mercoledì 14 Maggio 2025
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L’App anti-Covid viola la privacy: il Garante boccia il governo italiano

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Il Garante per la protezione dei dati personali ha bloccato provvisoriamente il trattamento degli stessi effettuato da parte della società “Mitiga”, la quale gestisce l’app “Mitiga Italia”. Quest’ultima infatti aveva “esordito” il 19 maggio scorso ed era stata utilizzata per consentire l’ingresso ad un evento calcistico (la finale di Coppa Italia) esclusivamente ai tifosi in possesso di certificazione attestante l’avvenuta vaccinazione, la guarigione o, in alternativa, la recente negatività al Covid-19. Tuttavia, il Garante ha sottolineato come ciò non fosse legittimo in quanto al momento non esiste una «valida base giuridica per il trattamento di dati, anche particolarmente delicati come quelli di natura sanitaria», finalizzato ad accertare la situazione “Covid free” di coloro che partecipano ad un evento sportivo o ad altre manifestazioni pubbliche. E proprio per questo la misura «si è resa necessaria», in quanto vi è la possibilità che l’app Mitiga venga in futuro utilizzata per concedere l’accesso ad altri eventi o spettacoli.

In più, la società Mitiga non avrebbe dovuto mettere a disposizione questa app per perseguire tale fine: essa infatti aveva sottoposto il mese scorso l’applicativo all’Autorità ma, non essendo passato il tempo previsto dal Regolamento per una decisione a riguardo da parte della stessa, Mitiga «avrebbe comunque dovuto astenersi da ogni trattamento di dati». Per questo il blocco, oltre ad avere effetto immediato, «si protrarrà per il tempo necessario a consentire all’Autorità la definizione dell’istruttoria avviata».

Detto ciò, non si tratta della prima volta che il Garante per la protezione dei dati personali evidenzia la mancanza di una base giuridica adeguata sulla cui base possano essere trattati tali dati. Già ad aprile, riferendosi al cosiddetto “Decreto riaperture”, aveva sottolineato tramite un provvedimento che esistessero gravi criticità legate alla volontà del governo di introdurre i pass vaccinali ed aveva affermato che fosse necessario un «intervento urgente a tutela dei diritti e delle libertà delle persone». Infatti, solo in base ad una legge statale (e non con un decreto) può essere subordinato l’esercizio di determinati diritti o libertà all’esibizione del pass.

[di Raffaele De Luca]

‘Ndrangheta: 11 misure cautelari in Calabria

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Questa mattina i carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno eseguito, a Taurianova e Cinquefrondi (RC), un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip nei confronti di 11 individui. Questi ultimi, che si ritiene abbiano preso parte o comunque favorito le cosche Zagari-Fazzalari e Avignone di Taurianova, sono stati accusati a vario titolo di: associazione mafiosa, estorsione, detenzione illegale di armi (anche da guerra) e sostituzione di persona, aggravate da metodo e finalità mafiose. L’esecuzione dell’ordinanza è arrivata in seguito alle indagini , coordinate dalla Dda reggina, nell’ambito dell’operazione denominata “Spes contra Spem”.

Usa: il riconoscimento facciale è già “una minaccia per le libertà costituzionali”

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Solitamente quando sentiamo parlare di controllo sociale implementato dall’utilizzo di sistemi di sorveglianza elettronica viene citata la Cina. Eppure anche in Occidente i sistemi di controllo tecnologico sono utilizzati e sembrano costituire un serio problema. Amnesty International ha lanciato da New York la campagna globale Ban the Scan. «Il riconoscimento facciale rischia di essere armato dalle forze dell’ordine contro le comunità emarginate di tutto il mondo. Da Nuova Delhi a New York, questa tecnologia invasiva rivolta le nostre identità contro di noi e mina i diritti umani», si legge nel rapporto redatto dalla Ong, circa la sorveglianza di massa.

A New York, Amnesty ha unito le forze con vari movimenti e associazioni: AI for the People, Surveillance Technologies Oversight Project, Immigrant Defence Project, New York Civil Liberties Union, Privacy NYCoalition, Rada Studios, nonché con il New York City Public Advocate’s office e con il senatore statale Brad Hoylman. La campagna mira a vietare l’uso della tecnologia di riconoscimento facciale per la sorveglianza di massa da parte delle forze dell’ordine.

La tecnologia di riconoscimento facciale utilizza milioni di immagini prese dai profili dei social media e dalle patenti di guida, senza il consenso delle persone, e le elabora tramite un software che esegue l’analisi facciale delle immagini catturate dalle telecamere a circuito chiuso per cercare potenziali corrispondenze sul database delle immagini utilizzate. Un algoritmo elabora tutti i dati fornendo il riconoscimento e il tracciamento delle persone. Mentre alcune città degli Stati Uniti – tra cui Boston, Portland e San Francisco, – hanno vietato l’uso della tecnologia facciale da parte delle forze dell’ordine, il Dipartimento di Polizia di New York [NYPD] continua a farne uso e, anzi, sta pensando di implementare, sviluppare ed espandere il sistema di sorveglianza.

Nella Grande Mela vi sono 15.000 telecamere, il più delle quali concentrate in due quartieri: Brooklyn e Bronx, la cui popolazione è composta per il 54,4% da neri, per il 30% ispanici e per l’8,4% da bianchi. L’intenzione è quella di allargare l’occhio vigile dell’autorità anche a quartieri come Queens e Staten Island. Il sistema di sorveglianza è stato inoltre criticato per la sua scarsa capacità di riconoscere le persone di colore e le donne, causando una serie di errori di identificazione e facendo inoltre notare come il razzismo possa essere trasferito dall’Uomo alla macchina programmata da esso stesso.

Kate Ruane, senior legislative counsel per l’American Civil Liberties Union, ha affermato che «anche se il riconoscimento facciale fosse perfettamente accurato, sarebbe comunque un incubo per le libertà civili». Il governo – ha proseguito Ruane – non ha mai «posseduto uno strumento di sorveglianza pericoloso come la tecnologia di riconoscimento facciale. Questa tecnologia è una minaccia per i diritti costituzionali fondamentali, dando ai governi, alle aziende e agli individui il potere di spiarci ovunque andiamo».

I fatti di Capitol Hill dello scorso 6 gennaio sembrano inoltre aver dato una valida giustificazione al governo federale per l’implementazione massiccia della tecnologia della sorveglianza con un impennata dell’utilizzo dei software di riconoscimento facciale – come Clearview AI – che ha destato grande preoccupazione per la privacy. E in quello che viene definito capitalismo della sorveglianza giocano in ruolo di primo piano i grandi colossi della Silicon Valley che forniscono immagini e tecnologie necessarie al controllo di massa.

[di Michele Manfrin]

Congo: 57 persone uccise in campi profughi

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Nella Repubblica democratica del Congo, la milizia Adf (Forze alleate democratiche) ha attaccato simultaneamente diversi villaggi di profughi vicino alle città di Boga e Tchabi, uccidendo 57 civili, tra i quali 7 bambini. A riferirlo è stata l’Onu tramite l’Alto commissariato per i rifugiati. Le persone sono state uccise con armi da fuoco e colpi di machete.

L’Ue vieta il suo spazio aereo alle compagnie bielorusse

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Gli ambasciatori dei 27 paesi Ue hanno deciso oggi di vietare alle compagnie aeree bielorusse di accedere allo spazio aereo europeo. L’Ue sta inoltre preparando sanzioni mirate contro individui, entità e società vicine a Lukashenko e al governo bielorusso.

Austerità e licenziamenti liberi: la ricetta Ue per il post-pandemia è sempre la stessa

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L’Unione Europea ha messo gli occhi sull’Italia e punta il dito contro lo stop dei licenziamenti introdotto nel nostro paese e che arriverà presto, nei due scaglioni di giungo e ottobre, a conclusione. Nelle raccomandazioni pubblicate il 2 giugno dalla Commissione europea, l’esecutivo dell’UE spiega come l’Italia sia l’unico Stato ad aver introdotto una norma simile e che ciò risulti essere deleterio per il mercato del lavoro. Con tale misura si avvantaggerebbero coloro che sono assunti a tempo indeterminato a discapito di quelli con contratto a tempo determinato. Insomma, sembra che l’Europa dica che se non si può proteggere tutti non si deve proteggere nessuno; in altre parole, meglio che diritti e garanzie non vi siano né per l’uno né per l’altro.

L’Unione Europea fornisce un importante assist a Mario Draghi, restio nel voler prorogare il blocco dei licenziamenti nonché sostenitore della necessità di operare una selezione delle aziende che sono sul mercato, aiutando solo i più grandi e accompagnando verso il fallimento tutte quelle aziende che l’ex banchiere centrale ha definito, nel documento stilato nel dicembre scorso per il Gruppo dei 30, “zombie”.

Sull’argomento è intervenuto Maurizio Landini, Segretario generale della CGIL, il quale ha detto: «Non stiamo dicendo che non si può licenziare mai più, ma di fare il 31 ottobre per tutti». Landini ha poi tuonato: «Mi sono stancato di sentir parlare di garantiti e non garantiti. Chi sarebbero quelli garantiti? I lavoratori che pagano le tasse e prendono mille euro al mese? Sono stati tolti diritti ed è aumentata la precarietà, perché non tolgono quelle leggi balorde che hanno creato 30 forme diverse di lavoro? Gli imprenditori non trovano lavoratori stagionali? Vanno pagati di più».

Ma prima ancora che arrivassero le raccomandazioni da parte dell’UE, Wolfgang Schauble – già Ministro dell’Economia tedesco e ora Presidente del Bundestag – aveva dichiarato quale dovesse essere il bersaglio grosso: l’Italia. Dalle pagine del prestigioso Financial Times, Schauble ha detto che «dobbiamo tornare alla normalità monetaria e fiscale. L’onere del debito pubblico deve essere ridotto». Il tedesco si è poi rivolto direttamente al Primo Ministro italiano dicendo: «Sono sicuro che Draghi intenderà rispettare i principi di stabilità finanziaria».

Dunque, da Berlino il messaggio è chiaro e l’UE si è allineata immediatamente al coro lanciato. L’austerità rimane la via maestra da seguire anche al termine della pandemia.

[di Michele Manfrin]

Nei paesi europei sta diminuendo l’uso di pesticidi

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L’uso dei pesticidi e le rischiose conseguenze ad esso associato stanno diminuendo. La Commissione Ue ha pubblicato dei dati significativi che mostrano i progressi maturati nell’ambito dell’applicazione delle strategie Farm to Fork e Biodiversità. La strategia Farm to Fork è posta al centro del Green Deal europeo ed è il piano decennale messo a punto dall’Ue per guidare la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente. L’obiettivo alla base  è rendere i sistemi alimentari europei più sostenibili di quanto lo siano oggi. Ogni stato membro deve quindi impegnarsi a seguirla, adottando norme a livello nazionale che consentano di contribuire al raggiungimento degli obiettivi stabili.

Nel contesto del Green Deal, l’Unione Europea si è impegnata a dimezzare l’uso e i rischi dei pesticidi chimici entro il 2030. Alcuni progressi ci sono stati e riguardano il confronto tra il biennio 2018-2019 e il periodo che va dal 2015 al 2017. In particolare, nel 2018 la riduzione si assesta attorno all’8%, mentre nel 2019, al 5%. Inoltre, sempre nel 2019, è stata rilevata nell’Unione europea una riduzione del 12% nell’uso dei pesticidi più pericolosi, i quali sono candidati alla sostituzione, segnando il primo calo significativo. Frans Timmermans, Vicepresidente esecutivo della Commissione europea, ha sottolineato che le misure adottate mirano a garantire un nuovo e migliore equilibrio tra natura, sistemi alimentari e biodiversità, al fine di proteggere la salute e il benessere dei cittadini europei.

[di Eugenia Greco]

Commissione Ue apre indagine antitrust contro Facebook

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La Commissione Europea ha aperto un’indagine antitrust nei confronti di Facebook con il fine di verificare se il colosso dei social abbia violato le regole sulla concorrenza. Nello specifico, si sospetta che Facebook possa aver utilizzato i dati pubblicitari raccolti dagli inserzionisti per competere con essi nei mercati dove è attivo, come quello degli annunci economici. Inoltre, l’indagine è stata aperta anche per capire se Facebook abbia collegato il suo servizio di annunci, “Marketplace”, al social network. Ciò infatti determinerebbe una violazione delle regole europee.

Documento interno Nestlé: 60% dei nostri prodotti non sono sani

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Nestlè, la più grande azienda alimentare del mondo, ha ammesso che oltre il 60% dei suoi prodotti (cibi e bevande) non possono essere definiti sani e che alcuni di essi non potranno mai esserlo, «indipendentemente dai tentativi di rinnovarli». È quanto si apprende da un documento interno della multinazionale svizzera a cui ha avuto accesso il Financial Times, che ha riportato in un articolo le informazioni in esso contenute. Secondo il quotidiano, il rapporto è stato preparato all’inizio di quest’anno ed inviato agli amministratori della società. Esso riferisce che solo il 37% degli alimenti e delle bevande Nestlé ha ottenuto un punteggio superiore a 3,5 punti, ossia la soglia minima per definirli “sani” sulla base di un sistema di valutazione australiano utilizzato dagli esperti del settore in tutto il mondo per comprendere quanto un prodotto sia salutare. Inoltre il documento rileva che, all’interno del portafoglio complessivo di cibi e bevande dell’azienda, il 70% dei prodotti alimentari, il 99% di quelli del comparto pasticceria e gelateria ed il 96% delle bevande non ha raggiunto tale soglia. L’82% delle acque minerali e il 60% dei prodotti lattiero-caseari hanno invece ottenuto risultati migliori, ricevendo punteggi superiori a questa cifra.

Infine, nel rapporto vengono anche riportati alcuni esempi di alimenti malsani, tra cui il “Nesquik alla fragola” venduto negli Stati Uniti. Esso contiene 14 grammi di zucchero in una porzione da 14 grammi nonché piccole quantità di aroma e colorante, tuttavia viene presentato ai consumatori come «perfetto a colazione per preparare i bambini alla giornata».

Va ricordato, però, che tutti questi dati escludono alcuni prodotti, come quelli per le persone con determinate condizioni mediche, il cibo per animali domestici ed il caffè. Per questo essi «rappresentano circa la metà delle entrate annuali totali di Nestlé, pari a 92,6 miliardi di franchi svizzeri», che corrispondono ad oltre 84 miliardi di euro.

[di Raffaele De Luca]

Francia: in tilt i numeri di emergenza, 4 morti

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In Francia almeno 4 persone, tra cui anche un bambino di 2 anni, hanno perso la vita a causa dei mancati soccorsi in seguito al blocco totale (durato 6 ore) del servizio dei numeri di emergenza. È questo il bilancio attuale dovuto ad un guasto dell’operatore telefonico Orange verificatosi nella giornata di mercoledì. Al momento, Orange ha escluso che esso possa essere stato la conseguenza di un attacco informatico ed ha presentato le sue scuse per quanto accaduto.