Uno sciopero nazionale del personale delle Ferrovie dello Stato Italiane è stato proclamato dalle organizzazioni sindacali Filt-Cgil e Uiltrasporti. Lo sciopero si terrà giovedì prossimo dalla mezzanotte alle 21.00: a renderlo noto sono state le Ferrovie dello Stato. Si tratta di un’adesione allo sciopero generale dei lavoratori, indetto dai sindacati CGIL e UIL per giovedì prossimo con lo scopo di protestare contro la legge di bilancio 2022 elaborata dal governo Draghi.
La Turchia usa armi chimiche contro i curdi? Nessuno ha intenzione di verificarlo
Non si fermano le denunce dei curdi riguardo l’utilizzo di armi chimiche da parte della Turchia, l’ultima durante una manifestazione venerdì scorso di fronte l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW) all’Aia, Paesi Bassi. Il Partito dei lavoratori curdi (PKK) ha invitato più volte le organizzazioni internazionali ad indagare sulla questione. Secondo rapporti dell’HPG (ala militare del PKK) sarebbero oltre 300 i casi in cui la Turchia avrebbe utilizzato armi chimiche contro le forze curde nella regione del Kurdistan Iracheno. Dall’inizio dell’anno, nei combattimenti oltre 100 guerriglieri dell’HPG sono rimasti uccisi, di cui 38 come diretta conseguenza dell’utilizzo di gas chimici da parte dei turchi. Il PKK, a conferma delle accuse, ha pubblicato tramite l’agenzia di stampa Firat News Agency (ANF) video di gas che fuoriescono da tunnel utilizzati come protezione dai raid aerei turchi, autopsie e testimonianze di sopravvissuti. Inoltre, secondo fonti locali, negli ultimi mesi oltre 500 civili nella regione di Behdînan, una delle zone più colpite dai combattimenti, sono dovuti ricorrere a cure mediche a causa di questi gas.
A giugno, Malin Björk, eurodeputato del Partito della sinistra svedese, per portare attenzione sulla questione aveva presentato un’interrogazione scritta a Josep Borrell, vicepresidente della Commissione europea e alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la sicurezza. Borrell, che aveva risposto all’interrogazione ad ottobre, ha ribadito l’ostilità dell’UE al PKK (ostilità utile, probabilmente, a non infastidire il presidente turco Erdogan, e comodamente accantonata quando i curdi combattevano contro i terroristi dello Stato Islamico – ISIS – in Siria e Iraq), affermando che l’Europa considera il partito come “un gruppo coinvolto in atti terroristici nell’ambito delle misure restrittive dell’UE”. Sebbene Borrell, abbia confermato che la Turchia sia militarmente attiva nel nord dell’Iraq, ha comunque respinto le accuse, dichiarando: “che non erano state presentate segnalazioni di attacchi chimici confermati.”
Civil disobedience action #OPCW (Organization for Prohibition of Chemical Weapons) in #DenHaag against chemical weapons used by the Turkish fascist state against the #Gerila!
We #StandWithGerîla#DelistPKKnow#SmashTurkishFascism #TurkeyUsesChemicals
1/Xpic.twitter.com/xa9VaIPkxf— RiseUp4Rojava (@RiseUp4Rojava3) December 5, 2021
I Curdi sono una popolazione di origine iranica. La loro regione storica è il Kurdistan (“terra dei Curdi”), il cui territorio è attualmente diviso tra Turchia, Iran, Iraq, Siria, Armenia e Azerbaigian. La parte più estesa del Kurdistan si trova però in Turchia, dove vivono circa 13 milioni di Curdi. Le tensioni tra il governo di Ankara e il PKK risalgono alla metà degli anni ’80 quando il partito decise di intraprendere la lotta armata per ottenere l’indipendenza della regione. Il conflitto da allora non si è quasi mai fermato, ad eccezione di brevi periodi in cui le parti erano riuscite a sottoscrivere un cessate il fuoco. Dal luglio 2015, le ostilità tra il PKK e il governo di turco sono riemerse a causa dei bombardamenti turchi che colpirono le posizioni del PKK in Iraq, nel mezzo della battaglia dei curdi contro l’ISIS. Le pressioni politiche da parte della Turchia hanno fatto sì che il PKK venisse inserito nell’elenco delle organizzazioni terroriste prima dagli Stati Uniti (nel 1997) e poi dall’Unione Europea (nel 2001). Con il pretesto della lotta al terrorismo negli anni, la Turchia ha potuto reprimere la resistenza curda nel quasi totale silenzio della comunità internazionale.
È preoccupante infatti che queste denunce non abbiano ancora dato origine a un’indagine indipendente da parte della comunità internazionale. Considerando che l’uso di armi chimiche è vietato dal Protocollo di Ginevra del 1925. Mentre la Convenzione sulle armi chimiche entrata in vigore nel 1997 e di cui la Turchia è firmataria, richiede a tutte i paesi che hanno firmato la convenzione, di distruggere le proprie armi chimiche e di consentire agli altri Stati firmatari la possibilità di richiedere un’ispezione in qualsiasi momento. Da qui appunto nasce l’invito del partito curdo alla comunità internazionale di richiedere l’apertura delle indagini.
Tuttavia, è risaputo, che l’utilizzo di armi chimiche – come altri aspetti delle relazioni internazionali – dipendono non tanto da che utilizzo ne fai, ma da chi sei. Quando il regime siriano nel dicembre 2012 fu’ accusato di utilizzare armi chimiche la notizia fece velocemente il giro del mondo. Mentre le accuse contro la Turchia difficilmente vengono menzionate nei media. Le prime segnalazioni riguardo all’utilizzo di tali armi da parte del governo turco risalgono alla fine degli anni ’80. Nel 2010, anche la nota rivista tedesca Der Spiegel aveva investigato sulla questione. Mentre nel 2018, segnalazioni simili erano pervenute da parte dell’Osservatorio siriano per i diritti umani (SOHR), organizzazione non governativa con sede nel Regno Unito che monitora il conflitto in Siria. Secondo SOHR, ad Afrin, proiettili utilizzati dalla Turchia e dalle fazioni sue alleate avevano lasciato (stando ai referti medici) diverse persone con difficoltà respiratorie e altri sintomi riconducibili all’utilizzo di armi chimiche. Accuse che vennero poi semplicemente respinte dagli Stati Uniti come “estremamente improbabili”.
Appare quindi evidente la volontà politica da parte della comunità internazionale di non voler investigare tali accuse per non infastidire il governo di Ankara. La Turchia è un membro strategico della NATO (è infatti nell’alleanza atlantica il secondo esercito in termini numerici dopo gli Stati Uniti) ed anche un importante partner commerciale per molti paesi europei. Inoltre non si può non menzionare l’uso politico fatto dal presidente Erdogan dei migranti siriani. Il governo turco non ha avuto remore nell’utilizzare persone che scappavano dalla guerra in Siria come uno strumento politico con cui ottenere concessioni e mettere pressione all’Europa.
[di Enrico Phelipon]
Il CTS continua a rifiutare un confronto scientifico sulle vaccinazioni
Il Comitato tecnico scientifico (CTS), il gruppo di esperti del governo che fornisce consulenza e supporto in ottica superamento dell’emergenza Covid, continua a rifiutare un confronto scientifico sulle politiche sanitarie e, in particolare, sulle decisioni prese in merito alle vaccinazioni anti Covid. Negli scorsi mesi, infatti, la CMS (Commissione Medico Scientifica) – una sorta di CTS alternativo nato dal basso e composto da sei personalità di alto profilo – ha chiesto al CTS un incontro istituzionale, un tavolo di confronto scientifico durante il quale gli esperti del CTS avrebbero dovuto fornire delle risposte – basate sulle evidenze scientifiche – ai dubbi ed alle perplessità dei membri della CMS. Tale incontro però non è mai avvenuto in quanto fino ad ora non è arrivata alcuna risposta alla richiesta della CMS. Fatta questa breve premessa, nelle prossime righe ripercorreremo cronologicamente gli eventi che hanno portato alla creazione della CMS per poi illustrare nel dettaglio alcuni delle numerose domande che i suoi membri avrebbero voluto porre al CTS.
È il 2020 quando viene lanciata l’idea di raggruppare persone competenti (ricercatori, professori e medici) ma perplesse riguardo le scelte prese in Italia per contrastare l’emergenza Covid. Viene così formato un gruppo composto da 30 esperti che per circa un anno si confrontano, leggono e confrontano ricerche, e sviluppano una serie di dubbi prettamente scientifici su alcune linee ufficiali. Questo gruppo di esperti entra poi in contatto con “ContiamoCi!”, un’associazione composta da sanitari, socio-sanitari ed affini il cui scopo è quello di tornare alla «medicina di sempre» dove, tra le altre cose, «la ricerca scientifica deve essere libera da interessi speculativi».
Mentre il gruppo stringe rapporti con l’associazione “ContiamoCi!” il dottor Dario Giacomini – fondatore della stessa – inizia a collaborare con l’ex leader dei portuali di Trieste Stefano Puzzer dando vita al Coordinamento 15 ottobre. Quest’ultimo chiede di formare appunto una sorta di CTS alternativo al gruppo di esperti, i quali accettano pretendendo, però, di inserire al suo interno personalità di alto profilo. Nasce così la CMS (Commissione Medico Scientifica) formata – come anticipato in precedenza – da sei esperti con un curriculum di alto livello, ossia: il Presidente Alberto Donzelli, specialista in Igiene e Medicina preventiva e in Scienza dell’Alimentazione nonché ex membro del Consiglio Superiore di Sanità, Paolo Bellavite, già professore di Patologia Generale all’Università di Verona e autore di oltre 250 pubblicazioni scientifiche, Marco Cosentino, docente di Farmacologia all’Università Insubria, Giovanni Frajese, Professore Associato di Scienze Tecniche Mediche Applicate presso l’Università degli Studi di Roma “Foro Italico”, Patrizia Gentilini, medico oncologo ed ematologo nonché membro ISDE (Associazione Medici per l’Ambiente) ed Eugenio Serravalle, medico specializzato in Pediatria Preventiva, Puericultura e Patologia Neonatale.
La CMS decide dunque di chiedere il sopracitato incontro istituzionale al CTS. Non un incontro mediatico, ma una riunione scientifica e istituzionale, pensata per porre domande ed ottenere risposte basate sui dati. La richiesta viene fatta presente al ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli, il quale si dice favorevole all’incontro e promette di organizzato. Tuttavia, il tavolo di confronto non viene pianificato e nessun esponente del governo fornirà aggiornamenti a riguardo. Proprio per questo, tramite alcuni avvocati, i membri della CMS effettuano una richiesta scritta per chiedere nuovamente di predisporre tale incontro, ma anche questa volta non arriva loro alcuna risposta.
A distanza di quasi due mesi, all’interno della CMS ci si interroga sulle motivazioni del diniegho. Dopotutto, gli esperti del CTS non dovrebbero essere ampiamente interessati a partecipare a questo incontro, che permetterebbe di eliminare i dubbi della CMS? Le ipotesi avanzate dai suoi membri potrebbero infatti essere smentite definitivamente in base alle evidenze scientifiche in possesso del CTS. Insomma, la domanda che adesso si pone la CMS è la seguente: per quale ragione non ci può essere – anche tenendo conto delle tante persone che ancora sono scettiche sui vaccini anti Covid – un incontro istituzionale tra scienziati di livello che permetterebbe di fornire una risposta chiara ed inattaccabile ad alcuni dubbi sulle vaccinazioni e sulle linee politico-scientifiche adottate durante l’emergenza pandemica? Se abbiamo sbagliato qualcosa nella lettura e nell’interpretazione dei dati – si chiedono i ricercatori membri della CMS – il Comitato Tecnico Scientifico non dovrebbe avere tutto l’interesse a smentirci e magari farci fare anche una bruttissima figura? Ad ora, però, tutto tace.
Le tematiche sulle quali la Commissione alternativa chiede un dibattito scientifico franco e risposte sono le seguenti: andamenti della mortalità totale 2021 contro quella 2020 e precedenti; mortalità totale negli studi di controllo randomizzato con vaccini a mRNA; dati precisi sulla prevenzione dell’infezione da parte dei vaccini anti-Sars-CoV-2; opportunità della vaccinazione in età pediatrica; rischi relativi di infezione per la comunità causati da bambini e adulti non vaccinati; sorveglianza attiva vs sorveglianza passiva e nesso di causalità nella stima degli eventi e delle reazioni avverse e relative implicazioni.
Riportiamo inoltre di seguito alcune dei punti sui quali la CMS vorrebbe poter esprimere rilievi e avanzare dubbi, scientificamente argomentati, dinnanzi al CTS durante questo ipotetico incontro istituzionale.
- Andamenti della mortalità totale 2021 vs 2020 e precedenti (EuroMOMO). Mortalità totale nei RCT con vaccini a mRNA. Implicazioni.
- Vaccini anti-Sars-CoV-2 e prevenzione dell’infezione. Implicazioni.
- Opportunità della vaccinazione in età pediatrica.
- Bambini e adulti non vaccinati (vs vaccinati) e rischi relativi di infezione per la comunità.
- Sorveglianza attiva vs sorveglianza passiva e nesso di causalità nella stima degli eventi e delle reazioni avverse. Implicazioni.
[di Raffaele De Luca]
Cina e UK riprendono dialogo economico e finanziario
Regno Unito e Cina avrebbero deciso di riprendere il China-UK Economic and Financial Dialogue, mirato a migliorare e rafforzare i rapporti bilaterali. Le due parti intendono in questo modo rafforzare gli scambi e la cooperazione nel commercio, nella lotta al cambiamento climatico, nell’economia e negli investimenti. L’ultimo China-UK Economic and Financial Dialogue si era tenuto nel 2019, ma Londra aveva deciso di sospendere i successivi in seguito alla presunta repressione dei diritti civili messa in atto a Hong Kong. Ulteriori tensioni politiche tra le due parti derivano dalla decisione del Regno Unito di unirsi a USA, Australia e Canada nel boicottaggio delle Olimpiadi di Pechino del 2022.
Memoria e ricordo, la mente e il cuore
Memoria, ricordo. Due parole per certi versi molto simili si riferiscono, nella propria etimologia, a due parti distinte del corpo: la mente e il cuore. E trascinano con sé rappresentazioni e immaginari differenti.
La memoria, fin dall’antica Grecia, può implicare l’atto del menzionare qualcosa oppure quello di rammentarsi. Vale a dire la tavoletta di cera su cui scrivendo si imprimono i dati memoriali per metterli in luce oppure l’idea del magazzino che li racchiude e conserva, che li tiene a mente. In queste due accezioni fu usata nei Dialoghi di Platone. Di norma il ricordarsi, il prelevare nel repertorio mentale, precede il menzionare, il trovare parole, l’esprimere i dati memoriali. Memoria è dunque una prerogativa del cervello, una funzione della mente e insieme una rappresentazione, tant’è vero che ‘memoria’ è un documento giuridico che riassume i dati di un procedimento. La memoria esiste sotto due dimensioni: quella individuale e quella sociale, funge da archivio ma ha sempre bisogno di un soggetto che si costituisca come suo portatore, come testimone. La memoria è poi, complessivamente, un meccanismo culturale. Con una forte valenza politica: damnatio memoriae è la condanna, immediata e nei tempi a venire, di un nome o di un evento, rimosso dagli annali, dai libri e dalla storia.
Aleida Assmann, nel suo bel volume, Ricordare (Il Mulino 2002, p. 155), cita Imre Nagy, presidente del Consiglio nel 1956, in Ungheria, quando i sovietici invasero il suo Paese e lo giustiziarono cancellandolo dai libri di storia. Nel 1989 venne commemorata la sua morte dopo avergli dato l’onore di una nuova sepoltura. Osserva giustamente Assmann che i ricordi trascelti e conservati da una memoria politica “non servono a fondare il presente ma il futuro, e cioè quel presente che seguirà al crollo di un sistema di potere”.
Il ricordo, invece, si connette al cuore, antica sede del pensiero, ma anche di affetti e passioni, come la collera; dimora dunque del coraggio e di determinati atteggiamenti come la concordia e la comunanza dei cuori. Ricordare è dunque tornare al cuore, unire sentimento a pensiero, rivivere emozioni. Il ricordo, come quello ungherese sopracitato, è dunque un oggetto, un evento, un fatto o una serie di essi. Si celebra, sì, la Giornata della memoria, come azione comune condivisa; ma di quegli anni orrendi esiste ancora qualcuno che ha ricordi precisi, personali, circostanziati. Ricordi, appunto, non una ‘memoria’ generale.
Così, al ritorno da un viaggio, si può conservare una traccia materiale, un dono che si consegna a qualcuno. Il ricordo è anche un oggetto, un segno che trasferisce valori di affetto, di confidenza, di amicizia. Il francese ‘souvenir’ indica che l’azione del ricordo-oggetto è quello di sopravvenire, di mantenere qualcosa. “Vaghe stelle dell’Orsa, io non credea/ tornare ancor per uso a contemplarvi/…Né mi diceva il cor che l’età verde/… fia compagna/ d’ogni mio vago immaginar, di tutti/ i miei teneri sensi, i tristi e cari/ moti del cor, la rimembranza acerba”. Di questi due distinte qualità del ricordo, fattuale ed emotiva, Giacomo Leopardi compie una sintesi estrema ne Le ricordanze, unendo il cosmico, l’astrale al privato, al personale.
Marcel Proust, distinguendo tra memoria volontaria e memoria involontaria, tra concentrazione e rivelazione, scrive che “tutti quei ricordi aggiunti gli uni agli altri non formavano ormai che una massa, ma non era impossibile distinguere tra loro,… se non delle fessure, delle crepe vere e proprie, almeno quelle venature, quelle screziature di colorazione che in certe rocce, in certi marmi rivelano delle differenze di origine, d’età, di ‘formazione’” (La strada di Swann).
Non si pensi però che tra la memoria letteraria e quella storico-politica vi siano enormi differenze. La dimensione pubblica e quella personale sono sempre destinate, scambievolmente, a rendere conto una dell’altra. Per il periodo storico attuale, sarà difficile scrivere una storia imparziale, poiché la cronaca è, ed è stata, troppo tormentata. Se la politica non si dà pensiero delle ragioni del cuore, se trascura “la bilancia intima della storia”, come la chiamava Aldo Capitini, se sottovaluta l’emotività positiva dei suoi amministrati, puntando solamente su ansia, sospettosità, denigrazione e rancore, se pensa di detenere e imporre un’assoluta, indiscutibile razionalità, presunta o verosimile, al suo operato, è destinata, lei, alla damnatio memoriae. E a rinfocolare, inevitabilmente, coi pesanti ricordi personali, una memoria di opposizione.
[di Gian Paolo Caprettini – semiologo, critico televisivo, accademico]
Assalto a Capitol Hill, esisteva piano per golpe
Mark Meadows, ex capo di gabinetto dell’amministrazione Trump, ha consegnato al Comitato che indaga sull’attacco a Capitol Hill del 6 gennaio scorso un power point nel quale sono elencate le fasi di un eventuale golpe per impedire l’elezione di Biden. Il documento di 36 pagine, consegnato al Guardian, contiene diverse raccomandazioni per Trump, basate su teorie riguardo i brogli elettorali. Il piano: dichiarare un’emergenza nazionale sulla base della non validità del voto elettronico, e chiedere al Congresso un rimedio costituzionalmente accettabile. Il fatto che Meadows fosse in possesso di tale documento suggerisce un certo grado di coordinamento tra il gruppo autore dell’attacco e la Casa Bianca.
Il 64% della spesa militare italiana serve a proteggere le piattaforme Eni
Le cifre stanziate per la difesa delle piattaforme Eni collocate nelle acque internazionali ammonta per il 2021 a 797 milioni di euro, ovvero il 64% del budget per le missioni militari. È quanto rivelato da un report di Greenpeace il quale, dopo aver analizzato nel dettaglio le schede di missione inviate al Parlamento, illustra come molte delle operazioni che suggeriscono in modo ingannevole interventi motivati da ragioni umanitarie abbiano in realtà come priorità la “protezione degli asset estrattivi di Eni”. Il tutto mentre la retorica della transizione ecologica la fa da padrona nel discorso politico, palesandosi ancora una volta nella sua natura ingannevole.
La spesa del ministero della Difesa per le operazioni di tutela dell’energia fossile ammonta negli ultimi quattro anni a 2,4 miliardi di euro, con un aumento notevole per il 2021 (1,2 miliardi per 40 missioni) rispetto agli anni precedenti. Tendenza che, quindi, non prevede al momento un arresto. In particolare, per le missioni Mare Scuro al largo delle coste libiche e Gabinia nel Golfo di Guinea hanno come primo obiettivo indicato la tutela degli impianti estrattivi di Eni. In altri casi, come le missioni in Iraq e nel Mediterraneo Orientale, il legame è meno immediato.
La missione in Libia, avviata nel 2015, si occupa specificamente di “sorveglianza e protezione militare alle piattaforme dislocate nelle acque internazionali antistanti le coste libiche”. Tra le sue mansioni vi è la controversa questione del supporto alla Guardia costiera libica, il cui sdegno iniziale causato nelle varie parti politiche viene prontamente messo in secondo piano dagli specifici interessi nella zona: “Impianti petroliferi, traffico mercantile, attività di pesca”. Il costo, per il solo 2021, ammonta a 96 milioni di euro.
Nelle acque del Golfo di Guinea ha luogo la missione Gabinia, riconfermata per il 2021 con un budget di 23,3 milioni di euro (il doppio dell’anno precedente). Anche qui l’obiettivo prioritario della missione è “proteggere gli asset estrattivi di Eni, operando in acque internazionali”. Si tratta del luogo “più pericoloso per il numero di attacchi e atti di pirateria alle imbarcazioni e agli equipaggi in transito”, motivo per il quale l’Italia vi agisce impiegando 400 militari, due fregate e quattro mezzi aerei, garantendo la produzione di 60 milioni di barili provenienti da Angola, Nigeria e Ghana e miliardi di metri cubi di gas ogni anno. Il tutto causando un inquinamento ambientale che sta mettendo a repentaglio interi ecosistemi, nelle acque e lungo le coste.
Missioni militari italiane con scopi analoghi si ritrovano anche in Iraq e in vari punti del Mediterraneo Orientale, zona che il ministro della Difesa Guerini ha definito “protagonista di un processo di territorializzazione mirato ad acquisire il controllo delle cospicue risorse energetiche presenti”, nel quale l’Italia vuole accaparrarsi un posto collaborando con le diverse missioni presenti. Ma i campi di azione potrebbero espandersi ulteriormente in futuro, vista l’intenzione di Guerini di valutare un “possibile contributo italiano” alla missione militare europea in Mozambico, zona scossa da sanguinosi disordini civili ma nella quale vi è la “presenza di risorse energetiche”. La stessa Eni definisce il Mozambico “uno tra i Paesi più promettenti del continente africano nel settore energetico”.
Nuovi investimenti nelle energie fossili insomma, all’indomani di una lunga lista di promesse e impegni da parte del governo per la tutela dell’ambiente e il taglio all’industria fossile che odorano di greenwashing, all’indomani della chiusura della COP26. Così sembra palesarsi una realtà nella quale Eni, da sempre nel mirino delle associazioni ambientaliste per il ruolo nella distruzione ambientale, viene in realtà tutelata dallo Stato con tutti i mezzi possibili, alle spese (letteralmente) dei cittadini. La lotta al cambiamento climatico rimane così una locuzione vuota di significato, della quale la politica si riempie la bocca senza intenzione di attivare iniziative concrete.
[di Valeria Casolaro]
Assange, rovesciata la sentenza: Londra autorizza l’estradizione negli USA
L’Alta Corte di Londra ha ribaltato la sentenza che in primo grado aveva negato l’estradizione di Assange negli Stati Uniti per la possibilità che commettesse suicidio, motivata dal trattamento nei confronti dei detenuti nelle carceri americane di massima sicurezza. I giudici hanno accolto il ricorso statunitense, che si basava sul rassicurare Londra sul fatto che nelle carceri Usa sarà trattato nel rispetto dei diritti umani e non rischierà il suicidio. Ora si attende il probabile ricorso e il riesame della vicenda da parte del tribunale inferiore, ma la strada verso la libertà per il fondatore di Wikileaks appare del tutto in salita. Se estradato, Assange rischia sino a 157 anni di carcere, presumibilmente da scontare in prigioni di massima sicurezza.
Juliane Assange si trova da oltre due anni e mezzo nella prigione di massima sicurezza HM Prison di Belmarsh. Nel 2006 aveva fondato la piattaforma WikiLeaks, che ha diffuso documenti coperti da segreto di Stato per denunciare comportamenti poco etici di governi e aziende. Nel 2010 la piattaforma ha diffuso un video, denominato Collateral Murder, che mostrava un attacco statunitense risalente al 2007 contro un gruppo di sospetti terroristi, rivelatisi poi essere civili e giornalisti dell’agenzia Reuters. Washington ha reagito alla diffusione di questo e altro materiale sostenendo che avrebbe messo in pericolo la vita di diverse persone, tra le quali informatori e personale delle zone di guerra. Assange è stato così accusato dal tribunale americano di cospirazione e spionaggio: se risultasse colpevole, rischierebbe di dover scontare fino a 157 anni di carcere. Appena tre mesi fa è stato rivelato che la CIA (i servizi segreti statunitensi) nel 2017 elaborò dei piani per rapire o addirittura uccidere Assange.
Assange è stato tradotto in prigione quando l’Ecuador, dopo sette anni, gli ha revocato lo status di rifugiato politico. Nel gennaio di quest’anno un giudice inglese aveva negato la possibilità di estradizione in ragione della salute mentale di Assange, che avrebbe potuto commettere suicidio all’interno delle carceri statunitensi visto il trattamento solitamente riservato ai detenuti. A sostegno della decisione vi erano le perizie psichiatriche effettuate dalla difesa. Ad agosto il tribunale di Washington ha presentato appello contro questo verdetto, evidentemente convincendo i giudici britannici sul trattamento di Assange una volta consegnato e trasferito in carcere. Stella Morris, compagna e legale di Assange, ha definito la sentenza un «grave errore giudiziario» e ha dichiarato di voler far ricorso appena possibile.
Pochi giorni fa al Parlamento italiano era stata votata una mozione che chiedeva al governo italiano di concedere ad Assange lo stato di rifugiato politico, desolante il risultato: 225 no, 137 astenuti e appena 22 voti favorevoli.
[di Valeria Casolaro]
Foggia, caporalato: indagata la moglie del prefetto
I Carabinieri e la Procura di Foggia stanno indagano 16 persone con l’accusa di reato di caporalato. Tra queste vi sarebbe anche la moglie del capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno, Michele di Bari, già prefetto di Reggio Calabria. Dopo il blitz, in seguito al quale sono state condotte in carcere due persone, il prefetto ha presentato le dimissioni, che sono state accolte dalla ministra Lamorgese. Per il momento la moglie sarebbe sottoposta all’obbligo di dimora.