Il Garante della Privacy italiano inizia il mese di novembre pubblicando una nota in cui invita esercenti e datori di lavoro a non utilizzare app di verifica del Green Pass alternative a VerificaC19, software messo a disposizione dal Ministero della Salute. Il perché è esplicitato con forza: alcune di queste app potrebbero trafugare i dati dei vaccinati per poi venderli a terzi, violando ogni norma di riservatezza.
Gli investigatori stanno lavorando per verificare quante e quali applicazioni possano essere effettivamente considerate dannose. L’ipotesi è che alcune di queste non siano solamente in grado di conservare i dati anagrafici, ma anche di raccogliere informazioni dettagliate su date e modalità delle vaccinazioni. Il Garante ha specificato che “alcune app per la verifica del green pass consentono a chi le scarica, inquadrando il QR Code, di leggere dati personali come nome, cognome, data di nascita, ma perfino dosi o tamponi effettuati. In alcuni casi le app richiedono anche una registrazione per il download e trasferiscono i dati a terzi”.
Da che il Green Pass ha preso piede, d’altro canto, diversi malfattori hanno creato software pensati per approfittare di coloro che si sono affidati a uno scanner non autorizzato dagli Store di Apple e Android. Ecco dunque che dal nulla sbucano aziende quali Xira Pro, il cui pedigree evidenzia solamente tre app a tema Green Pass e un videogioco ispirato alla nota serie Squid Game, ma anche l’indonesiana Genon il cui portfolio tocca goffamente ogni elemento dello scibile umano. Cosa si nasconda dietro a questi programmi varia molto: si va da strumenti utilizzati per imporre pubblicità ad altri che si fanno pagare centinaia di euro per offrire un servizio che sarebbe di per sé garantito gratuitamente dallo Stato.
Le autorità non hanno fornito coordinate riguardanti gli sviluppatori da cui guardarsi, né hanno suggerito cosa abbia dato il via alle indagini, tuttavia vale la pena ricordare che il 28 ottobre sono stati messi a disposizione del dark web 62 differenti pass, tutti riconducibili a soggetti reali. L’origine di questi codici è ignoto, tuttavia non è da escludere che possano essere stati ottenuti proprio attraverso scanner disonesti.
In Brasile, nello Stato di San Paolo, nove vigili del fuoco hanno perso la vita durante un’esercitazione all’interno di una grotta, il cui soffitto è crollato. A comunicarlo è stato il dipartimento dei vigili del fuoco di San Paolo tramite Twitter, dove si legge che mentre nove persone sono morte, una decima persona è rimasta ferita ed è stata ricoverata in ospedale.
Gli alimenti a base di canapa sono cibi entrati di recente sul mercato, reperibili in negozi dedicati, supermercati, erboristerie. Complice l’attenzione dei consumatori l’industria alimentare sta proponendo una gran varietà di alimenti a base di questa pianta: pasta, farina, snack, pesto, bevande, un olio ricchissimo di proprietà nutritive e persino nutraceutiche. Ma come sempre, quando l’industria arriva a “colonizzare” un alimento le insidie sono molte e si nascondono dietro gli annunci roboanti di etichette e pubblicità. Non tutti i cibi a base di canapa che si trovano al supermercato sono davvero eccellenti. Questo articolo vi spiegherà come scegliere i prodotti giusti (a prezzo non esorbitante) per ottenere i veri benefici di un alimento che, come vedremo, ha qualità nutraceutiche eccezionali.
Innanzitutto, per chi non conosce la materia, è naturale chiedersi se si tratta della stessa pianta utilizzata come stupefacente o prescritta come farmaco per contrastare il dolore cronico e alleviare i sintomi di malattie neurodegenerative come la sclerosi multipla e di recente perfino sulla Sindrome di Alzheimer (cannabis terapeutica). La risposta immediata alla domanda è: no.
Cos’è la canapa e perché è un ottimo cibo
Infatti si devono distinguere due tipologie di coltivazione legale della cannabis, quella farmacologica e quella cosiddetta industriale. La prima è anche conosciuta come Cannabis Medica, e in Italia viene prodotta solamente all’interno di strutture strettamente controllate e regolamentate dallo Stato, quali lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze. La cannabis medica contiene concentrazioni tra 7-20% di un principio attivo (o meglio psicoattivo) chiamato tetraidrocannabinolo (THC), quantità tali da determinare effetti psicotropi nel cervello. Il secondo tipo di Cannabis Sativa è la canapa industriale con concentrazioni di THC inferiori allo 0,3%, che quindi non ha proprietà psicotrope. L’uso come farmaco è legato anche alla presenza del cannabidiolo (CBD), sostanza della stessa famiglia del THC ma priva di effetto stupefacente, cui sono attribuite diverse funzioni preventive e terapeutiche. Per gli usi alimentari si utilizzano esclusivamente i derivati della pianta di canapa industriale, a basso contenuto di THC.
Nei cibi a base di canapa e negli usi alimentari si usano prevalentemente i semi o i derivati dai semi, che possono essere consumati tal quali oppure impiegati per ottenere olio o farina per preparare pane o pasta.
Una carrellata sui prodotti a base di canapa
Numerosi sono le industrie alimentari grandi e piccole che ormai ne commercializzano i prodotti. Come pasta ottenuta con farina di canapa, pesto a base di canapa e basilico, succhi di frutta e olio di semi di canapa, un olio ricchissimo di proprietà nutritive e persino nutraceutiche. Quest’ultimo presenta un costo variabile dai 15 ai 26 euro/litro, a indicare un mercato emergente ancora mancante di definiti standard qualità/prezzo. La farina di canapa, ottenuta macinando e setacciando gli scarti della spremitura dei semi per l’estrazione dell’olio, trova largo impiego nella panificazione e quindi nella realizzazione di pane con particolari qualità, pizza e dolci da forno. Possiede un sapore deciso, che ricorda la nocciola e proprio per questa sua caratteristica viene utilizzata in associazione ad altre farine che ne modulano il sapore predominante. Di solito la si utilizza in una miscela di farina costituita da grano duro per l’84% e farina di canapa in percentuale variabile dal 16 al 20%.
Le proprietà della canapa in cucina
I benefici nutrizionali derivano dal contenuto di fibre, proteine, grassi, minerali e sostanze antiossidanti. Dai grassi dei semi di canapa si estrae l’olio di canapa; quest’ultimo contiene grassi insaturi che sono salutari, gli Omega-6 e gli Omega-3, in un rapporto tra loro di 3:1 (tre volte il quantitativo di Omega-6 rispetto a quello di Omega-3) che viene considerato ottimale per la salute umana in tutti gli studi di nutrizione, tanto da avere proprietà cardio-protettive e altre proprietà salutari a carico di numerose funzioni e processi chimici all’interno del corpo umano. I semi di canapa sono composti dal 20% al 25% di proteine, dal 20% al 30% di carboidrati, dal 25% al 35% di olio e dal 10% al 15% di fibre insolubili.
I semi di canapa sono ricchi di una varietà di sostanze nutritive tra cui minerali come magnesio, fosforo, ferro, zinco e manganese. I semi contengono anche proprietà antiossidanti che combattono lo stress ossidativo, uno squilibrio dell’organismo prodotto dai radicali liberi, Le proprietà antiossidanti dei semi, secondo studi scientifici recenti, aiutano a placare i noti effetti dannosi dei radicali liberi, come il danneggiamento cellulare, l’invecchiamento cellulare e la formazione di tumori. L’olio di semi di canapa è ricco di carotenoidi antiossidanti, steroli e tocoferoli. In effetti, nella canapa sono state identificate più di 540 sostanze fitochimiche. Il contenuto di tocoferoli antiossidanti è elevato e varia da 80 a 110 mg/100 g.
L’importanza delle proteine nei semi di canapa
I semi di canapa sono uno dei pochi alimenti a base vegetale che abbiano livelli adeguati di tutti gli amminoacidi essenziali per essere considerati una proteina completa ad alto valore biologico. In Scienza della Nutrizione le proteine più complete e ad alto valore biologico sono quelle animali, in particolare delle uova e poi del latte e suoi derivati. I cibi vegetali hanno delle proteine di valore biologico inferiore, ma comunque importanti per la nutrizione umana e il corretto equilibrio della dieta. I semi di canapa dunque contengono delle proteine complete, al contrario di altre proteine presenti in altri cibi vegetali come per esempio i legumi. Le proteine sono molecole di fondamentale importanza nel corpo umano (la parola stessa “proteina” deriva dal greco “proteios”, che significa “che viene al primo posto”, quindi di primaria importanza appunto) perché servono per mandare avanti le più importanti funzioni chimiche del nostro organismo, come vedremo tra un istante. Le proteine vengono classificate come strutturali (di struttura), come il collagene e la cheratina nella pelle e nei capelli o come biologicamente attive (globulari) come quelle presenti nell’emoglobina, negli ormoni, negli anticorpi e negli enzimi. Le proteine globulari sono dunque quelle che compongono alcune delle sostanze chimiche più vitali nell’organismo come emogobina, ormoni, anticorpi ed enzimi.
Le proteine della canapa sono inoltre prive di inibitori della tripsina, che bloccano l’assorbimento delle proteine, e prive di oligosaccaridi (comunemente presenti nella soia), che possono causare disturbi allo stomaco e gas. Le proteine semplici della canapa sono prevalentemente composte da edestina, albumina e acido glutammico, tre categorie di proteine altamente digeribili per il corpo umano, e non contengono allergeni cioè sostanze in grado di scatenare allergie.
Gli utilizzi della canapa in cucina
Semi, olio e farina
Innanzitutto inquadriamo la filiera di riferimento da cui si ottengono tutti i vari derivati ad uso alimentare: il primo derivato che si estrae dalla pianta sono i semi di canapa. Dai semi si ottengono poi altri derivati quali l’olio di canapa, la farina, il latte di canapa e le polveri proteiche utilizzate da sportivi o da individui che hanno un aumentato fabbisogno proteico derivante da patologie invalidanti e debilitanti, convalescenze, diete vegetali carenti di cibi proteici tradizionali. È possibile utilizzare i derivati della pianta aggiungendo per esempio i semi di canapa alle insalate e alla produzione casalinga di pane e biscotti, o alla preparazione di cereali e muesli per la colazione, usando il suo olio per condimenti in genere e la farina per preparare il pane, dolci, pizza, biscotti. I semi si possono consumare crudi oppure tostati, ma è bene fare una tostatura molto leggera per non danneggiare (ossidare) i grassi contenuti all’interno, che perderebbero le loro capacità salutari a seguito di eccessivo riscaldamento. Possono essere aggiunti anche nella preparazione casalinga di barrette energetiche o proteiche, o nell’impasto dei muffin. L’olio può essere utilizzato anche come vero e proprio integratore alimentare, assumendone un cucchiaio ogni giorno.
Polveri proteiche
Un altro derivato della canapa disponibile in commercio sono le polveri proteiche di canapa. Questo prodotto viene utilizzato da sportivi, persone in convalescenza, o tutti coloro che intendono alternare per esempio l’utilizzo di proteine animali con quelle vegetali. Ovviamente sono molto ricercate anche dai vegani. Le polveri proteiche si utilizzano per preparare dei frullati, o aggiunte in ricette come biscotti, muffin, pane, pizza, di solito miscelando una parte di polvere di canapa con altre farine o altre polveri proteiche, dal momento che il sapore della polvere proteica di canapa è assolutamente non gradevole e può risultare troppo aggressivo e fastidioso se usato in purezza. Un buon esempio di frullato che utilizza le proteine di canapa può essere quello preparato con latte di cocco, more, lamponi e mirtilli.
Tofu di canapa
L’invenzione del tofu di semi di canapa, detto anche Hemp-fu, si deve ad un italiano, Daniele Cannistrà, il fondatore di un’azienda di prodotti vegani. Il tofu di canapa si può consumare tal quale oppure usato per preparare zuppe. Per prepararlo serve innanzitutto un buon latte di canapa, che sia molto concentrato e denso, ovvero ottenuto da un’alta concentrazione di semi. Il latte di canapa presente in commercio invece non si presta alla preparazione, in quanto la percentuale di canapa in questo prodotto commerciale è bassissima e si aggira attorno al 3-4% di canapa sul totale della bevanda.
Pesto alla canapa
si ottiene miscelando e frullando una quantità di semi di canapa pari a circa 100 grammi ad altri ingredienti come mandorle o noci, olio extravergine d’oliva, basilico, prezzemolo, rucola, cavolo nero, acqua e lievito.
Dessert alla canapa
Esistono già sul mercato dei budini o dessert alla canapa, che si preparano anche in questo caso (come per il pesto, la pasta e la pizza), aggiungendo ad altri ingredienti come yogurt o cacao una quantità molto bassa di farina di canapa o di semi di canapa (di solito pari al 4% del totale).
Pasta e pizza con la farina di canapa
in commercio si trova la pasta preparata col 20% di farina di canapa, e l’80% di semola di grano duro. Questo prodotto è reperibile maggiormente nei negozi di alimenti naturali e biologici, ma inizia ad essere disponibile anche presso alcune catene di supermercati. Con lo stesso principio è possibile trovare la pizza di farina di canapa in varie pizzerie. Tenete sempre presente (specie se siete intolleranti al glutine o celiaci), che non può esistere la pasta o la pizza fatte con 100% di farina di canapa, sia per motivi di riuscita dell’impasto e della struttura dell’alimento (la farina di canapa non avendo glutine non ha capacità di struttura e di elasticità tali da garantire la coesione dell’impasto), sia per motivi di sapore e gusto, essendo la farina di canapa un alimento con un sapore molto forte.
Infine un consiglio finale a tutti i lettori, per quanto riguarda l’acquisto dei numerosi prodotti che da qui in futuro saranno resi disponibili sul mercato. Sebbene, come abbiamo ampiamente documentato in questo approfondimento, i derivati della canapa siano alimenti estremamente salutari e ricchi di proprietà nutritive e persino nutraceutiche, occorre prestare attenzione alla consapevolezza di acquisto. L’enorme business che si è mosso attorno a questa pianta porta anche all’immissione di “alimenti” che sono più che altro modaioli e del tutto ingannevoli agli occhi del consumatore, come ad esempio alcuni succhi di frutta con la dicitura “alla canapa” in rilievo e similari, già presenti in alcuni supermercati, in cui la percentuale di canapa presente è dello 0,5% del succo totale. Oppure al latte di canapa venduto nei supermercati e nei negozi biologici, che ha al massimo un 3-4% di semi di canapa o olio di canapa. Si tratta di prodotti molto pubblicizzati ma che non possono avere nessun reale beneficio legato alle sostanze della canapa a livello nutrizionale. Scegliamo dunque con accortezza, anche perché il costo di questi preparati è piuttosto alto, e cerchiamo sempre di preferire la preparazione casalinga di cibi e bevande come il latte di canapa, a partire dai semi e dalla farina.
L’Iran ha risposto alla «preoccupazione» espressa recentemente da parte di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania per l’attività nucleare di Teheran. Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Saeed Khatibzadeh, ha a tal proposito comunicato che la posizione dei Paesi occidentali è «incompatibile con la realtà e non porterà a risultati positivi». A margine del G20 di Roma, infatti, Washington, Londra, Parigi e Berlino avevano posto la lente di ingrandimento sul comportamento ritenuto «provocatorio» da parte di Teheran, rifacendosi in tal senso all’attività di arricchimento dell’uranio portata avanti dall’Iran.
Le manifestazioni di protesta in Piazza Unità d’Italia a Trieste non potranno svolgersi fino al 31 dicembre: è quanto si apprende dalla parole pronunciate oggi dal sindaco della città Roberto Dipiazza e dal prefetto Valerio Valenti, i quali hanno comunicato che la decisione è stata presa dopo l’aumento dei contagi a Trieste la cui causa viene individuata nei cortei contro il green pass svoltisi negli scorsi giorni. Per questo, c’è bisogno di «comprimere momentaneamente» la libertà di manifestare, ha affermato il prefetto, il quale ha appunto dichiarato: «Firmerò ora un provvedimento con cui piazza Unità d’Italia verrà aggiunta ai luoghi interdetti alle manifestazioni, almeno fino al 31 dicembre». A tali affermazioni si sono aggiunte quelle del sindaco, che ha parlato di «ammende importanti» per «chi violerà questo divieto».
Sempre il sindaco ha giustificato tutto ciò dichiarando che dopo tutti gli sforzi fatti ora il rischio è quello di «tornare in zona gialla», una motivazione condivisa anche da Valeri. Inoltre Dipiazza ha precisato: «Siccome il sindaco è responsabile della salute dei cittadini, in un momento così grave non esiste più la tolleranza ma solo il rispetto delle leggi: non si possono più tollerare le cose che abbiamo visto in questi giorni a Trieste, e non le tollererò».
Proprio rifacendosi a tale argomentazione, però, non si può non sottolineare che seppur sia vero che i contagi sono in risalita Trieste attualmente rimane appunto in zona bianca, motivo per cui la decisione non si regge sui Dpcm, ovvero sulle limitazioni previste per le zone a colori. Di conseguenza, con tale decisione il sindaco ed il prefetto hanno scelto di «comprimere momentaneamente» il diritto a manifestare in maniera arbitraria. Il tutto in una città che ha rappresentato l’epicentro delle manifestazioni contro il green pass: anche questo fine settimana, infatti, ci sono state proteste molto partecipate.
Ad ogni modo, però, Trieste potrebbe comunque non essere l’unica città in cui verranno vietate le manifestazioni: secondo quanto riportato da alcuni quotidiani locali il sindaco di Udine, Pietro Fontanini, starebbe pensando di adottare un provvedimento simile.
In Giappone, nelle elezioni parlamentari tenutesi nella giornata di ieri la coalizione di governo ha mantenuto la maggioranza conquistando 261 seggi e superando i 233 necessari. La sua sfera di influenza però risulta ridotta, avendo ottenuto meno seggi rispetto alle ultime elezioni. Il premier giapponese, Fumio Kishida, ha infatti annunciato oggi la vittoria sottolineando che si è trattato di «uno scrutinio molto difficile» ma che ad ogni modo gli elettori hanno dimostrato di desiderare un «governo stabile» della maggioranza uscente per plasmare il futuro del Paese.
Il summit del G20 tenutosi a Roma nelle giornate del 30 e 31 ottobre si è concluso, ma sulla crisi climatica si delinea ancora una volta la scarsa capacità di prendere impegni concreti. Mentre è confermato l’impegno di evitare un surriscaldamento globale superiore a 1.5°C rispetto ai livelli pre-industriali (già stabilito con gli Accordi di Parigi nel 2015), i grandi del mondo, giunti con mega impattanti aerei privati e scortati da decine di auto (solo Joe Biden ne aveva al seguito 38) non sono riusciti ad andare oltre un generico obiettivo di raggiungere il traguardo delle emissioni zero “all’incirca per la metà del secolo”. Le incomprensioni tra i diversi Stati e un supposto atteggiamento vessatorio da parte dei G7 narrano poi di un mancato dialogo tra le parti.
Gli impegni presi sono molto simili a quelli siglati a Parigi nel 2015, quando si era stabilito che fosse determinante “limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C e proseguendo con gli sforzi per limitarlo a 1.5°C”. Tale risultato, secondo gli esperti, può essere raggiunto solamente dimezzando le emissioni entro il 2030 e portandole a zero entro il 2050, obiettivo che Stati come la Cina (il maggiore produttore di gas serra a livello mondiale) e l’Arabia Saudita non sono disposte a raggiungere prima del 2060.
Il presidente cinese Xi Jinping ha sottolineato la necessità di tenere in considerazione le differenze geopolitiche tra gli Stati occidentali e i Paesi in via di sviluppo, che non possono farsi carico delle medesime responsabilità. A tal proposito, il ministro degli Esteri russo Lavrov ha affermato che i Paesi più ricchi del G7 hanno esercitato molte pressioni sugli altri Stati affinché accettassero la scadenza decisa. La prima bozza sarebbe stata discussa prima dal G7 e poi fatta circolare: «ecco com’è che la dichiarazione originale conteneva il 2050 come data» ha affermato Lavrov. Si delinea quindi un mancato dialogo paritario tra Paesi più ricchi e più poveri, che dovrebbe essere alla base del raggiungimento di obiettivi congiunti ai quali cooperare.
In merito all’utilizzo del carbone gli impegni presi seguono la medesima linea: sono stabiliti piani per porre fine agli investimenti oltreoceano e azioni non specifiche per ridurne l’uso domestico, con un vago accenno a sostenere i Paesi che si impegnino in tal senso. Per volere della Turchia una prima bozza che faceva riferimento all’importanza della riduzione drastica dell’uso del carbone è stata sostituita con l’affermazione che la riduzione dell’uso dei combustibili fossili è “uno dei modi più fattibili, efficienti e veloci per limitare il cambiamento climatico”.
Il premier Draghi ha definito il G20 «un successo» e di essere «orgoglioso dei risultati raggiunti», i quali costituiscono «basi piuttosto solide» per il conseguimento degli obiettivi sul cambiamento climatico, e molti dei leader dei paesi più ricchi hanno fatto eco a tali elogi. Alcuni dei diplomatici presenti hanno tuttavia affermato che il modo in cui il team italiano ha gestito il vertice ha suscitato non poche tensioni e risentimento con Paesi quali la Cina e la Russia, oltre ad una vera e propria malagestione che ha rischiato di ostacolare i negoziati. Lo sforzo per mantenere unito il G20 ed evitare una debacle avrebbe avuto quindi la meglio sul mantenimento degli impegni originariamente prefissati.
“I Paesi del G20 sono responsabili di oltre l’80% delle emissioni mondiali” sottolineano in un comunicato gli attivisti di Friday for future, che hanno sfilato in protesta per le vie di Roma durante il summit. “Nessun accordo sul clima è neanche lontanamente possibile senza un accordo tra questi paesi”. Insieme agli attivisti di Friday for future, Cobas, lavoratori della Gkn, dell’Ilva e di Alitalia hanno marciato e organizzato sit-in per la capitale. Una cinquantina di attivisti della piattaforma Climate Camp hanno protestato nei pressi del Ministero della Transizione Ecologica. Dopo essersi seduti in terra per bloccare l’accesso al Centro congressi dove si teneva il G20, protestando pacificamente, sono stati trascinati via dalla polizia.
Jennifer Morgan, direttore esecutivo di Greenpeace, definisce il summit un “fiasco” e ripone le speranze nella Cop26 di Glasgow, “dove c’è ancora la possibilità di cogliere un’opportunità storica“. “Alla Cop26 non molleremo e continueremo a spingere per una maggiore ambizione climatica, così come per le regole e le azioni per sostenerla. Dobbiamo fermare immediatamente tutti i nuovi progetti sui combustibili fossili”.
Il presidente turco Erdogan non presenzierà alla Cop26, dove avrebbe dovuto spiegare come la Turchia intenderà ridurre le emissioni nel rispetto degli Accordi di Parigi. Non sono state fornite spiegazioni ufficiali. La presenza del ministro turco per l’ambiente Murat Kurum dovrebbe essere confermata. La Turchia è l’ultimo Paese del G20 ad aver ratificato per intero gli Accordi di Parigi, il mese scorso. Questo perché Erdogan ritiene di non rientrare tra i Paesi “sviluppati” e non potere perciò rispettare gli obiettivi fissati a Parigi nel 2015: per tale motivo il mese scorso Banca Mondiale, Francia e Germania hanno stanziato 3,2 miliardi di dollari, soprattutto in prestiti, per finanziare il raggiungimento degli obiettivi sul clima da parte dello Stato turco.
Il progetto “Forza Italia Viva” è ufficialmente diventato realtà, almeno in Sicilia. Solo qualche giorno fa, il leader di Italia Viva Matteo Renzi e Gianfranco Miccichè, Presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana e dirigente di Forza Italia, si incontravano a cena a Firenze. Poi, il 26 ottobre, con una conferenza stampa a Palazzo dei Normanni, alla presenza dei capigruppo di Forza Italia e Italia Viva Tommaso Calderone e Nicola D’Agostino, è stata annunciata da Micciché la formazione di un intergruppo tra le due forze politiche, che a livello regionale contano complessivamente 16 consiglieri. L’obiettivo? Quello di correre insieme alle elezioni comunali di Palermo e alle Regionali del 2022.
L’accordo sarebbe stato siglato grazie alla fondamentale intermediazione di Marcello Dell’Utri, braccio destro di Berlusconi, che ha scontato 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, e prevederebbe il coinvolgimento di Totò Cuffaro (che ha riesumato il simbolo della DC alle ultime comunali, alleandosi con Forza Italia), il quale ne ha scontati altrettanti per favoreggiamento alla mafia. Non proprio dettagli.
Il laboratorio politico in costruzione si propone di guardare oltre i confini siciliani, puntando direttamente a esercitare un’influenza su Roma rispetto alle mire di occupazione di quel “grande centro” che, come ciclicamente è accaduto negli ultimi decenni di storia repubblicana, fa gola a molti. Complici lo slittamento a destra di Fratelli d’Italia e della fazione meno governista della Lega e la pianificazione di una coalizione di stampo progressista che raggruppi il Pd e il “nuovo” Movimento 5 Stelle targato Giuseppe Conte, il momento sembra propizio.
D’altronde, la liaison tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi è nata in tempi non sospetti: nel lontano 2010, l’allora sindaco di Firenze già incontrava in segreto ad Arcore il Cavaliere; quattro anni dopo, quando Renzi ricopriva la carica di segretario del PD, i due siglarono il famoso “patto del Nazareno”, inerente il progetto di modifica del sistema elettorale con l’Italicum (poi bocciato dalla Corte Costituzionale) e una maxi-riforma della Costituzione che, effettivamente, dopo la rottura dell’accordo da parte del Cavaliere, venne realizzata ma fu fragorosamente respinta dal popolo italiano in occasione del referendum del 2016; negli ultimi anni, Renzi ha più volte difeso Berlusconi nel suo ruolo di imputato, sia in merito all’inchiesta fiorentina sui mandati esterni delle stragi di mafia del 1993 (“vedere che qualche magistrato della procura della mia città da anni indaghi sull’ipotesi che Berlusconi sia responsabile persino delle stragi mafiose o dell’attentato a Maurizio Costanzo mi lascia attonito, significa fare un pessimo servizio alla credibilità di tutte le istituzioni italiane”) sia sulla recente richiesta del tribunale di Milano di una perizia medica nei confronti di Berlusconi nell’ambito del processo Ruby-ter (“chiedere una perizia del genere assume i contorni di una inutile, sguaiata provocazione, non si fa altro che confermare che in questi anni c’è stata una persecuzione”).
Ed effettivamente, analizzando le questioni di merito, il pensiero e l’azione politica dei due leader risultano caratterizzati da una lunga serie di similitudini: “garantismo” sfrenato e critica continuativa alla cosiddetta “giustizia ad orologeria” di una presunta magistratura politicizzata, narrazione europeista e antitetica alla retorica sovranista, attacco agli “inesperti” della politica, appoggio al piano delle grandi opere (con il Ponte sullo stretto di Messina come sogno comune), assalto allo Statuto dei Lavoratori (concretizzato da Renzi con l’abolizione dell’Articolo 18 nel 2015), innalzamento del tetto del contante, proposta di leggi “antimafia” criticate a più riprese dagli stessi magistrati impegnati nella lotta alla criminalità organizzata, sostegno ai referendum sulla giustizia promossi negli ultimi mesi dai radicali e dalla Lega. E si potrebbe continuare.
Intanto, si lavora sottobanco alle alleanze per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. I partiti di centro-destra hanno già espresso il nome del loro candidato: Silvio Berlusconi, il quale, se davvero dovesse essere eletto, sarebbe il primo pregiudicato a sedere sullo scranno più alto della Repubblica italiana. La nuova immagine di anziano e moderato europeista, nonché di strenuo difensore delle politiche draghiane anti-Covid, ha progressivamente reso le varie forze politiche centriste e riformiste più propense a valutare l’ipotesi.
Se Draghi verrà “conservato” come garante della maxi-alleanza a supporto dell’attuale esecutivo, i partiti avrebbero forse la possibilità di tirare a campare fino alla fine della legislatura. Se, invece, sarà uno tra Silvio Berlusconi e l’attuale primo ministro a salire al Colle, la già traballante unità del governo sarebbe compromessa e il momento delle elezioni potrebbe avvicinarsi a grandi passi. Allora, i contenuti degli accordi stretti nella penombra di questi mesi di transizione usciranno allo scoperto.
Almeno 10 civili sono rimasti uccisi e altri 29 feriti in seguito a un attacco houthi con missili balistici, che hanno colpito una moschea e una scuola religiosa nella provincia yemenita di Marib. Molte delle vittime sono donne e bambini. I combattimenti tra houthi e forze governative si stanno intensificando negli ultimi mesi, causando a settembre 10mila sfollati a Marib, ultima fortezza del governo riconosciuto a livello internazionale. L’offensiva degli Houthi, che sostengono di star combattendo un sistema corrotto e l’aggressione straniera, complica sempre più la possibilità di raggiungere accordi di pace internazionali. L’ONU ha definito la guerra in Yemen come la peggiore crisi umanitaria del mondo, con oltre 16 milioni di persone che soffrono la fame.
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