martedì 10 Dicembre 2024

Alfredo Cospito: condanna definitiva a 23 anni per una “strage” senza morti né feriti

Dopo tre anni, il caso Cospito si è chiuso. Ieri la Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 23 anni di carcere per l’anarchico reo di avere piazzato due bombe a basso potenziale in un cassonetto nei pressi della scuola dei carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo, nel 2006, senza che vi fossero vittime. La condanna arrivò nell’ambito del processo Scripta Manent, al termine del quale Cospito si vide infliggere 20 anni di reclusione per 280 c.p., ovvero Attentato per finalità terroristiche o di eversione dell’ordine democratico, riqualificato nel luglio 2022 in 285 c.p., Devastazione, saccheggio e strage ai danni dello Stato, il reato più grave del nostro ordinamento, per il quale è previsto l’ergastolo, anche ostativo (il cosiddetto “fine pena mai”). Non vennero condannati per questo reato nemmeno gli autori delle stragi di Capaci e via d’Amelio, né quelli di piazza Fontana o dell’attentato alla stazione di Bologna. Insieme a Cospito è stata condannata a 17 anni anche la compagna Anna Beniamino. Dopo ricorsi, scioperi della fame e proteste a suo favore, arriva così l’ultimo atto di un caso che ha visto il sistema giudiziario italiano oggetto di non poche critiche, in particolare per via del fatto che quella inflitta ad Alfredo Cospito sembri una pena esemplare basata su presupposti di natura politica prima ancora che giuridica.

La decisione della sesta sezione della Corte di Cassazione conferma i 23 anni di carcere a Cospito, rigettando tanto il ricorso della Procura di Torino, con il quale veniva richiesto il carcere a vita, quanto quella dell’avvocato difensore Flavio Rossi Albertini, che puntava a ottenere uno sconto di pena tramite attenuanti generiche. Tale decisione arriva un mese dopo il rifiuto dell’istanza presentata dallo stesso avvocato Albertini, con la quale il legale il passato 20 marzo ha chiesto la revoca della sottoposizione del suo assistito al regime di 41bis. Cospito si trova al 41bis dal maggio del 2022, quando l’allora guardasigilli Marta Cartabia aveva ordinato per lui il “carcere duro” poiché, secondo le accuse, l’uomo avrebbe mandato messaggi ai “compagni anarchici” attraverso una serie di articoli pubblicati su riviste di settore. A esprimersi contro l’imposizione di tale regime carcerario era stata, per ben due volte, la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, la massima autorità in materia. Eppure, per ben due volte, il parere della DNAA è stato ignorato dal ministro della Giustizia Carlo Nordio.

Alfredo Cospito era già stato condannato a 10 anni di carcere nel 2014 per avere gambizzato, nel 2012, l’AD di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi, azioni di cui l’anarchico rivendicò la piena paternità. Successivamente, nel 2016, fu condannato assieme alla compagna Anna Beniamino a 20 anni di reclusione nell’ambito dell’operazione Scripta Manent, con l’accusa di associazione sovversiva con finalità di terrorismo e di molteplici attacchi esplosivi. Riguardo a tali accuse, Cospito venne nello specifico riconosciuto colpevole di aver collocato due ordigni a basso potenziale presso la Scuola Carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo, nel giugno 2006, all’esplodere dei quali non vi furono vittime né feriti. Per i reati di “strage politica” la pena prevista sarebbe l’ergastolo, ma nel caso di Cospito la Corte Costituzionale ammise la possibilità di applicarvi attenuanti per fatti di lieve entità, così a giugno 2023 la Corte d’assise d’appello di Torino rideterminò la pena in 23 anni.

Parallelamente, a ottobre 2022, Cospito è entrata in sciopero della fame per protestare contro l’applicazione del regime 41bis nei suoi confronti. A febbraio 2023 la Corte di Cassazione ha confermato il regime di carcere duro a Cospito nonostante i pareri contrari della procura generale della Consulta, della Direzione distrettuale antimafia di Torino e del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (DAP). Nel marzo dello stesso anno anche l’ONU ha richiesto all’Italia di adottare delle misure urgenti a protezione dell’anarchico al fine di evitare danni irreparabili al ricorrente, mentre lo scorso ottobre è pervenuta una ulteriore richiesta di revoca del 41bis su parere positivo della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, anch’essa rigettata. Il 41bis è infatti un regime estremamente duro, pensato specificamente per i colpevoli di reati di stampo mafioso. L’applicazione di tale regime, le opinioni contrastanti di esperti del settore, e la condanna a 23 anni per aver piazzato una bomba a basso potenziale in un punto scelto proprio perché non vi transitava nessuno, di notte, e senza causare il ferimento di alcuno, sembrerebbero in tal senso nascondere motivazioni di natura politica.

[di Dario Lucisano]

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