mercoledì 5 Novembre 2025
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Ucraina: salgono a 1,7 milioni i profughi

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Salgono a 1,7 milioni le persone costrette a fuggire dall’Ucraina in seguito all’invasione russa iniziata il 24 febbraio scorso. Secondo l’Alto commissariato ONU per i rifugiati (UNHCR), l’Europa è di fronte alla “crisi di profughi più veloce dalla Seconda Guerra Mondiale”. Dei 1.708.436 di rifugiati provenienti dall’Ucraina, più della metà sono giunti in Polonia. Gli altri Paesi che hanno accolto un numero consistente di profughi sono l’Ungheria, la Slovacchia, la Romania e la Moldavia. Circa 200 mila persone in fuga dall’Ucraina sarebbero arrivate invece in Russia e nell’Unione europea.

Strage di Viareggio: l’ex ad di Trenitalia si salva con la prescrizione

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Oggi, 7 marzo, si è tenuta a Firenze la prima udienza del processo di appello-bis per “la strage di Viareggio”, l’incidente ferroviario che nel 2009 costò la vita a 32 persone, ferendone più di un centinaio. Tra gli imputati chiamati a rispondere dell’accaduto c’è in aula Mauro Moretti, ex amministratore delegato di Trenitalia, che in occasione del primo appello decise di rinunciare alla prescrizione e fu condannato a 7 anniLa Cassazione ha però annullato con rinvio la sentenza, stabilendo che Moretti dovesse chiarire in appello-bis l’intenzione di rinunciare o meno all’istituto giuridico, visto che la sua decisione arrivò prima che cadesse in prescrizione l’accusa di omicidio colposo plurimo, venuta meno per la caduta dell’aggravante della violazione di norme sulla sicurezza sul lavoro. Così oggi, di fronte alla corte di Firenze, l’ex ad di Trenitalia è ritornato sui propri passi, dichiarando di non voler rinunciare alla prescrizione.

L’udienza di questa mattina, la prima del processo di appello-bis, è stata presto interrotta per volere della prima camera di consiglio a causa di una mancata traduzione in tedesco, che è la lingua di alcuni imputati, della sentenza della Corte di Cassazione. Così è stato disposto un rinvio al 7 aprile, accogliendo l’istanza presentata proprio dai difensori degli imputati tedeschi. Al termine dell’udienza alcuni familiari delle vittime, arrivati in corteo al tribunale di Firenze, si sono avvicinati al banco di Moretti, urlandogli la propria rabbia e disapprovazione. L’ex ad di Trenitalia si è subito allontanato, facendo scattare un applauso polemico all’interno dell’aula.

[Di Salvatore Toscano]

Russia: governo stila lista Paesi ostili, c’è anche l’Italia

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Il governo russo, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Tass, avrebbe stilato una lista di Paesi ostili, che comprenderebbe tutti quegli Stati e territori stranieri che hanno applicato o che si sono uniti alle sanzioni contro Mosca e nella quale sarebbe presente anche l’Italia in quanto Paese europeo. Nell’elenco infatti vi sarebbero gli Stati dell’Ue nonché, tra gli altri, gli Stati Uniti, il Canada, il Giappone, la Corea del Sud, l’Australia, la Nuova Zelanda, la Svizzera, oltre che ovviamente la stessa Ucraina. Il governo russo avrebbe stabilito che lo Stato, le aziende ed i cittadini russi che hanno debiti contratti in valuta estera con creditori stranieri dei Paesi inseriti nella lista potranno saldarli in rubli: la misura, però, varrebbe solo per i pagamenti superiori ai 10 milioni di rubli al mese.

Energia: i servizi segreti italiani smentiscono il Governo

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Nessun allarme per l’approvvigionamento di gas all’indomani dell’esplosione del conflitto russo-ucraino: è quanto affermato in un report annuale stilato dai servizi segreti e inviato al Parlamento. La pluralità delle fonti di approvvigionamento infatti, secondo quanto previsto dal Regolamento europeo 2017/1938, permette “un’ampia e diversificata capacità di importazione” che consente di sopperire alle mancanze derivanti dalla chiusura del canale russo. Nonostante ciò, il decreto legge sulla crisi in Ucraina stilato dal Governo prevede un aumento dello sfruttamento dei combustibili fossili per l’approvvigionamento elettrico. Misure che, alla luce di quanto emerso, risultano ingiustificabili e sanciscono definitivamente la scarsa volontà dell’Italia di muoversi nella direzione della transizione ecologica, che oggi più che mai si configura come passaggio fondamentale verso l’indipendenza energetica.

L’approvvigionamento di gas in Italia è garantito “da un’ampia e diversificata capacità di importazione e da una dotazione di infrastrutture di stoccaggio in grado di compensare la stagionalità della domanda, nonché eventuali problemi di funzionamento di un gasdotto”. È quanto rivelato dalla Relazione annuale sulla politica dell’informazione per la sicurezza del 2021, stilata dai servizi segreti italiani e messa a disposizione del Parlamento. All’interno viene specificato come “Il sistema infrastrutturale italiano rispetta la cd. formula N-1, ossia la capacità di soddisfare, grazie alla ridondanza, livelli di domanda molto elevati anche in caso di interruzione della principale infrastruttura di importazione, ossia del gasdotto che trasporta i flussi in arrivo dalla Russia fino al punto di ingresso di Tarvisio e che, nel 2021, ha veicolato il 38% del fabbisogno nazionale”.

Dal “Rapporto annuale sulla politica dell’informazione per la sicurezza”

Nessun allarme, quindi, in caso di chiusura dei rubinetti da parte della Russia. Come fa notare il deputato di Alternativa Giovanni Vianello, inoltre, i gasdotti esistenti sono stati notevolmente sotto-utilizzati nel 2021: Transmed, il gasdotto che permette l’importazione di gas dall’Algeria, ha una capacità di 30,2 miliardi di metri cubi, ma ne sarebbero stati importati solo 21 miliardi. Stessa cosa per il libico Greenstream, che ha una capacità massima di 11 miliardi di metri cubi, ma sarebbero stati solo 3 miliardi quelli importati nel 2021. Inoltre nel 2021 l’Italia “ha esportato 1,5 miliardi di metri cubi all’estero” ricorda Vianello.

Nonostante ciò il Governo ha previsto, all’interno del decreto legge in merito alla crisi Ucraina, un’aumento della produzione di energia elettrica da fonti quali carbone e olio combustibile. Ciò avviene evidentemente indipendentemente dall’entità dell’emergenza futura la quale, a quanto risulta, sembra essere di portata nettamente inferiore a quella che lo stesso Governo vorrebbe far credere, “scollegando quindi l’emergenza energetica alla discrezionalità di utilizzare le fonti fossili e inquinanti”. Nel contesto attuale, i limiti di un sistema basato sull’interdipendenza energetica e sulle fonti fossili sono venuti alla luce più che mai. Accelerare il processo di transizione energetica verso fonti sostenibili si mostra un passaggio fondamentale per raggiungere un maggior livello di indipendenza e, di conseguenza, evitare una crisi di approvvigionamento. Questo discorso vale in particolar modo per l’Italia, che importa gas dalla Russia in misura maggiore rispetto a qualunque altro Paese europeo. Resta evidente che alle necessità oggettive dovrebbe corrispondere una precisa volontà politica, al momento del tutto assente.

[di Valeria Casolaro]

 

 

Bitcoin: cosa ne determina il prezzo e cosa è possibile aspettarsi

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Bitcoin (BTC) è un tema tanto affascinante quanto controverso. Pochissime persone al mondo lo comprendono completamente, in quanto la sua genesi è da ricercare nell’incrocio di cinque macroaree di studio quali: crittografia, sistemi distribuiti, teoria dei giochi, computer science e politiche economico-monetarie. Per quanto concerne la determinazione del prezzo di bitcoin, tra le materie più importanti sopra citate ci sono sicuramente: computer science e le politiche economico-monetarie utilizzate da Satoshi Nakamoto (anonimo inventore della rete Btc) per dare vita alla sua creatura. La sfera ...

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La Russia prepara l’uscita dall’internet globale?

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La pagina twitter di @LatestAnonPress, profilo legato ai noti “hacktivisti” di Anonymous, preannuncia un’evenienza che, qualora si concretizzasse, potrebbe stravolgere non poco il mondo informatizzato per come lo conosciamo oggi. Secondo il gruppo, il Cremlino si starebbe preparando ad abbandonare il world wide web, ovvero si starebbe attrezzando per imporre un’infrastruttura che potrà in qualsiasi momento essere separata da quella dei Paesi terzi, un’infrastruttura che molti hanno battezzato sardonicamente “Inter-nyet”. 

Il fatto che Mosca stia valutando la disconnessione dall’internet globale è cosa nota: il Presidente Vladimir Putin ha sviluppato attriti con le Big Tech, colpevoli di non sottostare alle sue ambizioni di censura, e guarda da tempo con interesse al concetto del “The Great Firewall” imbastito con successo dall’alleato cinese. A differenza di Beijing, Mosca non ha però vissuto la Rete approcciandosi sin da subito a questa direzione “separatista”, quindi al Governo non resta che recuperare il tempo perduto muovendosi a ritroso.

Ha censurato i contenuti a lui scomodi, multato i leader statunitensi del settore, iniziato a demolire software e servizi che garantiscono anonimato o che danno l’accesso al cosiddetto deep web e, più recentemente, ha provveduto a statalizzare il social media VK facendolo finire nelle mani di due sussidiarie di Gazprom, azienda energetica statale divenuta nota ai più per colpa dei dissapori legati al Nord Stream 2. 

La Russia è probabilmente lontana dal raggiungere la sovranità digitale, miraggio aureo condiviso da tutte le Amministrazioni nazionaliste, tuttavia è facile credere che Putin stia facendo di tutto pur di velocizzare il processo di localizzazione del web, soprattutto in questo periodo belligerante. Mentre i mezzi blindati tagliano le strade ucraine, la Rete è infatti sconvolta da piccole schermaglie che mirano a diffondere potenti azioni contro-narrative. I cybercriminali hanno perlopiù colpito le pagine internettiane delle agenzie governative, ma la loro influenza ha oramai raggiunto anche i servizi di streaming, i quali sono stati adoperati per imporre ai civili le immagini della guerra.

Per anni, aziende e Governi hanno plasmato internet offrendo priorità alla remunerativa velocità di consumo, piuttosto che sulla sicurezza e alla solidità dell’infrastruttura stessa, e il Cremlino è ben consapevole che in assenza di interventi radicali sia impossibile difendere le infinite vulnerabilità della Rete. Questi interventi radicali, sostengono i documenti trapelati, sarebbero in corso d’opera ed entro l’11 di marzo tutti i server e tutti i domini operanti in Russia dovranno necessariamente essere trasferiti entro i confini di Mosca.

D’altronde, questo potrebbe essere il periodo migliore per Putin per procedere con una simile manovra: per scrupolo morale o per pressione politica, le aziende digitali estere si approcciano all’invasione dell’Ucraina sospendendo i propri servizi agli utenti russi, annullando di fatto il proprio potere lobbistico e finanziario nei confronti della stesura delle leggi. Qualora la situazione si normalizzasse, le Big Tech potrebbero trovarsi in futuro a tornare in una Russia che è a loro normativamente ostile, che predilige le “super-app” capaci di sopperire a più servizi minimizzando gli sforzi di controllo della censura e che punta a promuovere un isolamento stagno dal processo di globalizzazione 4.0.

[di Walter Ferri]

In Italia il 94% dei comuni è a rischio dissesto idrogeologico

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In Italia sono 7423 i centri a rischio dissesto idrogeologico, ovvero frane, alluvioni ed erosione: è quanto rivela un rapporto dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), citato da La Stampa. Le cause sono per lo più il cambiamento climatico e il consumo di suolo, dovuto all’ampliamento indiscriminato delle aree urbane e all’abbandono dei centri montani, con il conseguente venir meno degli interventi di manutenzione. Sono 8 milioni i cittadini a risiedere in aree ad alta pericolosità. Unico dato positivo emerso dal rapporto: i litorali italiani in avanzamento superano quelli in erosione.

Il governo italiano non vuole rivelare le armi inviate in Ucraina

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Il Governo italiano ha deciso di inviare armamenti in Ucraina senza voto parlamentare e mantenendo segreta la lista delle armi letali inviate nel Paese per contrastare l’invasione russa. La lista potrebbe essere resa pubblica in un secondo momento, quando verranno eventualmente meno i criteri di segretezza i quali, stando a quanto affermato dal sottosegretario alla Difesa Mulè, sarebbero determinati dal fatto di non voler dare vantaggio all’avversario russo. Tale motivazione non spiega in ogni caso l’estromissione dei parlamentari, ma si inserisce in un modo d’agire ormai divenuto la norma per questo Governo, che ha reso l’eccezionalità il braccio forte del proprio operato.

Il Parlamento è stato nuovamente estromesso dalle decisioni del Governo: questa volta tocca alla lista di armi da inviare in Ucraina per aiutare il governo di Zelensky a far fronte all’invasione russa. La lista del materiale bellico è infatti contenuta all’interno di un decreto interministeriale (definito di concerto dai ministeri della Difesa, degli Esteri e dell’Economia) secretato e non sottoposto all’esame dei parlamentari. Le rimostranze nei confronti di tale decisione sono giunte sia dalla maggioranza che dall’opposizione, con esponenti di Lega e Fratelli d’Italia (ma pare che il sentimento sia condiviso anche dai 5 Stelle) che hanno sottolineato la necessità del coinvolgimento dei parlamentari. Il Governo ha tuttavia deciso di non prendere questa strada, dichiarando di aver aggiornato il Copasir (il Comitato parlamentare per la difesa della Repubblica) con l’audizione del ministro Guerini di mercoledì 2 marzo. Si potrà, forse, arrivare a un resoconto successivo, quando verranno meno le esigenze di riservatezza.

Ma quali sono i motivi di tanta segretezza nei confronti di un organo costituzionale fondamentale come il Parlamento? Secondo quanto affermato dal sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè si tratterebbe di una necessità dovuta soprattutto al fatto di non voler dare vantaggio all’avversario rendendo pubblica la lista di armi che verranno messe a disposizione dell’Ucraina. A tal proposito, per quanto riguarda le liste pubblicate da alcuni mezzi di informazione in questi giorni, il Ministero della Difesa avrebbe negato l’esistenza di qualsiasi “riscontro ufficiale e oggettivo”. Fratelli d’Italia e Lega hanno sottolineato come il coinvolgimento del Parlamento potrebbe avvenire anche tramite seduta secretata, ma il Governo non pare essere della stessa idea. Anche alcuni rappresentanti di Forza Italia e Alternativa hanno sottolineato l’insensatezza di questa decisione, aggravata dal fatto che questa concerne l’invio di armamenti letali.

Aspre critiche sono giunte anche dalla ONG Amnesty International, che in un tweet ha ribadito la necessità di rispettare i principi di trasparenza e non utilizzare indiscriminatamente gli equipaggiamenti che verranno inviati.

La decisione del Governo si colloca inoltre in netta controtendenza rispetto a quanto stabilito da altri governi, che hanno reso nota la lista degli armamenti inviati. Non si comprende poi perché, oltre il Parlamento, debba essere estromessa anche l’opinione pubblica, che avrebbe tutto il diritto di sapere in che misura e con quali mezzi l’Italia contribuisca alla guerra.

[di Valeria Casolaro]

 

Russia, anche Netflix e TikTok sospendono il servizio

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A seguito dell’inasprimento delle misure contro chi diffonda presunte fake news in Russia, la piattaforma social TikTok ha deciso di sospendere i propri servizi di streaming e download. Nei giorni scorsi diverse testate giornalistiche, tra le quali la Bbc e l’italiana Rai, hanno deciso, per lo stesso motivo, di richiamare i propri corrispondenti dalla Russia. Anche La piattaforma di streaming Netflix ha sospeso i propri servizi, per protestare contro l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

In Colombia c’è un’area protetta per gli animali salvati dal contrabbando

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Una seconda possibilità di vita per gli animali salvati dal traffico illegale. È questo che offre il Bioparco la Reserva, un fondo a scopo di lucro che contribuisce alla conservazione della fauna, della flora e delle risorse naturali colombiane, attraverso progetti di educazione ambientale e ricerca sulla biodiversità degli ecosistemi colombiani. Il rifugio, che accoglie decine di animali riscattati ai trafficanti, è immerso in un ambiente naturale a 30 chilometri da Bogotà, in Colombia, conta 1,5 ettari edificati e 19 di riserva e riproduce 7 dei 50 ecosistemi tipici del Paese sudamericano: dalla foresta umida ai boschi degli altipiani andini.

Il progetto nasce nel 2008, su iniziativa di un gruppo di ricercatori guidati da Iván Lozano nel tentativo di contrastare il traffico illegale degli animali in Colombia. Da allora sono stati salvati circa 250 animali. Negli anni, la Reserva è diventata anche un centro di studio e di visita. Secondo i fondatori, infatti, almeno 150.000 studenti sono riusciti a toccare con mano i miracoli della Natura, imparando a distinguere le specie e osservando come si adattano e quali esigenze hanno.

Per Iván e il suo gruppo non è stato facile realizzare questo parco. Rettili, anfibi e volatili sono sempre più spesso nel mirino dei contrabbandieri perché richiesti dal mercato internazionale. In Colombia, come in molti Paesi dove questa caccia si è fatta forsennata, il traffico di fauna selvatica è vietato; tuttavia, qui si registra il numero più alto di omicidi tra gli attivisti ambientali

Le aree più afflitte dal business sono quelle più ricche: le regioni del Pacifico e dell’Amazzonia. Solo nel 2021, l’organizzazione WSC, che si occupa del contrabbando di animali, ha rivelato a El Pais di aver contabilizzato 1.800 esemplari vivi di 217 specie in Colombia, Ecuador, Perú, Bolivia e Brasile. La maggioranza (43%) erano uccelli, seguiti da mammiferi (37%), rettili (16%), pesci e anfibi (3%). Oltre a 1.822 uova, la maggioranza di tartaruga Taricaya o Peta del fiume.

La cattura di un animale non comporta grandi sforzi. Trasferirlo, di nascosto, da un Paese all’altro è molto più complicato. Chi li cattura e contrabbanda vuole spendere il meno possibile, incassare il massimo e sbarazzarsene velocemente. Il problema nasce quando questi animali devono essere liberati. Infatti, gli zoo non sono adatti e non si può pensare nemmeno di lasciarli in natura, dopo i maltrattamenti. Hanno bisogno di ambienti particolari dove possano essere protetti e curati. Per questo motivo La Reserva offre loro una seconda opportunità. L’unica, in fondo. 

[di Iris Paganessi]