mercoledì 17 Settembre 2025
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Blitz antimafia a Palermo: 7 arresti

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Questa mattina i carabinieri del Ros hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal tribunale di Palermo – su richiesta della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo siciliano – nei confronti di 7 individui. Questi ultimi, appartenenti al mandamento palermitano di Villagrazia-Santa Maria di Gesù ed alla famiglia di Monreale, sono accusati a vario titolo di usura ed estorsioni aggravate dal metodo mafioso.

Catena di approvvigionamento: la guerra dei mari e dei mondi

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La crisi scatenata dalla “emergenza sanitaria”, con lockdown e restrizioni, ha fatto andare in tilt le catene di approvvigionamento globale con aumento del prezzo dell’energia, della logistica, delle materie prime e dei prodotti, con aumento dei tempi di consegna, rallentamenti e ritardi nella produzione e nella distribuzione. Nel settore marittimo il costo di spedizione delle merci è aumentato di 10 volte rispetto alla situazione pre-pandemica e lunghe file di navi si ammassano fuori dai porti che non riescono a compiere le operazioni in un tempo utile a smaltire il traffico. Sebbene la maggior parte dei traffici mondiali avvenga via mare, poco si conosce dei soggetti che operano nel settore commerciale marittimo. Le grandi compagnie marittime, tra alleanze, legami intrecciati e accordi geopolitici, rappresentano uno dei colli di bottiglia delle catene di approvvigionamento globale. Gli Stati Uniti si dicono preoccupati e il governo ha chiesto al Congresso di estendere i poteri di supervisione statunitense sul commercio marittimo globale: l’8 dicembre è stato approvato dalla Camera dei Rappresentanti l’Ocean Shipping Reform Act, in attesa del voto del Senato. Questo vorrà dire fare i conti con le potenti flotte marittime delle compagnie commerciali, con quegli “eserciti” che si contendono rotte navali e porti su scala mondiale.

Decine e decine di navi portacontainer attendo di poter entrare nei porti, come quello di Losa Angeles,  rimanendo a largo della costa – anche a più di 150 miglia nautiche – anche per alcune settimane. La Casa Bianca si è detta preoccupata della situazione generale riguardo l’approvvigionamento, anche perché il contraccolpo si avverte in settori strategici statunitensi quali la difesa e la sicurezza in cui intere commesse sono saltate a causa della mancanza di componenti: il settore ha visto la perdita di 87.000 posti di lavoro, il 4% del totale.

L’Ocean Shipping Reform Act sarebbe il disegno di legge più importante dopo l’aggiornamento della legge federale che disciplina il commercio marittimo globale del 1998.  Se approvata anche dal Senato, la legge andrebbe a rafforzare la Federal Maritime Commission (FMC) e la sua azione sulla catena di approvvigionamento estera, oltre a voler garantire l’equità nel settore globale del trasporto marittimo oceanico. «Questo è un primo passo importante per affrontare sia le pratiche di spedizione sleali a lungo termine impiegate dai vettori marittimi sia per aiutare a risolvere le interruzioni della catena di approvvigionamento della nazione», ha affermato Billy Johnson, capo lobbista dell’ISRI (Institute of Scrap Recycling Industries). Questo provvedimento legislativo statunitense andrebbe a sfidare apertamente il potere delle alleanze delle compagnie marittime, ponendo una serie di condizioni e spostando responsabilità e costi dei carichi in capo alle compagnie stesse.

Il commercio globale via mare dipende ormai da accordi che le più grandi compagnie marittime stringono tra di loro, tra alleanze e conflitti. Le alleanze tra compagnie marittime permette loro razionalizzare i costi e l’utilizzo delle risorse, rendendo più efficiente il lavoro delle compagnie stesse. Quattro sono le principali alleanze marittime: 2M; Ocean Three; G6 Alliance; CKYHE.

L’alleanza denominata 2M è formata da Mediterranean Shipping Company (MSC) – seconda compagnia a livello globale di linee cargo, con sede in Svizzera – e dalla danese A.P. MøllerMærsk (attiva anche nel settore dell’energia e della cantieristica). Ocean Three raggruppa invece la francese CMA CGM, la cinese COSCO Shipping Development e la United Arab Shipping Company (fondata da Bahrain, Iraq, Kuwait, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti). G6 Alliance è formata dalla tedesca HapagLloyd AG, la giapponese Nippon Yusen (parte del gruppo Mitsubishi), la Orient Overseas Container Line con sede ad Hong Kong, l’altro colosso giapponese Hyundai, Mitsui O.S.K. Lines (sempre giapponese) oltre all’American President Lines, con sede a Singapore e filiale della francese CMA CGM. CKYHE è l’alleanza marittima che riunisce Kawasaki Kisen Kaisha, nota come K-Line, con sede in Giappone, la Yang Ming Marine Transport Corporation con sede a Taiwan, la sudcoreana Hanjin e, nuovamente, la cinese COSCO Shipping Development.

Centinaia e migliaia di navi cargo appartenenti a queste compagnie, o da loro affittate, solcano ogni giorno i mari di tutto il mondo e determinano il funzionamento della catena globale di approvvigionamento.

La situazione di prolungata “crisi pandemica” pone le economie ancora sotto una pesante pressione che non permette una vera e propria ripresa che rischia di essere un miraggio spacciato da chi invece, consapevolmente o meno, aderisce alla ristrutturazione economica mondiale. Stando così la situazione, le analisi della molteplicità dei fattori che incidono sulle catene di approvvigionamento globale mostrano un ritorno alla normalità non prima del 2023.

Così, le onde generate dallo scuotersi dell’economia mondiale sotto i colpi del Grande Reset si avvertono adesso anche nei mari e negli oceani che si fanno così sempre più burrascosi.

[di Michele Manfrin]

Inside media, il lato oscuro dell’informazione

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Un giornalista investigativo rischia fino a 175 anni da scontare in un carcere di massima sicurezza per aver divulgato informazioni che svelano le malefatte del governo. Succede in Arabia Saudita? In Cina? In Russia? No, succede nel paese che ci hanno insegnato a considerare la più grande democrazia del pianeta: gli Stati Uniti d’America. Venerdì 10 dicembre l’Alta Corte di Londra ha stabilito che Julian Assange potrà essere estradato negli Usa, ribaltando quanto aveva stabilito il tribunale in primo grado. Giova ripetere per comprendere l’enormità dell’accusa: 175 anni di carcere, più o meno due vite intere, per la sola colpa di aver divulgato informazioni riservate riguardanti l’operato del governo americano.

Per il potere a stelle e strisce, evidentemente, il fondatore di Wilileaks non è solo un uomo, è un simbolo: la persecuzione nei suoi confronti è tanto spietata perché colpirlo serve a mandare un monito ad ogni potenziale nuovo Assange. Il messaggio è chiaro: nessuno si azzardi, mai più, a rivelare la verità sulle torture di Guantanamo, sui massacri di civili in Iraq e Afghanistan, sui contenuti dei trattati internazionali o sugli abusi della diplomazia americana. Per perseguire il loro scopo gli Usa lo inseguono da 11 anni con ogni mezzo, inclusa la progettazione del suo omicidio, che è provato che la Cia mise in campo mentre Assange si trovava protetto nell’ambasciata dell’Ecuador.

Di fronte ad un tale attacco alla libertà di stampa dovrebbero essere i media i primi a indignarsi, fare campagne di stampa, organizzare proteste ed incontri. Ebbene, niente di tutto questo. Quegli stessi giornali che versano litri di inchiostro per informarci della persecuzione degli oppositori in Russia o dello svolgimento di qualche sgangherato corteo di protesta a Cuba, si ritrovano improvvisamente senza voce di fronte alla persecuzione di un giornalista da parte degli Usa e dei suoi alleati occidentali. All’indomani della sentenza sulle prime pagine di Corriere della Sera e Repubblica, i due principali quotidiani italiani, non c’era nemmeno una riga sul caso. Lo stesso su quelle dei grandi quotidiani americani (non una parola sul Washington Post né sul New York Times) e di quelli europei, incluso il britannico The Guardian, considerato emblema stesso del giornalismo con la G maiuscola, quello che assolve stoicamente la funzione di controllore della democrazia.

Credo non ci sia molto da aggiungere. La situazione del giornalismo è nera. Come è successo che quello che era ritenuto un tempo il cane da guardia del potere ne sia diventato il cane da compagnia? Nelle pagine di questo quinto numero del nostro Monthly Report andremo a svelare anche questo.

[di Andrea Legni – direttore de L’Indipendente]

Il mensile, in formato PDF, può essere scaricato dagli abbonati a questo link: lindipendente.online/monthly-report/

in questo numero:

  • Il grande spettacolo dell’informazione mainstream
  • Con i media: una nuova alleanza, tra contatti e controlli
  • L’informazione in Italia tra crisi e interessi, imprenditori e politica
  • Le fake news che i media mainstream hanno diffuso sul Covid
  • Serve una“comunicazione di guerra”: Mario Monti chiede una stretta sull’informazione
  • L’informazione e la guerra: intervista al giornalista Fulvio Grimaldi
  • Bill Gates ha finanziato il settore dei media con almeno 319 milioni di dollari
  • Open di Mentana fiancheggerà la censura di Facebook in Italia
  • Poteri occulti e media, una lunga storia italiana
  • Quando la notizia è opinione: trucchetti di manipolazione mediatica
  • Le infinite bufale dei giornali mainstream sulle proteste No Tav
  • Posso fidarmi di te? (Breve guida per riconoscere una notizia affidabile)
  • Come i media mainstream occultano la pubblicità facendola passare per informazione

Austria: grande manifestazione contro obbligo vaccinale e restrizioni per non vaccinati

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Nel week end, precisamente nella giornata di sabato, in Austria si è svolta una grande manifestazione contro contro l’obbligo vaccinale e le restrizioni solo per i non vaccinati: secondo le stime della polizia, notoriamente al ribasso, 44mila persone sono scese in piazza a Vienna per protestare contro la politica sanitaria adottata nel Paese. L’obbligo vaccinale, infatti, scatterà il 1° febbraio 2022. Inoltre, il nuovo cancelliere austriaco Karl Nehammer la scorsa settimana aveva annunciato che a partire dalla giornata di oggi il lockdown introdotto a fine novembre per tutta la popolazione avrebbe riguardato solo le persone non vaccinate.

Serbia, terzo week end di proteste per stop estrazioni litio

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A Belgrado e in altre città della Serbia gli ambientalisti sono scesi in piazza per il terzo finesettimana consecutivo per impedire l’inizio dei lavori di estrazione del litio, attività estremamente dannosa per l’ambiente. Si tratta di una sostanza comunemente utilizzata per fabbricare i motori delle auto elettriche, ma anche diversi tipi di dispositivi bellici. I manifestanti protestano in particolare contro le attività del Governo, che ritengono agisca soprattutto nella speranza di attrarre investitori esterni. La Serbia, che fa i conti con un’elevato tasso di inquinamento dell’acqua e dell’aria, deve ridimensionare la portata dei propri problemi ambientali per poter entrare a far parte dell’UE.

Cosa contengono i trucchi? Una indagine di laboratorio svela quelli pericolosi

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I cosmetici utilizzati quotidianamente sul viso possono nascondere ingredienti estremamente nocivi per la salute. Tra questi vi sono microplastiche, sostanze altamente irritanti, allergeni e interferenti endocrini, che possono condizionare il normale funzionamento ormonale. Alcune di queste sostanze sono inoltre anche estremamente inquinanti. È quanto rivela un’inchiesta svolta di WECF France, la sezione francese dell’associazione Women engage for the future, rete internazionale ecofemminista, che ha rivelato come su 47 diversi prodotti cosmetici esaminati vi siano almeno 37 sostanze pericolose.

I prodotti cosmetici sono utilizzati quotidianamente sul viso, in genere più di uno alla volta contemporaneamente. Spesso vengono acquistati per essere utilizzati nel lungo termine, prevedendo quindi un uso giornaliero sulla pelle. L’inchiesta di WECF France, che ha analizzato 47 diversi cosmetici di marchi popolari sul mercato, ha rivelato l’esistenza di sostanze altamente nocive per la salute all’interno di buona parte dei prodotti. In particolare sono state analizzate 17 BB cream, 15 correttori e 15 mascara.

Tra le 37 sostanze potenzialmente tossiche individuate all’interno dei prodotti esaminati sono 13 quelle da “bollino rosso”, ovvero in grado di causare gravi problemi di salute. Si tratta, in particolare, di interferenti endocrini (PE), sostanze che modificano il normale funzionamento ormonale “di un organismo intatto e della sua progenie”. Sono coinvolti in problematiche quali cancro, diabete, obesità, problemi riproduttivi, respiratori e molti altri. L’inchiesta di WECF ha riscontrato la presenza di 7 diversi PE all’interno dei prodotti esaminati, spesso presenti in miscele. Tra questi: benzil salicilato, BHT, butylphenyl methylpropional, ethylhexyl methoxycinnamate, ethilparaben, methilparaben e octocrilene.

Altre sostanze particolarmente nocive sono le fragranze, utilizzate per conferire un odore accattivante ai prodotti ma che possono fungere da potenziali allergeni o irritanti. Alcune fragranze tra quelle usate comunemente in cosmesi sono dannose al punto che l’utilizzo è stato vietato a partire dal 23 agosto 2021. Anche le microplastiche sono presenti in ingenti quantità all’interno dei prodotti: nilon, polietilene, poliuretano, siliconi e così via. Tali sostanze conferiscono l’illusione di una miglior qualità del prodotto e della sua capacità d’azione, fungendo da agenti filmogeni, regolando la viscosità del prodotto, stabilizzando altri ingredienti e conferendo un effetto opacizzante, sfruttato soprattutto nelle BB cream e nei correttori. Si tratta di sostanze incredibilmente dannose per l’ambiente dal momento che, una volta disperse nell’acqua, si accumulano anche per decenni. Numerosi studi scientifici hanno manifestato preoccupazione per le conseguenze sull’organismo umano dopo averne riscontrato la presenza in alcuni alimenti e nel nostro corpo. All’incirca 36 microplastiche sono state individuate, in diverse concentrazioni, all’interno dei cosmetici esaminati da WECF.

Dopo quanto riscontrato dalla ricerca, il team di WECF ha tratto le conclusioni che, in linea generica, i cosmetici con indicazione “bio” contengono sostanze meno tossiche, nonostante la presenza diffusa di fragranze e allergeni. Quanto viene richiesto dai ricercatori è di porre fine all’utilizzo in cosmetica dei potenziali PE, apporre loghi sui prodotti che contengano sostanze pericolose (simili a quelli posti sulle bevande alcoliche) per evitarne l’uso da parte delle donne incinte e lo sviluppo di ulteriori indagini per identificare il maggior numero di sostanze tossiche possibile.

I consumatori, al momento dell’acquisto, possono consultare l’etichetta presente sui prodotti, la quale riporta l’INCI, ovvero l’elenco degli ingredienti presenti in ordine di quantità. Ad oggi sono disponibili diverse app che aiutando a decifrare l’INCI e individuare immediatamente gli ingredienti potenzialmente nocivi. Tra queste vi sono Inci Beauty ed EcoBio Control.

[di Valeria Casolaro]

Paura, ansia e disagio: l’altra pandemia che colpisce i bambini

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Il Covid-19 rappresenta la «più grande crisi globale per i bambini nei nostri 75 anni di storia»: è quanto afferma l'Unicef (il fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia) all'interno di un rapporto pubblicato negli scorsi giorni, che mette in evidenza i vari modi in cui la pandemia sta «sfidando decenni di progressi fatti nei confronti delle sfide chiave legate all'infanzia». Il primo problema è quello dell'aumento della povertà, che colpisce attualmente 100 milioni di bambini nel mondo. Ma i problemi sono anche altri, apparentemente meno misurabili, ma ormai certificati da diverse ricerche sci...

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Esplosione palazzina nell’Agrigentino, tre vittime

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Intorno alle 20.30 di sabato sera una palazzina è esplosa nel centro di Ravanusa, in provincia di Agrigento. Al momento si contano tre vittime e sei dispersi, mentre due donne sono già state trasferite in ospedale. Una cinquantina di persone sono state evacuate per sicurezza dagli edifici circostanti. L’esplosione sembra essere stata causata da un malfunzionamento del metanodotto e le tubature, rese irraggiungibili dal crollo, starebbero continuando a emettere gas. Il sindaco ha lanciato un appello sui social per chiedere mezzi di soccorso e invitando i cittadini a rimanere in casa per agevolare le attività dei soccorritori.

Bielorussia: dal primo gennaio embargo sui prodotti alimentari dell’Ue

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Dal primo gennaio 2022 la Bielorussia introdurrà l’embargo sui prodotti alimentari dell’Unione europea: si tratta di una decisione che riguarda, in generale, le merci provenienti dai Paesi considerati ostili dalla Bielorussia, all’interno dei quali ci sono appunto anche quelli dell’Unione europea, che ha varato nei suoi confronti un pacchetto di sanzioni. A riportalo è l’agenzia di stampa Ansa, secondo cui in seguito a tale decisione il presidente Alexander Lukashenko, parlando al consiglio supremo dell’Unione Economica Euroasiatica, ha invitato gli alleati a contare solo sulle proprie forze sostituendo l’import.

L’Olanda sta chiudendo le prigioni per mancanza di detenuti

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L’Olanda sta trasformando le proprie prigioni in edifici di utilità sociale, quali scuole e centri per i rifugiati. Questo è possibile grazie alla riduzione della popolazione carceraria, una tendenza costante negli ultimi anni, resa possibile dalle peculiari modalità di gestione del sistema giudiziario. Tra queste, la decriminalizzazione del lavoro sessuale e delle droghe leggere, i programmi di intervento per la gioventù e l’esistenza di specifici istituti di recupero per criminali con problemi di salute mentale.

Due giorni fa la British School of Amsterdam ha vinto un prestigioso premio per aver convertito in aprile una ex prigione in una scuola per 1000 studenti tra i 3 e i 18 anni. Si tratta solamente dell’ultima di una lunga serie di riconversioni di edifici carcerari caduti in disuso in strutture di pubblica utilità. Tra il 2014 e il 2019 sono state 23 le strutture chiuse e destinate a finalità socialmente utili, soprattutto istituti per studenti e centri di accoglienza per migranti.

La costante diminuzione della popolazione carceraria registrata negli ultimi anni (fatta eccezione per un leggerissimo rialzo dal 2019) è dovuta alla peculiare gestione delle vicende giudiziarie in Olanda. In primo luogo vi è la scelta di non criminalizzare il lavoro sessuale e le droghe leggere. L’attitudine del sistema di giustizia penale olandese, inoltre, è di considerare la riabilitazione come la chiave della risoluzione dei problemi sociali, piuttosto che il ricorso a un’attitudine securitaria o punitiva. Questa costituisce un vero e proprio focus nell’elaborazione di un percorso adatto al criminale, che viene chiuso in carcere solamente in ultima ratio. Le pene detentive tendono, in ogni caso, ad essere brevi.

Uno tra gli aspetti chiave di questo sistema è il TBS (ter beschikking stelling, ovvero “rendere una persona disponibile per il trattamento psichiatrico”), misura che può essere imposta a soggetti che abbiano compiuto reati quali omicidio, anche colposo, aggressione, stupro, incendio doloso, produzione di pornografia infantile e così via che siano giudicati mentalmente insani o solo parzialmente responsabili. Per questi soggetti si ritiene che la detenzione non porti ad alcuna correzione della devianza: il TBS mira piuttosto a una riabilitazione psichiatrica per prevenire le recidive una volta che i soggetti vengono rilasciati. Secondo alcuni studi, la percentuale dei criminali che compie recidiva dopo il TBS è inferiore al 34%.

Per quanto non si tratti di un sistema perfetto, i frutti si sono visti con il trascorrere degli anni: basti considerare che per il 2021 il tasso di incarcerazione in Olanda è di 63 detenuti ogni 100 mila persone, in Italia di 90. Quest’ultima è anche il Paese nel quale, secondo l’ultimo report pubblicato dal Consiglio d’Europa, si soffre maggiormente del problema di sovraffollamento nelle carceri.

Per ovviare a tale situazione il Pnrr ha previsto di stanziare 132,9 milioni di euro per l’ammodernamento del sistema carcerario e la costruzione di nuovi edifici per la detenzione. Si tratta di un sistema che in più occasioni si è dimostrato poco funzionale e bisognoso di uno strutturale ripensamento: secondo il nostro ordinamento il carcere dovrebbe essere costituire l’ultima misura posta in essere, dopo aver vagliato una serie di alternative rieducative. La costruzione di nuove carceri appare invece come una misura di pura conservazione di un sistema penale che continuerà così a vorticare su sé stesso riproponendo le medesime problematiche.

[di Valeria Casolaro]