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Nessuna “mini Auschwitz”: la vera storia dei denti d’oro trovati in un villaggio ucraino

Nessuna camera delle torture a Pesky-Radkovski. Nessuna “mini Auschwitz”, come evocato su Twitter [1] dal Ministero della Difesa ucraino. Niente denti strappati ai morti, nessuna vittima sepolta viva. L’ennesima fake news sulla guerra, ripresa dalle agenzia di stampa [2] e dai media occidentali, compresi quelli italiani [3], è stata smascherata dai giornalisti di Bild [4] che si sono recati nel villaggio nella regione di Kharkiv per verificare la notizia, diventata virale. Gli inviati del quotidiano tedesco hanno scoperto l’ennesima bufala propagandistica volta a distorcere il volto del nemico per deumanizzarlo e ingraziarsi l’opinione pubblica.

Martedì scorso Serhiy Bolvinov, capo del dipartimento investigativo del Servizio di sicurezza nella regione di Kharkiv, aveva fotografato una maschera antigas e una vaschetta piena di denti. Il ministero della Difesa ucraino aveva ripreso [5] gli scatti su Twitter, corredati da un commento che evocava gli orrori nazisti: «Una mini Auschwitz, quante ne verranno ancora scoperte nell’Ucraina occupata?». I media hanno ripreso il tweet, senza verificare la notizia, divulgando così la notizia che quei denti fossero stati strappati dai russi ai prigionieri ucraini che erano stati rinchiusi lì dentro.

I giornalisti di Bild [6], recatisi sul posto, hanno incontrato un dentista che ha riconosciuto la scatola contenente i denti che non erano d’oro ma di acciaio inossidabile e che gli era stata rubata. «I denti sembrano essere stati rubati dal mio ufficio, i russi hanno derubato la mia casa. Questi sono i denti delle persone che ho trattato in tutti questi anni», ha raccontato il dentista sessantenne Sergey che ha spiegato: «Sono l’unico dentista qui. Quindi, se sono stati trovati qui, devono essere miei». Il dottore sospetta che i russi abbiano rubato i denti perché pensavano che fossero d’oro e per intimidire gli ucraini.

Il dentista ha così smentito l’ipotesi che i denti provenissero da persone morte o torturate, come invece descritto dai media: «Sono di persone che ho curato negli anni. Ho tolto quei denti perché erano cattivi. In 30 anni ho rimosso decine di migliaia di denti, questa è solo una piccola parte».

Eppure, l’indomani del tweet del Ministero della Difesa russo, i giornali occidentali si sono lanciati nei parallelismi tra l’operato delle SS e quello dell’esercito russo. I media italiani [7] non sono stati da meno, con titolo roboanti come quello apparso su Il Giornale, “Kharkiv: denti d’oro strappati ai morti”; nello snippet si rincarava la dose: «I resti umani in una scatola. “Celle di tortura e vittime sepolte vive”». Mattia Feltri, nel suo editoriale “Denti d’oro [8]” su La Stampa, faceva suo il solito parallelo tra russi e nazisti, raccontando la storia del dentista di Auschwitz: Benjamin Jacobs. Open [9], per la seconda volta in poche settimane, è riuscito a debunkarsi da solo, smentendo la ricostruzione della sua stessa redazione [10]. Era accaduto lo stesso il 22 settembre scorso, quando la sezione di fact-checking [11] del sito aveva smentito la fake news data anche da Open [12] in merito alle code chilometriche al confine russo-finlandese, dopo l’annuncio della mobilitazione parziale dato da Putin.

Bild avvalora comunque le violenze delle milizie russe: «Nel villaggio si praticavano crudeli torture, come in tanti altri luoghi occupati dai russi. Diversi residenti hanno detto a BILD di continuare a sentire grida di aiuto da diversi edifici». I residenti dell’area hanno infatti raccontato di urla e condizioni disumane in cui i russi tenevano i prigionieri.

Smentire una bufala dei cosiddetti “professionisti dell’informazione” non significa negare morti e atrocità, semmai intende riportare obiettività in una informazione sempre più spettacolarizzata e mostrare il doppio lato della propaganda bellica, dove le notizie vengono amplificate, distorte e strumentalizzate da entrambi i protagonisti in guerra, per orientare l’opinione pubblica e per demonizzare l’avversario. La disumanità della guerra è sotto gli occhi di tutti, senza il bisogno di falsificare le notizie o di avvelenare la verità.

[di Enrica Perucchietti]