martedì 19 Marzo 2024

Thomas Sankara, dopo 30 anni apre il processo per l’omicidio del “fratello giusto”

È difficile pensare che un omicidio accaduto più di trent’anni fa possa ancora suscitare interesse in chi ne ascolta la storia per la prima o per la decima volta. È più facile convincersi che accada quando quel 15 ottobre del 1987 perse la vita le frère juste, il fratello giusto, come i suoi conterranei chiamavano Thomas Sankara, governatore del Burkina Faso dal 1983 fino al giorno del suo assassinio. Omicidio per cui si è aperto il processo ufficiale solo qualche giorno fa.

Ad alcuni piace ricordarlo come un moderno Che Guevara, ad altri come una figura mitologica, una meteora, che ancora oggi ispira una gioventù africana che lotta contro abusi e soprusi. Ma Sankara era “semplicemente” un uomo che al posto delle limousine presidenziali aveva voluto una flotta di Renault 5 e che aveva cambiato quel nome, Alto Volta, affibbiato al suo paese dalle potenze coloniali, con Burkina Faso, il paese degli uomini integri. Quello stesso paese di cui prese le redini il 4 agosto del 1983, secondo alcuni grazie ad un colpo di stato militare. In realtà Sankara ebbe fin da subito l’appoggio della popolazione, ansiosa di liberarsi dalle pressioni francesi, dagli abusi e innumerevoli sopraffazioni. Ciò che alla fine Sankara fece, a tutti gli effetti, individuando la soluzione più giusta per gli interessi dei suoi “uomini e donne integri”. Se le terre e le miniere erano gestite da compagnie straniere e non portavano ricchezza alla nazione, la risposta era nazionalizzarle e metterle al servizio della ricchezza popolare, ad esempio.

Una missione non facile la sua, che avrebbe nel tempo (se ne avesse avuto di più) cambiato totalmente la mentalità degli abitanti, liberandola dai fantasmi del colonialismo. Parlare di Sankara è un po’ come racchiudere un’intera lotta antimperialista e panafricanista che non accetta la condizione di vita in cui Burkina Faso e l’Africa subsahariana si ritrovano a vivere. Parliamo di una terra che accoglie sette milioni di uomini, il 98% dei quali non sa leggere né scrivere, dove 1 bambino su 5 muore prima di compiere cinque anni, con un solo medico ogni 50mila abitanti e un reddito pro capite che non arriva a 100 dollari l’anno.

Chi l’ha ucciso? Chi gli voleva male? Se le motivazioni che hanno portato al suo assassinio sono più intuibili, individuare un solo colpevole diventa più complicato.

Dopo la sua morte, al suo posto ha preso il potere il capitano Blaise Compaoré, una sorta di vice che Sankara considerava un fratello. Rimasto al potere per 27 anni, il suo regime è stato rovesciato nel 2014 da un’insurrezione popolare. Solo dopo la sua caduta si è aperto l’11 ottobre il processo per l’omicidio dell’ex presidente (subito rinviato al 25 ottobre), a Ouagadougou, in assenza però del principale accusato stesso, Compaoré, in esilio in Costa d’Avorio, dove è riuscito ad ottenere la nazionalità ivoriana. Ma gli eventi suggeriscono che non abbia agito da solo.

È difficile pensare che grandi potenze come l’ex padrone francese e gli Usa potessero permettersi di tollerare un uomo ribelle e pensante, in grado di sovvertire il solito iter che prevede sfruttamento estremo di paesi ricchi di risorse ma svuotati dalle multinazionali; Per questo motivo continuano ad aver ragione di esistere i sospetti del sostegno che Blaise Compaoré ha ricevuto dagli Stati Uniti e della Francia, intenzionati a “far fuori” un individuo “fuori dal gregge”. E non si tratta di sole supposizioni.

“È un uomo un po’ fastidioso, il presidente Sankara. È vero! Ti provoca, pone domande… Con lui non è facile dormire in pace, non ti lascia la coscienza tranquilla!”. Sono le parole con cui il presidente francese dell’epoca, François Mitterrand, aveva definito Sankara durante una visita ufficiale a Ouagadougou. Certo, da qui a dire che la Francia abbia a tutti gli effetti commissionato di far fuori l’ex primo ministro ce ne vuole, ma sono tutti piccoli elementi che vanno a completare un immenso e ingarbugliato puzzle.

Non molto tempo fa Macron aveva annunciato che “tutti i documenti prodotti dalle amministrazioni francesi durante il governo di Sankara e dopo il suo assassinio, coperti dal segreto di difesa nazionale, saranno declassificati per essere consultati in risposta alle richieste della giustizia burkinabé”. Sì, alcuni documenti sono finiti in mano agli avvocati della famiglia. Ma non tutti.

Non possiamo dire come si evolverà il processo ma “Ebbene, i nostri occhi si sono aperti alla lotta di classe, non riceveremo più schiaffi”.

[di Gloria Ferrari]

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