venerdì 19 Settembre 2025
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Un aggiornamento di Microsoft permetterà di sorvegliare i dipendenti

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Un aggiornamento di Microsoft 365, a partire dal 2022, permetterà ai datori di lavoro di sapere qualsiasi cosa i dipendenti facciano con i dispositivi aziendali. Ogni azione sarà controllata, archiviata e analizzata e i trasgressori potranno essere facilmente individuabili. Dimenticatevi che in futuro ci possano essere dei whistleblower (degli informatori) come Edward Snowden o Chelsea Manning poiché ogni fuga di informazioni sensibili e di interesse pubblico sarà impedita.

Solo negli USA, ogni giorno, 730.000 tra aziende ed enti pubblici utilizzano il pacchetto di Microsoft 365 che vedrà inseriti, a seguito dell’aggiornamento, strumenti di “gestione del rischio interno. Le organizzazioni che utilizzeranno questi nuovi strumenti potranno avere una “maggiore visibilità sui browser” di ciò che lo staff sta facendo sui browser Web Microsoft Edge e Google Chrome, migliorando la loro capacità “di rilevare e agire sui segnali di esfiltrazione del browser”, inclusi “file copiati nell’archiviazione cloud personale, file stampati su dispositivi locali o di rete, file trasferiti o copiati in una condivisione di rete e file copiati su dispositivi USB”.

Non solo. Sempre dal prossimo anno, Microsoft metterà a disposizione dei propri clienti anche dei bot di apprendimento automatico da inserire nei dispositivi aziendali col fine monitorare ogni azione dei dipendenti e segnalare ciò che viene ritenuto “rischioso”; l’archiviazione, la gestione e l’analisi dell’insieme dei comportamenti del dipendente sui dispositivi elettronici verrà poi utilizzato per redigere un rapporto per ogni singolo dipendente.

Tutto ciò che verrà fatto all’interno di un’organizzazione che utilizzi Microsoft 365 potrà quindi essere in mano al capo d’azienda, al capo d’ufficio oppure ai servizi segreti. Perché, oltre al profitto, Microsoft è interessata a tali dispositivi di sicurezza? I motivi sono due e interconnessi: tenere nascoste le proprie malefatte e compiacere il suo partner più importante, il Governo USA. Come riportato dal The Guardian nel 2013, Microsoft ha collaborato con l’intelligence statunitense per eludere la crittografia dei propri software al fine di permettere l’accesso alle chat dei dipendenti. Infatti, il colosso dell’informatica di Bill Gates ha collaborato con la National Security Agency (NSA) e con l’FBI, come a suo tempo rivelato da Edward Snowden. Ma in quei file ci sono anche le prove della più ampia portata della collaborazione tra aziende della Silicon Valley e le agenzie governative di sicurezza e spionaggio.

D’altronde, negli ultimi vent’anni, questi colossi della tecnologia e dell’informatica hanno accumulato contratti miliardari con le agenzie e i dipartimenti governativi statunitensi incaricati di sicurezza, spionaggio e guerra. Un rapporto prodotto negli Stati Uniti rivela che, fino ad oggi, l’86% dei contratti governativi assegnati ad Amazon e il 77% di quelli assegnati a Google fino sono legati alla così detta “guerra al terrore”. Delle cinque agenzie federali che hanno speso maggiormente acquistando dalle aziende tecnologiche negli ultimi due decenni, quattro sono: Dipartimenti della Difesa, Dipartimento della Sicurezza Nazionale, Dipartimento di Giustizia e Dipartimento di Stato; dal 2004, almeno 44,5 miliardi di dollari sono passati da questo quartetto di dipartimenti alle Big Tech della Silicon Valley.

E il sistema delle porte girevoli agevola in maniera abnorme questi giganti che cooptano tra le proprie fila chi fino a poco tempo prima muoveva pezzi importanti del potere profondo e nascosto dello Stato. Ad esempio, è il caso di Joseph D. Rozek, con un passato di grande importanza presso il Dipartimento di Sicurezza, che adesso lavora per Microsoft come direttore esecutivo per la sicurezza interna e l’antiterrorismo dove è responsabile dello sviluppo e dell’implementazione di un piano aziendale strategico nell’area della sicurezza nazionale, dell’antiterrorismo e della condivisione delle informazioni. Jared Cohen ha invece lavorato al Dipartimento di Stato prima di passare a Google dove ha fondato Jigsaw, uno strumento antiterrorismo per piattaforme di social media che fino a poco tempo fa si concentravano esclusivamente su attori musulmani. Steve Pandelides, nell’FBI per oltre 20 anni – anche presso il National Counterterrorism Center e nella Operational Technology Division – è ora direttore della sicurezza di Amazon Web Services. Nicholas Rasmussen, già direttore del National Counterterrorism Center, adesso è direttore esecutivo del Global Internet Forum to Counter Terrorism fondato da Facebook, Microsoft, Twitter e YouTube.

La commistione tra le multinazionali tecnologiche e dell’informatica con il governo USA, e con altri governi in tutto il mondo, è ogni giorno che passa più invasiva e ciò che resta della democrazia diventa man mano sempre più intangibile, disgregata dai circuiti della gabbia digitale e dell’ossessiva volontà di potere e controllo di coloro che si riuniscono in consessi come il World Economic Forum.

[di Michele Manfrin]

Bielorussia, bombardieri russi pattugliano lo spazio aereo

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Il Ministero della Difesa bielorusso ha annunciato che due bombardieri russi che trasportavano missili strategici hanno iniziato le operazioni di addestramento al campo militare di Ruzhansky, in Bielorussia. I bombardieri sono scortati da aerei di combattimento bielorussi e starebbero effettuando “operazioni di monitoraggio” per dimostrare “la prontezza e la determinazione delle due parti per difendere la sicurezza sia via aria che via terra”, secondo un comunicato di Minsk. Secondo le autorità polacche, infatti, sarebbe Putin la “mente” dietro la crisi migratoria provocata dalla Bielorussia nei giorni scorsi.

L’ecocidio è sulla buona strada per essere riconosciuto come crimine internazionale

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Lo scorso giugno è stata elaborata una definizione giuridica del crimine di ecocidio, ed è stato richiesto che questo venga riconosciuto come crimine punibile dalla Corte Penale Internazionale (ICC) dell’Aja. In un momento cruciale come quello attuale, nel quale si fa sempre più pressante la necessità di trovare una soluzione alla crisi climatica, questo si configura come uno strumento di portata potenzialmente rivoluzionaria. Esso permetterebbe infatti di perseguire penalmente le aziende e i governi che si rendano consapevolmente responsabili di “gravi danni alla natura”. Sempre più Stati hanno iniziato in questi mesi una conversazione all’interno dei propri governi per l’introduzione di tale reato, ma la strada per un suo pieno riconoscimento rischia di essere ancora lunga e tortuosa.

Il reato di ecocidio riguarda quegli “atti illeciti o sconsiderati commessi con la consapevolezza che ci sia una sostanziale probabilità che tali atti causino un danno grave e diffuso o a lungo termine all’ambiente”. La dicitura fissa con precisione la natura di comportamenti e decisioni che, prese ad alti livelli dai vertici delle industrie, della finanza e del governo, hanno conseguenze dannose per la salute del pianeta. Non è un crimine del quale si possano macchiare i comuni cittadini.

La dicitura definitiva è stata elaborata da un pool di avvocati ed esperti internazionali ed è stata resa pubblica lo scorso giugno, dopo sei mesi di lavori. Si tratta di un passo sostanziale verso il riconoscimento dell’ecocidio come crimine internazionale. È questo lo scopo primario dell’ONG olandese Stop Ecocide Foundation, la quale ha commissionato i lavori. Se questo dovesse accadere, le aziende e i governi più inquinanti del pianeta potrebbero ricevere una condanna penale e venire processati secondo le regole del diritto internazionale. Si tratta, se non altro, di uno strumento che può fungere da potente deterrente.

“Nonostante i progressi significativi, le leggi e i trattati esistenti si stanno dimostrando inadeguati a fornire la forte barriera necessaria per prevenire le cause profonde della crisi climatica ed ecologica globale” afferma Jojo Mehta, cofounder della Stop Ecocide Foundation, spiegando la necessità di rendere concreto tale reato. La definizione è stata elaborata affinché potesse fungere da riferimento per gli Stati: perché il reato diventi contestabile, infatti, ciascuno Stato membro dell’ICC dovrebbe includerlo anche nella propria legislazione domestica, così da renderlo “un nuovo reato grave con coerenza e applicabilità transfrontaliera“.

Nel novembre 2019 le isole Vanuatu e Maldive, vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico, hanno chiesto agli Stati membri dell’ICC di aggiungere l’ecocidio ai quattro già esistenti reati internazionali (genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e aggressione). Da allora 14 Stati membri hanno cominciato a discutere della formulazione di questo crimine all’interno del proprio governo o Parlamento. La Francia, quest’estate, ha introdotto la Loi climat et résilience, la quale si impegna a perseguire “coloro che provocano un danno grave e duraturo alla salute, alla flora, alla fauna o alla qualità dell’aria, del suolo o dell’acqua”, dove con “duraturo” si intende “suscettibile di durare almeno dieci anni”. Le sanzioni previste arrivano sino a dieci anni di carcere. Altri Paesi come il Messico e il Cile hanno elaborato disegni di legge che configurano l’ecocidio come reato penale.

Si tratta di un mezzo potenzialmente determinante nella lotta ai grandi inquinanti del pianeta. Tuttavia, le tempistiche giudiziarie sono molto lunghe e in molti Paesi (tra i quali l’Italia) tale discussione non è ancora iniziata. L’auspicio è che questo strumento possa entrare in azione nel più breve tempo possibile, e che i governi si dimostrino collaborativi al suo funzionamento.

[di Valeria Casolaro]

Terrorismo, misure cautelari per 6 anarchico-insurrezionalisti

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Nelle prime ore di questa mattina i carabinieri del Ros (Raggruppamento Operativo Speciale) hanno condotto, con il supporto esecutivo dei comandi provinciali di Cagliari, Cosenza, Cremona, Perugia, Viterbo, Genova, Massa, Lecce, Roma e Taranto, un’operazione  per l’esecuzione di misure cautelari contro sei soggetti che farebbero parte di un gruppo anarchico-insurrezionalista, la cui attività avrebbe base in Umbria. Le operazioni sono state coordinate dalle procure di Perugia e Milano. Il gruppo farebbe riferimento al Fai, la Federazione anarchica informale, composta da eversivi. Gli indagati sarebbero «gravemente indiziati dei reati di istigazione a delinquere e istigazione a delinquere aggravata dalla finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico», rivela la procura.

ll Green Pass sarà convertito in legge definitiva senza nessun dibattito parlamentare

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Il Parlamento sta votando in queste ore la conversione del decreto legge green pass. Ieri sera è stato il Senato a votare: una solida maggioranza (199 voti favorevoli e 38 contrari) sporcata solo da qualche assenza “giustificata” tra i banchi della Lega ha approvato la conversione in legge della certificazione verde. Ora si attende il voto della Camera dei Deputati per il via libera definitivo, che dovrà avvenire necessariamente entro il 20 novembre, pena il decadimento del decreto. A legare i due voti la procedura: in entrambi i casi è stato posto il voto di fiducia. I parlamentari devono approvare il provvedimento o respingerlo in toto, pena la caduta del governo. È la medesima procedura che venne utilizzata anche per l’approvazione dei decreti. Insomma, la legislazione sul green pass più restrittiva d’Europa vedrà la luce senza che il Parlamento abbia potuto dibattere ed emendarne i contenuti nemmeno una volta.

In vista del voto alla Camera Federico D’Incà, ministro per i Rapporti con il Parlamento, ha presentato un maxi-emendamento che sostituisce gli 11 articoli del decreto e ne recepisce le modifiche fatte dalla commissione Affari Costituzionali. Tra questi, la possibilità per i lavoratori privati di consegnare copia del green pass al datore di lavoro ed essere così esonerati dai controlli quotidiani.

Il decreto, varato il 21 settembre scorso, disciplina la normativa più restrittiva d’Europa in materia di obbligo di green pass. A partire dal 15 ottobre infatti, e fino all’ipotetica data di fine emergenza stabilita per il 31 dicembre, la certificazione verde deve essere obbligatoriamente presentata per recarsi sul luogo di lavoro, sia privato che pubblico. Sono previste anche misure urgenti sui test antigienici e la proroga fino al 30 novembre della somministrazione dei test rapidi a prezzi contenuti. Di nuovo, tutto sarà approvato mediante voto di fiducia. Il governo Draghi è d’altronde uso a tali mezzi, che sollevano diverse questioni sulla democraticità dei processi in corso.

[di Valeria Casolaro]

 

 

Emergenza climatica, la Transizione e il gioco delle élite: scarica il report gratuito

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La prima conferenza globale sul clima si tenne nel lontano 1979. La convenzione quadro dell’Onu per contrastare il surriscaldamento globale e contenere le emissioni fu firmata il 4 giugno 1992. Molti studi scientifici che provano l’ineluttabilità della questione ecologica e climatica erano già disponibili e conosciuti. Per decenni si è scelto di non fare nulla: i governi hanno disatteso gli accordi da loro stessi firmati, le multinazionali del petrolio hanno speso miliardi per organizzare conferenze, pagare i media e fare lobby sui governi affinché nulla cambiasse. Poi, di colpo, l’inversione di marcia, repentina e totale. I leader mondiali invitano Greta Thunberg apposta per farsi insultare, come fosse un rito di espiazione. Il sito internet del World Economic Forum – la “confindustria delle multinazionali” – somiglia a un blog ecologista. Le Big Oil non negano più l’emergenza ed anzi si convertono alla comunicazione sostenibile (leggasi greenwashing) per accreditarsi come partner perfetti per risolvere il problema che esse stesse hanno generato. L’emergenza climatica domina le prime pagine dei giornali dopo essere stata relegata ad una colonna in trentesima pagina per decenni.

Ovvio che di fronte a questo panorama i dubbi nella mente di tanti si affollano. Hanno intenzioni serie o ci stanno prendendo in giro? Non è che questa transizione è tutta un gioco delle élite globali? E le multinazionali del petrolio sono diventate improvvisamente affidabili? Ma poi il clima non è sempre cambiato?

A queste ed altre domande risponde il nuovo numero del Monthly Report, il mensile di approfondimento de L’Indipendente. Si tratta di un’indagine sulla crisi climatica come nessun media mainstream italiano ha fatto fino ad oggi. Cercando non solo le verità scientifiche (inconfutabili) dell’emergenza e le possibili soluzioni, ma raccontando come dietro le mosse delle élite politiche e delle multinazionali accorse alla Cop26 vi sia un piano che pare avere molto più a che fare con gli interessi di pochi che con quelli del pianeta e delle generazioni future.

Quello progettato dai leader globali, del resto, non sarebbe certo l’unico modo per risolvere una emergenza come quella ecologica, riguardante non solo le emissioni di CO2 ma il nostro rapporto con la Terra nel suo complesso. Ci siamo preoccupati anche di tratteggiare altre soluzioni possibili, perché la transizione dovrebbe essere a beneficio del 99% della popolazione mondiale e non del solito 1%. E per questo occorre prendere coscienza e mobilitarsi.

Come ottenere il report gratuito:

Data l’importanza del tema e per permettere a più persone possibili di informarsi, la redazione de L’Indipendente ha deciso di rendere il report disponile anche per i non abbonati in free download. Per scaricarlo gratuitamente in formato PDF, sarà sufficiente iscriversi alla newsletter settimanale gratuita de L’Indipendente entro domenica 14 novembre, giorno in cui ogni iscritto riceverà il link per scaricare il mensile.

Iscriviti ora alla newsletter per aderire all’iniziativa: cliccando su questo link.

Boeing ammette responsabilità per incidente Ethiopian Airlines

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Boeing si è assunta la responsabilità dell’incidente avvenuto in Etiopia nel 2019, che aveva causato la morte di 157 persone, tra cui 8 italiani. La richiesta è stata presentata in una corte federale di Chicago questo mercoledì. L’azienda avrebbe ammesso di aver fabbricato l’aereo, un 737 MAX 8, “con una condizione non sicura”, la quale avrebbe provocato lo schianto del volo dell’Ethiopian Airlines. I piloti e i fornitori coinvolti nella produzione dell’aereo non hanno perciò avuto colpa per l’incidente. I danni compensativi per le richieste di risarcimento delle famiglie delle vittime saranno decisi da un organismo di mediazione o tribunale dell’Illinois, dove ha sede la Boeing.

Cortei contro il green pass: il Viminale avvia una nuova stretta repressiva

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Le manifestazioni non potranno più attraversare i centri storici e le strade dello shopping, non dovranno passare vicino a non meglio precisati “obiettivi sensibili” e dovranno essere principalmente stanziali, senza spostamenti dal luogo di ritrovo. Queste le linee che, secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha dettato a prefetti e questori, che avranno potere di renderle operative già dal prossimo fine settimana. Una stretta repressiva che arriva dopo la petizione lanciata da Confcommercio che chiede di salvaguardare gli acquisti natalizi dai disagi provocati dai cortei. Il Viminale pare quindi aver deciso che il diritto a manifestare sancito dalla Costituzione è sacrificabile difronte alla sacralità dello shopping.

Le nuove regole sono contenute in una serie di disposizioni già consegnate ai prefetti e ai questori. A partire dal prossimo fine settimana i comitati provinciali convocati in tutti i luoghi dove sono state chieste autorizzazioni a scendere in piazza dovranno tenerne conto, basandosi su di esse per autorizzare o negare le richieste di manifestazione. Ancora non è chiaro se la regola sarà riservata solo ai cortei contro il green pass o a tutte le manifestazioni di protesta in generale, andando a colpire anche quelle degli operai in lotta per la difesa del posto di lavoro che in queste settimane si stanno moltiplicando. In ogni caso con questa disposizione l’Italia si conferma un “laboratorio mondiale sulla gestione della pandemia“, dove il diritto a manifestare sarà limitato non più solo per ragioni sanitarie, ma anche per non disturbare gli acquisti nei negozi del centro.

Colorante curcumina (E100): davvero un additivo alimentare innocuo e naturale?

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I coloranti alimentari si dividono in 2 categorie principali: artificiali (di sintesi chimica in laboratorio) e naturali. Vediamo oggi un approfondimento su un colorante classificato come naturale, il colorante giallo curcumina, identificato in etichetta anche con la sigla E100.

Questo colorante in realtà non è così innocuo come sembrerebbe, in particolare perché l’industria aggiunge per esempio l’alluminio a questo colorante, prima di inserirlo in vari alimenti, ma di tale alluminio non si ha traccia nella lista ingredienti, come vedremo. Si tratta di una sostanza regolamentata nella UE dai regolamenti che disciplinano l’utilizzo di tutte le sostanze ad uso alimentare. Ma è un colorante utilizzato anche in ambito farmaceutico, per rivestire e colorare le compresse dei farmaci, si usa inoltre in ambito tessile, e viene usato anche dall’industria della cosmesi. Se noi facciamo una ricerca in rete inserendo nel motore di ricerca le parole chiave “curcumina E100” e cliccando su Immagini, quello che otteniamo tra i risultati è sempre una foto che raffigura la radice fresca del tubero della curcuma, con a fianco il suo derivato in polvere essiccata (la curcuma in polvere appunto). Sappiamo da tanti studi che la radice della curcuma è un prodotto alimentare ricchissimo di proprietà nutrizionali, 100% naturale, e dunque molto salutare. Questo fintanto che tale radice fresca (o essiccata) non venga però trasformata e alterata da lavorazioni chimiche e trattamenti che ne prevedano una sostanziale trasformazione.

In realtà questa immagine che accosta la radice fresca e la polvere essiccata delle curcuma, per identificare le parole chiave “curcumina E100” è piuttosto fuorviante e confondente, perché un conto è la radice intera della curcuma o il suo semplice derivato in polvere ottenuto con la sola essiccazione della radice e poi la polverizzazione, un altro conto è invece la curcumina, che è un derivato industriale estratto dalla radice della curcuma attraverso dei solventi chimici.

Anche consultando delle guide specifiche sugli additivi alimentari la curcumina è sempre indicata come un additivo innocuo e identificata dal colore verde, al contrario di altri additivi e coloranti che vengono contrassegnati invece con il colore rosso., ad indicarne la tossicità.

Il colorante curcumina si può ritrovare in vari prodotti alimentari come pane, biscotti, caramelle, creme per dolci come la crema pasticcera, cereali per la colazione dei bambini e viene usata perfino nei cibi in scatola per cani e gatti. Ma si usa anche in prodotti farmaceutici come abbiamo accennato pocanzi, ad esempio nelle bustine in polvere di farmaci per la febbre e il raffreddore, ma è inserita con la mera funzione di colorante della polvere.

La curcumina si estrae con solventi tossici

il problema riguardo il colorante curcumina è il fatto che i regolamenti europei ci dicono molto chiaramente che per ottenere questa polvere si devono utilizzare dei solventi chimici che sono tossici (ricordiamo che bisogna estrarre soltanto questa particolare sostanza dalla radice intera della pianta della curcuma). In particolare parliamo di solventi come l’esano, l’etanolo, il diclorometano o il propanolo 2, noti per la tossicità acuta.

Guardando poi ancora più nel dettaglio la scheda tecnica presentata nel Regolamento UE N°231 del 2012 della Commissione europea, che disciplina tutti gli additivi alimentari consentiti nell’Unione europea, vediamo che nella parte sulla purezza chimica di questo colorante, che si ritiene un aspetto molto importante da disciplinare proprio perché la curcumina viene contaminata durante l’estrazione con i solventi tossici, si stabilisce che non possa residuare più di 50 milligrammi di solventi chimici nel prodotto finale. Addirittura nel caso del solvente diclorometano non deve rimanere più di 10 mg di residuo, proprio perché si ritiene che la sua tossicità sia elevata.

Come si evince dalla tabella del regolamento UE 231 nel prodotto finale residuano anche piccole percentuali di metalli pesanti tossici come arsenico, piombo, mercurio e cadmio, e questi arrivano purtroppo dal terreno in cui viene coltivata la radice di curcuma e quindi sono ineliminabili diciamo, a meno che non si volesse purificare ancora maggiormente il prodotto finale durante l’estrazione. Un piccolo residuo di questi metalli tossici del resto è sempre presente anche nell’acqua potabile del rubinetto di casa, basta guardare la bolletta dell’acqua dove sono indicati i valori chimici delle sostanze presenti nell’acqua, come appunto arsenico e mercurio. Non si eliminano del tutto questi composti tossici perché né l’industria né le nostre autorità sanitarie si preoccupano di eliminare al 100% le sostanze tossiche dagli alimenti o dai prodotti di altro genere. Si ritiene che l’eliminazione completa delle sostanze tossiche sia troppo costosa. Costosa per chi, ci chiediamo? E chi paga il prezzo della presenza di questi residui tossici nel cibo e nell’ambiente?

Si aggiungono i pigmenti di alluminio

Infine veniamo alla questione dell’alluminio aggiunto in questo colorante. Come potete vedere nell’immagine precedente, la parte evidenziata in giallo del regolamento UE 231 autorizza l’uso dei pigmenti di alluminio del colorante curcumina. Perché si aggiunge l’alluminio? Per ottenere le lacche di alluminio (Aluminium lakes), molto utilizzate dall’industria edile ma come vedremo anche da quella alimentare, al fine di ottenere innanzitutto colori più brillanti e vivaci (una sorta di verniciatura metallizzata, se volessimo fare un parallelo con le vernici delle automobili), eppoi al fine di rendere più resistente il colore alle variazioni di umidità e calore, che porterebbero allo scioglimento e dispersione del colore. Esiste pertanto una vera e propria industria chimica di aziende che producono le lacche di alluminio, destinate ai settori tessili, della verniciatura edile vera e propria, della cosmesi, del settore farmaceutico e alimentare.


In conclusione il concetto che voglio sottolineare è che quando leggiamo sui prodotti alimentari la dicitura “colorante curcumina E100”, questo non equivale affatto ad avere la curcuma all’interno di quel prodotto. Si tratta invece di un estratto industriale che contiene sempre, per forza di cose, un residuo di solventi chimici tossici come l’esano o il diclorometano, e in più per alcuni tipi di prodotti alimentari, quelli con il colore più brillante, lucido e splendente, si utilizza la lacca di alluminio ovvero si aggiunge l’alluminio al colorante. Tale aggiunta può sfiorare, sempre secondo il Regolamento UE 231 del 2012, il 30% di alluminio nel quantitativo totale del colorante. E sappiamo bene che la presenza di metalli tossici come l’alluminio nel cibo non può che fare male alla nostra salute, inutile sottolinearlo. Pertanto la curcumina non è affatto un colorante naturale, come spesso lo si fa passare, dato che naturale è soltanto la curcuma in polvere o la radice fresca di curcuma, mentre la curcumina è un derivato chimico industriale.

Il consiglio che mi sento di dare è questo: dal momento che acquistare e utilizzare cibo contenente dei coloranti non è assolutamente indispensabile, optiamo per dei cibi freschi oppure che sono conservati con metodi naturali come il freddo, il congelamento, l’essiccazione. Evitiamo il più possibile alimenti che contengono additivi e in particolare i coloranti. Già questa accortezza ci permetterà di ripulire la nostra alimentazione e togliere tanti prodotti che sono insalubri ma sempre molto presenti sul mercato.

[di Gianpaolo Usai]

La Spagna schiva la nuova ondata anche senza green pass, ma i media non se ne accorgono

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Mentre in Italia i media mainstream elogiano costantemente il green pass, individuato come la causa del contenimento della quarta ondata di Covid nel nostro Paese, in Spagna l’epidemia è attualmente sotto controllo nonostante non vi sia alcun obbligo di utilizzare il lasciapassare sanitario. Nel Paese iberico, infatti, il certificato verde non è richiesto in modo generalizzato per svolgere attività come recarsi in palestra, a scuola, al bar o al ristorante ed al momento l’unica misura restrittiva in vigore è rappresentata dall’obbligo di indossare la mascherina nei locali al chiuso. Nonostante tutto ciò la media settimanale dei casi di coronavirus è di circa 2000 al giorno, mentre quella dei decessi è di circa 20 al giorno.

Di conseguenza, l’assunto secondo cui il lasciapassare sarebbe indispensabile in ottica prevenzione dal contagio diviene inevitabilmente incerto: la media settimanale dei casi infatti è minore rispetto a quella dell’Italia, dove essi sono quasi 6000 al giorno, così come quella dei decessi, che nel nostro Paese sono quasi 50 al giorno. Anche la percentuale di popolazione vaccinata, inoltre, è leggermente superiore a quella italiana. In Spagna infatti il 79% della popolazione ha completato il ciclo vaccinale e l’80,5% si è sottoposto ad almeno una iniezione, mentre in Italia il 73% della popolazione si è vaccinato in maniera completa ed il 78% ha ricevuto almeno la prima dose.

Sulla base di tali dati è evidente che l’assunto secondo cui in Italia il green pass – la cui normativa di riferimento è la più restrittiva d’Europaporti i cittadini a vaccinarsi e ci ponga al riparo dalla quarta ondata sia alquanto forzata. Eppure i media mainstream stanno ad oggi continuando a sostenere fermamente tale tesi, paragonando la situazione italiana esclusivamente a quella di nazioni in cui i contagi stanno aumentando rapidamente ed in cui la percentuale di popolazione vaccinata è minore rispetto a quella del Bel Paese, come ad esempio la Germania. Si tratta però di una convinzione che verrebbe meno se, oltre alle nazioni in cui l’emergenza dilaga, venissero citati anche paesi come la Spagna, dove la situazione è totalmente sotto controllo nonostante non vi sia l’obbligo di usufruire del lasciapassare. Alla luce di ciò, appare dunque evidente che i media mainstream si siano ancora una volta resi protagonisti di un’informazione parziale, confermando il loro ruolo di semplice megafono delle istituzioni.

[di Raffaele De Luca]