lunedì 2 Dicembre 2024

Tutti con Kamala Harris: chi è la vice di Biden destinata a sfidare Trump

Ad appena un paio di giorni dall’annuncio di ritiro dalla corsa per le presidenziali degli Stati Uniti rilasciato da Joe Biden, Kamala Harris sembra ormai essere destinata a succedergli. La Vicepresidente, designata dallo stesso Presidente come suo delfino, ha infatti già raccolto il sostegno di molti dei pezzi grossi del Partito Democratico, e anche attirato non pochi fondi da parte dei più grandi finanziatori del fronte dem statunitense. In generale, una volta entrato in scena il nome di Kamala Harris, i democratici sembrano essere rinati, e l’entusiasmo pare essere tornato tra i banchi del Partito. Ex procuratrice della California quasi sessantenne, Kamala Harris ha alle spalle una importante carriera nel mondo della magistratura, sulla quale si è fondata la sua prima identità come professionista della politica. Fino a poche settimane fa, tuttavia, sulle sue spalle gravava l’immagine di una persona non all’altezza della propria carica, che la renderebbe a tratti un candidato sacrificabile, soprattutto di fronte a quello che parrebbe essere un inarrestabile Donald Trump.

Negli ultimi due giorni, dopo il comunicato rilasciato la sera di domenica 21 luglio dall’attuale Presidente degli Stati Uniti, nonché (ormai ex) candidato democratico per le elezioni presidenziali di questo novembre, non si fa che parlare di Kamala Harris. I torni con i quali si racconta l’entrata in scena della nuova candidata sono perlopiù trionfalistici e paiono volere narrare la storia di una fenice democratica che risorge dalle ceneri di quella che sembrava un’imminente storica disfatta. A onor del vero, la campagna per le presidenziali di Kamala Harris è partita col botto. La Vicepresidente ha infatti radunato il sostegno di numerosi governatori e membri importanti del partito, che vanno dal governatore della California, a quelli di Pennsylvania, North Carolina, Kentucky, Illinois e Michigan. Tra i grandi nomi che hanno deciso di sostenere Harris sin dalle prime ore dopo il simbolico passaggio di testimone di Biden, anche l’ex portavoce della Camera Nancy Pelosi, ancora oggi considerata una delle politiche dem più influenti all’interno del partito. Ieri sera hanno risposto all’appello anche i leader di Camera e Senato Hakeem Jeffries e Chuck Schumer mentre l’ex Presidente Obama non ha ancora speso parole per quella che sembra ormai essere con certezza la futura candidata. Tra le grandi conquiste raggiunte da Harris, vi è anche la fiducia dei finanziatori, tanto che pare che i democratici abbiano raccolto oltre 80 milioni di donazioni solo durante il primo giorno di campagna.

I volti di coloro che hanno scelto di appoggiare la candidatura di Harris sono gli stessi che avrebbero potuto fronteggiarla alle imminenti votazioni per la scelta del candidato in programma per il prossimo congresso di partito, che si terrà tra il 19 e il 22 agosto. Il suo nome, insomma, pare per ora essere l’unico davvero in lizza per sostituire Biden alla corsa alle presidenziali. A tal proposito va sottolineato come quegli stessi politici che ora stanno sostenendo Harris potrebbero stare ragionando d’astuzia: di fronte a un Trump ormai dato da tutti per vincitore, è possibile che molti tra i democratici abbiano pensato di non provare neanche a correre per la nomina, evitando così di bruciarsi la carriera politica in una campagna che sembra avere il tracciato già segnato. Kamala Harris, invece, pare essere un’ottima vittima sacrificale per l’occasione.

Di formazione giurista, la Vicepresidente ha alle spalle una lunga carriera come procuratrice che segna la sua entrata in politica grazie anche alla vicinanza con l’ex sindaco di San Francisco Willie Brown. Proprio alla sua carriera in magistratura si deve quello che sembrerebbe essere l’unico punto in cui Harris si discosta dalle classiche linee di partito dei dem: la questione della sicurezza. Dato anche il suo passato nel giudiziario, Harris risulta infatti più vicina a forme di politica securitaria più intransigenti, tanto che nel 2009, quando all’epoca ricopriva la carica di procuratrice distrettuale di San Francisco, fece salire il tasso di condanna per reati gravi dal 50%, al 76%. Anche nell’ambito delle politiche migratorie Harris è nota per situazioni in cui è apparsa meno in linea con gli standard democratici: nel 2021, nel suo primo anno da Vicepresidente, ella si diresse in Guatemala, proprio per trattare dell’ingente ondata migratoria che stava investendo Washington; nella conferenza congiunta con il Presidente del Paese, si rivolse agli emigranti chiedendo di non venire negli Stati Uniti illegalmente, attirando numerose critiche da parte degli statunitensi.

Per il resto delle istanze democratiche, le posizioni di Harris sembrano essere abbastanza in linea con quelle del partito; anzi, il suo essere una donna nera con alle spalle una brillante carriera in magistratura la rende una candidata adatta a portare avanti le questioni di natura civile e sociale di cui il Partito Democratico si fa a suo modo carico. Come procuratrice, Harris si è infatti spesa a favore dei diritti LGBT, così come del diritto all’aborto, ma ha anche lottato contro la dispersione scolastica, a favore di leggi a tutela del consumatore, e anche di norme che introducessero maggiori diritti alla riservatezza in ambito informatico. Nonostante poco in vista durante il suo periodo da Vicepresidente, Harris potrebbe rivelarsi la persona più adatta a venire candidata in un momento tanto difficile per il fronte democratico anche dal punto di vista politico. La Vicepresidente parrebbe infatti essere una figura capace di portare avanti le classiche battaglie di partito, e magari – forte della sua carriera in magistratura – anche di rubare qualche repubblicano che ha a cuore il tema della sicurezza, ma vive con insofferenza quegli stessi eccessi di Trump che tanto hanno reso forte il candidato repubblicano. Proprio al comizio di ieri, infatti, Harris ha deciso di scagliarsi su Trump giocando la carta del suo passato da procuratrice, criticando l’ex Presidente per le sue vicende giudiziarie.

[di Dario Lucisano]

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4 Commenti

  1. Il Presidente e la Presidentessa degli USA sono uguali. Fanno ciò che dicono e vogliono i loro finanziatori. A dispetto di ciò che pensiamo noi europei che purtroppo ci siamo incamminati sulla stessa strada…( Cfr. Presidentessa della Commissione Europea).

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