venerdì 19 Settembre 2025
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L’Italia sostiene l’alleanza per l’addio alle fonti fossili, ma solo a metà

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Il ministro per la Transizione Ecologica Cingolani ha annunciato l’adesione dell’Italia al Beyond Oil and Gas Alliance (BOGA). Si tratta di un’alleanza globale, promossa da Danimarca e Costa Rica, i cui Paesi firmatari si impegnano in iniziative concrete per un graduale abbandono dei combustibili fossili. Ciò che il ministro non ha però specificato è che l’Italia aderirà come semplice Friend of BOGA, ovvero senza impegnarsi in nessuna delle iniziative innovative dell’alleanza come lo stop alle nuove concessioni per gas e petrolio, ma limitandosi ad allineare la produzione di idrocarburi con gli obiettivi di Parigi.

Il BOGA è stato promosso da Danimarca e Costa Rica nell’ambito della Cop26 e si pone obiettivi e iniziative concreti per l’abbandono graduale dei combustibili fossiliCingolani ha annunciato entusiasticamente l’adesione dell’Italia a tale progetto, sostenendo che “L’Italia su questo programma è perfino più avanti e abbiamo le idee chiare: il grande piano per le rinnovabili con 70 miliardi di watt per i prossimi 9 anni per arrivare al 2030 con il 70 per cento di energia elettrica pulita”. Ovvero esattamente quanto previsto per rimanere in linea con gli Accordi di Parigi.

Dei tre livelli di adesione, l’Italia è stata infatti l’unica ad entrare come Friend, ovvero il grado più esterno e meno impegnativo, che non obbliga a bloccare tutte le concessioni per gas e petrolio né nello stop alle trivellazioni, il cuore dell’innovazione voluta dall’alleanza.

I Paesi che hanno avuto il coraggio di aderire pienamente non sono molti: tra i core members vediamo infatti Danimarca, Costarica, Francia, Groenlandia, Irlanda, Quebec, Svezia, Galles, mentre California, Nuova Zelanda e Portogallo partecipano come associate members e l’Italia, fanalino di coda, come friend. 

Si tratta di una presa di posizione che riflette un atteggiamento non sempre chiaro del governo sulle questioni ambientali: ne costituiscono un esempio il dubbio contenuto del Patto per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiETSAI) o le affermazioni di Cingolani riguardo la necessità di investire nelle risorse fossili per evitare il deficit energetico. Tali elementi fanno sorgere un quesito su quanto la transizione ecologica costituisca una priorità per il Governo.

[di Valeria Casolaro]

Milano: perquisizioni contro i No green pass, il questore: “ora cambia il film”

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All’alba di oggi sono iniziate perquisizioni nei confronti di manifestanti contro il green pass a Milano, condotte dai carabinieri del Nucleo Informativo del Comando Provinciale. Secondo quanto trapela sulla stampa locale le persone sottoposte alla misura sarebbero quattro, indagate per “violenza privata aggravata” per aver messo in atto “atteggiamenti prevaricatori” nei confronti di alcuni giornalisti, nel corso delle manifestazioni del 30 ottobre e del 6 novembre, tanto da “impedire l’esercizio del diritto/dovere di cronaca”. I decreti di perquisizioni sono stati emessi nientemeno che dalla Sezione Distrettuale Antiterrorismo della Procura di Milano.

Ricapitoliamo affinché siano chiari i dati di base della notizia, di modo da comprendere l’enormità del quadro: degli atteggiamenti “prevaricatori” (quindi non fisicamente violenti, ma semplicemente minacciosi), vengono interpretati come “violenza”, neppure di stampo ordinario ma addirittura di sospetta matrice “terroristica” vista la sezione incaricatasi dell’indagine. Se i dati salienti che emergono dai media si riveleranno esatti (e non vi è ragione di dubitarne visto che usualmente i cronisti della stampa locale scrivono questi articoli basandosi direttamente su fonti e dispacci dati loro dalla Procura), la disparità e l’enormità dell’accusa appaiono evidenti.

D’altronde che il clima verso le manifestazioni contro il green pass anche nel capoluogo lombardo non sia dei migliori si è capito anche dalle parole rilasciate pochi giorni fa dal questore di Milano Giuseppe Petronzi, che in una intervista rilasciata a La Repubblica ha affermato che da sabato prossimo alle manifestazioni si assisterà a «un film diverso da quello visto fino ad ora», sottolineando che il clima in città sta cambiando e che il suo compito è quello di tutelare anche le esigenze di quella parte di città che mostra «insofferenza diffusa» verso i disagi creati dalle manifestazioni.

Birmania, condannato a 11 anni reporter USA Danny Fenster

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Danny Fenster, giornalista statunitense, è stato condannato a 11 anni di carcere dal governo birmano. Le accuse contro di lui sono di violazione delle leggi sull’immigrazione, associazione illegale e incoraggiamento al dissenso contro i militari. Fenster, detenuto da due mesi, è il direttore della rivista online Frontier Myanmar ed è stato arrestato mentre cercava di lasciare il Paese a maggio. Insieme a lui, moltissimi reporter sono stati arrestati in seguito alle proteste contro il colpo di stato militare di febbraio, durante le quali sono morti più di 1200 civili. Il golpe ha posto fine al governo di Aung San Suu Kyi e a un decennio di tentativi di transizione verso la democrazia.

Circolare ministero Salute: dal primo dicembre terza dose per 40-59enni

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Dal primo dicembre 2021 in Italia la terza dose del vaccino anti Covid verrà somministrata anche alle persone tra i 40 ed i 59 anni. È quanto si apprende da una circolare del ministero della Salute pubblicata oggi, nella quale si legge che ad essere inoculato sarà un «vaccino ad mRna» e che per potersi sottoporre ad esso dovranno essere «trascorsi almeno sei mesi dal completamento del ciclo primario di vaccinazione, indipendentemente dal vaccino precedentemente utilizzato». L’estensione è stata effettuata «ferma restando la priorità della vaccinazione dei soggetti in attesa di iniziare/completare il ciclo vaccinale primario, nonché della somministrazione della dose di richiamo alle categorie per cui è già raccomandata».

Italia: l’esercito chiede l’acquisto immediato di droni kamikaze israeliani

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È degli ultimi giorni la notizia della richiesta che lo Stato maggiore (in ambito militare l’insieme degli ufficiali collocati al vertice degli organismi più complessi) ha fatto al Parlamento italiano: poter acquistare gli Hero-30 israeliani, cioè piccoli velivoli a pilotaggio remoto, armati con una testata esplosiva, kamikaze. Il 2 novembre la Commissione Difesa del Senato ha promulgato la sua approvazione. La Camera pochi giorni più tardi, il 9 novembre.

Pare che il Governo avesse già in testa di dotare il paese di una difesa molto più forte, investendoci anche più denaro. Il premier Draghi ha infatti ribadito di voler incrementare la forza militare italiana soprattutto in aree dove gli Stati Uniti sono sempre meno interessati, come quella mediterranea e mediorientale. Secondo il Milex (l’Osservatorio sulle spese militari), le risorse dedicate alla Difesa nel 2021 ammontano a 24,97 miliardi di euro, con un aumento dell’8,1 percento rispetto al 2020 e del 15,7 percento rispetto al 2019.

Ma utilizzare droni kamikaze in operazioni all’estero e in particolare in territorio iracheno, rientrava davvero tra i piani del Governo? E soprattutto, che i droni in questione fossero gli Hero-30 prodotti dall’israeliana UVision?

Questi piccoli aggeggi sono in grado di essere telecomandati anche a decine di chilometri di distanza, abbattendosi poi contro l’obiettivo dopo averlo seguito e monitorato dall’alto. Sono molto precisi e per questo letali, offrendo un’ampia garanzia di riuscita. La loro peculiarità è che riescono il più delle volte a centrare bersagli che siano fissi in un punto o che stiano correndo, ad esempio: non fa differenza. Nessun laser, nessun esercito, nessun GPS, nessun elicottero. Il drone kamikaze uccide in solitaria, senza che anima viva si accorga di niente. Nello specifico, hanno un peso di 3 chili, una autonomia dai 5 ai 40 chilometri e possono volare fino ad un massimo di 30 minuti. Ma prima di poter essere impiegati è necessario capirne il funzionamento con un corso di formazione a Tzur Igal, la città israeliana della UVision.

In ogni caso, una grossa svolta in ambito militare, soprattutto in operazioni portate avanti da forze speciali, spesso in segretezza.

Milex sostiene che il costo complessivo del programma è stimato in 3,878 milioni di euro in cinque anni. Con un piccolo appunto fatto dal ministero della Difesa: “Sarà ritenuta ammissibile una deviazione negli oneri del 10%”. La decisione di acquistare droni Kamikaze pare sia giunta in seguito al “mutato scenario operativo in Iraq”. Nei prossimi anni le maggiori operazioni anti-Isis dovrebbero passare nelle mani italiane, prendendo il testimone dagli USA, ma “L’utilizzo di velivoli a comando remoto creati appositamente per distruggere il loro obiettivo rischia tra l’altro di modificare la postura italiana nello scenario iracheno, oltre a rendere più facile il ricorso all’uso della forza”.

Secondo Milex non basta l’approvazione delle commissioni. La questione è così delicata che dovrebbe essere discussa in maniera più approfondita in Parlamento.

[di Gloria Ferrari]

Etiopia: arrestati 72 autisti dell’Onu

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72 autisti che lavorano per il World Food Programme (WFP) – l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di assistenza alimentare – sono stati arrestati dalle autorità etiopi nel nord del Paese. A riferirlo è stata proprio l’Onu, con un suo portavoce che ha aggiunto: «Stiamo collaborando con il governo dell’Etiopia per comprendere le ragioni della loro detenzione».

Il progetto di piantare miliardi di alberi per salvare il clima è una grande truffa

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Miliardi e miliardi di alberi da piantare per salvare il pianeta dal riscaldamento globale. Questa la bella promessa avanzata da numerose multinazionali nell'ambito del World Economic Forum, la fondazione senza fini di lucro "impegnata a migliorare la condizione del mondo". Un'ambizione, quella di riforestare la terra, apparentemente lodevole che tuttavia cela diversi lati oscuri. Primo fra tutti quello di gettare fumo negli occhi. L'intenzione di mettere a dimora miliardi di nuovi alberi, infatti, potrebbe allontanarci dal veder chiaramente la vera necessità: abbandonare immediatamente le fon...

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Italiani emigrati all’estero: + 82% negli ultimi 16 anni

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Il numero degli italiani residenti oltre confine è aumentato dell’82% negli ultimi sedici anni: è quanto emerge dal recente rapporto “Italiani nel Mondo” della Fondazione Migrantes, un organismo della Conferenza Episcopale Italiana. Il rapporto sottolinea che mentre nell’ultimo anno l’aumento dei cittadini italiani iscritti all’Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero) è stato del 3%, esso lo è stato del 6,9% dal 2019, del 13,6% negli ultimi cinque anni e, appunto, dell’82% dal 2006. Nello specifico, al primo gennaio 2021 gli italiani residenti all’estero risultano essere più di 5 milioni e mezzo: tale numero rappresenta il 9,5% degli oltre 59,2 milioni di cittadini che risiedono nel nostro Paese.

Un aggiornamento di Microsoft permetterà di sorvegliare i dipendenti

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Un aggiornamento di Microsoft 365, a partire dal 2022, permetterà ai datori di lavoro di sapere qualsiasi cosa i dipendenti facciano con i dispositivi aziendali. Ogni azione sarà controllata, archiviata e analizzata e i trasgressori potranno essere facilmente individuabili. Dimenticatevi che in futuro ci possano essere dei whistleblower (degli informatori) come Edward Snowden o Chelsea Manning poiché ogni fuga di informazioni sensibili e di interesse pubblico sarà impedita.

Solo negli USA, ogni giorno, 730.000 tra aziende ed enti pubblici utilizzano il pacchetto di Microsoft 365 che vedrà inseriti, a seguito dell’aggiornamento, strumenti di “gestione del rischio interno. Le organizzazioni che utilizzeranno questi nuovi strumenti potranno avere una “maggiore visibilità sui browser” di ciò che lo staff sta facendo sui browser Web Microsoft Edge e Google Chrome, migliorando la loro capacità “di rilevare e agire sui segnali di esfiltrazione del browser”, inclusi “file copiati nell’archiviazione cloud personale, file stampati su dispositivi locali o di rete, file trasferiti o copiati in una condivisione di rete e file copiati su dispositivi USB”.

Non solo. Sempre dal prossimo anno, Microsoft metterà a disposizione dei propri clienti anche dei bot di apprendimento automatico da inserire nei dispositivi aziendali col fine monitorare ogni azione dei dipendenti e segnalare ciò che viene ritenuto “rischioso”; l’archiviazione, la gestione e l’analisi dell’insieme dei comportamenti del dipendente sui dispositivi elettronici verrà poi utilizzato per redigere un rapporto per ogni singolo dipendente.

Tutto ciò che verrà fatto all’interno di un’organizzazione che utilizzi Microsoft 365 potrà quindi essere in mano al capo d’azienda, al capo d’ufficio oppure ai servizi segreti. Perché, oltre al profitto, Microsoft è interessata a tali dispositivi di sicurezza? I motivi sono due e interconnessi: tenere nascoste le proprie malefatte e compiacere il suo partner più importante, il Governo USA. Come riportato dal The Guardian nel 2013, Microsoft ha collaborato con l’intelligence statunitense per eludere la crittografia dei propri software al fine di permettere l’accesso alle chat dei dipendenti. Infatti, il colosso dell’informatica di Bill Gates ha collaborato con la National Security Agency (NSA) e con l’FBI, come a suo tempo rivelato da Edward Snowden. Ma in quei file ci sono anche le prove della più ampia portata della collaborazione tra aziende della Silicon Valley e le agenzie governative di sicurezza e spionaggio.

D’altronde, negli ultimi vent’anni, questi colossi della tecnologia e dell’informatica hanno accumulato contratti miliardari con le agenzie e i dipartimenti governativi statunitensi incaricati di sicurezza, spionaggio e guerra. Un rapporto prodotto negli Stati Uniti rivela che, fino ad oggi, l’86% dei contratti governativi assegnati ad Amazon e il 77% di quelli assegnati a Google fino sono legati alla così detta “guerra al terrore”. Delle cinque agenzie federali che hanno speso maggiormente acquistando dalle aziende tecnologiche negli ultimi due decenni, quattro sono: Dipartimenti della Difesa, Dipartimento della Sicurezza Nazionale, Dipartimento di Giustizia e Dipartimento di Stato; dal 2004, almeno 44,5 miliardi di dollari sono passati da questo quartetto di dipartimenti alle Big Tech della Silicon Valley.

E il sistema delle porte girevoli agevola in maniera abnorme questi giganti che cooptano tra le proprie fila chi fino a poco tempo prima muoveva pezzi importanti del potere profondo e nascosto dello Stato. Ad esempio, è il caso di Joseph D. Rozek, con un passato di grande importanza presso il Dipartimento di Sicurezza, che adesso lavora per Microsoft come direttore esecutivo per la sicurezza interna e l’antiterrorismo dove è responsabile dello sviluppo e dell’implementazione di un piano aziendale strategico nell’area della sicurezza nazionale, dell’antiterrorismo e della condivisione delle informazioni. Jared Cohen ha invece lavorato al Dipartimento di Stato prima di passare a Google dove ha fondato Jigsaw, uno strumento antiterrorismo per piattaforme di social media che fino a poco tempo fa si concentravano esclusivamente su attori musulmani. Steve Pandelides, nell’FBI per oltre 20 anni – anche presso il National Counterterrorism Center e nella Operational Technology Division – è ora direttore della sicurezza di Amazon Web Services. Nicholas Rasmussen, già direttore del National Counterterrorism Center, adesso è direttore esecutivo del Global Internet Forum to Counter Terrorism fondato da Facebook, Microsoft, Twitter e YouTube.

La commistione tra le multinazionali tecnologiche e dell’informatica con il governo USA, e con altri governi in tutto il mondo, è ogni giorno che passa più invasiva e ciò che resta della democrazia diventa man mano sempre più intangibile, disgregata dai circuiti della gabbia digitale e dell’ossessiva volontà di potere e controllo di coloro che si riuniscono in consessi come il World Economic Forum.

[di Michele Manfrin]

Bielorussia, bombardieri russi pattugliano lo spazio aereo

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Il Ministero della Difesa bielorusso ha annunciato che due bombardieri russi che trasportavano missili strategici hanno iniziato le operazioni di addestramento al campo militare di Ruzhansky, in Bielorussia. I bombardieri sono scortati da aerei di combattimento bielorussi e starebbero effettuando “operazioni di monitoraggio” per dimostrare “la prontezza e la determinazione delle due parti per difendere la sicurezza sia via aria che via terra”, secondo un comunicato di Minsk. Secondo le autorità polacche, infatti, sarebbe Putin la “mente” dietro la crisi migratoria provocata dalla Bielorussia nei giorni scorsi.