venerdì 26 Aprile 2024

Nessuna “mini Auschwitz”: la vera storia dei denti d’oro trovati in un villaggio ucraino

Nessuna camera delle torture a Pesky-Radkovski. Nessuna “mini Auschwitz”, come evocato su Twitter dal Ministero della Difesa ucraino. Niente denti strappati ai morti, nessuna vittima sepolta viva. L’ennesima fake news sulla guerra, ripresa dalle agenzia di stampa e dai media occidentali, compresi quelli italiani, è stata smascherata dai giornalisti di Bild che si sono recati nel villaggio nella regione di Kharkiv per verificare la notizia, diventata virale. Gli inviati del quotidiano tedesco hanno scoperto l’ennesima bufala propagandistica volta a distorcere il volto del nemico per deumanizzarlo e ingraziarsi l’opinione pubblica.

Martedì scorso Serhiy Bolvinov, capo del dipartimento investigativo del Servizio di sicurezza nella regione di Kharkiv, aveva fotografato una maschera antigas e una vaschetta piena di denti. Il ministero della Difesa ucraino aveva ripreso gli scatti su Twitter, corredati da un commento che evocava gli orrori nazisti: «Una mini Auschwitz, quante ne verranno ancora scoperte nell’Ucraina occupata?». I media hanno ripreso il tweet, senza verificare la notizia, divulgando così la notizia che quei denti fossero stati strappati dai russi ai prigionieri ucraini che erano stati rinchiusi lì dentro.

I giornalisti di Bild, recatisi sul posto, hanno incontrato un dentista che ha riconosciuto la scatola contenente i denti che non erano d’oro ma di acciaio inossidabile e che gli era stata rubata. «I denti sembrano essere stati rubati dal mio ufficio, i russi hanno derubato la mia casa. Questi sono i denti delle persone che ho trattato in tutti questi anni», ha raccontato il dentista sessantenne Sergey che ha spiegato: «Sono l’unico dentista qui. Quindi, se sono stati trovati qui, devono essere miei». Il dottore sospetta che i russi abbiano rubato i denti perché pensavano che fossero d’oro e per intimidire gli ucraini.

Il dentista ha così smentito l’ipotesi che i denti provenissero da persone morte o torturate, come invece descritto dai media: «Sono di persone che ho curato negli anni. Ho tolto quei denti perché erano cattivi. In 30 anni ho rimosso decine di migliaia di denti, questa è solo una piccola parte».

Eppure, l’indomani del tweet del Ministero della Difesa russo, i giornali occidentali si sono lanciati nei parallelismi tra l’operato delle SS e quello dell’esercito russo. I media italiani non sono stati da meno, con titolo roboanti come quello apparso su Il Giornale, “Kharkiv: denti d’oro strappati ai morti”; nello snippet si rincarava la dose: «I resti umani in una scatola. “Celle di tortura e vittime sepolte vive”». Mattia Feltri, nel suo editoriale “Denti d’oro” su La Stampa, faceva suo il solito parallelo tra russi e nazisti, raccontando la storia del dentista di Auschwitz: Benjamin Jacobs. Open, per la seconda volta in poche settimane, è riuscito a debunkarsi da solo, smentendo la ricostruzione della sua stessa redazione. Era accaduto lo stesso il 22 settembre scorso, quando la sezione di fact-checking del sito aveva smentito la fake news data anche da Open in merito alle code chilometriche al confine russo-finlandese, dopo l’annuncio della mobilitazione parziale dato da Putin.

Bild avvalora comunque le violenze delle milizie russe: «Nel villaggio si praticavano crudeli torture, come in tanti altri luoghi occupati dai russi. Diversi residenti hanno detto a BILD di continuare a sentire grida di aiuto da diversi edifici». I residenti dell’area hanno infatti raccontato di urla e condizioni disumane in cui i russi tenevano i prigionieri.

Smentire una bufala dei cosiddetti “professionisti dell’informazione” non significa negare morti e atrocità, semmai intende riportare obiettività in una informazione sempre più spettacolarizzata e mostrare il doppio lato della propaganda bellica, dove le notizie vengono amplificate, distorte e strumentalizzate da entrambi i protagonisti in guerra, per orientare l’opinione pubblica e per demonizzare l’avversario. La disumanità della guerra è sotto gli occhi di tutti, senza il bisogno di falsificare le notizie o di avvelenare la verità.

[di Enrica Perucchietti]

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