venerdì 14 Novembre 2025
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Dyson Award 2021, 3 i vincitori del premio per l’innovazione tecnologica

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Per la prima volta quest’anno sono 3 i vincitori del Dyson Award, il riconoscimento internazionale conferito a giovani ingegneri che realizzino progetti innovativi utili alla società. Il premio sostenibilità è andato all’olandese Jerry de Von per il Plastic Scanner, uno strumento portatile che permette di ridurre l’inquinamento da plastica riconoscendone i differenti tipi. Ad un trio di ricercatori di Singapore è andato il premio per l’invenzione di un guanto per misurare in modo indolore, autonomo e a basso costo la pressione intraoculare e poter così diagnosticare per tempo il glaucoma. Il terzo premio è andato a Joseph Bentley, dell’Università di Loughborough, per l’invenzione di uno strumento che permette di ridurre l’emorragia nelle ferite da taglio. Ciascun vincitore ha ricevuto la somma di 33 mila euro per sviluppare ulteriormente i progetti.

La libertà è parlare

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“Noi del sottosuolo bisogna tenerci a freno. Siamo magari capaci di starcene in silenzio nel sottosuolo per quarant’anni, ma se una volta usciamo alla luce, e ci apriamo un passaggio, allora si parla, si parla, si parla…” (F. Dostoevskij, Memorie del sottosuolo, 1864).

“Si è come malati senza libri. L’essenza della mia anima è come stordita. Quante ore perdute, quante ricchezze sfuggite, inaccessibili… Ma con rimpianto penso alla vita vera, quella degli uomini liberi… Una sfiducia generale regna nel campo e nella nostra baracca. Il disinteresse più assoluto per la sorte degli altri, la mancanza di solidarietà e di cordialità. È quasi impensabile uno scambio di idee qualunque, un contatto intellettuale o semplicemente umano” (Hanna Lévy-Hass, Diario di Bergen-Belsen, 29 agosto 1944).

“Anche tu dunque sei un uomo, anche tu sei dei nostri. Non importano i motivi che ti hanno spinto, né la politica, né le leggi, né le illusioni della ragione… è il potere magico delle cose. Lo Stato è una delle forme di questo destino, come il vento che brucia i raccolti e la febbre che ci rode il sangue… A che cosa valgono le parole? E che cosa si può fare? Niente.” (C. Levi, Cristo si è fermato ad Eboli, 1945).

“Ogni parola scritta e ogni parola a segni si sono trovate sorelle… Il segno, questa danza delle parole nello spazio, è la mia sensibilità, la mia poesia, il mio intimo, il mio stile vero…Gli udenti non si sforzano abbastanza. Ce l’ho con loro… Riesco a chiamare qualcuno soltanto tirandolo per un lembo del vestito. Una manica, il fondo della gonna o dei calzoni… L’indomani della cerimonia dei Molières, nei giornali, a caratteri cubitali, suppergiù lo stesso titolo: ‘La sordomuta ottiene il Molière’. Non Emmanuelle Laborit… Il mio nome è scritto a caratteri piccolissimi sotto la fotografia” (E. Laborit, Il grido del gabbiano, 1994).

La libertà, prima di tutto, è fatta di parole. Dostoevskij e Hanna Lévy-Hass, nel loro spazio concentrazionario, Carlo Levi, confinato nel paesino dal regime fascista, Emmanuelle, isolata dal mondo perché sordomuta in forma grave, ma poi vincitrice come attrice del premio Molière, tutti convergono a pensare alla parola, alle parole come veicolo di libertà. E di pensiero.

Il filosofo americano Charles Peirce, 1868, ricordava che l’essere umano isolato non potrebbe realmente né ignorare, né sbagliare; il pensiero infatti è tale perché esso si rivolge ad altri, perché diventa parola-segno, perché produce un pensiero successivo, da qualcun altro più o meno condiviso: “L’esistenza del pensiero in questo momento dipende da ciò che sarà tra poco: esso ha soltanto un’esistenza potenziale, che dipende dal futuro pensiero della comunità”.

Anche il fraintendimento è dunque parte costitutiva della libertà di parola come pure, ovviamente, il consenso inatteso.

Ne discende la necessità, l’importanza del dialogo, dell’esercizio sociale della parola, come hanno sostenuto molti filosofi e linguisti russi, da Mihail Bachtin a Vygotskij: “Tutta l’attività della coscienza è connessa con lo sviluppo della parola: essa è assolutamente impossibile per una persona sola ma è possibile per due… La coscienza riflette se stessa nella parola come il sole in una piccola goccia d’acqua. La parola sta alla coscienza come una cellula viva al suo organismo, come l’atomo al cosmo. La parola dotata di senso è il microcosmo della coscienza umana” (Vygotskij, Pensiero e linguaggio, 1934).

L’idea che la coscienza non si attivi semplicemente con un dialogo con se stessi ma attraverso una verifica, con altri soggetti parlanti, dei contenuti e delle intenzioni del linguaggio certamente porta a delle conseguenze. Scriveva ad esempio Marcel Proust che “la nostra personalità sociale è una creazione del pensiero degli altri”.

Tutte condizioni, per semplificare, che corrispondono all’idea di responsabilità: il bisogno di risposta che è insito nel nostro parlare ed agire si può soddisfare soltanto se chi ha preso la parola non smentisce quanto ha detto, semmai rettifica, precisa, si corregge oppure conferma, argomenta, insiste. Eppure l’ipocrisia, cioè la volontà di nascondere intenzioni utilitaristiche dietro formalismi di trasparenza e correttezza, è una delle trappole del sistema democratico. Come il disaccordo pregiudiziale, la volontà di essere ostili, di non capire o di non cedere, tipica dei social.

Da qui la profonda difficoltà a condurre dibattiti costruttivi, ad esempio in televisione, se il conduttore ha idee e valutazioni precostituite. Lo spettatore non si sentirà più rappresentato e subentrerà la sfiducia, la disillusione, la rabbia; avvertirà, come annotava Kierkegaard, di far parte “di un gigantesco qualcosa, un vuoto astratto e deserto che è tutto e nulla” (L’età presente, 1846).

La libertà dunque è parola ma è soprattutto lasciare la parola, liberarla dalle nostre intenzioni, accettare che assuma altri destini, cioè altri significati.

[di Gian Paolo Caprettini – semiologo, critico televisivo, accademico]

Il nuovo stadio di San Siro si farà: ma a chi serve realmente?

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Dopo anni di trattative, c’è l’accordo. I rappresentanti di Inter e Milan hanno incontrato l’amministrazione comunale per gettare fondamenta più concrete per il nuovo stadio “Giuseppe Meazza” di San Siro. L’idea è un progetto mastodontico che va ben oltre le finalità calcistiche. Le due squadre chiedono, infatti, due centri commerciali, dei grattacieli per uffici, un grattacielo per un hotel e un centro congressi. Cemento e consumismo sono quindi le parole chiave dietro l’intenzione, non troppo mascherata, di speculare grazie ad un’infrastruttura tutt’altro che necessaria. I comitati di quartieri sono contrari al progetto in quanto temono il caos che ne deriverebbe, così come lo sono i Verdi, i quali, tuttavia, puntano alla mediazione e pensano a un referendum civico.

Il problema principale riguarderà il consumo di suolo. Tra il 2006 e il 2020, in Italia, sono stati cementati oltre 1.000 chilometri quadrati di terreno in più e, tra il 2012 e il 2020, altri 446. Secondo l’ultimo rapporto del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa), a subire l’incremento maggiore è stata proprio la Lombardia con 765 ettari in più in un solo anno. E sono i progetti come quello previsto per il quartiere milanese di San Siro a peggiorare le cose. «Il piano allargato prevede costruzioni a ridosso delle case e l’impermeabilizzazione di un’area verde di 5 ettari piantumata», ha dichiarato al The Submarine Gabriella Bruschi, presidente del Comitato coordinamento San Siro che da oltre due anni si oppone al progetto. Un impatto non da poco, soprattutto, alla luce di due fattori: le criticità interne delle aree urbane e l’espansione di quest’ultime verso settori esterni un tempo naturali, ora, sempre più frammentati. Ancora peggio, poi, considerando che le alternative ci sono. Come ad esempio ristrutturare il Meazza anziché raderlo al suolo e raddoppiarne la superficie edificata. «Prima del Covid ho parlato con gli ingegneri strutturisti che hanno lavorato al Meazza nel corso degli anni – ha aggiunto Bruschi – e hanno certificato di loro pugno che lo stadio sta benissimo, può sopportare qualsiasi tipo di ristrutturazione».

Il sindaco Sala, dal canto suo, avrebbe imposto tre condizioni: il rispetto dei volumi di costruzione indicati nel Piano di fattibilità, la riconversione dell’attuale stadio in “distretto dello sport” e che le nuove edificazioni non superino il limite previsto nel Piano di governo del territorio. O meglio, ha perlopiù ricordato quali sono le regole da rispettare. L’unico modo per limitare l’impatto sul territorio, infatti, sarebbe quello di non avviare i lavori. Ma gli interessi in ballo sono tanti e tutti che vanno ben oltre il dare un nuovo stadio ai tifosi: in parole povere, si tratterebbe di un’investimento immobiliare. Non molti anni fa, sia il Milan che l’Inter sono state infatti acquisite da due fondi d’investimento esteri: il cinese Suning Holdings Group per i Nerazzurri e lo statunitense Elliott per i Rossoneri. Ad oggi, quindi, sono due Società per azioni, per le quali basterebbe già la conferma del progetto per farle salire di valore. Valore di cui entrambe, alla luce dei bilanci economici, ne hanno evidentemente bisogno. La conferma di ciò e dell’intera strategia celata dietro la costruzione del nuovo stadio viene proprio da Paolo Scaroni, presidente del Milan ed ex Amministratore delegato di Eni. «Elliott un giorno rivenderà il club – ha dichiarato – è parte del loro lavoro. Stanno preparando un nuovo Milan, che sarà valutato al giusto prezzo da un nuovo proprietario. Abbiamo bisogno di un nuovo stadio, perché è questa la strada per crescere. Non sono tanto i posti di lavoro, ma la necessità di un’altra attrazione per Milano. La gente verrà a vedere anche questo nuovo stadio, che sarà emblematico di come questa città possa essere moderna e al top».

[di Simone Valeri]

Rotterdam, violente proteste contro restrizioni per Covid: 20 feriti e 7 arresti

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È di almeno 20 feriti e 7 arresti il bilancio di una manifestazione svoltasi a Rotterdam nella serata di ieri. I dimostranti protestavano contro la reintroduzione di restrizioni alla circolazione, voluta dal Governo come misura di contrasto alla pandemia da Covid 19. Il corteo, inizialmente pacifico, ha presto assunto i torni di una guerriglia urbana: alcuni veicoli sono stati dati alle fiamme e sono stati sparati fuochi d’artificio. La polizia ha prima utilizzato i cannoni ad acqua, poi ha sparato in aria alcuni colpi di avvertimento. Testimoni riferiscono che in seguito la polizia abbia sparato ad altezza d’uomo, causando almeno 2 feriti. Sono stati attaccati con il lancio di pietre anche i pompieri intervenuti per spegnere gli incendi ed un giornalista è stato aggredito.

Stati Uniti: Joe Biden cede temporaneamente poteri a Kamala Harris

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Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, essendo stato sotto anestesia per una colonscopia di routine, nella giornata di oggi ha traferito temporaneamente i suoi poteri alla vicepresidente Kamala Harris. Quest’ultima, secondo quanto riportato dalla CNN, per 85 minuti è diventata la prima donna ad assumere i poteri presidenziali.

Plastic Scanner: una invenzione semplice ed economica può aiutare il Pianeta

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Uno scanner per identificare la plastica è stato uno dei premiati al James Dyson Award – concorso internazionale per giovani inventori. Si tratta di un dispositivo tecnologico economico e portatile, che potrebbe ottimizzare lo smistamento dei rifiuti. Il suo utilizzo è molto semplice: basta appoggiarlo alla plastica e questo segnala da quali materiali è composta, permettendo di riconoscerla e identificare se riciclabile.

Il 91% di plastica nel mondo non viene riciclata. Una quantità esorbitante, considerando che l’uomo produce più di due miliardi di tonnellate di rifiuti, e 300 milioni di tonnellate di questi sono di plastica. Inoltre, i dati dimostrano che la maggior parte della plastica che attualmente inquina le acque del nostro pianeta, proviene prevalentemente da paesi in via di sviluppo, i quali hanno sistemi di raccolta di rifiuti spesso inefficienti se non, addirittura, inesistenti. Proprio questa triste realtà ha spinto il giovane Jerry de Vos dell’università tecnica olandese Tu Delft, a fare qualcosa. 

Per la progettazione del Plastic Scanner, l’ingegnere è partito dalla tecnologia con spettroscopia a infrarossi alla base del progetto ReReMeter – sviluppato da Armin Straller – riuscendo a implementarla e a creare un dispositivo più sofisticato ma meno costoso. Cosa rende, quindi, il Plastic Scanner diverso dagli altri? Per prima cosa, l’apparecchio è caratterizzato da una versione più economica delle tecniche di spettroscopia a infrarossi -impiegata nei grandi impianti di smistamento -, chiamata “spettroscopia a infrarossi discreta”. In secondo luogo, è composto solo da due elementi: una scheda breakout da assemblare e le istruzioni su come trasformarla in un dispositivo portatile. Infine, lo scanner ha un hardware completamente open source, ciò significa che tutte le informazioni riguardanti le sue funzionalità sono disponibili, e che esperti di tutto il mondo possono contribuire al suo miglioramento.

[di Eugenia Greco]

Usa: ok Fda a terza dose Pfizer e Moderna per gli over 18

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La FDA, l’organo statunitense che regola i prodotti farmaceutici, ha autorizzato l’uso in via d’emergenza della terza dose del vaccino anti Covid Pfizer e di quello Moderna per tutti gli individui di età pari o superiore ai 18 anni. Se i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) daranno la loro approvazione in tal senso, alle persone che hanno ricevuto la seconda dose del vaccino Pfizer o Moderna da almeno sei mesi ed a quelle che hanno completato il ciclo di vaccinazione primario sottoponendosi al vaccino Johnson & Johnson da almeno due mesi, potrà essere somministrata la terza dose.

La FDA chiede 55 anni di tempo per rilasciare i dati sul vaccino Pfizer

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La FDA, l’organo statunitense che regola i prodotti farmaceutici, recentemente ha chiesto ad un giudice federale del Texas 55 anni di tempo per rilasciare completamente i dati in suo possesso sull’autorizzazione del vaccino anti Covid della Pfizer. Come si legge nel documento ufficiale della corte del Distretto Settentrionale del Texas, infatti, la richiesta della FDA è quella di fornire le 329.000 pagine di documenti che Pfizer ha messo a disposizione di quest’ultima per l’autorizzazione al ritmo di 500 pagine al mese, il che appunto significa che essi non verrebbero rilasciati prima del 2076. Tale modus operandi viene giustificato degli avvocati del Dipartimento di Giustizia (DOJ) – che rappresentano l’ente regolatore statunitense – con il fatto che fornire 500 pagine al mese sarebbe «coerente con i programmi di elaborazione inseriti dai tribunali di tutto il paese nei casi riguardanti il FOIA (Freedom of Information Act)».

La richiesta della FDA fa infatti seguito ad una causa basata sul (FOIA)- la normativa che garantisce a chiunque il diritto di accesso alle informazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni – ed intentata a settembre proprio con il fine di far rilasciare all’organo statunitense queste informazioni. A citare in giudizio la FDA è stata Public Health and Medical Professionals for Transparency, un’associazione composta da oltre 30 scienziati e professori di università, i quali ritengono che rilasciare tali dati aiuterebbe a rassicurare le persone che nutrono dubbi sui vaccini dimostrando che essi sono davvero sicuri ed efficaci. In tal senso, gli avvocati dei querelanti sostengono che la FDA dovrebbe rilasciare tutto il materiale entro il 3 marzo 2022, e non entro il 2076. I querelanti in pratica chiedono che le informazioni in questione vengano messe a loro disposizione in un «periodo di 108 giorni», ovvero sia lo stesso tempo impiegato dalla FDA per «rivedere i documenti sensibili per il compito molto più intricato di autorizzare il vaccino COVID-19 di Pfizer».

Tali affermazioni si basano sul fatto che la richiesta dovrebbe essere considerata come una priorità in quanto «l’intero scopo del FOIA è assicurare la trasparenza del governo ed è difficile immaginare che vi sia qualche necessità di trasparenza più importante della divulgazione immediata di questi documenti». In più, gli avvocati dei querelanti sostengono anche che oltretutto il titolo 21 delle norme della FDA stessa stabilisce che l’agenzia deve rendere «immediatamente disponibili tutti i documenti alla base dell’autorizzazione di un vaccino». Nonostante tutto ciò, però, la FDA come detto ha un’idea differente, e se il giudice federale del Texas dovesse essere d’accordo con quanto sostenuto dall’ente regolatore i documenti verrebbero rilasciati in maniera completa solo nel 2076.

[di Raffaele De Luca]

Scuola: studenti protestano in tutta Italia

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Nella giornata di oggi in tutta Italia gli studenti hanno protestato per opporsi alla legge di bilancio e per chiedere maggiori investimenti sul diritto allo studio nonché un cambiamento strutturale dell’istruzione pubblica. Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Ansa, sono oltre 150.000 i ragazzi che – in più di 80 piazze italiane – si sono mobilitati. In tal senso, Milano, Torino, Roma e Napoli sono solo alcune delle grandi città in cui hanno avuto luogo le manifestazioni.

L’Euro digitale sarà realtà: il prototipo nel 2023

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La Banca Centrale Europea (BCE) ha confermato le tempistiche per l’euro digitale. A sottolineare il piano d’azione è stato ieri, giovedì 18 novembre, Fabio Panetta, membro del Comitato esecutivo della BCE ed ex direttore della Banca d’Italia, il quale ha sintetizzato in un discorso al Parlamento UE la scaletta delle tempistiche: brainstorming e valutazioni varie fino a inizio 2023, quindi via con i test.

Panetta, il quale presiede la task force che si sta occupando del progetto, è imbarcato attualmente in un’azione di proselitismo d’ampio spettro, la sua voce riverbera tanto nei corridoi del Potere quanto sulla carta stampata, il che offre ovviamente un’ottima esposizione al messaggio della BCE, ovvero che il conio digitale sia un futuro indispensabile e necessario.

Il perché di questa necessità viene esplicitato senza mezzi termini: «oggi, il valore del capitale delle criptovalute è superiore al valore che avevano le attività cartolarizzate prima della crisi finanziaria globale». In altre parole, l’Europa deve offrire un sistema alternativo a Bitcoin e omologhi per garantire stabilità e consistenza al Mercato e alla finanza. I toni adottati da Panetta sono drammatici, tuttavia lui deve pur comunque tirare acqua al proprio mulino e il panorama che lo circonda si dimostra eterogeneo e tendenzialmente scettico.

Per lisciare alcuni degli ostacoli che potrebbero compromettere l’avanzata dell’euro digitale, la BCE continua da una parte a ricordare ai cittadini che il conio virtuale non andrà a sostituire le banconote cartacee e dall’altra a rassicurare le banche che non voglia sostituirsi al settore delle carte di credito. Dopotutto, ricorda il sito della Banca Centrale, nella gestione della nuova, ipotetica, moneta «vanno coinvolti intermediari sottoposti a vigilanza».

In tutto questo, la Commissione UE sta ancora facendo orecchie da mercante. L’implementazione dell’euro digitale richiederebbe infatti dei binari guida, delle imposizioni normative che indichino come gestirlo, tuttavia nessuna delle opzioni presenti sul tavolo sembra essere universalmente soddisfacente. La digitalizzazione – parziale o completa – della moneta unica spingerebbe i cittadini ad appoggiarsi su sistemi di pagamento per cui sarà più facile tracciare l’economia sommersa, tuttavia proprio questo meccanismo di sorveglianza potrebbe far desistere coloro che prediligono la privacy. Allo stesso tempo, garantire il totale anonimato degli utenti finirebbe quasi sicuramente a fomentare il riciclaggio e le frodi, dettaglio che certamente non incontra i favori delle varie Amministrazioni.

Non sorprende quindi che gli sforzi di Panetta siano anche mirati a sbloccare questo impasse, tuttavia l’economista si sta dimostrando diplomaticamente accorto, desistendo dal giocarsi sin da subito la carta dell’“emergenza”. Piuttosto, la BCE descrive le criptovalute al pari di un’insidia che nei prossimi dieci anni aumenterà di portata e di spessore, ricordando a chi di dovere che «se gli utenti non avranno un simile servizio da noi, lo avranno da qualcun altro».

[di Walter Ferri]