi in una odissea per famiglie e imprese. Nel frattempo, il Governo italiano potrebbe mitigare i rischi con ampi aiuti finanziari verso famiglie e imprese, ma da palazzo Chigi il primo ministro del “governo dei migliori” per ora non batte nessun colpo.

[di Giampiero Cinelli]

Il Kazakistan è in rivolta

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Non si placa la rivolta scoppiata improvvisamente in Kazakistan. Le notizie che arrivano sono frammentate e difficili da verificare, ma è certo che poche ora fa il presidente Kazako, Qasym-Jomart Toqaev, ha sciolto il governo del Primo Ministero Askar Mamin e imposto lo stato di emergenza ad Almaty, la più grande città del paese, e nella regione di Mangghystau in seguito alle proteste violente innescate dall’aumento dei prezzi del carburante. Toqaev ha inoltre ordinato al nuovo governo in carica di ripristinare i controlli sul prezzo del gas, del petrolio e di altri beni di consumo fondamentali. Una mossa per cercare di calmare la folla, che al momento non pare sortire risultati. Secondo fonti ancora non del tutto confermate, ad Almaty, gli scontri tra polizia e manifestanti avrebbero causato circa 180 feriti, di cui 7 in gravi condizioni. Inoltre, sono stati assaltati e dati alle fiamme diversi edifici governativi compreso il municipio della città.

Le proteste inizialmente partite il 2 gennaio nella regione di Mangghystau per ragioni economiche, si sono poi trasformate in sommosse politiche allargandosi anche ad altri parti del paese. In Almaty, infatti, i manifestanti hanno chiesto le dimissioni del governo intonando cori nei quali chiedevano “la cacciata del vecchio”, un chiaro riferimento all’ex presidente Nursultan Nazarbayev: il padre padrone del Kazakistan dal 1991 sino al 2019, quando ha scelto di lasciare la carica di Presidente al suo “pupillo” Toqaev, dato che l’unico partito di opposizione si era rifiutato di presentare un candidato alla presidenza. Nazarbaev continua ad esercitare un ruolo fondamentale nella politica del paese essendo il Presidente del Consiglio di Sicurezza del Kazakistan e il “Leader della nazione”, cariche che gli garantiscono ancora un certo potere decisionale nonché l’immunità penale. Per capire meglio quale sia peso politico di Nazarbaev in Kazakistan, basti pensare che la capitale Astana, è stata rinominata Nur-Sultan in suo onore nel 2019.

Negli anni a seguito del crollo dell’Unione Sovietica, il Kazakistan ha cercato di portare avanti una politica estera pragmatica volta al bilanciamento dell’influenza delle varie potenze presenti in Asia Centrale, Cina, Stati Uniti e appunto Russia. Gli Stati Uniti, il 25 dicembre 1991, sono stati il ​​primo paese a riconoscere l’indipendenza del Kazakistan aprendo la loro ambasciata ad Almaty nel gennaio 1992. Negli anni successivi all’indipendenza del Kazakistan, i due paesi hanno sviluppato forti relazioni bilaterali e concordato un partenariato strategico, rafforzato dal vertice tenutosi nel gennaio 2018. Nonostante i rapporti con Washington, il Kazakistan rimane tuttavia uno dei principali alleati della Russia, avendo preso parte a tutti i progetti di integrazione di Mosca, come il Commonwealth degli Stati indipendenti, l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, l’Unione economica eurasiatica (EEU) e l’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva (CSTO). Il presidente russo Vladimir Putin ha visitato il Kazakistan ventotto volte durante il suo “regno”: più di ogni altro Paese. Russia e Kazakistan oltre ad avere forti legami economici, sono inoltre legati dalla questione etnica dato che circa il 19% della popolazione attuale del Kazakistan è appunto di etnia russa.

Se le proteste in Kazakistan dovessero continuare potrebbero avere ripercussioni anche sulle altre repubbliche ex Sovietiche dell’Asia Centrale, dove simili movimenti di protesta potrebbero riproporsi. Questa ondata di malcontento sviluppatasi così velocemente ha chiaramente colto di sorpresa il governo Kazako, da sempre considerato il più stabile della regione, che si è trovato impreparato a limitare la rabbia dei propri cittadini. Se le proteste dovessero continuare anche nei prossimi giorni si aprirebbero nuovi scenari anche a livello internazionale, dato che le potenze (Russia, Cina, e Stati Uniti) interessate agli sviluppi nella regione potrebbero tentare di accrescere le loro influenze all’interno del paese. Per la Russia sarebbe importante mantenere lo status quo tramite il governo di Toqaev, e l’influenza di Nazarbaev. Mentre gli Stati Uniti potrebbero tentare di sfruttare le opposizioni all’interno del paese per limitare l’influenza russa in Kazakistan. La Cina, invece potrebbe tentare di incrementare il proprio peso economico in Kazakistan, dato che il paese detiene ingenti riserve di petrolio e gas naturale oltre a risorse minerarie tra cui ferro, carbone e metalli utilizzati per la produzione di apparecchi elettronici. La situazione è in evoluzione ed è ovvio che causi preoccupazione in particolare a Mosca, visto che la Russia condivide con il Kazakistan ben 7.600 km di confine.

[di Enrico Phelipon]

Macron svela la strategia francese contro il Covid: “Voglio far arrabbiare i non vaccinati”

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«I non vaccinati voglio davvero farli arrabbiare. E continueremo a farlo, fino alla fine. Questa è la strategia». È quanto ha affermato il presidente francese Emmanuel Macron in un’intervista rilasciata al quotidiano Le Parisien. «In una democrazia, il peggior nemico sono le bugie e la stupidità. Facciamo pressione sui non vaccinati limitando il più possibile il loro accesso alle attività sociali», ha aggiunto Macron, il quale ha precisato che i non vaccinati rappresentano una «minoranza molto piccola» che però «è resistente».