In Valle d’Aosta sono state riscontrate importanti criticità per il trasporto pubblico extra urbano. Nello specifico, sono state cancellate diverse corse di Arriva Spa. A riportarlo è l’agenzia di stampa Ansa che cita la Cgil, la quale in merito all’introduzione dell’obbligo di Green Pass per i lavoratori ha riferito della presenza di tali criticità. Regolare, invece, la situazione riguardante il trasporto pubblico urbano e il trasporto ferroviario.
Afghanistan: attentato in moschea a Kandahar, almeno 32 vittime
Almeno 32 persone hanno perso la vita ed altre 53 sono rimaste ferite a causa di alcune esplosioni, che precisamente sarebbero state 3, verificatesi in una moschea sciita a Kandahar, in Afghanistan. La notizia è stata riportata dall’agenzia di stampa Ansa, che cita fonti mediche afghane. La strage, avvenuta durante la preghiera del venerdì, secondo quanto riferito dai talebani è stata provocata da un attentatore suicida.
Caporalato su rider, risarcimento ai rider di 440mila euro
Si tratta della prima condanna per caporalato sui rider ed è stata emessa dal Tribunale di Milano. L’inchiesta, avviata dal magistrato Paolo Storari, aveva portato al commissariamento della filiale italiana di Uber, poi revocato. La gup Teresa Pascale ha condannato a 3 anni e 4 mesi Giuseppe Moltini, responsabile dell’intermediaria Frc, e disposto il risarcimento di 10mila euro a testa per i 44 fattorini costituitisi parte civile, pagati con i 500mila euro sequestrati durante le indagini. Secondo le accuse, il rider erano reclutati dalla Frc e mandati poi a lavorare per Uber in condizioni di sfruttamento, con paghe a cottimo di 3 euro ulteriormente decurtate in caso di mancato rispetto degli standard aziendali.
Green Pass: per la prima volta nella storia i militari sono in sciopero
Davanti ai cancelli della base militare di Sigonella, in Sicilia, si è formato un picchetto di militari in sciopero contro l’introduzione del green pass obbligatorio. Secondo quanto riportato dall’Ansa è la prima volta nella storia repubblicana che una sigla sindacale dell’esercito indice uno sciopero. Il presidio, a cui hanno partecipato alcune decine di soldati, è stato promosso dal Sindacato aeronautica militare (Siam) per chiedere “la libertà di entrare liberamente nel luogo di lavoro senza dover mettere mano al portafoglio e di poter usufruire di tamponi gratuiti, garantiti dallo Stato”.
Omicidio Regeni, annullato rinvio a giudizio dei 4 agenti egiziani
All’apertura il processo contro il 4 agenti egiziani accusati del sequestro e dell’omicidio di Giulio Regeni subisce una battuta d’arresto. Il processo, che doveva svolgersi in contumacia, è stato sospeso dalla Corte d’Assise in quanto gli imputati sono stati dichiarati “irreperibili” e non “assenti” dai loro legali, non essendo disponibile un indirizzo di domicilio cui notificare l’inizio del processo. Il processo riparte quindi dall’udienza preliminare, che avrà il fine di rintracciare i 4 agenti. La Corte d’Assise ha sottolineato come questo sia da imputare all'”acclarata inerzia dello Stato egiziano a fronte di tali richieste del Ministero della Giustizia italiano”.
No green pass: scioperi in tutta Italia, il Governo cerca una via d’uscita
Nella giornata di introduzione dell’obbligo del Green-pass sul luogo di lavoro sono diverse le mobilitazioni che stanno avendo luogo in tutta Italia.
L’azienda svedese Electrolux di Susegana, nella provincia di Treviso, ha annunciato uno sciopero di “linea dura” della durata di otto ore, dopo aver già protestato nelle scorse settimane per l’introduzione dell’obbligo di green pass nelle mense. Mentre continuano le proteste al porto di Trieste, al porto di Genova un presidio di lavoratori blocca le operazioni al varco di Etiopia, rendendo nulla l’operatività dello scalo. Camalli della Culmv e dipendenti si sono invece ritrovati alle sei di stamattina al terminal Psa di Genova Prà, per protestare pacificamente contro l’obbligo del pass, scrivendo in un comunicato che non cadranno “nel tranello del tampone gratuito”. Secondo quanto riportato dall’Ansa, i dipendenti hanno presentato una diffida formale all’azienda e coloro che oggi non saranno presenti al lavoro saranno considerati assenti ingiustificati. È stato presidiato anche il porto di Ancona, il cui accesso è stato bloccato.
Al porto di Ancona tutto bloccato, non passa nessuno #portualiditrieste https://t.co/2zLtElQ2N6 pic.twitter.com/CseHTBpn3e
— 🅰🅲🆃🅰🆁🆄🆂 nel paese degli allocchi (@actarus1070) October 15, 2021
Su Twitter il SIAM (Sindacato dell’aeronautica militare) indice uno sciopero “per la prima volta nella storia davanti una base militare per manifestare contro il Governo contro il provvedimento scellerato che prevede tamponi a pagamento per il personale militare”. In un comunicato stampa anche i mille docenti universitari che avevano aderito all’iniziativa lanciata il 3 settembre contro le discriminazioni causate dal green pass aderiscono allo sciopero di oggi. “Saremo al fianco di tutti gli altri lavoratori in questa lotta per la libertà, per il lavoro e per la democrazia. Saremo al fianco degli studenti che si stanno impegnando in questa battaglia per i diritti di tutti gli italiani. Senza una serrata lotta politica e sindacale il Green Pass non verrà ritirato. Lo sciopero generale è un primo passo nella giusta direzione”.
I Metalmeccanici (FLMU) hanno indetto uno sciopero nazionale di sei giorni, che terminerà il 20 di ottobre, mentre AL-Cobas e SOA (Sindacato Operai Autorganizzati) lo hanno indetto per tutte le categorie del settore privato, per opporsi al “ricatto occupazionale” possibile grazie al Green pass. La FISI, dal canto suo, ha indetto uno sciopero nazionale dal 15 al 20 ottobre e una protesta continuativa fino al 31 dicembre, termine nel quale decadrà la legge che impone il Green pass. La Commissione di garanzia aveva richiesto una revoca di tali scioperi, rimasta al momento inascoltata. Proteste contro il Green pass stanno inoltre avendo luogo in numerose tra le maggiori piazze italiane.
Trieste chiama, Ancona e Genova rispondono. Lavoratori del porto e cittadini bloccano accesso ai porti di Ancona e Genova. Chiedono revoca dell'obbligo del passaporto sanitario per lavorare. pic.twitter.com/quiS6YfSTS
— ATHOMICAAQUILARMTVA (@ATHOMICAAQUILA1) October 15, 2021
Che l’introduzione dell’obbligo di green pass avrebbe scatenato il caos lo avevano già annunciato diverse aziende nelle settimane scorse, che segnalavano con preoccupazione come la decisione del Governo avrebbe potuto portare migliaia di lavoratori a trovarsi senza lavoro. Nella giornata di ieri, il premier Mario Draghi ha convocato a riunione i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil per discutere del tema della sicurezza sul posto di lavoro, in previsione del preannunciato venerdì nero di scioperi. Pur non prevedendo di azzerare i costi dei tamponi per le aziende, è stata proposta come soluzione un contenimento del costo dei tamponi e il credito di imposta per le aziende che ne sostengano la spesa: sostanzialmente di un modo per spingere le aziende a offrire il tampone ai propri dipendenti a spese dello Stato senza che il governo si debba assumere la responsabilità politica di una marcia indietro. Il decreto, oggi al vaglio del Cdm, è anche previsto il finanziamento di altre 13 settimane di cig Covid e il blocco dei licenziamenti che, per alcuni settori, scadono il 31 ottobre.
La soluzione dei tamponi gratuiti non sembra però trovare l’accordo dei lavoratori né di diverse aziende, che si sono già dette contrarie a tale misura.
[di Valeria Casolaro]
Thomas Sankara, dopo 30 anni apre il processo per l’omicidio del “fratello giusto”
È difficile pensare che un omicidio accaduto più di trent’anni fa possa ancora suscitare interesse in chi ne ascolta la storia per la prima o per la decima volta. È più facile convincersi che accada quando quel 15 ottobre del 1987 perse la vita le frère juste, il fratello giusto, come i suoi conterranei chiamavano Thomas Sankara, governatore del Burkina Faso dal 1983 fino al giorno del suo assassinio. Omicidio per cui si è aperto il processo ufficiale solo qualche giorno fa.
Ad alcuni piace ricordarlo come un moderno Che Guevara, ad altri come una figura mitologica, una meteora, che ancora oggi ispira una gioventù africana che lotta contro abusi e soprusi. Ma Sankara era “semplicemente” un uomo che al posto delle limousine presidenziali aveva voluto una flotta di Renault 5 e che aveva cambiato quel nome, Alto Volta, affibbiato al suo paese dalle potenze coloniali, con Burkina Faso, il paese degli uomini integri. Quello stesso paese di cui prese le redini il 4 agosto del 1983, secondo alcuni grazie ad un colpo di stato militare. In realtà Sankara ebbe fin da subito l’appoggio della popolazione, ansiosa di liberarsi dalle pressioni francesi, dagli abusi e innumerevoli sopraffazioni. Ciò che alla fine Sankara fece, a tutti gli effetti, individuando la soluzione più giusta per gli interessi dei suoi “uomini e donne integri”. Se le terre e le miniere erano gestite da compagnie straniere e non portavano ricchezza alla nazione, la risposta era nazionalizzarle e metterle al servizio della ricchezza popolare, ad esempio.
Una missione non facile la sua, che avrebbe nel tempo (se ne avesse avuto di più) cambiato totalmente la mentalità degli abitanti, liberandola dai fantasmi del colonialismo. Parlare di Sankara è un po’ come racchiudere un’intera lotta antimperialista e panafricanista che non accetta la condizione di vita in cui Burkina Faso e l’Africa subsahariana si ritrovano a vivere. Parliamo di una terra che accoglie sette milioni di uomini, il 98% dei quali non sa leggere né scrivere, dove 1 bambino su 5 muore prima di compiere cinque anni, con un solo medico ogni 50mila abitanti e un reddito pro capite che non arriva a 100 dollari l’anno.
Chi l’ha ucciso? Chi gli voleva male? Se le motivazioni che hanno portato al suo assassinio sono più intuibili, individuare un solo colpevole diventa più complicato.
Dopo la sua morte, al suo posto ha preso il potere il capitano Blaise Compaoré, una sorta di vice che Sankara considerava un fratello. Rimasto al potere per 27 anni, il suo regime è stato rovesciato nel 2014 da un’insurrezione popolare. Solo dopo la sua caduta si è aperto l’11 ottobre il processo per l’omicidio dell’ex presidente (subito rinviato al 25 ottobre), a Ouagadougou, in assenza però del principale accusato stesso, Compaoré, in esilio in Costa d’Avorio, dove è riuscito ad ottenere la nazionalità ivoriana. Ma gli eventi suggeriscono che non abbia agito da solo.
È difficile pensare che grandi potenze come l’ex padrone francese e gli Usa potessero permettersi di tollerare un uomo ribelle e pensante, in grado di sovvertire il solito iter che prevede sfruttamento estremo di paesi ricchi di risorse ma svuotati dalle multinazionali; Per questo motivo continuano ad aver ragione di esistere i sospetti del sostegno che Blaise Compaoré ha ricevuto dagli Stati Uniti e della Francia, intenzionati a “far fuori” un individuo “fuori dal gregge”. E non si tratta di sole supposizioni.
“È un uomo un po’ fastidioso, il presidente Sankara. È vero! Ti provoca, pone domande… Con lui non è facile dormire in pace, non ti lascia la coscienza tranquilla!”. Sono le parole con cui il presidente francese dell’epoca, François Mitterrand, aveva definito Sankara durante una visita ufficiale a Ouagadougou. Certo, da qui a dire che la Francia abbia a tutti gli effetti commissionato di far fuori l’ex primo ministro ce ne vuole, ma sono tutti piccoli elementi che vanno a completare un immenso e ingarbugliato puzzle.
Non molto tempo fa Macron aveva annunciato che “tutti i documenti prodotti dalle amministrazioni francesi durante il governo di Sankara e dopo il suo assassinio, coperti dal segreto di difesa nazionale, saranno declassificati per essere consultati in risposta alle richieste della giustizia burkinabé”. Sì, alcuni documenti sono finiti in mano agli avvocati della famiglia. Ma non tutti.
Non possiamo dire come si evolverà il processo ma “Ebbene, i nostri occhi si sono aperti alla lotta di classe, non riceveremo più schiaffi”.
[di Gloria Ferrari]
Obbligo Green pass, a Trieste già un migliaio a manifestare
Davanti al Varco 4 del porto di Trieste si sono già ritrovate circa un migliaio di persone per manifestare contro l’introduzione, a partire da oggi 15 ottobre, dell’obbligo di green pass sul posto di lavoro. Tra di loro anche molti che non sono lavoratori portuali. Il leader della protesta Stefano Puzzer ribadisce che non si tratta di un blocco e chi volesse recarsi sul posto di lavoro è libero di farlo: intanto, però, molti camion giunti al porto invertono la marcia una volta vista la folla. Lo sciopero è stato dichiarato illegittimo dalla Commissione di Garanzia e si configura l’ipotesi di reato per chi vi prenda parte.







