venerdì 19 Settembre 2025
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Non si ferma la strage di giornalisti in Messico

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Fotoreporter

Fredy López Arévalo e Alfredo Cardoso sono morti lo stesso giorno. Uccisi per il lavoro che svolgevano: entrambi erano infatti giornalisti in Messico, ancora oggi uno dei paesi più pericolosi al mondo per chi si occupa di informazione. I due reporter sono stati presi d’assalto nelle loro case, a distanza di meno di 24 ore l’uno dell’altro. Con la morte di Arèvalo e Cardoso il bilancio delle vittime di quest’anno per i reporter sale a nove, superando già gli otto morti registrati nel 2020.

Fredy López Arévalo è stato colpito alla testa mentre si trovava nella propria abitazione, situata nella città di San Cristóbal de las Casas. I suoi reportage provenivano principalmente dalle zone dello stato meridionale del Chiapas, e recentemente aveva scritto molto sulla politica centroamericana e la rivolta zapatista per testate giornalistiche come Reuters, il Los Angeles Times e Notimex. Il suo lavoro sulla politica locale era meticoloso e costante.

Alfredo Cardoso è morto invece ad Acapulco, dopo essere stato allontanato dalla sua residenza da uomini armati e a volto coperto, che non hanno risparmiato minacce neppure nei confronti della famiglia. Il suo corpo è stato ritrovato il giorno successivo, trivellato di colpi. Inutili gli sforzi compiuti dai medici per tentare di salvargli la vita. Cardoso, prima di ricoprire il suo ultimo incarico da direttore del sito di notizie online Revista Dos Costas, era un fotoreporter che negli ultimi tempi aveva raccontato la situazione di Acapulco, una città che ha subito una radicale trasformazione negli ultimi dieci anni: da meta turistica a covo di violenza generata dai cartelli della droga.

Come è già accaduto in passato, anche questa volta nessun sospettato è stato arrestato. Spesso gli omicidi commessi nei confronti dei giornalisti messicani finiscono nel dimenticatoio e rimangono impuniti. Le motivazioni sono diverse: indagini superficiali e inadeguate, indifferenza da parte della politica e frequenti collusioni tra cartelli della droga. Elementi che contribuiscono a confermare ancora una volta il Messico come il paese con più omicidi compiuti ai danni dei giornalisti.

“Questi attacchi sono alimentati dall’impunità, che è quasi totale nei crimini contro la stampa. Il governo non è stato disposto a fare alcun passo significativo per rafforzare lo stato di giustizia o proteggere i giornalisti”, ribadiscono le associazioni.

Facendo una panoramica più ampia, dal 1999 ad oggi nel mondo, almeno 1.400 giornalisti sono stati uccisi proprio per aver portato a termine il proprio lavoro. Nell’86% dei casi, nessun colpevole ha pagato per l’omicidio.

Reporters sans frontières (RSF) include da anni il Messico, insieme alla Siria e all’Afghanistan (in cui però va avanti una guerra devastante da anni) nella classifica dei paesi più pericolosi al mondo per i media.

La violenza nel paese è spesso frutto della collusione tra funzionari e criminalità organizzata, pratica che paralizza il sistema giudiziario in tutti gli ambiti. I giornalisti che si occupano di raccontarne l’evoluzione, di addentrarsi nella politica interna e locale, in crimini irrisolti e malfunzionamenti amministrativi vengono minacciati, intimoriti e nel peggiore dei casi uccisi a sangue freddo. Altri vengono rapiti, e di loro poi non si sa più niente. Non si sa se siano morti o se siano fuggiti all’estero. Se siano stati costretti a cambiare identità, ad esempio, o vivere perennemente nascosti. “Andrés Manuel López Obrador, presidente del Messico dal dicembre 2018, non ha ancora attuato le riforme necessarie per frenare questa violenza e impunità”, riferisce RSF.

[di Gloria Ferrari]

USA, riaprono le frontiere per turisti vaccinati

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Gli Stati Uniti riaprono oggi le frontiere ai turisti vaccinati provenienti da tutto il mondo, comprese le zone che ancora sono soggette a restrizioni. Termina così la lunga chiusura decretata dall’amministrazione Trump nel 2020 e mantenuta da Biden fino ad ora. La decisione arriva dopo che il 70% della popolazione adulta americana è stata immunizzata. Negli Stati Uniti è già iniziata la somministrazione della dose booster a soggetti fragili e anziani ed è stato dato il via libera alla vaccinazione dei bambini tra i 5 e gli 11 anni. I vaccini accettati per l’ingresso in territorio americano sono tutti quelli autorizzati dall’Organizzazione mondiale della sanità.

Stop alle delocalizzazioni: depositata alla Camera la legge scritta dagli operai GKN

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Lo avevano annunciato, lo hanno fatto. Con una concretezza che non appartiene alla politica in poche settimane gli operai in lotta contro il licenziamento della fabbrica GKN di Campi Bisenzio (Firenze) hanno scritto e depositato alla Camera una proposta di legge per impedire alle aziende le delocalizzazioni selvagge. Una proposta di riforma dal basso, scritta dai lavoratori per i lavoratori, che nei suoi presupposti risponde a un principio apparentemente elementare eppure non riconosciuto: “Delocalizzare un’azienda in buona salute, trasferirne la produzione all’estero al solo scopo di aumentare il profitto degli azionisti, non costituisce libero esercizio dell’iniziativa economica privata, ma un atto in contrasto con il diritto al lavoro, tutelato dall’art. 4 della Costituzione”.

La proposta di legge è stata cofirmata da 26 parlamentari, con primi firmatari Matteo Mantero (Potere al Popolo!), Yana Ehm (Gruppo misto, ex M5S), Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana). Essa prevede: limiti severi alle delocalizzazioni (ovvero spostamento degli stabilimenti all’estero) per le aziende con oltre 100 dipendenti; obbligo per le aziende di presentare al ministero un piano per la salvaguardia dei lavoratori che dovrà essere approvato dalla maggioranza dei lavoratori attraverso i sindacati; la possibilità per gli operai di associarsi in cooperativa e rilevare la fabbrica con diritto di prelazione e con il sostegno dello stato. La proposta di legge è stata sottoscritta anche da 50.000 cittadini su change.org (dove è consultabile il testo della proposta).

Si tratta di una proposta di legge che ha l’obiettivo di incidere in maniera decisa contro gli abusi delle aziende e di prevedere strumenti reali e concreti per proteggere i posti di lavoro in un mercato sempre più selvaggio e dominato da multinazionali che negli ultimi mesi hanno abituato a licenziamenti di massa e chiusure di interi stabilimenti produttivi da un giorno all’altro. Un implicito segnale del fatto che gli operai non hanno particolari aspettative verso il cosiddetto “decreto contro le delocalizzazioni” proposto al governo da 5 Stelle e Partito Democratico: una norma dalla cui bozza è scomparso ogni richiamo alle sanzioni verso le aziende che non rispettino gli accordi, e che quindi – anche in caso di approvazione – rischia di non servire quasi a nulla.

I 422 lavoratori della GKN sono in lotta dal luglio scorso, quando l’azienda per la quale lavorano (multinazionale inglese di componentistica per auto) gli annunciò il licenziamento senza preavviso e via mail, causa chiusura dello stabilimento e spostamento all’estero della produzione. Da allora la lotta dei lavoratori GKN è stata senza sosta e il loro slogan (“Insorgiamo”) è diventato simbolo anche mediatico delle situazioni analoghe vissute di tanti lavoratori. La curiosità politica, ora, sarà vedere come si comporteranno i vari partiti politici di fronte alla proposta di legge operaia, a cominciare da PD e M5S, che a parole hanno sempre appoggiato le iniziative degli operai della GKN.

Negli Usa multinazionali e intelligence pianificano il green pass del futuro

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Mentre in Italia, per tramite del “green pass”, si è instaurata una cittadinanza di seconda classe, anche negli Stati Uniti sono in corso grandi manovre per lo sviluppo e l’introduzione di un passaporto vaccinale digitale su larga scala. Varie sono le organizzazioni coinvolte e impegnate a viario titolo nella progettazione e implementazione di questo dispositivo digitale che sembra poter essere applicato anche oltre la pandemia da Covid-19 assumendo i caratteri di uno strumento del capitalismo della sorveglianza e dai tratti transumanisti tanto cari a organizzazioni come il World Economic Foru...

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Yemen: uccisi oltre 157 ribelli Houthi

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In Yemen, nella giornata di oggi la coalizione militare a guida saudita ha fatto sapere di aver ucciso oltre 157 ribelli Houthi nelle ultime 24 ore. «Quattordici veicoli militari sono stati distrutti e oltre 157 terroristi sono stati eliminati», si legge infatti in un comunicato della coalizione diffuso dall’agenzia di stampa ufficiale saudita Saudi Press Agency. Inoltre, nello specifico a provocare la morte dei ribelli sarebbero stati nuovi raid effettuati intorno alla roccaforte filo-governativa settentrionale di Marib.

Puglia: continua l’abbattimento degli ulivi millenari per la Xylella

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In Puglia a causa della Xylella, un batterio che determina il disseccamento e quindi la morte delle piante di olivo, ancora oggi prosegue l’abbattimento degli ulivi millenari. Solo nell’agro di Ostuni nel prossimo periodo saranno abbattute oltre 1000 piante per tale motivo: come spiegato dall’assessore all’Agricoltura della Regione Puglia, Donato Pentassuglia, la gestione della fitopatia consiste infatti nell’individuare le piante infette, abbatterle e delimitare l’area. «È anche grazie a questo grande sacrificio che chiediamo agli agricoltori che possiamo sperare di salvare i due milioni di olivi presenti ad Ostuni e, più in generale, i sei milioni di olivi presenti nella Piana», ha a tal proposito dichiarato Pentassuglia.

Si tratta però di un modus operandi che di certo non è condiviso da Ulivivo, un comitato che si occupa di difendere gli ulivi della Puglia che recentemente ha lanciato un appello volto a fermare gli abbattimenti. «Gli ulivi millenari della Puglia continuano a cadere in nome di una fantomatica emergenza Xylella che ha reso possibile aggirare le leggi a tutela ambientale. L’obiettivo del governo? Salvare l’agricoltura e il paesaggio! Se non fosse tragico sarebbe comico». È questa la posizione di Ulivivo, il quale non solo critica l’abbattimento degli oltre 1000 alberi sopracitato, ma anche quelli già avvenuti nel corso di quest’anno ad Ostuni, Fasano, Cisternino e Monopoli. Secondo il comitato, infatti, le attività di monitoraggio e abbattimento in questi luoghi «sono state eseguite al di fuori del Regolamento di esecuzione 2020/1201 della Commissione europea» e sono dunque illegittime.

In più, Ulivivo comunica: «i numeri dichiarati dalla Regione delle piante già abbattute evidentemente derivano da una matematica “creativa” visto che sappiamo esserci decine di piante abbattute fra gennaio e maggio di quest’anno che scompaiono dal riepilogo della Regione per la quale la somma non fa il totale! Neanche compaiono gli abbattimenti illegittimi di olivi plurisecolari monumentali avvenuti in zona Montalbano di Fasano nel mese di giugno a cui abbiamo assistito personalmente».

Ad ogni modo, a prescindere da tutto ciò quel che è certo è che quella degli ulivi millenari sia una vera e propria strage che va avanti da tempo. In Puglia i problemi legati alla Xylella, infatti, sono cominciati nel 2013, con la prima segnalazione ufficiale di focolai risalente all’ottobre di quell’anno. Da allora, scondo le stime di Confagricoltura «la Xylella si è propagata e, ad oggi, ha colpito circa 150mila ettari di oliveto nelle province di Lecce, Brindisi e parte del Tarantino». Questo vuol dire – sottolinea Confagricoltura facendo un conteggio sulla base delle ore di lavorazione che richiedono gli impianti di olivi – che «si sono persi circa 33mila posti di lavoro» e che «per ripristinare questi posti e il potenziale olivicolo andato distrutto, lo Stato e la Regione Puglia dovrebbero investire 3,3 miliardi di euro, mentre sono stati investiti solo 300 milioni di euro».

[di Raffaele De Luca]

Al via la prima sperimentazione clinica per un vaccino contro il tumore al seno

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Gli Stati Uniti hanno annunciato di aver avviato la prima sperimentazione clinica per testare un vaccino contro il tumore al seno. Sono i ricercatori della Cleveland Clinic (Ohio) che si stanno occupando della ricerca per testarlo, al fine di prevenire il carcinoma mammario triplo negativo, ovvero la forma più aggressiva del cancro al seno. Questo tipo di neoplasia, che solitamente colpisce le donne di età inferiore ai 50 anni e quelle che presentano mutazioni a carico del gene Brca1, è molto difficile da curare, poiché risponde poco alle terapie e può essere prevenuto solo con la mastectomia, ovvero la rimozione dell’intera ghiandola mammaria. La classificazione “triplo negativo” infatti, indica che le cellule cancerose non presentano nessuno dei tre recettori solitamente presenti sulla superficie delle cellule di altri tumori della mammella, fondamentali per le terapie ormonali e farmacologiche. Per questo motivo, nonostante rappresenti solo il 12/15% circa dei tumori al seno, è quello con il tasso più alto di decessi e di recidiva.

Il vaccino in fase di sperimentazione si deve allo studio iniziato nel 2010 dall’immunologo Vincent Tuohy, il quale ha basato la ricerca su un farmaco indirizzato contro la proteina alfa-lattoalbumina, di solito presente durante il periodo dell’allattamento, la quale si trova in quantità elevate anche nella maggior parte dei carcinomi alla mammella. Il prototipo del vaccino, infatti, si basava sulla stimolazione del sistema immunitario al fine di attivarlo contro le cellule che esprimono la proteina. La ricerca, a seguito di test in vitro e su modelli animali, ha rivelato non solo che tale attivazione era sicura ed efficace per la prevenzione dei tumori al seno, ma anche che una singola vaccinazione potrebbe inibire la crescita di quelli già presenti.

Dopo dodici anni di sperimentazione, la FDA (Food and Drug Administration, ente per l’approvazione dei farmaci negli Usa) ha dato il via libera alla sperimentazione clinica, che nella prima fase coinvolgerà tra le 18 e le 24 pazienti che hanno sviluppato il tumore negli ultimi tre anni e che, seppur guarite, sono a rischio di recidiva. Le partecipanti riceveranno tre vaccinazioni, ciascuna a distanza di due settimane. Lo studio dovrebbe essere completato nel settembre 2022. Se i risultati saranno quelli sperati, i ricercatori prevedono di proseguire la sperimentazione con la somministrazione del vaccino anche a persone sane ma ad alto rischio di tumore al seno – come chi possiede la mutazione a carico del gene Brca1 – per determinare se in futuro potrà essere realmente utilizzato per prevenire il cancro al seno.

[di Eugenia Greco]

Trieste: iniziata manifestazione No Green Pass, Piazza Unità d’Italia blindata

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A Trieste è partito il corteo dei cittadini contrari al Green Pass. Migliaia di persone stanno partecipando alla protesta e molte di loro non indossano la mascherina, non rispettando dunque la norma che era stata imposta dalla questura. Nella città c’è uno schieramento ingente di uomini delle forze dell’ordine: Piazza Unità d’Italia è infatti blindata dalla polizia e, come documentato dalla piattaforma Local Team, sono stati anche schierati due idranti. Al momento, però, non si registrano tensioni.

Sierra Leone: 99 morti per esplosione autocisterna di carburante

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Sono almeno 99 le persone che hanno perso la vita in seguito all’esplosione di un’autocisterna di carburante verificatasi nella giornata di ieri a Freetown, la capitale della Sierra Leone. A riportarlo è la Reuters, la quale precisa che l’esplosione è stata causata da una collisione. Sempre l’agenzia di stampa britannica sottolinea inoltre che sono più di 100 le persone rimaste ferite e ricoverate negli ospedali e nelle cliniche della capitale.

Ddl concorrenza: Draghi ora va all’attacco dei servizi pubblici locali

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Il Consiglio dei Ministri ha approvato il 4 novembre il Disegno di legge per il mercato e la concorrenza 2021, che rientra tra gli obiettivi individuati nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).  Uno dei punti chiave di questo Ddl è la privatizzazione della globalità dei servizi pubblici locali (art. 6). Si tratta della conferma della priorità che questo Governo assegna a liberalizzazione e interessi di mercato, piuttosto che all’efficienza dei servizi e alla garanzia della tutela dei diritti dei cittadini. La legge andrà infatti a mettere nelle mani dello Stato tutti i servizi pubblici normalmente gestiti dai Comuni, affinché diventino strumenti di competizione sul mercato.

La finalità, stando al testo del Ddl, è quella di “promuovere lo sviluppo della concorrenza e l’accesso ai mercati (…) e contribuire al rafforzamento della giustizia sociale, migliorare la qualità e l’efficienza dei servizi pubblici e potenziare la tutela dell’ambiente e il diritto alla salute dei cittadini”. Suona ironica questa affermazione dopo due anni di pandemia che hanno reso evidente come la corsa al neoliberismo e alle privatizzazioni(da sempre applicate invocando l’ideologia dell’efficentismo e della concorrenza) abbia comportato un enorme danno per la popolazione, definendo criteri discriminatori per l’accesso alle cure e ai servizi.

Il governo di Draghi, invece, procede sulla linea degli investimenti finanziari e della promozione del libero mercato come supposto strumento di eguaglianza tra le parti. Il Ddl prevede la gestione della globalità dei “servizi pubblici locali” (non vengono effettuate differenziazioni di sorta) come competenza esclusiva dello Stato. Un affidatario si occuperà di redigere una relazione annuale circa la qualità del servizio e gli investimenti effettuati. Gli enti locali che vogliano gestire in proprio un servizio dovranno produrre “una motivazione anticipata e qualificata (…) del mancato ricorso al mercato” e sottoporsi a una “revisione periodica” per “giustificare le ragioni del mantenimento dell’autoproduzione”. La mancata presenza sul mercato è insomma vista come un’anomalia da giustificare periodicamente: lo snaturamento del servizio pubblico in quanto tale viene così sancito una volta per tutte.

Per assicurare “un’adeguata valorizzazione della proprietà pubblica” il governo, oltre a privatizzare la gestione dei servizi, si occuperà anche di rivedere “i regimi di proprietà e gestione delle reti, degli impegni e delle altre dotazioni, nonché della gestione dei beni in caso di subentro”.

L’art. 6 è passato inosservato sui canali di comunicazione mainstream: a catturare l’attenzione sono state, ancora una volta, le schermaglie politiche, mentre si è tralasciato di trattare un provvedimento di importanza sostanziale. Allo stesso modo un altro fatto sta passando inosservato, di uguale gravità. Lo ha denunciato questa mattina Riccardo Molinari, capogruppo alla Camera della Lega, a Radio 24: «Il ruolo del Parlamento da quando c’è il governo Draghi dire che è compresso è un eufemismo. Il Senato può discutere temi marginali che non sono nell’agenda del governo come il DDL Zan, ma tutto quello che viene dal governo arriva praticamente blindato […] Siamo entrati in un governo d’emergenza che agisce con una procedura di emergenza, ma questa non può diventare la normalità, sappiamo che anche con la legge di bilancio sarà così».

Come abbiamo già spiegato in questo articolo, il premier Draghi ha fatto spesso ricorso alla fiducia da quando è in carica, arrivando a programmare cinque voti blindati in sole 48 ore. Non si tratta del primo premier a ricorrere a tale strumento, ma sono iniziative che portano a sollevare domande su quanto la democrazia parlamentare sia ancora un valore centrale nel governo del nostro Paese.

[di Valeria Casolaro]