L’agenzia di stampa russa RIA Novosti ha diffuso il comunicato ufficiale dell’FSB (Servizio Federale per la Sicurezza della Federazione Russa), nel quale si parla dell’operazione di arresto nella Repubblica dell’Inguscezia. Gli agenti dell’FSB hanno arrestato quattro terroristi legati all’ISIS dopo avere effettuato una perquisizione domiciliare, trovando materiale per la propaganda dello Stato Islamico, ordigni esplosivi improvvisati e armi da fuoco. L’FSB ha poi specificato che due dei quattro terroristi arrestati erano in procinto di organizzare un attentato terroristico contro le forze dell’ordine locali. Invece, sempre secondo le informazioni pervenute dall’FSB, gli altri due uomini arrestati stavano svolgendo attività di propaganda dello Stato Islamico (vietata in Russia dal 2003).
In Israele già si parla di una quarta dose vaccinale
Salman Zarka, capo epidemiologo di Israele, ha parlato di una possibile quarta dose di vaccino con il fine di contrastare definitivamente il diffondersi della pandemia. Poco tempo fa, a causa di un aumento dei contagi, Israele aveva già introdotto una terza dose; ora, potrebbe esserci un ulteriore richiamo, come emerso dalle dichiarazioni di Salman Zarka. Si prevede, poi, l’uso di una quarta dose di vaccino che potrebbe essere leggermente modificata, così da rendere la vaccinazione più efficace anche contro le varianti del SARS-Cov-2.
Oltre 300 professori universitari si schierano contro il Green Pass
È stata creata una raccolta firme da parte del personale universitario, col fine di opporsi all’obbligatorietà del Green Pass. L’appello è stato pubblicato il 3 settembre e si concentra sulla natura discriminatoria del certificato vaccinale. Perché dal primo settembre, per potere frequentare le università italiane è infatti necessario essersi sottoposti a due dosi di vaccino – come si sottolinea nell’appello – e questo rappresenta, per chi ha avviato la raccolta firme, una «ingiusta e illegittima discriminazione introdotta ai danni di una minoranza». Nell’appello, si rende palese quanto l’introduzione del Green Pass come requisito obbligatorio abbia diviso e stia ingiustamente dividendo i cittadini in due categorie: «La “tessera verde” suddivide la società italiana in cittadini di serie A, che continuano a godere dei propri diritti, e cittadini di serie B, che vedono invece compressi quei diritti fondamentali garantiti loro dalla Costituzione (eguaglianza, libertà personale, lavoro, studio, libertà di associazione, libertà di circolazione, libertà di opinione)».
Le firme raccolte erano 150 fino a due giorni fa; oggi, i nomi di chi ha scelto di firmare la petizione sono raddoppiati e vedono anche nomi di spicco quali quello dello storico Alessandro Barbero. Quest’ultimo è recentemente intervenuto sul tema del Green Pass, sottolineando quanto, a suo parere, mettere l’obbligo del certificato sia dimostrazione di una grande ipocrisia, perché appunto le cose non vengono dette chiaramente. Così, Alessandro Barbero ha fatto un parallelismo citando la Divina Commedia, affermando che Dante avrebbe messo volentieri i suddetti politici nel girone degli ipocriti. L’intervento di Barbero è avvenuto il 4 settembre, durante l’evento organizzato dalla Fiom Cgil di Firenze in compagnia del segretario generale della CGIL, Maurizio Landini.
Anche il famoso storico ha dunque deciso di appoggiare la raccolta firme, nella quale si specifica quanto la decisione di mettere il Green Pass come obbligatorio per docenti, personale tecnico, amministrativo e bibliotecario e studenti sia in contrasto con «I dettami della Costituzione (art.32 Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti)» ma anche contro quanto stabilito dal Regolamento UE 953/2021 («è necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono state vaccinate» per diversi motivi o «che hanno scelto di non essere vaccinate»). Per i docenti che hanno scelto di firmare – tra cui anche molti vaccinati – è dunque essenziale preservare la libertà di scelta, cercando di mantenere l’università come luogo di inclusione paritaria. Non può assolutamente essere impedito di accedere a dei diritti fondamentali come lo studio e il lavoro per delle scelte che sono libere e personali.
[di Francesca Naima]
Talebani: preso il controllo del Panshir
Oggi, 6 settembre, l’ultimo baluardo di resistenza afghana è stato occupato dai talebani. L’attacco da parte dei talebani ha avuto inizio ieri e oggi essi stessi hanno annunciato di avere ufficialmente preso il controllo nella valle del Panshir. Con l’attacco, c’è anche stata l’uccisione dell’alto comandante del Fronte di resistenza nazionale dell’Afghanistan: Fahim Dashtay. Invece, Zabihullah Mujahid (il portavoce dei talebani) ha infine detto: «Con questa vittoria il nostro Paese è ora completamente fuori dal marasma della guerra».
Afghanistan: i talebani attaccano ultima roccaforte dell’opposizione
I combattenti talebani stanno conducendo un attacco penetrando in profondità nella Valle del Panshir, ultimo bastione della resistenza alla loro presa del potere. Secondo quanto riferito da media locali molti civili sarebbero in fuga verso il confine. I distretti della valle caduti nelle mani dei talebani sono almeno quattro. Preso anche il villaggio di Anabah, a 25 km dall’ingresso meridionale della valle del Panshir, dove ha sede un ospedale della organizzazione Emergency.
Corte d’Appello: i presidi non possono sospendere i docenti privi di Green Pass
Respingendo il ricorso presentato direttamente dal ministero dell’Istruzione (MIUR) la Corte d’Appello di Trieste ha stabilito che i dirigenti scolastici non hanno alcun potere per sospendere i docenti. Una decisione gravida di conseguenze, visto che attualmente la sospensione è diretta conseguenza dell’assenza da lavoro per cinque giorni a causa dell’impossibilità di mostrare il Green Pass. Il parere della Corte è frutto dell’Ordinanza della Cassazione Civile Ord. Sez. 6 Num. 23524/ 2021, che ha respinto l’appello del MIUR e confermato la decisione di primo grado che aveva annullato, dichiarandola illegittima, la sanzione disciplinare della sospensione dall’insegnamento per tre giorni applicata ad un docente perché emessa da organo incompetente.
A poter comminare la sospensione, secondo quanto stabilito dalla Corte d’Appello, può essere solamente l’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (organo amministrativo competente per le infrazioni punibili con sanzione superiore al rimprovero verbale) e non il dirigente scolastico. Si tratta di una ordinanza che potrebbe anche far saltare le sanzioni pecuniarie che lo stesso ministero aveva previsto per il personale scolastico presente a scuola privo di Green Pass. Secondo la circolare ministeriale, infatti, tali sanzioni dovevano essere erogate sempre dai dirigenti scolastici ma, come si chiede il portale di informazione scolastica Miur Istruzione, «Se i dirigenti scolastici non hanno il potere di sospendere, hanno il potere di comminare sanzioni pecuniarie?».
Questa la motivazione della sentenza emessa dai giudici: “In tema di sanzioni disciplinari nel pubblico impiego privatizzato, al fine di stabilire la competenza dell’organo deputato a iniziare, svolgere e concludere il procedimento, occorre avere riguardo al massimo della sanzione disciplinare come stabilita in astratto, in relazione alla fattispecie legale, normativa o contrattuale che viene in rilievo, essendo necessario, in base ai principi di legalità e del giusto procedimento, che la competenza sia determinata in modo certo, anteriore al caso concreto ed oggettivo, prescindendo dal singolo procedimento disciplinare»; al principio esposto ed alle argomentazioni che lo sorreggono, condivise dal Collegio, occorre assicurare continuità in questa sede; diversamente opinando, l’individuazione dell’organo competente -da cui dipende anche la determinazione delle regole procedurali applicabili- avverrebbe sulla base di un dato meramente ipotetico, che potrebbe anche essere smentito all’esito del procedimento medesimo; il caso di specie riguarda il personale docente ed educativo della scuola; per tale categoria, a norma degli art. 492, comma 2, lett. b) e 494, comma 1, lett. a), b) e c), è prevista la fattispecie legale della sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio nella misura minima «fino a un mese»; pertanto, ai sensi dell’art. 55-bis, comma 1, primo e secondo periodo, applicabile ratione temporis nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 75 del 2017, non trattandosi di «ìnfrazìonì di minore gravita», per le quali cioè è prevista «l’irrogazione di sanzioni superiori al rimprovero verbale ed inferiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per più di dieci giorni», sussiste la competenza dell’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (U.P.D.) e non quella del dirigente scolastico”.
L’Italia è diventata un crocevia per il commercio di legname illegale
L’Italia riveste ormai un ruolo chiave nel business delle importazioni in Europa di legname proveniente dalla Birmania: è quanto si apprende da un recente rapporto dell’Environmental Investigation Agency (Eia), una Ong che si occupa di indagare sui crimini contro la fauna selvatica e l’ambiente. Sono infatti 27 le aziende nostrane accusate di aver fatto affari con la Birmania, commerciando illegalmente il legno ed assicurando così all’Italia la parte di leader in tal senso all’interno dell’Unione europea. Nello specifico, le ditte hanno importato soprattutto prodotti in teak (tectona grandis), un tipo di legname che gode di un buon mercato essendo resistente all’acqua e facile da lavorare. Senza dubbio quindi un buon affare sul quale, stando al rapporto, le aziende italiane hanno puntato ampiamente: le importazioni dal Paese asiatico, infatti, negli ultimi anni sono state in continua crescita e «nel 2020 l’Italia ha importato prodotti in legno corrispondenti a quasi 24 milioni di euro (27,4 milioni di dollari), ossia quasi il 66% del totale delle importazioni di legname nell’UE, derivanti dal Paese asiatico, per quell’anno».
Ad ogni modo l’Italia domina tale commercio dal 2013, anche poiché sono contemporaneamente diminuite le importazione da parte di altri Stati membri dell’Ue con il fine di cercare di rispettare le leggi comunitarie sul legname. Dal medesimo anno, infatti, in Europa la materia è regolamentata dalla EU Timber Regulation, che agli importatori impone la cosiddetta “due diligence”, un controllo documentale sul materiale importato per verificarne la provenienza e la legalità. Vi sono alcuni Paesi europei che però, appunto, hanno stabilito che la due diligence nei confronti del legname birmano sia impossibile da rispettare in quanto non si può comprendere dai documenti se quest’ultimo sia illegale o meno, ragion per cui le importazioni sono calate. Tuttavia le aziende italiane non sembrano aver optato per tale opzione, ed a tal proposito va ricordato che multe per il mancato rispetto di quanto imposto sono generalmente non molto elevate, il che potrebbe rappresentare uno dei motivi alla base di ciò.
A tutto ciò si aggiunga che le ditte nostrane hanno continuato ad importare il legname anche nei mesi successivi al 1° febbraio di quest’anno, giorno in cui è stato attuato il golpe militare in Birmania. A marzo, aprile e maggio 2021, infatti, dal rapporto si evince che vi sono state importazioni di prodotti in legno pari ad una cifra tra 1,3 e 1,5 milioni di euro da parte di alcune delle ditte italiane. Il tutto nonostante le sanzioni internazionali imposte contro il regime: in Birmania infatti è in corso una violazione dei diritti umani e, come si legge nel rapporto, «continuando il commercio, queste aziende stanno effettivamente sostenendo la giunta militare e la sua repressione del popolo», il che si affianca alla «distruzione delle foreste del Paese», di cui le aziende italiane si stanno rendendo complici. Ad ogni modo, però, «nessuna società confermato che cesserà di importare il teak dopo il il colpo di stato in Birmania».
[di Raffaele De Luca]
Turchia: scontro tra treno e minibus, almeno 6 vittime
In Turchia, in seguito ad uno scontro tra un treno merci ed un minibus, almeno sei persone hanno perso la vita ed altre sei sono rimaste ferite. A renderlo noto è stata l’agenzia di stampa turca Demironen, secondo cui la collisione si è verificata precisamente in un passaggio a livello a Ergene, nella provincia di Tekirdag, alle otto del mattino (ora locale). Le vittime, inoltre, si trovavano tutte a bordo del minibus.
L’era della benzina con il piombo è ufficialmente finita in tutto il mondo
L’Organizzazione delle Nazioni Unite ha annunciato che la benzina con piombo è ufficialmente fuori produzione. Con la cessazione, nel mese di luglio, delle vendite in Algeria – l’unico paese che ancora lo utilizzava – questo tipo carburante è fuori dai giochi, dopo cento anni di storia. Il suoi primi utilizzi sono infatti del 1922 ed in pochi decenni diventò a tutte le latitudini il carburante per eccellenza. Negli anni Settanta, quasi tutta la benzina prodotta nel mondo conteneva il piombo, poi il lento declino, che porta oggi il mondo a potersi dire libero da questo elemento estremamente inquinante e velenoso.
La benzina con piombo – o “benzina rossa” – è stata sviluppata nei primi anni Venti del Novecento in un laboratorio di ricerca della General Motors, negli Stati Uniti, con l’unione della benzina al piombo tetraetile, un mix che riduceva il rischio di denotazioni non previste all’interno dei motori, ma estremamente tossico. Questo, infatti, nel corso del tempo ha contaminato aria, suolo, acqua, colture alimentari, causando malattie cardiache, ictus e tumori. Fattore che, tuttavia, non ha arrestato la sua promozione nell’industria automobilistica e la sua diffusione a livello mondiale. Il punto di svolta si ebbe nel 1979, quando una ricerca americana evidenziò un’insolita concentrazione di piombo nei denti dei bambini in età scolare i quali, al tempo stesso, mostrarono di avere una riduzione del quoziente intellettivo e problemi comportamentali e di apprendimento. Tale studio portò, negli anni a venire, alla revisione delle normative per l’uso della “benzina rossa”, specialmente in Europa, dove vennero stabiliti limiti sempre più bassi per la concentrazione del piombo al suo interno. Molti produttori automobilistici, a metà degli anni Novanta, iniziarono a produrre veicoli che funzionassero solo con benzina senza piombo, la cosiddetta “benzina verde”, dando il via alla fine dell’utilizzo del piombo nel carburante. In Europa, questo avvenne definitivamente nel 2002.
La benzina rossa, però, continuava ad essere ampiamente distribuita nei paesi più poveri e in via di sviluppo, dove le automobili erano datate ed era complicato attuare una conversione ai carburanti privi di piombo. Per questo motivo entrò in scena l’Onu che, con la Collaborazione per veicoli e carburanti puliti che coinvolse aziende petrolifere e organizzazioni ambientaliste, fissò l’obiettivo di mettere fine all’utilizzo della benzina rossa che, all’epoca, era ancora utilizzata in 120 paesi del mondo. Gli sforzi si concentrarono soprattutto in Africa, dove si attuarono campagne informative sulla pericolosità del piombo tetraetile con studi dimostranti elevati livelli dell’elemento chimico nel sangue die bambini, e si lavorò sodo per sfatare luoghi comuni sulla scarsa efficacia della benzina senza l’elemento chimico. Col passare del tempo, l’Algeria rimase l’unico paese dove fosse ancora possibile acquistare “benzina rossa”, fino a luglio, quando il governo ha confermato di avere interrotto la sua vendita.
Purtroppo, questo traguardo non è sinonimo di un miglioramento globale repentino. Si stima, infatti, che gli effetti dureranno ancora per decenni. Come confermato da una ricerca dell’Imperial College di Londra – effettuata sulla qualità dell’aria londinese – i carburanti al piombo, messi al bando nel Regno Unito nel 1999, stanno ancora incidendo sull’ambiente e sulle persone. Gli esperti hanno analizzato dei campioni di polvere stradale e suolo urbano, giungendo alla conclusione che il principale responsabile della presenza del piombo nell’aria sarebbe il risollevamento della polvere contaminata. Una volta che il piombo si è depositato al suolo, viene costantemente risollevato dal passaggio dei veicoli, fenomeno ancora attivo dopo ben venti anni dal bando della cosiddetta “benzina rossa”.
Comunque, nonostante sia necessario molto tempo per il completo smaltimento del piombo in circolazione, diversi studi stanno già dimostrando i benefici sulla salute umana della sua messa al bando. Inoltre, questo renderà possibile un sempre più ampio utilizzo delle marmitte catalitiche, le quali consentono di abbattere le emissioni di gas di scarico dei motori. Tuttavia, la strada è ancora lunga. In molti paesi in via di sviluppo, privi di risorse economiche sufficienti e infrastrutture per l’utilizzo dei veicoli elettrici, è ancora diffusa la produzione del motore a scoppio. Inoltre, anche se i governi dei paesi più ricchi si stanno impegnando nel graduale passaggio ai motori elettrici, c’è il rischio che questi vendano i “vecchi” veicoli ai paesi più poveri, rallentando l’ascesa di forme di mobilità più green.
[di Eugenia Greco]